Se ad Hollywood c'è la cerimonia dei premi Oscar, qui in Italia ci sono "gli Oscar italiani" i David di Donatello, i premi più importanti del cinema italiano. di Vanessa Varini In questi giorni sono uscite le nomination: il film con più candidature è Dogman di Matteo Garrone, ispirato al cosiddetto delitto del Canaro, con 15 candidature tra cui quelle per Miglior film, Miglior regia, Miglior attore protagonista. Anche Capri Revolution di Mario Martone ha fatto incetta di candidature (ben 13 nomination), mentre Loro di Paolo Sorrentino che narra le vicende professionali, politiche e private di Silvio Berlusconi e Chiamami col tuo nome di Luca Guadagnino sono a quota 12 nomination. Segue Sulla mia pelle di Alessio Cremonini, che racconta la tragica vicenda di Stefano Cucchi con 9 candidature tra cui Miglior film e Miglior attore protagonista e Lazzaro Felice di Alice Rohrwacher sempre con 9 nomination ed infine Euforia di Valeria Golino con 7 nomination tra cui quelle per la Miglior regia e Miglior attore protagonista. Riuscirà a vincere la statuetta una regista donna come Valeria Golino o Alice Rohrwacher (sarebbe una rivoluzione perchè non è mai successo prima) o vinceranno i colleghi maschi Mario Martone (Capri-Revolution), Luca Guadagnino (Chiamami con il tuo nome) e Matteo Garrone (Dogman)? Per la categoria Miglior attore sono candidati la "scoperta" Marcello Fonte (Dogman), Riccardo Scamarcio (Euforia), Alessandro Borghi (Sulla mia pelle), Toni Servillo (Loro) e Luca Marinelli (Fabrizio De André-Principe libero). Le donne protagoniste candidate sono, invece, due giovani attrici napoletane, Marianna Fontana (Capri-Revolution) e Pina Turco (Il vizio della speranza), poi Elena Sofia Ricci (Loro), la sorella di Alice Alba Rohrwacher (Lazzaro felice) e Anna Foglietta (Un giorno all’improvviso) Tra le novità di questa edizione spicca il Premio dello Spettatore, destinato al film di maggiore riscontro sul fronte degli spettatori e delle presenze in sala. Per quanto riguarda, invece, la categoria Miglior film straniero ha vinto Roma di Alfonso Cuarón con protagonista una famiglia messicana negli anni settanta, un film super favorito anche agli Oscar 2019. Roma ha "sconfitto" Bohemian Rhapsody di Bryan Singer e Dexter Fletcher, il film più visto in Italia nel 2018, Il filo nascosto di Paul Thomas Anderson, Tre manifesti a Ebbing, Missouri di Martin McDonagh e Cold War di Paweł Pawlikowski. Ora non ci resta che sintonizzarci il 27 marzo su Rai 1 per seguire l'attesa consegna dei David di Donatello. Immagini tratte da: https://redcapes.it/ https://mr.comingsoon.it/ https://www.miamarket.it/ https://www.culturamente.it/
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Di Federica Gaspari ![]() Data di uscita: 1° febbraio 2019 Genere: thriller, horror Anno: 2019 Regia: Dan Gilroy Attori: Jake Gyllenhaal, Rene Russo, Toni Collette, Zawe Ashton, Natalia Dyer, John Malkovich Sceneggiatura: Dan Gilroy Fotografia: Robert Elswit Montaggio: John Gilroy Musiche: Marco Beltrami, Buck Sanders Produzione: Netflix, Dease Picture Inc. Distribuzione: Netflix Paese: USA Durata: 113 min Il mondo dell’arte da sempre gode di una fama alimentata dalla sua stessa ambiguità. Questo complesso universo non vive, infatti, di soli grandi capolavori leggendari. All’ombra delle sculture più pop e delle opere più irriverenti si nascondono galleristi, critici