di Vanessa Varini Mercoledì 21 marzo si è svolta la cerimonia di premiazione della 63ª edizione dei David di Donatello, condotta da Carlo Conti presso gli Studios di Via Tiburtina a Roma. La serata si è aperta con un monologo recitato da Paola Cortellesi e scritto da Stefano Bartezzaghi, ricco di parole che se declinate al femminile diventano equivoche e “ammiccano verso la prostituzione”; un testo dai toni “forti” per difendere le donne, rappresentato sul palco anche da Jasmine Trinca, Isabella Ragonese, Serena Rossi, Sonia Bergamasco, Giovanna Mezzogiorno e Claudia Gerini. A proposito di donne, tante sono state le vincitrici di questa serata: da Claudia Gerini (premiata da Luca Zingaretti per il suo ruolo in Ammore e Malavita dei Manetti Bros), a Susanna Nichiarelli (per il suo Nico, 1988 che ha conquistato i premi come miglior sceneggiatura originale, suono, trucco e acconciature), fino a Jasmine Trinca (miglior attrice protagonista per Fortunata di Sergio Castellitto e Anselma Dell’Olio, vincitrice del David per il suo documentario La lucida follia di Marco Ferreri). Anche il David Speciale alla carriera è stato dedicato a due icone, una del cinema italiano, la grande Stefania Sandrelli e una del cinema statunitense, l'antidiva Diane Keaton. Un’altra protagonista della serata è stata Napoli, città dalle mille contraddizioni e ambientazione di tanti film candidati, dal musical Ammore e malavita dei Manetti Bros (già premiato alla Mostra di Venezia, che ha vinto cinque David su quindici fra cui miglior film, attrice non protagonista, musica, canzone e costume), a Gatta Cenerentola (film, d'animazione di Alessandro Rak, Ivan Cappiello, Marino Guarnieri e Dario Sansone che ha vinto il David alla miglior produzione e agli effetti digitali) e A Ciambra diretto da Jonas Carpignano (vincitore sia per la miglior regia che per il montaggio). Grandi applausi anche per il noir napoletano diretto da Ferzan Ozpetek Napoli velata, premiato per la fotografia e la scenografia, e La tenerezza di Gianni Amelio che ha premiato Renato Carpentieri con il David come miglior attore protagonista. È questo attore napoletano 74enne insieme all'88enne Giuliano Montaldo, vincitore del David come migliore attore non protagonista per Tutto quello che vuoi di Francesco Bruni, a rappresentare la quota over della serata. Il protagonista del momento cult, invece, è stato Steven Spielberg vincitore del David Speciale alla carriera, accolto dalla colonna sonora di Indiana Jones e da lunghi applausi. Il regista ha spiegato la sua devozione verso il cinema italiano, che l'ha fatto sognare e formare, e ha presentato il suo nuovo film Ready Player One (in uscita il 28 marzo). Spielberg ha ricevuto il suo David da Monica Bellucci che a sua volta ha premiato Donato Carrisi come miglior regista esordiente per La ragazza nella nebbia. Infine, Dunkirk ha vinto il David come miglior film straniero. Un’edizione quella del 2018 che ha esaltato il valore delle donne, del cinema italiano e di Napoli, città partenopea spesso vittima di pregiudizi. Immagini tratte da: https://images.wired.it/ https://cc-media-foxit.fichub.com/ https://media.internazionale.it/ https://gdsit.cdn-immedia.net/
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di Fabrizio Matarese
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Genere: Drammatico
Anno: 2017 Regia: Jonas Carpignano Cast: Pio Amato, Koudous Seihon, Iolanda Amato, Damiano Amato Sceneggiature: Jonas Carpignano Fotografia: Tim Curtinn Montaggio: Affonso Gonçalves Produzione: Stayblack, RT Features, Rai Cinema, Sikelia Productions Durata: 118’ Paese: Italia, Brasile, Francia, Germania, Stati Uniti d'America, Svezia
Lo scorso mercoledì si è svolta a Roma la cerimonia di premiazione della 63ª edizione dei David di Donatello. Ha trionfato Ammore e Malavita dei Manetti Bros, aggiudicandosi 5 statuette tra cui quella di miglior film. A Ciambra invece, diretto dall’italo- statunitense Jonas Carpignano e già presentato al festival di Cannes, ha vinto la statuetta per la miglior regia e il miglior montaggio. Un risultato notevole per un film non certo facile, date le tematiche affrontate, e firmato da un regista giovane ma che ha trovato l’appoggio di un produttore esecutivo illustre, niente di meno che Martin Scorsese.
A Ciambra è una comunità rom nei pressi di Gioia Tauro, in Calabria, dove vive Pio, un ragazzo di quattordici anni, insieme alla sua numerosa famiglia. Pio trascorre i suoi giorni in questo scenario scalcinato e polveroso, tra bambini che fumano, serate in discoteca, furti d’auto in compagnia del fratello maggiore Cosimo e cene in famiglia pervase da una tensione costante e una spartana convivialità.
