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30/7/2017

Tentativi di grandeur

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I problemi a Washington e l’arrembante politica estera di Parigi
di Alessandro Ferri
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Nella settimana appena conclusa, l’amministrazione Trump è stata così tanto al centro delle cronache, che non è semplice riassumere il tutto in poche righe. Anzitutto, è stato bocciato – forse definitivamente – il tentativo di abolire l’Obamacare, la riforma sanitaria promossa dal precedente inquilino della Casa Bianca, grazie anche ai voti di alcuni senatori repubblicani. Tra questi, l’eroe di guerra John McCain, nel 2008 candidato alla Presidenza, che nonostante le condizioni di salute (ha recentemente annunciato di avere un tumore al cervello) si è recato a Capitol Hill e ha votato contro; come lui si sono comportate anche Susan Collins e Lisa Murkowski. Dei 100 membri del Senato degli Stati Uniti, 52 sono affiliati al Partito Repubblicano, lo stesso che ha espresso il presidente attuale. Eppure, convincerli tutti è stato impossibile, sia sulle nuove riforme proposte per sostituire quella attuale, sia sull’abolizione drastica della stessa. Il voto di giovedì, infatti, riguardava solo l’eliminazione di Obamacare, in quanto le riforme proposte in precedenza erano state tutte bocciate. Certamente milioni di persone sarebbero rimaste temporaneamente senza copertura assicurativa (sedici, secondo le stime), ma – prometteva Trump – solo in questo modo il Parlamento avrebbe avuto la spinta necessaria a votare rapidamente una nuova riforma. Evidentemente, McCain, Collins e Murkowski non erano dello stesso avviso, facendo saltare per l’ennesima volta un provvedimento fondante del programma elettorale repubblicano.
A sei mesi dall’insediamento, insomma, Trump non si trova in una situazione positiva. Mentre i suoi consensi a livello nazionale continuano a scendere, il suo staff rimane dilaniato dalle divisioni interne. Il nuovo responsabile della comunicazione, il finanziere Anthony Scaramucci, è stato nominato in quanto “difendeva bene Trump in TV” e ha già fatto parlare di sé per una delirante telefonata ad un giornalista del New Yorker (la trovate qui). Vedremo meglio nei prossimi mesi se Mouche (il suo soprannome) si intende davvero di comunicazione, o la sua nomina è l’ennesimo colpo di testa del presidente americano; fatto sta che il suo arrivo ha già fatto saltare due teste: il capo ufficio stampa Sean Spicer, che si è dimesso sentendosi scavalcato, e il capo dello staff presidenziale Rince Priebus, che aveva problemi con lui e soprattutto con Trump, ed è stato sostituito dall’ex generale John Kelly.
C’è poi la questione dei rapporti con la Russia, in quanto l’inchiesta sul possibile inquinamento del voto presidenziale del 2016 procede speditamente, e il Parlamento USA ha approvato a larghissima maggioranza (2 contrari al Senato e 3 alla Camera) le sanzioni contro il governo di Vladimir Putin. Per Trump, che ha sempre sostenuto una politica di distensione, firmare la richiesta di sanzioni è un colpo durissimo, ma usare il diritto di veto potrebbe essere controproducente: da un lato delegittimerebbe le Camere, dall’altro darebbe il fianco alle accuse di eccessivo “filoputinismo”.
                                                                                        ***
Saltiamo dall’altro lato dell’Atlantico per parlare in breve di Emmanuel Macron, che appena eletto si è fatto riconoscere per una politica estera particolarmente aggressiva ed irruente. Tra gli annunci degli ultimi giorni, la creazione di hotspot in Libia (e forse Niger) da parte dello stato francese, anche senza l’aiuto dell’Unione Europea. Gli hotspot sono i centri di identificazione dei migranti, attualmente in territorio europeo (Italia, soprattutto, ma anche Grecia e Libia). Collocarli al di fuori dei confini dell’Unione potrebbe evitare le tragedie del mare, suggerisce il presidente francese, dimenticandosi che un annuncio del genere non ha comunque alcuno studio di fattibilità alle spalle, e soprattutto è irrispettoso delle prerogative dell’UE e dell’Italia, il paese che più ha a che fare con i rifugiati nordafricani. La sera stessa di giovedì, Macron ha chiamato il nostro Presidente del Consiglio Paolo Gentiloni per chiarire che la sua era una proposta da discutere ed integrare. Nella telefonata tra Parigi e Roma, non si è parlato solo di migranti, ma anche della questione di Stx France, società che controlla i cantieri navali di Saint Nazaire. Sabato scorso doveva avvenire la cessione del 66,67% dell’azienda all’italiana Fincantieri, ma il governo francese ha esercitato il diritto di prelazione e impedito la cessione delle quote, giustificandosi con la volontà di mantenere il controllo di un settore economico strategico. Ve lo sareste aspettato da un europeista e liberale come Macron?


Immagini tratte da:

- L'immagine di copertina è un'elaborazione grafica sulla base di
https://thedailybanter.com/.image/c_limit%2Ccs_srgb%2Cq_80%2Cw_960/MTQ2NjUzNTA4Mzc5MDkyODU1/trump-ap.jpg e http://doblellave.com/wp-content/uploads/2017/05/Doblellave-Emmanuel-Macron-sera%CC%81-el-pro%CC%81ximo-presidente-de-Francia-1200x520.jpg.


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