e veri e propri imprenditori in grado di dettare le regole che guidano il mondo dell’arte. Si tratta di personaggi astuti e spesso spietati che sanno sempre scegliere con grande cura le proprie mosse. Potrebbe trattarsi semplicemente del lato più oscuro di questo universo. Dopotutto, le prospettive sul mondo dell’arte sono certamente molteplici. Quella più cinica, però, è quella adottata in Velvet Buzzsaw, ultima fatica cinematografica del brillante regista Dan Gilroy. Scomoda e tutt’altro che accondiscendente, quest’ultima pellicola della scuderia Netflix è approdata nel catalogo del colosso dello streaming lo scorso 1° febbraio. Bastano i primi minuti per comprendere perché, in breve tempo, questo film sia riuscito a far parlare così tanto pubblico e critica. Gilroy sconvolge i canoni, trova le tonalità giusta e dipinge una tela decisamente fuori dal comune. Un artista sconosciuto muore improvvisamente lasciando un gran numero di straordinarie opere pronte ad essere apprezzate da critici in visibilio. La giovane agente Josephina (Zawe Ashton), alla ricerca della grande occasione per la sua carriera, scopre casualmente questa sorprendente eredità artistica. Inconsciamente la ragazza innesca un inesorabile e temibile meccanismo che sconvolgerà la sua vita e quella di tutti i suoi colleghi. Anche Morf Vandewalt (Jake Gyllenhaal), eclettico critico d’arte rimasto folgorato dai lavori del misterioso artista, non rimarrà immune a questa strana maledizione. Le aspettative per il secondo lavoro della coppia Gilroy-Gyllenhaal erano altissime. La scelta della distribuzione su Netflix e il soggetto del film, inoltre, hanno alimentato la curiosità dei cinefili. Dopo la dura critica al mondo dei media e della comunicazione in Nightcrawler – Lo sciacallo, il regista e sceneggiatore di Santa Monica sceglie di tuffarsi in un altro ambiente spietato. Il risultato, trascinato energicamente da un cast stellare in grandissima forma, è una satira senza filtri che gioca con ogni personaggio senza ipocrisie e scrupoli. Nel complesso, tuttavia, il film risulta criptico, difficile da decifrare tanto quanto un’oscura opera d’arte moderna. I toni surreali della narrazione sostengono una struttura à la Final Destination sofisticata che perde parte della sua efficacia nella conclusione. Gilroy, grazie ad un magnetico Gyllenhaal eccentrico ma mai sopra le righe, si scaglia contro il mercato delle opere d’arte spesso sconsiderato e folle. Basta questo per lasciare il segno oppure, proprio a causa di un intreccio criptico, il film rimane vittima delle sue ambizioni? Per capirlo, è necessario vivere questa esperienza cinematografica così vicina al mondo dell’arte. Immagini tratte da: Immagine 1: www.imdb.com Immagine 2: www.cinematographe.it Immagine 3: www.theverge.com
di Matelda Giachi
Febbraio. Per i più è il mese di San Valentino, la festa degli innamorati. Ma per noi cinefili… per noi cinefili è il mese degli Oscar. Una cerimonia sempre più discussa, sempre più controversa. Di anno in anno rimaniamo sempre più basiti di fronte alle discutibili scelte dell’Academy, non ultima e la più grave, quella di assegnare alcuni premi, tra cui quello alla fotografia e al montaggio, fuori onda, durante gli intervalli pubblicitari. Fortuna vuole che Hollywood, sotto forma dei suoi più influenti registi, si sia ribellata e sia riuscita a far revocare la decisione.
