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25/4/2016

Le ceneri di Dilma

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Il declino della donna più potente del Brasile: corrotta o vittima di un «gioco del trono»?
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​di Alessandro Ferri
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Con i fatti brasiliani di questi ultimi giorni, è tornata di moda la parola impeachment, che non si sentiva pronunciare dai tempi dello scandalo Lewinski (1998), quando il Presidente USA Bill Clinton andò molto, molto vicino a perdere il posto.
ImmagineDilma Vana Rousseff, 68 anni
L’impeachment è, in poche parole, una procedura tipica dei sistemi istituzionali anglosassoni che consente di mettere in stato d’accusa un governante che abbia compiuto atti illeciti nell’esercizio delle proprie funzioni. Non è una cosa così immediata per noi, che abbiamo l’immunità parlamentare dentro la Costituzione (articolo 68), ma è ritenuta un utile contrappeso allo strapotere dei presidenti in sistemi presidenziali come quello statunitense o, appunto, quello brasiliano. Negli USA ci si è andati vicini nel 1974 (scandalo Watergate, ma Nixon si dimise prima) e nel 1998 (affaire Lewinski, appunto, ma Clinton fece un discorso pubblico alla nazione in cui ammise di aver tradito la moglie e di aver spergiurato durante le indagini, riconquistando l’affetto degli americani), anche se di fatto la procedura non è stata messa in pratica. In Brasile, invece, siamo molto avanti: due domeniche fa (17 aprile), oltre i due terzi dei deputati della Câmara dos Deputados hanno votato l’impeachment nei confronti della Presidente Dilma Rousseff, accusata di aver truccato i bilanci statali. Domani (26 aprile) si riunirà una commissione bicamerale di 21 membri, che entro 12 giorni dovrà decidere se far votare anche il Senado Federal. In caso di voto favorevole del Senado, Dilma sarà sospesa per sei mesi, nel corso dei quali potrà difendersi di fronte alla Corte Costituzionale. Al termine dei sei mesi, l’ultimo e definitivo voto del Senado: se almeno 54 senatori su 81 voteranno contro di lei, la procedura si concluderà con la sua decadenza da Presidente e l’indizione di nuove elezioni nel breve periodo. Proprio negli stessi mesi in cui il Brasile, paese ospitante dei giochi olimpici 2016, si troverà sotto gli occhi dei mass media di tutto il mondo, la sua Presidenta sarà in “quarantena”. Ma è davvero la stessa Dilma che al momento dell’elezione fu definita “la Giovanna D'Arco carioca”, a causa del suo coraggio e della sua tenacia?

ImmagineLuiz Inácio Lula da Silva, 70 anni
Questa storia di ascesa e caduta inizia il primo gennaio 2003, quando venne proclamato Presidente del Brasile l’ex sindacalista Luís Inácio Lula da Silva, fondatore e leader del Partido dos Trabalhadores (“partito dei lavoratori”). Come il quasi omonimo Lulù (Gian Maria Volonté), protagonista de La classe operaia va in paradiso di Elio Petri, Lula si era avvicinato al sindacalismo e alla politica dopo aver perso il mignolo in un incidente nella fabbrica di automobili in cui lavorava. All’epoca, è bene ricordarlo, il movimento operaio brasiliano era oggetto di una dura repressione da parte della dittatura militare (1964-1985). Fu proprio in quegli anni che Lula si costruì l’immagine di politico “dalla parte della gente” che l’avrebbe portato, dopo tre tentativi falliti (presidenziali del 1989, del 1994 e del 1998) a conquistare la presidenza del proprio paese. Le elezioni del 2002, che lo videro trionfare con il 61,3% dei voti, furono la premessa a due mandati in cui il suo consenso fu sempre altissimo. In particolare, il suo governo si propose di affrontare il problema della fame e della povertà estrema, istituendo programmi come Bolsa Família (“borsa famiglia”, ossia un contributo economico per le famiglie che mandano i figli a scuola e li fanno vaccinare), Fome Zero (“fame zero”) e Luz para todos (“luce per tutti”, per dotare ogni abitazione dell’energia elettrica). Dal punto di vista politico, Lula cercò di mediare tra le forze sociali, attraverso riforme molto caute che convincessero sia i potentati economici sia i sindacati, e garantendosi in particolare l’appoggio delle masse più povere (lulismo). Il successo di una simile politica, fondata su ampie spese da parte dello stato, trovò conferma alle elezioni del 5 ottobre 2010, quando fu eletta Dilma Rousseff, pupilla del Presidente uscente.

