Nella sera del 25 dicembre 1991 veniva ammainata la bandiera dell’URSS dal Cremlino a Mosca, prontamente sostituita da quella della nuova Repubblica Russa. Per il paese che per mezzo secolo aveva deciso una parte delle sorti del mondo si andava ad aprire una nuova epoca. Epoca che però non riguardava esclusivamente gli abitanti della vecchia Unione Sovietica, alle prese con privatizzazioni di massa e forti crisi economiche negli anni successivi al crollo del potere socialista, ma che interessava le ali più a sinistra degli schieramenti politici dell’Europa Occidentale. Quello a cui abbiamo assistito negli ultimi 25 anni è una vera e propria scomparsa di gran parte dei movimenti politici che occupano la sinistra più radicale del panorama politico. Se nel gennaio del 1992, i principali partiti d’isprazione socialista o comunista coprivano circa il 20-21% dell’elettorato di Italia, Spagna, Francia e Germania, attualmente, forze vicine ai vecchi schieramenti politici che hanno contrassegnato la seconda parte del ‘900 europeo si attestano intorno al 5-8%...quando va bene. Cosa è successo all’interno della sinistra radicale nel nostro continente di così tanto grave da determinarne un progressivo appiattimento e perdita di peso politico? La risposta è nelle modificazioni ideologiche che l’hanno allontanata dalla base elettorale che ha sempre sostenuto movimenti tipicamente radicali. Una base elettorale fatta di operai, studenti e giovani in cerca di futuro in generale, agricoltori, professori e qualche libero professionista. Un nucleo piuttosto eterogeneo costituito da componenti di vari gruppi sociali che si sono ritrovati abbandonati da un’offerta politica che non era più la loro e che, in breve tempo, ha modificato anche le decisioni prese nella cabina elettorale di fatto togliendo il supporto a partiti di sinistra socialista. Nel momento in cui la solida base socialista sovietica era caduta, portando con sé i resti di un’ideologia che aveva riunito, nel bene e nel male, milioni di persone in tutta Europa, molti partiti si sono dovuti reinventare. Che cosa significava quindi essere “radicalisti di sinistra” nel XXI secolo, nel momento in cui era andato perso un modello di riferimento?
Per prima cosa si è smesso di parlare di industrializzazione, mercato interno, lavoro e opportunità per tutti quelli che seguivano le direttive di un partito di massa. L’idea che all’interno di una società socialista ci fosse spazio per tutti, con pari opportunità per chi ne faceva parte, è andata progressivamente perdendosi, anche a causa della progressiva apertura dei paesi del vecchio blocco sovietico, con il carico di povertà e disuguaglianze esposto agli occhi del mondo. L’ideale utopico di cui si era andata nutrendo l’ideologia di partiti come il PCI, il PCF, o gli spagnoli di Izquierda Unida era ormai sconfitto. Cosa si ptoeva quindi inserire nei nuovi programmi elettorali? Per prima cosa tema dominante è stato, ed è tutt’ora relativo ai diritti per tutti. Tali partiti della nuova sinistra europea si sono impegnati in lotte contro l’omofobia, in favore delle unioni civili o del matrimonio gay, in favore dei diritti dei migranti e degli extracomunitari e di tutte le minoranze religiose presenti in un paese. In secondo luogo il tema dell’ambientalismo, rimarcato ad esempio nel nome del partito italiano SEL, Sinistra, Ecologia e Libertà. Sembra quasi paradossale che in soli 20 anni da discorsi su come industrializzare un paese si sia passati a difendere ad oltranza un’ambiente spesso minacciato proprio da quell’eccesso di industrializzazione in precedenza sostenuta.
Altro tema centrale è quello del pacifismo. Dal parlare di esportazioni di ideali socialisti e di rivoluzioni, in pochi decenni si è arrivati alla netta opposizione a qualsiasi forma d’intervento armato e di spese militari. Ultimo, ed è un tema molto sentito, soprattutto in questo periodo, è relativo all’immigrazione di massa. Accettata, supportata e poi favorita, in un periodo di importante crisi economica, ha fatto storcere la bocca a molti ex-sostenitori di partiti della sinistra radicale, che hanno deciso di punire i loro vecchi riferimenti politici con un aumento esponenziale dei voti rivolti a formazioni apertamente di estrema destra o apolitiche ma in ogni caso piuttosto populiste.
E’ proprio l’estrema destra ad aver beneficiato di questo vuoto programmatico dei partiti d’ispirazione socialista nel nostro continente. Formazioni come il Front National francese, o l’AFD tedesco, un tempo con percentuali ridicolmente basse, attualmente hanno un peso politico, nei rispettivi parlamenti nazionali, quasi pari a quello delle vecchie formazioni di sinistra.
Lo spostamento dei voti si è avuto soprattutto tra i giovani, sicuramente non più appassionati ad ideali ritenuti vecchi e sconfitti come quelli dell’uguaglianza sociale e della tolleranza nei confronti del diverso, ma anche quelli che un tempo erano sostenitori di formazioni vicine alla sinistra filosovietica. Delusi dai loro esponenti politici, arrabbiati a causa della crisi economica e dalla mancanza di lavoro, questi hanno trovato rifugio all’interno di un’estrema destra che si è dimostrata capace di comprendere la loro rabbia e di riprendere alcune idee, in chiave reazionaria, che un tempo erano proprie di partiti come PCI o PCF. La Sinistra radicale non parla più di occupazione? Ci pensa la destra, magari mettendoci quel tocco di rabbia xenofoba tanto per fomentare le masse. La sinistra non parla più di banche e finanza? Anche lì ci pensa la destra. E’ così che ampie percentuali di voti sono andate perse in così poco tempo. Shock e tradimento degli ideali sono alla base della perdita dell’elettorato, anche il più convinto. Dall’altra parte, la speranza per la nuova sinistra probabilmente non risiede più nei vecchi partiti tradizionali, ormai autoritiratisi in decine di piccolissime formazioni in lotta tra loro per uno 0, % in più, ma in movimenti di evidente ispirazione socialista, come PODEMOS. L’esempio spagnolo, di un partito-movimento, radicatosi nelle università e composto da cittadini comuni in grado di parlare a svariate fasce sociali, con un leader forte e trascinatore come Iglesias, in grado di riprendere in mano temi forti della sinistra uniti ai temi nuovi della stessa, è il caso più emblematico e l’esempio da seguire se non si vogliono lasciare i nostri paesi in mano a quel tipo di destra cui la memoria storica ci impone di fare quantomeno molta attenzione a sostenere.
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Novembre 2020
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