di Fabrizio Matarese
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Genere: Commedia, Drammatico, Fantastico
Anno: 2017 Regia: Ian Lagarde Cast: Sylvio Arriola, Ludovic Berthillot, Alexander Guerrero, Richard Jutras, David La Haye, Yaité Ruiz Sceneggiatura: Ian Lagarde Fotografia: Ian Lagarde Montaggio: Mathieu Grondin Produzione: Ménaïc Raoul, Gabrielle Tougas-Fréchette Distribuzione: Stray Dogs Durata: 85’ Paese:Canada
La seconda giornata del Lucca Film Festival e Europa Cinema è stata ricca di film ed eventi. Prima del gran finale, con la cerimonia di consegna del premio alla carriera a Martin Freeman, abbiamo assistito, al Cinema Centrale, alla proiezione del primo lungometraggio di Ian Lagarde, All you can eat Buddha.
Il film parte da alcune premesse all’apparenza ordinarie: un uomo di mezza età, che si fa chiamare semplicemente Mike, un gigante rasato con qualche kilo di troppo, arriva in un villaggio vacanze sulle paradisiache spiagge caraibiche. Appena giunto all’Hotel Palacio, Mike inizia a comportarsi come un normale turista che, lontano dal logorio del lavoro e delle grigie città occidentali, si gode un po' di relax e pace in riva al mare. Ma fin da subito alcuni personaggi notano un’aura misteriosa che circonda quest’uomo singolare. Non sono pochi coloro che subiscono una fascinazione, all’apparenza ingiustificata, nei confronti di quest’individuo trasandato e malmesso. Come la cameriera Esmeralda che gli lascia in stanza strani biglietti corredati di alcuni disegni enigmatici e allusivi.
La vita procede placida all’Hotel Palacio tra ricchi pranzi consumati in solitudine e serate passate ai margini delle feste offerte dal personale del resort: Mike sembra più in cerca di serenità e rifugio che di divertimento e spensieratezza.
A un certo punto del film c’è un evento che segnerà il protagonista in maniera indelebile: Mike libera una piovra arenata sulla battigia e mentre la rimette nell’acqua sente la sua voce, la voce dell’animale che gli sussurra parole oracolari di riconoscenza e monito.
Un avventore del resort, incuriosito dall’appetito miracoloso del protagonista, gli si avvicina durante un pranzo e dopo una breve conversazione gli confida che la figlia, anche lei presente nella sala, da diversi mesi non mangia cose solide. A questo punto Mike osserva la ragazza seduta al tavolo, si alza e si dirige verso di lei; qui abbiamo un primo incontro con le qualità straordinarie di questo misterioso individuo. Dopo averle sussurrato qualcosa all’orecchio, la ragazza lentamente muove la forchetta sul piatto di lasagne che ha davanti e, sotto gli occhi increduli del padre, ingerisce un boccone.
Questo lavoro di Lagarde ha un andamento ipnotico che parte piano e accentua progressivamente il tasso onirico delle scene, fino al climax lisergico finale. All you can eat Buddha non è un film convenzionale, non propone una storia pienamente conclusa e comprensibile e i personaggi conservano tutti una buona dose di ermetismo. L’atmosfera è giocata dosando sapientemente surrealismo, commedia e dramma.
Il titolo forse offre uno spunto per addentrarsi nei meandri di quest’opera enigmatica: un’espressione emblematica del consumismo occidentale, dell’all inclusive, del turismo massivo e plastificato, accostata al nome di una figura sacra della spiritualità orientale. Questa giustapposizione crea un cortocircuito che scardina il nostro modo di pensare. E così anche il film di Lagarde riesce a sorprendere a ogni scena e ci porta in un mondo affascinante e mortale, infuso di luce mistica, facendo dell’Hotel Palacio un luogo metafisico.
Immagini tratte da: https://www.cinoche.com www.traileraddict.com https://www.stray-dogs.biz Potrebbe interessarti anche:
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Marzo 2023
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