Socialista di formazione (durante la dittatura passò due anni in prigione e subì diverse torture), Dilma ha tentato di riproporre le politiche luliste, ma senza il carisma del predecessore, né la stessa congiuntura economica favorevole.

Dall’estate 2015 soffia sul Brasile un vento di protesta simile a quello degli Indignados spagnoli. Ad aver innescato le proteste popolari, un vasto giro di tangenti versate dai dirigenti della principale azienda petrolifera del paese, Petrobras, agli esponenti della coalizione di governo. Benché gli inquirenti non abbiano accusato direttamente la Rousseff, le opposizioni sono convinte della sua colpevolezza, in quanto ministra dell’energia tra il 2003 e il 2005 e Ministro-Chefe da Casa Civil da Presidência da República - praticamente il primo ministro - negli anni successivi. La crisi politica si è intrecciata con i problemi di un paese che è cresciuto notevolmente prima del 2010 (al punto da far parte con Russia, India, Cina e Sudafrica dei BRICS, ossia le economie emergenti), senza essere in grado di trasformare questa crescita in fattori di sviluppo strutturale. Ad oggi, il Brasile è in recessione e la disoccupazione è al 10%. Dall’estate 2015, il paese è percorso da affollatissime manifestazioni che chiedono a gran voce le dimissioni della Presidenta. Con un consenso ai minimi storici (sotto il 10%), paiono lontanissimi i tempi in cui Lula veleggiava sopra l’80%.


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La situazione economica del Brasile e degli altri paesi emergenti negli ultimi anni in un contributo dell’Economist
Ad aiutare gli anti-governativi, la storica sentenza del Tribunal de Contas da União (Corte dei conti), che il 7 ottobre ha respinto il bilancio statale del 2014 per irregolarità (non accadeva dagli anni ‘30). Il governo avrebbe utilizzato per alcuni programmi sociali dei fondi pubblici non dichiarati, per un totale di 106 miliardi di real (circa 24 miliardi di euro). Il Partito dei Lavoratori avrebbe agito così per mostrare agli elettori, in occasione delle presidenziali di quell’anno, un’immagine più pulita e attraente dei bilanci pubblici. La strada per l’impeachment è divenuta obbligata, spingendo anche molti esponenti della coalizione di governo a scaricare la Rousseff. 

Il clima di sfiducia nei confronti della classe politica è tale che anche l’intoccabile Lula è stato oggetto di indagine per alcune regalìe connesse all’affare Petrobras (ristrutturazioni e mobili di pregio, che a molti giornalisti sono sembrati un po’ poco, per un ex Presidente). Il 4 marzo è stato fermato per un interrogatorio di oltre quattro ore, che ha spinto Dilma a cercare la via migliore di difenderlo: nominarlo ministro. In tal modo, le accuse sarebbero state discusse dal Supremo Tribunal Federal (la Corte Suprema) invece che dal tribunale di Curitiba. Questo comportamento ha solo contribuito a gettare benzina sul fuoco, in quanto nei giorni successivi all’annuncio si sono moltiplicate le manifestazioni di protesta e sono state depositate decine di ordinanze (50 nei tribunali ordinari, 13 alla Corte Suprema) per ottenere l’annullamento della nomina, avvenuto il 18 marzo.