Nonostante tutto però, non possiamo fare a meno di parlarne, di fare strani calcoli probabilistici, di incrociare i dati di Golden Globes, SAG Awards, Bafta derivandone grafici e aspettative. A pochi giorni dalla fatidica notte, proponiamo un breve ripasso delle otto pellicole in gara per il premio principale, quello al miglior film, con tanto di link alle nostre recensioni. BLACK PANTHER Regia di Ryan Coogler, protagonisti Chadwick Boseman, Michael B. Jordan, Lupita Nyong’O, Martin Freeman, Danai Gurira, Andy Serkis. Partiamo subito col botto, con il candidato che sicuramente ha destato più scalpore. I fan duri e puri dei cinecomic esultano per le ben sette nomination conquistate dalla pellicola sulla Pantera Nera di casa Marvel e i suoi protagonisti alzano forte il grido “Wakanda per sempre”. Il quarto film di supereroi con il maggior incasso di sempre, Black Panther è di sicuro un successo e la qualità della sua realizzazione indubbia. I più tuttavia (e, va detto, noi con loro), restano quanto meno perplessi di fronte alla sua presenza nella rosa degli otto film migliori del 2018. Ci si chiede se la nomination non sia frutto più che altro di un cast quasi totalmente black, se fatta eccezione per Martin Freeman e Andy Serkis, in pieno governo Trump e della prossimità con la tutto sommato recente polemica #Oscarsowhite. BOHEMIAN RHAPSODY Regia problematica divisa tra Brian Singer e Dexter Fletcher, protagonisti Rami Malek, Lucy Boynton, Gwilym Lee, Ben Hardy, Joseph Mazzello. Il 2018 è stato l’anno dei film musicali e Bohemian Rhapsody, storia della più leggendaria o quasi della band, i Queen, e in particolare del loro front man Freddie Mercury, è stato il film dei record, riuscendo a rimanere in cima ai botteghini per settimane e settimane, diventando uno dei film più visti di sempre. Come per ogni successo, non sono mancate le polemiche, in particolare riguardanti l’inesattezza cronologica della narrazione. Precedentemente a questo, già la lavorazione era stata travagliata, avendo visto la sostituzione del regista Bryan Singer in corso d’opera. Ma è soprattutto il suo protagonista, Rami Malek, ad essere in corsa per la statuetta dorata. Col suo eccezionale e minuziosissimo lavoro nel riportare in vita il mito di Freddie, si è già aggiudicato il SAG Award, il Golden Globe e il Bafta come miglior attore. 5 nomination in totale VICE Regia di Adam McKey, protagonisti Christian Bale e Amy Adams. Ricorderemo Vice soprattutto come l’ultima drastica trasformazione fisica del camaleonte di Hollywood, Christian Bale, che è stato in cura dalle nonne di tutta la troupe per riuscire ad arrivare al peso forma de’ “l’uomo nell’ombra”, ovvero il vice presidente degli Stati Uniti del governo Bush. Dobbiamo dire che siamo stati felici e rassicurati nel rivederlo, di nuovo perfettamente in forma, ringraziare Satana, sul palco dei Golden Globes, mentre ritirava il premio. Un ottimo film anche se strutturalmente troppo identico al precedente del regista (Adam McKay), La Grande Scommessa. Un’interessante e sottilmente ironica quanto inquietante riflessione sul potere. 8 le nomination totali Qui la nostra recensione del film A STAR IS BORN Regia di Bradley Cooper, protagonisti lo stesso Cooper e la star del pop Lady Gaga. Dicevamo che il 2018 è stato l’anno della musica al cinema. Una storia, quella di A Star is Born che è già al suo quarto remake e che quindi nessuno si aspettava potesse avere tanto successo. Nemmeno i suoi protagonisti. Ma, se un merito fra tutti va riconosciuto a questo film, è il lavoro eccezionale che Bradley Cooper e Lady Gaga sono riusciti a fare collaborando insieme e imparando l’uno dall’altra. Il risultato è stato un connubio di cinema e musica di alto livello. Se Hollywood prima li sapeva bravi, adesso li riconosce come grandi. 8 nomination, di cui due per lady Gaga: come miglior attrice e per la miglior canzone originale con Shallow. Qui la nostra recensione del film BLACKKKLANSMAN Regia di Spike Lee, protagonisti John David Washington e l’Adam Driver di Star Wars. Di tutti i nominati, è stato quello che forse è passato più in sordina dalle sale cinematografiche, pur essendosi aggiudicato il grand prix al Festival di Cannes, ma è uno dei nostri preferiti. Spike Lee, ha saputo mettere insieme un misto raggelante realismo e tagliente senso dell’umorismo senza che l’uno o l’altro risultino fuori luogo. Un poliziotto nero agli inizi degli anni ’70 e il suo collega ebreo che si infiltrano nel ku klux klan, dividendosi la parte tra incontri partecipazioni telefoniche e di persona. Uno Spike Lee arrabbiato che usa l’ironia come arma per ridicolizzare e dissacrare l’odio razziale. 