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16/10/2016

L’altro Nobel

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Juan Manuel Santos e il sogno di una Colombia pacificata.
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​di Alessandro Ferri
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Mentre sui social e sui siti d’informazione si discute animatamente sul significato del premio Nobel per la Letteratura a Bob Dylan, una diversa attenzione è stata data al premio Nobel per la Pace 2016, conferito al presidente colombiano Juan Manuel Santos con questa motivazione: «per i suoi sforzi risoluti per portare al termine la lunga guerra civile nel paese che dura da più di 50 anni». In effetti, dal 29 agosto scorso non si sono verificati scontri tra il governo della Colombia e le FARC (Fuerzas Armadas Revolucionarias de Colombia - Ejército del Pueblo). Il cessate il fuoco, che ha interrotto cinquantadue anni di rivalità feroce, è stato prorogato fino al 31 dicembre prossimo, ed è rimasto in piedi nonostante il fallimento del referendum del 2 ottobre, in cui una ristretta maggioranza dell’elettorato (il 50,24%) ha rifiutato l’accordo di pace stretto tra Santos e le FARC. Cerchiamo di sbrogliare questa complicata matassa.
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Un’immagine delle FARC alla fine degli anni Novanta
La guerra fra FARC e governo inizia nei primi anni Sessanta, quando il Partito Comunista colombiano istituisce delle forze di difesa dei piccoli villaggi agricoli, per proteggere i contadini dalle pressioni e violenze dei grandi latifondisti. Nel 1964, un gruppo di questi militanti decide di rifugiarsi nella giungla, seguendo l’esempio di Castro a Cuba pochi anni prima, con l’obiettivo di rovesciare il governo eletto ed instaurare il marxismo: era l’inizio della guerra tra FARC e governo. Di fatto, le FARC non sono mai riuscite a imporre il comunismo, ma hanno minacciato per decenni le istituzioni ufficiali con la loro attività di guerriglia, finanziata dal blocco sovietico e dai proventi del traffico di cocaina. Le loro azioni spettacolari hanno avuto un costo enorme: si calcolano oltre 220.000 morti, per ciascuna delle parti, compresi molti civili innocenti. Con la fine del socialismo reale e l’impegno degli Stati Uniti sul fronte del narcotraffico, le sorti delle FARC sono andate declinando: ad oggi sono rimasti meno di 6000 guerriglieri. Il loro declino non è stato interrotto da azioni a forte effetto propagandistico, ma dallo scarso successo politico, come il rapimento di Ingrid Betancourt.
FotoAlvaro Uribe, presidente della Colombia dal 2002 al 2010
Le trattative che hanno portato al cessate il fuoco e all’accordo proposto al referendum di ottobre, hanno richiesto quattro anni di lavoro e sono state condotte a Cuba. Il risultato è stato un documento di quasi 300 pagine, col quale si intende mettere una pietra sopra al passato, garantendo la libertà e sussidi ai guerriglieri che abbandoneranno la clandestinità. Molti esponenti del panorama politico colombiano, come gli ex presidenti Alvaro Uribe, Andrés Pastrana e Ernesto Samper, hanno rifiutato questa impostazione, giudicandola un cedimento alle richieste dei terroristi. Come abbiamo visto, il popolo colombiano li ha ascoltati, votando NO al referendum. Fortunatamente per Santos, premiato quando ancora non si sapeva come sarebbe andato il voto, la situazione è rimasta fluida, e le stesse FARC hanno dichiarato che non intendono riprendere la lotta, a prescindere dal risultato del voto.
Per raggiungere l’obiettivo di un accordo condiviso, Santos ha coinvolto le parti in causa, dai guerriglieri alle famiglie delle vittime, compresi Uribe e gli altri esponenti del fronte del NO. Tra le modifiche che propongono questi ultimi, ricordiamo in particolare il divieto di candidarsi in Parlamento per gli ex guerriglieri responsabili di crimini gravi, e l’obbligo di dichiarare i propri beni, così che possano essere impiegati per il risarcimento alle famiglie delle vittime.

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“Questo prestigioso riconoscimento non è per me, è per tutte le vittime del conflitto. Insieme conquisteremo il premio più importante di tutti: LA PACE”. Santos ha donato l’importo del Nobel – circa 900.00 euro – al fondo per le famiglie delle vittime.
FotoJuan Manuel Santos Calderón, 65 anni, presidente della Colombia dal 2010
Santos, esponente del Partido Social de Unidad Nacional (partito di centrodestra nato nel 2005 proprio in appoggio ad Uribe) non ha ancora illustrato la nuova bozza di accordo, ma si trova in una situazione tutto sommato agevole: i guerriglieri non hanno la forza per riprendere la lotta armata, e le forze istituzionali non si sono opposte all’accordo, ma solo ai suoi punti meno “digeribili”. Il premio Nobel, che ai meno accorti è parso fuori posto dopo il referendum del 2 ottobre, potrebbe rivelarsi meritato. Basta aspettare.

Fonti e approfondimenti:
  • Un ritratto di Santos (Repubblica), http://www.repubblica.it/esteri/2016/10/07/news/chi_e_juan_manuel_santos_premio_nobel_per_la_pace_2016-149279940/;
  • [spagnolo] Una riflessione sul bifrontismo di Santos, http://www.elmundo.es/internacional/2016/10/08/57f7fc70268e3e58538b45d6.html;
  • La guerra civile in Colombia, nel racconto del Post, http://www.ilpost.it/2016/10/08/guerra-civile-colombia-farc/.
Immagini tratte da: 
  • Foto di copertina di proprietà del governo cileno – La firma dell’accordo tra governo colombiano e FARC alla presenza di altri capi di stato, tra cui la Presidente del Cile Michelle Bachelet, CC BY 2.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=51813211;
  • Un’immagine delle FARC nel 1998, da The Atlantic, https://cdn.theatlantic.com/assets/media/img/mt/2016/07/RTXI3S5/lead_960.jpg?1467383942;
  • Alvaro Uribe, foto di Helene C. Stikkel – Immagine tratta da una pagine di DefenseLink, Pubblico dominio, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=799203;
  • Juan Manuel Santos, foto della Casa Rosada (Presidenza del governo argentino), CC BY-SA 2.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=20681272.

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