Quella della Ciambra è una realtà violenta, dove si inizia a fumare e a bere vino a 4-5 anni, dove quasi nessuno sa leggere e ci si procura il denaro e la corrente elettrica con metodi illegali. Pio è uno dei pochi della sua comunità che ha contatti con le altre realtà sociali: gli italiani (tra forze dell’ordine e ‘ndranghetisti) e gli africani, che per i rom sono tutti “marocchini”. Ma non per Pio che ha un amico fidato in Ayiva, un immigrato proveniente dal Burkina Faso che avrà grande importanza nel film.
Jonas Carpignano porta la cinepresa (mai fissa ma sempre e mano, mobile, dinamica e instabile come le vite dei personaggi che racconta) in mezzo alla Ciambra e mostra, quasi senza filtro, le esistenze di questi individui marginali e marginalizzati. Con un approccio quasi documentaristico ma emotivamente partecipe, seguiamo le vicende di Pio e le sue (dis)avventure alla ricerca di una crescita. A un certo punto sia il fratello che il padre di Pio vengono arrestati e il giovane si ritrova a dover provvedere ai bisogni della numerosa famiglia.
A Ciambra è un film che fonde il racconto di formazione con la capacità di ritrarre una realtà scomoda, raccontata in maniera insufficiente e pregiudiziale dai media tradizionali. La riflessione sulla marginalità, sul nomadismo e la migrazione (a un certo punto Pio entra in contatto coi migranti confinati nella baraccopoli di Rosarno, in una delle scene più emozionanti del film) non è mai venata da un buonismo a buon mercato, ma c’è sempre, nell’occhio del regista, la capacità di suscitare empatia senza bisogno di giustificazioni a priori.
La maggior parte delle persone sullo schermo sono individui che recitano se stesse, a cominciare dalla famiglia di Pio che è veramente una famiglia rom (è sorprendente vedere nei titoli di coda la quantità di Amato che hanno recitato nel film).
A Ciambra è un film coraggioso e in controtendenza, che mostra senza giudicare alcuni aspetti della vita ai margini della nostra civiltà. Con uno stile impressionista e al tempo stesso fedele alla materia trattata Carpignano ci regala un film profondo, multiforme e toccante. Ed è lanciato, dopo la cerimonia dei David ancor di più, a diventare uno dei nomi di punta della nostra nuova generazione di film-maker. di Maria Luisa Terrizzi ![]() Data uscita: 22 febbraio 2018 Genere: Drammatico, Sentimentale Anno: 2017 Regia: Paul Thomas Anderson Cast: Daniel Day-Lewis, Lesley Manville, Vicky Krieps, Camilla Rutherford, Bern Collaço, Richard Graham, Jane Perry, Ingrid Sophie Schram, Sarah Lamesch, Pip Phillips, Kelly Schembri Paese: USA Durata: 130’ Distribuzione: Universal Pictures Ultima apparizione sullo schermo di Daniel Day-Lewis che troviamo nei panni dell’indiscusso protagonista del Il filo nascosto di P. T. Anderson. La pellicola è un affascinante melò che si tinge di venature gialle e di un’atmosfera sinistra che fa da sfondo alla complessità di personalità inquiete che si intrecciano in trame malate. Londra, anni ’50. Reynold Woodwood (Day-Lewis) è un affermato sarto che confeziona, all’interno dell’azienda che gestisce insieme alla sorella Cyril (Lesley Manville), abiti per l’alta moda. Attorniato da stoffe eleganti, corsetti e modelle algide ed eleganti, Reynold è uno scapolo impenitente, dedito al lavoro e a un’esistenza in cui nulla sfugge a un controllo quasi maniacale. Tutto scorre regolare fino a quando, in una locanda poco distante dalla propria abitazione al mare, incontra Alma (Vicky Krieps), giovane cameriera, destinata a rimanere più a lungo delle altre donne al suo fianco. Fin qui, Il filo nascosto potrebbe dare l’idea di un banale film d’amore, magari un amore difficile o tormentato. In realtà, la pellicola si tinge fin da subito di un’aura oscura, funerea: la martellante presenza del ricordo della madre scomparsa del sarto, la cui sagoma appare addirittura allo stesso Reynods in un momento di delirio. Un filone, quello delle presenze sovra-sensoriali, scarsamente sviluppato - lo diciamo con una punta di dispiacere - all’interno del prosieguo del film, ricco di spunti interessanti che vengono talora solo schizzati leggermente e poi subito abbandonati, per consentire all’intreccio di insinuarsi tra le pieghe del rapporto disturbato tra Alma e il sarto. Il fantasma della madre e lo strano rapporto con l’onnipresente sorella non sono gli unici elementi che trasformano una pellicola essenzialmente drammatica in un film che sceglie di aprirsi al perturbante: un gioco perverso di dipendenza vittima - carnefice permette ai due di legarsi vicendevolmente, in