Un lussuosissimo yacht solca le acque azzurre e cristalline del Mediterraneo: a bordo, con il marito e un gruppo di amici, la ricchissima signora Raffaella Pavoni Lanzetti (M. Melato) movimenta l’atmosfera vacanziera e a tratti sonnolenta del gruppo, con insopportabili prese di posizione anticomuniste e con il rigore preteso dai marinai nell’essere servita e riverita. Gennarino Carunchio (G.Giannini) appartiene alla servitù, è un rozzo marinaio comunista che malvolentieri sopporta l’arroganza della signora, verso la quale borbotta nervosamente improperi ed insulti, rigorosamente in dialetto. Travolti da un insolito destino nell’azzurro mare d’agosto è un film del 1974, con regia, soggetto e sceneggiatura di Lina Wertmüller, che appartiene al genere drammatico, ma anche alla commedia e al grottesco. La pellicola è stata oggetto di un remake, Travolti dal destino (Swept Away), nel 2002, per la regia di Guy Ritchie, con protagonisti Madonna e il figlio di Giannini, Adriano, che non ha però avuto lo stesso successo dell’originale. Sotto l’occhio attento della camera da presa, che regala scorci e paesaggi mozzafiato di una Sardegna soleggiata e incontaminata, sono a confronto classi sociali antitetiche, con i loro pregiudizi e clichè: l’alta borghesia da un lato, rappresentata dall’industriale e milanese Lanzetti, che taccia di approssimazione i marinai meridionali e, dall’altro lato, la classe subalterna della servitù, rappresentata da Carunchio, maschilista, retrograda e siciliano, che dissente dal modus vivendi dei ricchi, trovandone disonorevoli le abitudini. La netta separazione sociale che ritroviamo sull’imbarcazione si interrompe e, di fatto, si capovolge in occasione dell’ennesimo capriccio della signora, che decide di uscire alle sette di sera: il gommone guidato da Gennarino subisce un’avaria e i due sono costretti a fermarsi su di un isolotto deserto. Sullo sfondo di uno scenario naturale aspro e selvaggio, Gennarino decide di vendicarsi delle vessazioni subite dalla signora e di riversare su di lei colpe e frustrazioni politiche e sessuali, riducendola in poco tempo, tra botte e spintoni, nella sua schiava. Sono diventate famosissime le scene degli inseguimenti tra le dune, dove il crudele e più che mai “ncazzusu” Gennarino, picchia selvaggiamente la “bottana industriale”. Carunchio nell’orizzonte isolano, in virtù del vantaggio fisico, riesce a realizzare concretamente una sorta di “dittatura del proletario”, capovolgendo l’opposizione servo-signore tipica della società capitalista e instaurando una nuova relazione di potere, dalle forti tinte erotiche e sadomasochiste. L’isola assume i contorni di una dimensione irreale, grottesca e assoluta, in quanto scevra da sovrastrutture: è per questo che è possibile realizzare il sovvertimento degli abituali rapporti di potere. Non ci sono più un marinaio e una industriale, ma un uomo e una donna, bisognosi l’uno dell’altra: la violenza ed il sopruso si trasformano presto in passione e tra i due sboccia un sensualissimo amore, sulle note delle musiche di Piero Piccioni, vincitore del David di Donatello 1975. Gennarino è feroce, maschio, è un moderno Crusoe che si occupa della caccia e della pesca; la Lanzetti, dolce e illanguidita, ha abbandonato l’arroganza e le convinzioni politiche socialdemocratiche, diventando l’amante che il signor Carunchio - come da lei si fa chiamare- si è costruito su misura. Gli è devota, è dedita alle faccende che lui ritiene consone ad una “femmina”, è dolce, tenera e passionale e soprattutto è felice, tanto da non desiderare che di rimanere accanto a lui.
Tornare alla realtà o vivere ancora nell’incanto dell’isola? Gennarino vuole la prova del nove, desidera sapere se la relazione è frutto esclusivamente delle circostanze fortuite o se Raffaella desidera rimanere con lui anche al di fuori di quel contesto. Nonostante le resistenze di quest’ultima, i due abbandonano l’isola. E’ facilmente intuibile quale sarà l’epilogo della vicenda: la realtà ristabilisce le differenze che l’isoletta sperduta nel mare aveva livellato e la Lanzetti, pur nutrendo amore, non se la sente di cambiare vita, di rinunciare al benestare e agli agi. E’ amaro l’urlo di dolore che Gennarino lancia, disperato, alla Lanzetti sull’elicottero del marito: <<Traditrice, lo sapevo che non dovevo fidarmi di una ricca!>>. Il quadro che Wertmüller traccia è pessimistico. A Gennarino, abbandonate le illusioni dell’amore con la ricca signora, non resta che tornare da moglie e figli. La breve parentesi lo ha fatto sognare e ha fatto conoscere la vera passione alla Lanzetti, ma la realtà è più forte di un breve soggiorno felice. Da un punto di vista linguistico, è interessante notare come il linguaggio sia carico di espressività e sia stato strategicamente usato come tratto caratterizzante: Gennarino, incolto, si esprime quasi sempre in dialetto, al contrario, la Lanzetti è istruita e parla un ottimo italiano con cadenza milanese e una molto snob R ovulare. I personaggi non sono però delle parodistiche tipizzazioni del proletario e della borghese, nonostante ne esemplifichino molti luoghi comuni, ma hanno dignità e spessore, grazie alle sapienti interpretazioni degli affiatatissimi G. Giannini e M. Melato. Immagini tratte da: Immagine 0: locandina, sceglilfilm.it Immagine 1: chroniqueducinephilestakhanoviste.blogspot.com Immagine 2: p-pcc.blogspot.com Immagine 3: cineclubedetomar.wordpress.com Immagine 4: cinematek.be Immagine5: ladridivhs.blogspot.com Immagine 6: bestmoviesbyfarr.com
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Giugno 2023
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