Per l’ennesima volta, in Italia “legifera” la Corte Costituzionale. Adesso si può votare, ma con quali risultati?
Parlando dello scenario politico italiano, avevamo detto che la situazione sarebbe rimasta sonnacchiosa fino al pronunciamento della Corte Costituzionale sull’Italicum, previsto per fine gennaio. Mercoledì scorso, i giudici della Consulta hanno finalmente annunciato la sentenza, riscrivendo parte della legge elettorale che secondo il suo promotore, Matteo Renzi, il mondo ci avrebbe invidiato e copiato. La sentenza ha modificato in parte la legge, dichiarando incostituzionale uno degli aspetti più significativi del provvedimento: il ballottaggio, nel caso che nessun partito avesse raggiunto la quota necessaria al premio di maggioranza. Senza ballottaggio, appare evidente che sarà molto difficile ottenere una maggioranza solida in Parlamento, come vedremo più avanti.
Prima di raccontarvi come si configurerà a questo punto l’Italicum, ricordiamo che la situazione attuale vede le due Camere essere votate con leggi elettorali diverse: a Montecitorio abbiamo l’Italicum “corretto”, a Palazzo Madama il vecchio Porcellum, a sua volta corretto da una precedente sentenza della Corte Costituzionale. Nel pacchetto di riforme di Renzi non era stata indicata una legge elettorale nuova per il Senato, perché era previsto che i cittadini non eleggessero più i senatori in modo diretto. Il voto del 4 dicembre scorso ha cambiato le carte in tavola. L’Italicum 2.0 è una legge elettorale proporzionale che assegna un premio di maggioranza molto ampio (340 seggi su 617, cioè il 55%) alla lista che raggiunge il 40%. Non è previsto ballottaggio, dunque se nessuno arriva alla fatidica soglia del 40%, i seggi saranno ripartiti proporzionalmente ai voti ottenuti (grossomodo: se ottieni il 25% dei voti, avrai il 25% dei seggi). L’Italia sarà divisa in 100 collegi di circa 600.000 elettori; ogni partito presenterà una lista con un capolista già indicato e circa altri 5 candidati. La scelta dei candidati non capilista avverrà con le preferenze, lasciando agli elettori la possibilità di indicare fino a due nomi, purché il secondo sia di sesso diverso dal primo, come nelle Comunali. In ogni caso le liste dovranno essere costituite da un 50% di candidati uomini e da un 50% di candidate donne. Un singolo candidato potrà essere capolista in più collegi, per un massimo di 10. La Consulta ha mantenuto dunque l’aspetto delle pluricandidature, ma ha stabilito un curioso criterio di assegnazione, in caso di vittoria in più collegi: il sorteggio. Le liste avranno uno sbarramento del 3%, dunque chi non lo raggiungerà non vedrà eletto nessun deputato. Le regioni con minoranze linguistiche riconosciute, tuttavia, avranno uno sbarramento del 20%, in modo da garantire l’elezione dei deputati che le rappresentano (per fare l’esempio più noto, il Südtiroler Volkspartei). Per essere precisi, la Val d’Aosta e le province autonome di Trento e Bolzano avranno una legge elettorale propria di tipo maggioritario. Questa è la situazione alla Camera. Al Senato, come dicevamo, c’è ancora il Porcellum, che con le modifiche della Consulta è in pratica una legge proporzionale secca, senza premi di maggioranza. È evidente che, se i partiti attualmente in Parlamento non saranno in grado di approvare una legge elettorale nuova o di “armonizzare” l’Italicum e il Porcellum rivisti, come ha auspicato il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, andremo a votare con entrambe le leggi: la possibilità di sapere la sera stessa del voto il vincitore delle Politiche sarà praticamente nulla. Il Movimento 5 Stelle, che spinge per le elezioni quanto prima possibile, non vuole fare alleanze, ma si dice convinto di arrivare al 40%. Se anche ci riuscisse alla Camera, siamo sicuri che possa avere una maggioranza solida anche in Senato? Anche Matteo Renzi vorrebbe andare al voto presto, sempre che riesca a convincere i parlamentari del proprio partito e l’attuale Presidente del Consiglio Gentiloni. Ma anche il PD non pare in grado di raggiungere la soglia. A leggere le simulazioni di Youtrend – ve ne proponiamo una, ma negli approfondimenti trovate il link all’articolo completo – l’unica maggioranza possibile visti gli attuali sondaggi è costituita da una coalizione di PD, Forza Italia e Nuovo Centro Destra. Una Große Koalition simile a quella che votò la fiducia a Enrico Letta nel 2014, ma con pochissimi deputati in più dell’eventuale opposizione. Se i dati cambiassero un po’, l’altra improbabile maggioranza possibile vedrebbe il M5S allearsi – contravvenendo al proprio Statuto – con Lega e Fratelli d’Italia.
In pratica, rischiamo cinque anni di governi instabili, il che non rende così auspicabile la possibilità di votare subito. C’è chi, come Salvini e Renzi, pensa a riesumare il Mattarellum, la legge elettorale maggioritaria con cui abbiamo votato nel 1996 e nel 2001. Il problema è che Forza Italia non vuole assolutamente votarlo, perché in tal caso dovrà costituire una coalizione con la Lega che, essendo più forte sulla base dei sondaggi chiederà un grande numero di candidati.
Una situazione politica tripolare come quella che abbiamo oggi – con Forza Italia, PD e M5S come principali partiti – può difficilmente produrre governi stabili con un sistema elettorale proporzionale. Il punto è che, oggi come oggi, è estremamente difficile intervenire. Del resto, la Consulta ha affermato che Italicum e Porcellum rivisti possono essere usati fin da subito, il che renderà molto improbabile modificarli. Sarà una durissima campagna elettorale a riequilibrare lo scenario politico? Il voto a breve è molto probabile: lo vogliono sia Renzi che Grillo. Grillo vuole monetizzare il consenso nei sondaggi, Renzi vuole evitare il referendum sul lavoro che si terrà in primavera, a meno che non si sciolgano le Camere. Ma chi governerà in caso di elezioni, e quanto ci riuscirà, è praticamente impossibile a dirsi.
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Novembre 2020
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