6 le nomination totali per questo film. Qui la nostra recensione del film ROMA Regia di Alfonso Cuarón, protagoniste Yalitza Aparicio e Marina De Tavira. D’accordo o meno con le nomination dell’Academy, stiamo comunque parlando di tutti ottimi film ma qui… Qui si comincia ad avere a che fare con delle perle. Una sceneggiatura ai limiti della semplicità che attinge ai ricordi d’infanzia dello stesso regista che trova modo, con la sua opera, di rendere omaggio alle due figure femminili che tanto hanno fatto e sacrificato per lui. L’uso del bianco e nero, la fotografia, il suono, tutti orchestrati in un’opera intima e universale. Una poesia. Già Leone D’Oro a Venezia, Roma si presenta la notte del 24 febbraio con 10 nomination. Qui la nostra recensione del film LA FAVORITA Regia di Yorgos Lanthimos, protagoniste Olivia Coleman, Emma Stone e Rachel Weisz. Con le sue 10 nomination, pari a quelle di Roma, La Favorita è un altro dei grandi protagonisti di questi Oscar. Di tutte le pellicole in gara, è quella che più spicca per originalità, tanto che verrebbe da pensare ad un’opera di fantasia, quando, in realtà, la sceneggiatura si basa su fatti storici ben documentati. Un triangolo tutto al femminile, quello tra la regina Anna, salita al trono nel 1707, e due sue cortigiane, dove si intrecciano potere, erotismo, affetto e cattiveria. Tre protagoniste una più brava dell’altra. E il regista greco Yorgos Lanthimos, trova finalmente la sua regia vincente e perfetta. Qui la nostra recensione del film GREEN BOOK Regia di Peter Farrely, protagonisti Mahershala Ali e Viggo Mortensen. Una storia che arriva dritta al cuore in cui un contesto di intolleranza e pregiudizio fanno da scenario alla nascita di una meravigliosa amicizia fondata sulla diversità e il rispetto. Una regia pulita che sa fare buon uso della leggerezza, così come la intendeva Calvino, per affrontare la drammaticità di un tema che non smette di essere attuale. La prova che non servono necessariamente particolari virtuosismi ed effetti speciali per fare del gran cinema. Presentato alla Festa del Cinema di Roma, sono 5 le nomination totali per il film di Peter Farrely. Mahershala Ali ha già portato a casa il Golden Globe e il Bafta come miglior attore non protagonista, Viggo Mortensen ha messo a segno la più grande interpretazione della sua carriera e alla cerimonia del 24 febbraio, soffrirà solo dello sbrilluccicare delle virtuosistiche trasformazioni dei colleghi Rami Malek e Christian Bale, perché l’Oscar lo merita tutto. Qui la nostra recensione del film di Federica Gaspari L’ingresso del Dolby Theatre di Los Angeles si prepara ad essere nuovamente illuminato dalle brillanti star hollywoodiane e non in gara alla 91esima edizione degli Academy Awards. La notte del 24 febbraio sarà illuminata dai protagonisti della scorsa stagione cinematografica. Anche quest’anno, come da tradizione, una delle categorie più interessanti e combattute è senza dubbio quella dedicata alle migliori attrici protagoniste. Chi sono le interpreti in corsa per l’ambitissimo Oscar? Classe ’93, origini messicane-mixteche: la più grande sorpresa di questa stagione è Yalitza Aparicio, giovanissima protagonista dell’acclamato ROMA di Alfonso Cuaron. La storia di Yalitza, completa debuttante sul grande schermo, somiglia sempre più ad una favola. E’ bastata un’ottima interpretazione da protagonista per volare dall’anonima periferia rurale messicana ai red carpet dei più importanti festival cinematografici. Sarà la statuetta inaspettata? Con ben 7 candidature nel curriculum, Glenn Close è una delle attrici più nominate nella storia degli Oscar. Peccato che tutte le sue più grandi aspettative non si sono mai concretizzate in uno scintillante premio. La brillante interpretazione in The Wife – Vivere nell’ombra ha già convinto la giuria dei Critic’s Choice Awards, Golden Globes e Screen Actors Guild Awards, riconoscimenti che sono l’anticamera dell’ambitissimo Academy Award che andrebbe a coronare una splendida carriera. Alla mostra del cinema di Venezia è stata premiata con la Coppa Volpi per la migliore interpretazione femminile: l’attrice britannica Olivia Colman, dopo una lunghissima carriera