L’omicidio di Jo Cox dimostra che l’odio virtuale può trasformarsi in atti reali
In coppia con il marito, dirigente di Save the children, aveva contribuito alle campagne di Oxfam e della National Society for the Prevention of Cruelty to Children, oltre a rivestire le cariche di presidente della lega femminile del Labour e di senior advisor dell’organizzazione anti-schiavitù Freedom Fund. Jo Cox era un simbolo, e il suo barbaro assassinio è la dimostrazione del livello raggiunto dallo scontro su questi temi, in Gran Bretagna come nel resto d’Europa, negli ultimi mesi. La morte della donna ha suscitato sentimenti di cordoglio e commozione, in Gran Bretagna come all’estero. Il premier David Cameron ha dichiarato che “abbiamo perso una stella luminosa, una stella per i propri elettori, una stella in Parlamento e nella Camera dei Comuni”; Barack Obama ha telefonato direttamente alla famiglia. Tra i messaggi più significativi, il commovente ricordo del marito Brendan: Today is the beginning of a new chapter in our lives. More difficult, more painful, less joyful, less full of love. I and Jo’s friends and family are going to work every moment of our lives to love and nurture our kids and to fight against the hate that killed Jo. Jo believed in a better world and she fought for it everyday of her life with an energy, and a zest for life that would exhaust most people. She would have wanted two things above all else to happen now, one that our precious children are bathed in love and two, that we all unite to fight against the hatred that killed her. Hate doesn't have a creed, race or religion, it is poisonous. Jo would have no regrets about her life, she lived every day of it to the full. «Oggi è l’inizio di un nuovo capitolo nelle nostre vite. Più difficile, più doloroso, meno gioioso, meno pieno d’amore. Io, gli amici di Jo e la [nostra] famiglia ci impegneremo in ogni momento delle nostre vite per amare e crescere i nostri figli e per lottare contro l’odio che ha ucciso Jo. Jo credeva in un mondo migliore e ha lottato per quello ogni giorno della sua vita con un’energia e un entusiasmo per la vita che avrebbe consumato chiunque. A questo punto, avrebbe voluto che accadessero due cose, soprattutto: che i nostri figli fossero inondati d’amore e che tutti noi lottassimo contro l’odio che l’ha uccisa. L’odio non ha un credo, una razza o una religione, è solo veleno. Jo non avrebbe avuto rimpianti sulla sua vita: ha vissuto ogni giorno a pieno». Alcuni hanno cinicamente ipotizzato che l’episodio influirà sul risultato della campagna referendaria, favorendo la posizione dei NO. Resta il fatto che la tragedia rende d’attualità la questione della diffusione dell’odio on-line. L’omicida aveva 52 anni, viveva da solo e lavorava saltuariamente come giardiniere. In pochi lo conoscevano, ma sono noti alle autorità sanitarie i suoi problemi psichiatrici. In una stagione in cui movimenti xenofobi e nazionalisti accusano costantemente l’immigrazione e l’Unione Europea di essere alla base dei problemi britannici, una figura debole come Mair ha pensato di agire, istigato dalle parole lette su internet. Ecco la conseguenza più incontrollabile della libertà di parola assicurata dalla rete. I social networks, dando parola a chiunque, in qualunque momento (con limitate possibilità di censura), hanno fatto sottovalutare gli effetti catastrofici che certe affermazioni possono avere su menti fragili e suggestionabili. Benché non abbia affatto senso limitare i diritti di espressione, appare chiaro che chiunque scrive un post o un commento dovrebbe tenere bene a mente le conseguenze delle proprie azioni. Come ha scritto la Presidente della Camera Laura Boldrini in una lettera al segretario del Labour Jeremy Corbin: «Jo Cox ha lottato tutta la vita per una società aperta, in un periodo in cui l’odio si diffonde, anche attraverso la rete. La sua morte ci mostra come alle minacce e ai discorsi di odio nella sfera pubblica e sui social media possano talvolta seguire azioni criminali». Il Regno Unito – paese che, come mi ha ricordato di recente un’amica britannica, non subisce un regime autoritario dai tempi di Oliver Cromwell – ha una tradizione di tolleranza e di rispetto reciproco che permette ai leader politici di muoversi tranquillamente con i mezzi di trasporto pubblico, senza temere attentati. Una semplice ricerca su Google vi permetterà di vedere David Cameron che si sposta in bicicletta, sulla metro e sugli aerei di linea, senza che nessuno abbia niente a che ridire. Vi immaginate un Renzi o un Berlusconi che lo fanno? I protocolli di sicurezza lo impedirebbero. Su questo, la Gran Bretagna, che pure ha avuto le sue stagioni sanguinose – il terrorismo dell’IRA negli anni Settanta e Ottanta, non meno cruento dei nostri anni di piombo – aveva molto da insegnare all’Italia. Anzi, l’omicidio Cox non ha scalfito questo supremo principio della politica britannica, al punto che Twitter è nato l’hashtag #ThankYourMP, “ringrazia il tuo deputato”: una cosa ai limiti dell’impensabile per gli italiani. Da noi, la situazione è tale che gli attori di Gomorra sono insultati e minacciati sui social per i propri comportamenti nella serie (vedi fonti). Un altro mondo, davvero. Fonti e approfondimenti
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Novembre 2020
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