Non è la prima volta che la figura del peggior soprano del mondo desta l’interesse del cinema, come dell’arte in generale. Nel 2005 Judy Kaye prestava voce e volto alla figura di Florence Foster Jenkins (Wilkes-Barre, 19 luglio 1868 – New York, 26 novembre 1944) nella commedia teatrale Souvenir e dieci anni più tardi Xavier Giannoli dirigeva Marguerite, pellicola liberamente ispirata all’artista sui generis. Si torna di nuovo a parlare di Florence, questa volta attraverso il delizioso e omonimo biopic che Steven Frears ha confezionato intorno la vita della donna. Florence è una ricca ereditiera con un inguaribile entusiasmo e una grande voglia di vivere e di mettersi in gioco. Non più giovanissima, è circondata dall’affetto di due uomini: il marito St. Clair ed il pianista Cosmè Mc Moon (S. Helberg). Il primo è anche il manager. Ad interpretarlo un intrigante Hugh Grant che, dismessi per l’occasione i panni del solito donnaiolo, appare convincente nel ruolo del marito devoto, nonostante qualche (umano) diversivo. Sì, perché fin dalle prime scene i contorni della relazione con la cantante appaiono quanto mai ambigui. A dipanare gli interrogativi, la rivelazione dello stato di salute della donna. Florence convive da cinquanta anni con la sifilide, contratta dal primo marito quando aveva appena 18 anni. Un’unione di anime quella fra Florence e St. Clair, suggellata dall’amore per la musica. Una sorta di medicina alternativa quest’ultima che, abbinata al mercurio e all’arsenico, le ha permesso di vivere ben oltre le aspettative. Un passato che non è stato certo benevolo e che le poche parole di Florence, ormai matura, tratteggiano con forza una donna che ha accettato il proprio destino ed è felice di aver vissuto una vita piena, conservando nella musica la propria vitale vocazione. Florence è impegnata in piccoli concerti alla presenza di un pubblico selezionato che fa quasi interamente parte del Circolo Verdi che lei stessa ha fondato. Sul palco appare fasciata in abiti appariscenti e scenografici, come solitamente amava mostrarsi al pubblico. Rimanere al suo fianco non è cosa da poco e chi già si è imposto nel panorama artistico si fa da parte per conservare la propria reputazione. Cosmè Mc Moon rimane, decidendo di essere fedele all’amica. Gli è accanto, tra note stonate e risate del pubblico, fino all’ultima esibizione al Carnegie Hall nel 1944. Lui, che non fa parte del firmamento dei grandi ma che è oggi ricordato come il pianista di Florence Foster Jerkins. Una personalità vivace e generosa, quella della Florence interpretata con grande espressività da Meryl Streep, di cui S. Frears costruisce un biopic raffinato e commovente, giocando con atmosfere leggere e ironiche e registri lievemente più cupi, senza mai appesantirne la visione. Concludiamo con una frase spesso pronunciata da Florence: «La gente può anche dire che non so cantare, ma nessuno potrà mai dire che non ho cantato». E in effetti la forza del suo canto, stonato ma onesto, è giunta fino a noi! Un’immagine della vera Florence: Immagini tratte da:
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Maggio 2023
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