tra teatro, cinema e televisione, è pronta a conquistare il più ambito premio del grande schermo Oltreoceano. La sua regina Anna ne La favorita , è un raro esempio di bravura. Riuscirà a conquistare l’Oscar alla prima candidatura? Al momento dell’uscita di A Star is Born era considerata la favorita per la corsa all’Oscar ma, considerando le assegnazioni dei premi che precedono gli Academy Awards, la situazione per lei sembra essersi complicata. Lady Gaga, dopo aver incantato milioni di fan con la sua musica, è approdata sul grande schermo in un ruolo inaspettato quanto convincente. Avrà convinto anche l’Academy? Un nome inatteso conclude la rosa delle candidate per il ruolo di migliore attrice protagonista. Melissa McCarthy, nota al grande pubblico soprattutto per la sua partecipazione a Una mamma per amica e per le sue interpretazioni in commedie, è stata candidata per la performance nel film Copia Originale, film biografico sulle memorie della truffatrice Lee Israel. La pellicola uscirà in Italia solamente il 16 marzo. Chi vincerà l’ambitissimo premio? Per saperlo bisogna attendere la luccicante notte del 24 febbraio. Nel frattempo non lasciatevi illudere dai pronostici: gli Oscar, nel bene e nel male, sanno sempre stupire regalando spesso sorprese inaspettate!
Immagini tratte da: www.imdb.com www.detroitnews.com www.empireonline.com www.rollingstones.com di Vanessa Varini In attesa della 91ª edizione della cerimonia degli che si terrà al Dolby Theatre di Los Angeles il 24 febbraio, andiamo a scoprire i candidati come Migliori attori protagonisti ai Premi Oscar 2019. Tra i favoriti di questa edizione c'è Bradley Cooper: dopo essere stato candidato come Migliore attore protagonista per "Il Lato Positivo" e per "American Sniper" di Clint Eastwood, (oltre ad ottenere come co-produttore una candidatura come Miglior film sempre per il film di Eastwood) e come Miglior attore non protagonista per "American Hustle", riuscirà finalmente a vincere l'ambita statuetta dorata nei panni di Jackson Maine, star del rock di "A Star is Born"? A contendergli l'Oscar c'è il talento camaleontico di un grande attore di Hollywood: Christian Bale, già vincitore di un premio Oscar come Miglior attore non protagonista nel 2010 per "The Fighter", candidato nel 2013 per "American Hustle" e nel 2015 per "La grande scommessa", è aumentato di ben quaranta chili, mutando il proprio fisico e la fisionomia, per interpretare il vice-presidente Dick Cheney protagonista di "Vice", di Adam McKay. Poi c'è Viggo Mortensen, candidato al Premio Oscar come Migliore attore protagonista nel 2008 per "La promessa dell'assassino" e nel 2017 per "Captain Fantastic", che per interpretare Tony Lip, il buttafuori newyorkese di origine italiana di "Green Book", è ingrassato di circa venti chili e ha imparato il dialetto siciliano. Potrebbe vincere l'Oscar anche la rivelazione, Rami Malek, che si è trasformato notevolmente tra dieta ferrea, esercizi fisici e trucco per far rivivere Freddie Mercury in "Bohemian Rhapsody", il celebre biopic sui Queen diretto da Bryan Singer, tra i 20 film più visti di sempre in Italia. Infine c'è Willem Dafoe, che dopo aver ricevuto la sua prima candidatura agli Oscar per "Platoon" e sempre come Miglior attore non protagonista per "L'ombra del vampiro" e "Un sogno chiamato Florida", è stato applaudito dalla critica per la sua interpretazione di Vincent van Gogh nel film biografico "Van Gogh - Sulla soglia dell'eternità" Vincerà un giovane talento o un veterano di Hollywood? Secondo voi chi stringerà tra le mani la statuetta d'oro? Immagini tratte da: http://www.blackfilm.com/ https://theplaylist.net/ https://pixel.nymag.com/ https://cdn.images.express.co.uk/ https://cc-media-foxit.fichub.com/
di Matelda Giachi
Il vecchio Earl (Clint Eastwood) è un appassionato floricoltore che ha speso l’esistenza tra le piante e le convention, trascurando la famiglia abbastanza da far si che la figlia non gli rivolga la parola da 12 anni, quando la vita si presenta a chiedergli il conto. La crisi e l’avvento delle nuove tecnologie lo pongono di fronte a un pignoramento e alla solitudine che ha coltivato ancora meglio dei fiori per i quali ha ricevuto tanti premi. In questo scenario di fallimento, accetta un lavoro come corriere per il cartello di Sinaloa. L’insospettabile vecchietto, che mai ha ricevuto una sola multa, diventa il più prolifico e ricercato autista della droga.
