di Fabrizio Matarese
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Genere: Drammatico
Anno: 2017 Regia: Jonas Carpignano Cast: Pio Amato, Koudous Seihon, Iolanda Amato, Damiano Amato Sceneggiature: Jonas Carpignano Fotografia: Tim Curtinn Montaggio: Affonso Gonçalves Produzione: Stayblack, RT Features, Rai Cinema, Sikelia Productions Durata: 118’ Paese: Italia, Brasile, Francia, Germania, Stati Uniti d'America, Svezia
Lo scorso mercoledì si è svolta a Roma la cerimonia di premiazione della 63ª edizione dei David di Donatello. Ha trionfato Ammore e Malavita dei Manetti Bros, aggiudicandosi 5 statuette tra cui quella di miglior film. A Ciambra invece, diretto dall’italo- statunitense Jonas Carpignano e già presentato al festival di Cannes, ha vinto la statuetta per la miglior regia e il miglior montaggio. Un risultato notevole per un film non certo facile, date le tematiche affrontate, e firmato da un regista giovane ma che ha trovato l’appoggio di un produttore esecutivo illustre, niente di meno che Martin Scorsese.
A Ciambra è una comunità rom nei pressi di Gioia Tauro, in Calabria, dove vive Pio, un ragazzo di quattordici anni, insieme alla sua numerosa famiglia. Pio trascorre i suoi giorni in questo scenario scalcinato e polveroso, tra bambini che fumano, serate in discoteca, furti d’auto in compagnia del fratello maggiore Cosimo e cene in famiglia pervase da una tensione costante e una spartana convivialità.
Quella della Ciambra è una realtà violenta, dove si inizia a fumare e a bere vino a 4-5 anni, dove quasi nessuno sa leggere e ci si procura il denaro e la corrente elettrica con metodi illegali. Pio è uno dei pochi della sua comunità che ha contatti con le altre realtà sociali: gli italiani (tra forze dell’ordine e ‘ndranghetisti) e gli africani, che per i rom sono tutti “marocchini”. Ma non per Pio che ha un amico fidato in Ayiva, un immigrato proveniente dal Burkina Faso che avrà grande importanza nel film.
Jonas Carpignano porta la cinepresa (mai fissa ma sempre e mano, mobile, dinamica e instabile come le vite dei personaggi che racconta) in mezzo alla Ciambra e mostra, quasi senza filtro, le esistenze di questi individui marginali e marginalizzati. Con un approccio quasi documentaristico ma emotivamente partecipe, seguiamo le vicende di Pio e le sue (dis)avventure alla ricerca di una crescita. A un certo punto sia il fratello che il padre di Pio vengono arrestati e il giovane si ritrova a dover provvedere ai bisogni della numerosa famiglia.
A Ciambra è un film che fonde il racconto di formazione con la capacità di ritrarre una realtà scomoda, raccontata in maniera insufficiente e pregiudiziale dai media tradizionali. La riflessione sulla marginalità, sul nomadismo e la migrazione (a un certo punto Pio entra in contatto coi migranti confinati nella baraccopoli di Rosarno, in una delle scene più emozionanti del film) non è mai venata da un buonismo a buon mercato, ma c’è sempre, nell’occhio del regista, la capacità di suscitare empatia senza bisogno di giustificazioni a priori.
La maggior parte delle persone sullo schermo sono individui che recitano se stesse, a cominciare dalla famiglia di Pio che è veramente una famiglia rom (è sorprendente vedere nei titoli di coda la quantità di Amato che hanno recitato nel film).
A Ciambra è un film coraggioso e in controtendenza, che mostra senza giudicare alcuni aspetti della vita ai margini della nostra civiltà. Con uno stile impressionista e al tempo stesso fedele alla materia trattata Carpignano ci regala un film profondo, multiforme e toccante. Ed è lanciato, dopo la cerimonia dei David ancor di più, a diventare uno dei nomi di punta della nostra nuova generazione di film-maker.
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Dicembre 2022
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