Le possibili letture del riconoscimento tedesco del genocidio armeno. "Der Deutsche Bundestag verneigt sich vor den Opfern der Vertreibungen und Massaker an den Armeniern und anderen christlichen Minderheiten des Osmanischen Reichs, die vor über hundert Jahren ihren Anfang nahmen. Er beklagt die Taten der damaligen jungtürkischen Regierung, die zur fast vollständigen Vernichtung der Armenier im Osmanischen Reich geführt haben. […] Der Bundestag bedauert die unrühmliche Rolle des Deutschen Reiches, das als militärischer Hauptverbündeter des Osmanischen Reichs trotz eindeutiger Informationen auch von Seiten deutscher Diplomaten und Missionare über die organisierte Vertreibung und Vernichtung der Armenier nicht versucht hat, diese Verbrechen gegen die Menschlichkeit zu stoppen." "Il Bundestag tedesco si inchina alle vittime delle espulsioni e dei massacri di Armeni e altre minoranze cristiane dell’Impero Ottomano, iniziati oltre un secolo fa. Deplora le azioni dell’allora vigente regime dei Giovani Turchi, che ha portato all'annientamento quasi totale degli Armeni nell’Impero Ottomano. [...] Il Bundestag deplora il comportamento ignominioso dell’Impero tedesco, che – in quanto alleato militare dell’Impero ottomano, nonostante informazioni chiare anche da parte di diplomatici e missionari tedeschi sulla pianificazione dell’espulsione e dell’annientamento degli Armeni – non ha tentato di fermare questo crimine contro l’umanità." Il 2 giugno scorso, mentre da noi si festeggiavano i settant’anni della Repubblica e c’era chi discuteva se far partecipare alla parata ai Fori Imperiali due cittadini accusati d’omicidio, il Bundestag (la Camera dei Deputati della Repubblica Federale Tedesca) approvava la risoluzione 18/8613, che condannava, a cento anni di distanza, il genocidio armeno e le connivenze che ebbe il Reich tedesco con il governo dei “Giovani Turchi”. Forse non ne avete mai sentito parlare: una cosa non così improbabile, se persino Adolf Hitler, a chi gli obiettava che l’Olocausto avrebbe suscitato reazioni anche sul fronte interno, rispose: “Qualcuno al mondo si è accorto dello sterminio degli Armeni?”. In effetti, quello armeno fu un vero e proprio olocausto ante litteram. Tra il 1915 e il 1916, all’interno dell’Impero Ottomano – all’epoca impegnato nella Prima Guerra Mondiale in alleanza con Germania e Austria-Ungheria – un numero compreso tra ottocentomila e un milione e mezzo di Armeni fu deportato e ucciso per diretta volontà governativa. Gli Armeni erano cristiani ed etnicamente diversi dai Turchi, per cui inconciliabili con la nuova nazione che si stata costruendo sulle ceneri dell’Impero Ottomano. In genere, le operazioni di sterminio avevano due fasi: prima si massacravano i maschi o li si metteva ai lavori forzati, poi si deportavano donne, bambini, anziani e malati in “marce della morte” attraverso il deserto siriano. Prive di acqua e cibo, le colonne in marcia subivano rapine e violenze sessuali; chi resisteva era ucciso dal caldo e dagli stenti. A differenza di quanto accaduto in Germania dopo il 1945, la posizione del governo turco è stata la negazione di ogni evidenza: non ci fu alcun “genocidio”; morirono molti Armeni, “ma anche molti Turchi”, e i massacri furono compiuti “da entrambe le parti”. Gli Armeni erano schierati dalla parte dei Russi – quindi dei nemici della Turchia durante la Guerra Mondiale – per cui, più che di genocidio, si dovrebbe parlare di “atti di guerra”. Il codice penale turco prevede l’arresto e la reclusione fino a tre anni per chi nomina in pubblico il genocidio armeno, visto come gesto “anti-patriottico”. Si tratta di una questione non da poco, in quanto le trattative per l’ingresso della Turchia nell’Unione Europea si sono arenate anche su questo punto. Fino a pochi giorni fa erano 28 le nazioni, tra cui Russia, Brasile, Francia e Canada (oltre a 45 parlamenti su 50 degli Stati Uniti d’America), a riconoscere il genocidio armeno. In Francia si è persino tentato, nel 2006, di approvare una legge che punisse penalmente (cinque anni di reclusione) chi negava gli eventi in questione; quando nel 2011 il disegno di legge fu cassato dal Senato, se ne preparò un altro che punisse ogni forma di negazionismo (compreso quello dell’Olocausto), ma è stato dichiarato incostituzionale in quanto lesivo della libertà d’espressione. L’Italia ha approvato la sua risoluzione parlamentare di riconoscimento del genocidio armeno il 16 novembre 2000. La Germania è il ventinovesimo paese della lista, grazie alla risoluzione approvata congiuntamente da Socialdemocratici, Democristiani e Verdi (un solo astenuto e un solo voto contrario). La risposta del governo turco, che ha provveduto a richiamare il suo ambasciatore a Berlino, è stata: “parlare di genocidio senza averne le prove può significare solamente una strumentalizzazione politica”. La reazione del governo di Tayyip Erdoğan era prevedibile, ma l’episodio – che possiamo catalogare come incidente diplomatico – lascia spazio a più considerazioni ![]() Anzitutto c’è la questione della massiccia presenza di Turchi in Germania (oltre tre milioni). Ipotizzare che la risoluzione fosse rivolta in qualche modo ad attaccarli, come è stato suggerito da alcuni commentatori, è improbabile: ha origini anatoliche Cem Özdemir, leader dei Verdi, tra i principali promotori del provvedimento. Inoltre, Berlino è il primo partner commerciale di Ankara. Eppure, sono noti i rapporti poco sereni tra UE e governo Erdoğan, per la questione dei profughi e per i disinvolti rapporti con Russia, USA e Daesh. Sul primo punto, nel mese di marzo è stato approvato un accordo che prevede un finanziamento di sei miliardi di euro in cambio di un ruolo attivo nella gestione della crisi migratoria. L’opinione pubblica tedesca non ha in simpatia Erdoğan da tempo: ad aprile le proteste di Ankara avevano comportato il rinvio a giudizio del comico Jan Böhmermann che aveva pesantemente insultato il presidente turco in un programma della tv pubblica ZDF. In Germania esiste una legge che punisce chi insulta capi di stato esteri, a condizione che lo stato in questione ne faccia richiesta. Per la cronaca, Böhmermann è stato assolto. Allora come possiamo spiegarci la risoluzione? Non credo che si possa trovare una risposta univoca. Certo, sarebbe bello credere alle parole di Andrea Riccardi. L’ex presidente della Comunità di Sant’Egidio e Ministro per la Cooperazione Internazionale ha scritto sul Corriere della Sera che questa risoluzione è la dimostrazione che “le democrazie europee, pur praticando il realismo della politica, non sono dominate solo da questa logica”. Ce lo auguriamo. Fonti e approfondimenti:
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Novembre 2020
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