Sembra uno scenario piuttosto drammatico quello a cui ci pone di fronte il trailer e invece il film si rivela impregnato di una inaspettata positività. La narrazione procede con una leggerezza calviniana. Ci sono voglia di rimediare ai propri errori, voglia di rimettersi in gioco, in qualunque momento del proprio cammino. Il ritmo di vita del protagonista, rallentato dall’età avanzata, è un invito ad assaporare ogni attimo, a starci dentro. Il corso degli eventi, per altro ispirati a fatti reali documentati da un articolo del New York Times, viene seguito su un doppio binario. Il primo focalizzato su Earl e le sue corse e il secondo sugli agenti della DEA Daves e Trevino, impersonati rispettivamente da Bradley Cooper, di nuovo attore per Eastwood dopo American Sniper, e Michael Peña, che, dopo l’uscita di scena del suo Kiki Camarena in Narcos, continua a stare alle costole del cartello di Sinaloa. Il regista inquadra la stessa vicenda da entrambi i suoi lati senza dirigere il giudizio su alcuno. Braccato e cacciatori si sfiorano senza vedersi per poi trovarsi ad avere a che fare non in uno scontro ma in un confronto.
Non il migliore ma comunque un ottimo Clint Eastwood che non manca di includere nella pellicola uno dei temi più caldi del tempo: la diversità. La maturità della visione che ci offre è il punto più forte del suo lavoro.
Nel mondo di Earl sono i fatti, non le parole che contano, a dire chi sei. Ci si saluta “Ehi vecchio.” “Ehi lesbiche”, col sorriso sulle labbra, dopo essersi scambiati suggerimenti per una moto che non parte. Un apostrofare continuo, quasi a voler deridere l’attenzione morbosa che si rivolge alla parola senza darle contenuto. “Sono felice di dare una mano a voi negri”, dice Earl, con candore, ad una coppia di afroamericani con una gomma a terra. E mentre loro si preoccupano di essere chiamati “neri” o meglio, “persone”, lui di fatto ha interrotto il proprio viaggio per fermarsi ad aiutarli. Un invito a essere umani, invece di dichiararsi tali.
