Sono passati quarantasei anni da quando le scorribande di Alexander DeLarge e dei suoi drughi hanno invaso gli schermi cinematografici di mezzo mondo, eppure per molti versi, il capolavoro di Kubrick, tratto dall'omonimo romanzo di Anthony Burgess del 1962, sembra essere un film proveniente dal futuro, o da qualche oscuro cuore di tenebra del presente dal quale è possibile cogliere il negativo della realtà.
Alex (interpretato da un Malcolm McDowell in stato di grazia, completamente dedito alla parte, tanto da subire lesioni alle costole e alla cornea durante le riprese) è un teppistello che abita nel grigiore della periferia della megalopoli londinese. I suoi principali interessi sono, come recita la tag-line del film, “lo stupro, l’ultra-violenza e Beethoven”. Dopo l'ennesima aggressione viene arrestato e durante il periodo di reclusione pare acquisire consapevolezza della propria colpa. Per uscire di prigione e purificare la propria anima dal male si propone come soggetto per una terapia sperimentale, la cosiddetta cura Ludovico che promette di estirpare definitivamente la tendenza a commettere crimini. Questo trattamento consiste essenzialmente nella somministrazione di potenti droghe al soggetto costringendolo alla visione di film che mostrano scene di violenza e sessualità brutale non troppo lontane da quelle che i drughi commettono nella realtà.
Dopo atroci sofferenze la cura pare avere successo e Alex torna in società fisiologicamente incapace di commettere atti criminali. Ma la cura Ludovico ha realmente portato Alex sulla via del bene, oppure si tratta di un atroce condizionamento psichico che rende i soggetti incapaci di operare una libera scelta?
Ogni film di Kubrick è un’esperienza cinematografica radicale. Questa pellicola però tocca forse l’apice nell’aggressione linguistico-formale: scene immaginifiche e irreali, accelerazioni, ralenti, inquadrature grandangolari che distorcono le figure, colori saturati, costumi dal gusto insieme futuristico e retrò; tutti questi elementi, sommati a una colonna sonora potente e rivelatrice, rendono quest’opera unica e inclassificabile, in sublime equilibrio tra iperrealismo e visionarietà.
La questione della violenza e della sua rappresentazione è uno dei nuclei del film: fin dalla prima inquadratura, mentre i drughi seduti nel Korova Milk Bar sorseggiano Latte+, ovvero latte adulterato con droghe psicostimolanti, lo sguardo feroce del protagonista penetra direttamente in macchina, interpellando e aggredendo lo stesso spettatore.
Nelle numerose scene di aggressione fisica e di soprusi, la rappresentazione della violenza acquisisce, mediante la messa in scena e la colonna sonora, una connotazione intrinsecamente ambivalente, spiazzante, ambigua. Se per Alex la musica è forza vitale, manifestazione sonora dell’istinto, esperienza di una trascendenza immanente, nell’economia complessiva del film i brani di accompagnamento svolgono spesso una funzione di straniamento, riuscendo a produrre fascinazione in scene che altrimenti provocherebbero soltanto disapprovazione e disgusto. Lo spettatore assiste all’estetizzazione della violenza e, grazie (o per colpa) a questo processo, il suo giudizio morale vacilla, rimane disorientato. Nella scena della baia, in cui Alex è determinato a ristabilire il predominio sulla banda dopo un tentativo di ammutinamento da parte dei drughi, questo doppio livello della musica risulta evidente. L’accompagnamento musicale è La gazza ladra di Rossini che insieme a un'inquadratura al ralenti contribuisce a rendere “armonioso” lo scatto di aggressione vendicativa di Alex; dall’altra parte non si tratta soltanto di un brano esterno al mondo della narrazione: lo stesso protagonista afferma in voice over, prima di scagliarsi contro i suoi compagni ammutinati, “la musica mi venne in aiuto, c’era una finestra aperta con uno stereo e seppi subito cosa fare”.
Ma il dominio della violenza non è esclusivo appannaggio di uno spostato come Alex. Nel corso della pellicola assistiamo a episodi di terribile repressione commessi dai rappresentanti delle istituzioni e dall’intera società ai danni del protagonista inerme: il secondino si dimostra un sadico torturatore, il ministro che gli “concede” la cura Ludovico un viscido e calcolatore uomo di potere, i suoi ex compagni drughi divenuti poliziotti lo aggrediscono senza pietà, gli stessi genitori di Alex non hanno tardato a rimpiazzarlo, nel periodo di reclusione, con un “altro figlio” e quando lui si presenta a casa dopo il rilascio, si rifiutano di accoglierlo. Il film di Kubrick rappresenta una critica feroce alla società nella sua interezza.
Una società nella quale la violenza ha un volto seducente e il contatto empatico pare essersi estinto. Un mondo in cui perfino l’erotismo subisce una reificazione (numerose nel film, immagini e sculture raffiguranti atti o organi sessuali) o uno svilimento: la memorabile scena dell’amplesso di Alex con due ragazze girato a velocità accelerata, sulle note del Guglielmo Tell di Rossini, esemplifica la tendenza a un'intensificazione iperbolica del godimento che si trasforma in vuota ripetizione di sterili automatismi. Facile immaginare come un’opera tanto estrema possa aver generato discussioni e scandalo. Nel 1974 in Inghilterra il film venne ritirato dalle sale per le numerose minacce di morte indirizzate al regista. In molti lo accusavano di aver creato un mostruoso generatore di violenza, che aveva portato gruppi di ragazzi a emulare le gesta dei drughi, altri hanno tacciato Kubrick di voler supportare ideologie fasciste. Riguardo queste accuse vale la pena citare le parole dello stesso regista, secondo cui, il suo film “mette in guardia contro il nuovo fascismo psichedelico – lo strabiliante, multimediale, quadrofonico, drug-oriented, condizionamento degli esseri umani da parte di altri esseri umani - che molti ritengono inaugurerà la decadenza della cittadinanza umana e l'inizio della apocalisse zombie”*. In un mondo in cui i mezzi di comunicazione tecnologici plasmano la visione del mondo e la sfera dell'immaginario di milioni di individui e numerose forze politiche, velatamente o apertamente, neofasciste riscuotono consensi sullo scacchiere geopolitico planetario, forse la realtà distopica rappresentata in Arancia meccanica ci riguarda più da vicino di quanto ingenuamente non si possa pensare.
* “warns against the new psychedelic fascism -- the eye-popping, multimedia, quadrasonic, drug-orienting conditioning of human beings by other beings -- which many believe will usher in the forfeiture of human citizenship and the beginning of zombiedom.”
(citazione tratta da http://www.rogerebert.com/scanners/kubrick-defends-himself)
Immagini tratte da:
www.pinterest.com www.cinezapping.com www.lasalameccanica.blogspot.it
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Marzo 2023
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