​Ma non tutti i brasiliani sono convinti della colpevolezza di Dilma. C’è chi, come il noto cantautore Caetano Veloso (nel video qui sopra), ritiene che questa sia una lotta per il potere, in cui loschi personaggi, non meno corrotti di quelli al governo, vogliono conquistarsi la presidenza senza passare per le urne, approfittando della debolezza della Presidenta. Un golpe, insomma, visto che almeno 37 dei 65 parlamentari che hanno fatto parte della commissione che ha aperto l’istruttoria dell’impeachment hanno pendenze con la giustizia. Tra di loro, anche il potente presidente della Camera Eduardo Cunha, acerrimo nemico della Rousseff. È stata Dilma stessa ad affermare in un’accorata lettera ad un quotidiano nazionale:
​É golpe! Não temo investigação de qualquer natureza sobre minha conduta. Jamais me opus ou criei obstáculos a qualquer investigação, sobre quem quer que seja.
Não sou suspeita, não sou investigada, não sou ré, mas querem me derrubar por meio de um impeachment ilegal. Querem me submeter a uma das maiores injustiças que se pode cometer contra alguém: condenar um inocente. Querem condenar uma inocente e salvam corruptos.
È un golpe! Non temo indagini di alcuna natura sulla mia condotta. Non mi opposi mai né creai ostacoli a qualsiasi indagine, su qualsiasi cosa. Non sono sospettata, non sono sotto indagine, non sono condannata, ma vogliono destituirmi attraverso un impeachment illegale. Vogliono sottopormi ad una delle più grandi ingiustizie che si possano fare a qualcuno: condannare un’innocente. Vogliono condannare un’innocente e salvano dei corrotti.
Vista da fuori, senza parteggiare aprioristicamente per il governo o i suoi nemici (molti dei quali interni), sembra il nostro 1992. Corruzione endemica, crisi economica, lotta di potere che passa anche dalle aule di tribunale. Da noi finì con un maquillage della classe politica che ne ha mantenuto i peggiori istinti. Chissà se sarà così anche dall’altra parte del mondo.
Fonti e approfondimenti:
- Per chi non ha idea di cosa fosse lo scandalo Lewinski, http://www.ilpost.it/2011/01/22/la-storia-di-bill-clinton-e-monica-lewinsky/;
- Il trafiletto in cui Dilma è definita “la Giovanna D’Arco carioca”: http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2010/12/09/dilma-rousseff-la-giovanna-arco-carioca-casa.html?ref=search;
- Per saperne di più sul “lulismo”, https://en.wikipedia.org/wiki/Lulism;
- Lo scandalo Petrobras in 5 comodi punti (Internazionale): http://www.internazionale.it/notizie/2015/03/17/lo-scandalo-petrobras-in-cinque-punti;
- Dettagliati appunti sul declino economico del Brasile, http://www.economist.com/blogs/graphicdetail/2016/04/economic-backgrounder;
- Sulle manifestazioni contro Dilma, http://www.ilpost.it/2015/08/17/200-manifestazioni-contro-dilma-rousseff/;
- Sulla sentenza della Corte dei conti, http://www.ilsole24ore.com/art/mondo/2015-10-08/brasile-corte-conti-inchioda-rousseff-truccato-bilancio-stato-2014-113007.shtml?uuid=ACCcoOCB;
- Per chi legge il portoghese brasiliano, l’agguerrita lettera della Rousseff al Fohla de S. Paulo, http://www1.folha.uol.com.br/poder/2016/04/1761562-democracia-o-lado-certo-da-historia.shtml;
- Un documentatissimo articolo di Diego Corrado sulla faccenda Lula (e non solo), http://www.linkiesta.it/it/blog-post/2016/03/30/brasile-una-road-map-per-comprendere-la-crisi/24061/;
- Sulla incredibile resistenza alla nomina di Lula a ministro, http://www.lastampa.it/2016/03/18/esteri/brasile-annullata-la-sospensione-della-nomina-lula-ministro-Ond7pOhAmCBde2V7Gna9UP/pagina.html

 
Immagini tratte da:
Manifestazione a San Paolo contro la corruzione e il governo del 13 marzo 2016, da Wikipedia spagnola, foto di Rovena Rosa - Agenzia Brasil, CC BY 3.0 br, voce "Proceso de destitución de Dilma Rousseff"
La situazione economica brasiliana dall’Economist, http://www.economist.com/blogs/graphicdetail/2016/04/economic-backgrounder.
Dilma Rousseff, da Commons Wikipedia, foto di Roberto Stuckert Filho (Presidenza della Repubblica) - Agenzia Brasil, CC BY 3.0 br, voce "Dilma Rousseff"
Lula, da Wikipedia italiana, foto di Ricardo Stuckert (Presidenza della Repubblica) - Agenzia Brasil.Questa foto è stata modificata digitalmente (ridimensionamento e riduzione del rumore) ad opera di Lycaon., CC BY 3.0 br, voce "
Luiz Inácio Lula da Silva"

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