Voto: 7,5
Immagini tratte da: www.mymovies.it www.silence-action.com www.gamesurf.tiscali.it www.movieplayer.it di Federica Gaspari ![]() Data di uscita: 31 gennaio 2019 Genere: biografico, drammatico, commedia Anno: 2018 Regia: Peter Farrelly Attori: Viggo Mortensen, Mahershala Ali, Linda Cardellini, Mike Hatton Sceneggiatura: Brian Hayes Currie, Peter Farrelly, Nick Vallelonga Fotografia: Sean Porter Montaggio: Patrick J. Don Vito Musiche: Kris Bowers Produzione: Innisfree Pictures, Participant Media, Wessler Enterteinment Distribuzione: Eagle Pictures Paese: USA Durata: 130 min Poche settimane fa, Vice – L’uomo nell’ombra conquistava pubblico e critica, convincendo gli esperti degli Academy Awards ad assegnargli 8 candidature ai prossimi Oscar. Il successo di questo film portava a riflettere sul ruolo di un genere, quello biografico, non solo nel mondo del cinema ma anche nella società contemporanea. A pochi giorni di distanza, un altro bio-pic ‘anomalo’ approda nelle sale italiane dopo un lungo viaggio segnato da prestigiosi riconoscimenti a festival internazionali. Anche questo film, pur appartenendo ad un preciso genere cinematografico, cerca di uscire dagli schemi con una storia curiosa e contemporaneamente significativa. Sicuramente nessuno avrebbe scommesso sul regista Peter Farrelly che, nel corso degli anni, ha costruito una carriera basata su commedie tipicamente “demenziali”. Green Book, tuttavia, è un film completamente diverso dal previsto, una pellicola che, presentata nei festival internazionali senza troppa grande attesa, ha saputo stupire davvero tutti. Anni Sessanta, risse in locali chic e favori poco legali per signori della criminalità newyorkese: la vita di Tony Lip (Viggo Mortensen) sembra essere molto lontana da un’esistenza esemplare. Dopo la chiusura di un locale in cui lavorava come buttafuori, l’uomo di origine italiana si ritrova costretto a cercare un nuovo lavoro per riuscire a mantenere la sua famiglia. La migliore offerta, inaspettata quanto insolita, arriva da Don Shirley (Mahershala Ali), talentuoso musicista jazz afroamericano che è alla ricerca di un autista per il suo prossimo tour. L’incontro con il pianista porterà Tony alla resa dei conti con i suoi atteggiamenti talvolta razzisti ma soprattutto aiuterà il protagonista ad aprire gli occhi sulla realtà grazie ad un lungo viaggio nel sud conservatore degli Stati Uniti. Il green book del titolo è un volume di poche pagine che guida Lip e Shirley verso i luoghi meno pericolosi per gli afroamericani. Tra le righe di questo libro, tuttavia, sembra nascondersi anche il percorso giusto per un road movie a metà strada tra commedia e dramma. I toni e i ritmi narrativi aiutano, infatti, a trovare svolte brillanti imboccando anche vie più sensibili e accorte nei confronti di un’epoca ricca di ipocrisie e contraddizioni. Gli anni Sessanta, intolleranti nei confronti non solo degli afroamericani ma anche degli immigrati, non sembrano tuttavia così lontani dall’America attuale. Lo strepitoso duo protagonista, con performance di grandissimo livello, diventa la marcia in più in un film senza particolari virtuosismi alla regia e alla sceneggiatura. Mortensen e Ali, infatti, non hanno niente da invidiare ai loro colleghi in corsa per l’Oscar. Green Book riesce ad essere fresco e insolito pur seguendo canoni e strutture classiche. L’astuta delicatezza dell’ultima fatica di Farrelly, a tratti paragonabile a quella di The Help, riuscirà ad avere la meglio sulla tagliente ironia di un film come Vice?
Immagini tratte da: Immagine 1: www.imdb.com Immagine 2: www.variety.com Immagine 3: www.youtube.com
di Salvatore Amoroso
Matteo Rovere alle origini del mito fondativo di Roma. Con un film inedito nel panorama attuale della nostra cinematografia: tentativo non riuscito per intero, ma da difendere e sostenere. ![]()
Titolo:Il Primo re
Paese di produzione:Italia, Belgio Anno:2019 Durata:127 min. Genere:storico, azione Regia:Matteo Rovere Sceneggiatura:Filippo Gravino, Francesca Manieri, Matteo Rovere. Distribuzione:01 Distribution Fotografia:Daniele Ciprì Montaggio: Gianni Vezzosi Musiche:Andrea Farri Scenografia:Tonino Zera Produttore:Andrea Paris, Matteo Rovere Costumi:Valentina Taviani Cast: Alessandro Borghi(Remo); Alessio Lapice(Romolo); Fabrizio Rongione(Lars); Massimiliano Rossi(Tefarie); Tania Garribba(Satnei); Vincenzo Crea(Elaxantre).
Ambizioso ben oltre le attuali possibilità del nostro cinema, realizzato con un budget di circa 9 milioni di euro in coproduzione con il Belgio, il film,superato l’impatto iniziale che rimanda inevitabilmente il pensiero a Grunt! di Andy Luotto o all’Attila flagello di Dio con Abatantuono & Co, ci trasporta in territori non abituali, tenta la strada di una suggestiva e quanto mai ardita ibridazione tra l’estasi malickiana (La sottile linea rossa, The New World) e la macelleria gibsoniana (Apocalypto) per tornare alle origini del mito fondativo di Roma.
Due fratelli, Romolo (Alessio Lapice) e Remo (Alessandro Borghi), prima travolti da una spaventosa esondazione del Tevere, poi catturati dai guerrieri di Alba Longa. Capaci di liberarsi dal giogo della morte (o della schiavitù) con un altro manipolo di prigionieri, portano via con loro il fuoco sacro protetto da una misteriosa vestale (Tania Garribba). Romolo è ferito, moribondo. Remo è disposto a qualsiasi cosa pur di proteggerlo. Saranno proprio gli dèi, attraverso gli aruspici, a mettere in discussione quel legame fraterno così inossidabile: sul sangue di uno dei due sorgerà il Nuovo Impero.
Dopo il notevole Veloce come il vento, Matteo Rovere alza ulteriormente l’asticella: girato completamente in esterna (tra le varie location ritroviamo il parco dei Monti Simbruini, dei monti Lucretili, il monte Cavo, il monte Ceraso, poi la riserva di Decima Malafede e del Circeo, il lago dei Monaci e la Riserva di Tor Caldara) e in formato anamorfico, solamente con luci naturali (alla fotografia Daniele Ciprì), Il primo re è un lancio senza paracadute nel fango e nelle marrane dell’VIII secolo avanti Cristo: l’unico volto noto è quello di Alessandro Borghi, chiamato ad un’altra prova di resistenza fisica dopo Sulla mia pelle, i pochi dialoghi sono recitati in protolatino, e la volontà è quella di tornare alle viscere di un conflitto, tremendamente umano e ancora oggi attuale, ovvero quello tra il libero arbitrio e la sottomissione al volere del destino.
Quattordici mesi di postproduzione, una prima parte di grande respiro e campi lunghi, poi una progressiva clausura nell’inospitale foresta dove ad emergere sarà la figura di Remo, sfidato, temuto ed infine scelto dal gruppo come leader carismatico di una rivolta che a breve assumerà i connotati dell’impresa.Ma superstizioni ferine e vaticini di fede iniziano a minare l’unione tra i due fratelli, con Remo deciso a far prevalere il proprio amore, le proprie convinzioni, il proprio individualismo, a discapito del fato e della collettività.
Sfiorando solamente la “coattaggine” di prodotti mainstream come 300, ma lontano dall’epica nichilista di capolavori come ValhallaRising, il film di Rovere si concede qualche riferimento pop (la vestale ricorda vagamente la Sacerdotessa Rossa del Trono di Spade) e qualche drone di troppo, non regge per intero le proprie ambizioni (poteva durare qualche minuto in meno) e fugge assai presto dalla mischia di combattimenti cruenti che invece avrebbero potuto regalare ancora qualcosa in più in termini di spettacolo. Resta comunque un tentativo, quello di Rovere, che, seppur vinto solamente in parte, deve essere difeso e sostenuto perché il cinema italiano ha bisogno di prodotti di questo tipo, dove il coraggio della realizzazione si fonde con il talento dell’artigianato puro. Un cinema che non ha paura di sprofondare nelle fangosità di territori apparentemente sconosciuti, arcaici e ostili, per riemergere e sferrare il proprio sorprendente attacco dinnanzi agli sguardi attoniti di un pubblico abituato alle solite commedie. O ai soliti autori. Immagini tratte da: Locandina: ComingSoon.it Immagine1: IlPost Immagine2: CorriereDelloSport.it Immagine3: imdb.com |
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Giugno 2023
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