una relazione di esaltazione - sottomissione senza possibilità di uscita, in cui appaiono - negli sguardi e nelle espressioni appena accennate dagli attori - venature di insofferenza, sadismo e indifferenza. Una parentesi a parte per i costumi di scena, dapprima abbozzati sommariamente su un quaderno, poi diventati vivi: seta, pizzo, ricami e forme che fasciano modelle e donne della borghesia e della nobiltà, non tutte peraltro considerate dall’artista degne di indossare le proprie creazioni, investite di un valore quasi sacrale. Sono queste ultime che hanno permesso al film di incassare l’ambito Premio Oscar 2018 per i Migliori costumi. Una cura estrema nei dettagli, inquadrature e angolature molto affascinanti per un film dall’andamento molto lento, quasi funereo, lugubre, in cui la vivacità della giovinezza di Alma è sopita dal grigiore di Reynolds, personaggio di cui apprezziamo i tocchi di luce dell’artista che crea e l’oscurità di un’anima nera cui fa eco quella di Alma, musa, vittima e insieme carceriere. Immagini tratte da: https://www.comingsoon.it/film/il-filo-nascosto/54456/scheda/ http://www.repubblica.it/spettacoli/cinema/2018/02/22/news/_il_filo_nascosto_-189474012/ https://www.cinematographe.it/rubriche-cinema/il-filo-nascosto-moda-religione-mistero/ http://www.vogue.it/moda/tendenze/2018/02/21/oscar-2018-filo-nascosto-anderson-glamour-della-moda-anni-50/ di Federica Gaspari PAESE: Stati Uniti d’America ANNO: 2018 GENERE: azione, supereroi, thriller, noir STAGIONE: 2 EPISODI: 13 DURATA: 50-54 min IDEATORI: Melissa Rosenberg REGIA: Anna Foerster, Minkie Spiro, Mairzee Almas, Deborah Chow, Millicent Shelton, Jet Wilkinson, Jennifer Getzinger, Zetna Fuentes, Rosemary Rodriguez, Neasa Hardiman, Jennifer Lynch, Liz Friedlander, Uta Briesewitz SCENEGGIATURA: Melissa Rosenberg, Aida Mashaka Croal, Lisa Randolph, Jack Kenny, Jamie King, Raelle Tucker, Hilly Hicks Jr., Gabe Fonseca, Jenny Klein, ATTORI: Krysten Ritter, Rachael Taylor, Eka Darville, Carrie-Anne Moss, David Tennant, J.R. Ramirez, Terry Chen, PRODUZIONE: Marvel Television, ABC Studios, Tall Girls Productions Tre lunghissimi anni. A tanto ammonta la lunghissima attesa per la seconda stagione di Jessica Jones. Il secondo show frutto della collaborazione tra Marvel Television e Netflix con il suo debutto nel 2015 seppe stupire e appassionare il sempre più vasto ed esigente pubblico del piccolo schermo. Il segreto del successo? Una formula televisiva originale e coinvolgente capace di coniugare in modo innovativo due tra i generi più inflazionati: l’universo dei supereroi e il mondo investigativo. La collisione, brusca ma non per questo distruttiva, tra queste due coniugazioni dell’intrattenimento ha dato vita a un personaggio concreto, ricco di spigoli e sbavature capaci di renderlo credibile e realmente umano. I pilastri dello show, all’avvio del progetto, sono stati indubbiamente Krysten Ritter, il volto della supereroina newyorkese, e David Tennant ovvero Kilgrave, la nemesi dell’investigatrice protagonista. Con il loro incredibile carisma hanno saputo animare la serie, definendone atmosfere e ambizioni. Proprio quest’ultime hanno incrementato le aspettative per una seconda stagione, approdata sul servizio streaming più popolare al mondo solamente dopo tre anni di attesa. Dopo gli eventi di The Defenders come è cambiata la vita sempre in bilico di Jessica? Cosa le riserva il futuro, o meglio, il passato? Non bastano grandi imprese e minacce sventate per entrare nei cuori degli abitanti della grande Mela. Jessica Jones, però, non ha nessuna intenzione di diventare un simbolo, un riferimento capace di garantire sicurezza tra i più cupi vicoli della città. Dopo il confronto finale con gli astuti piani orditi dalla Mano, torna quindi alla normalità, se così si può definire considerando che si tratta sempre della vita di un supereroe neanche troppo in incognito. Tra un bicchiere al bancone del bar e un pedinamento di un cliente, la protagonista si ritrova ad affrontare i nemici più temibili che, da troppo tempo, trascura: quelle sensazioni di indecifrabile vuoto che inevitabilmente riaffiorano ogni volta che il passato si intreccia con le investigazioni. Questa volta, però, potrebbe fare definitivamente luce negli angoli più bui della memoria, rivalutando i pochi legami della Jones con una società che, nonostante i suoi superpoteri, non riesce a decifrare in ogni sua dinamica. Leggendo le caratteristiche tecniche e i dettagli della produzione di questa nuova stagione, si evidenzia subito l’intenzione di questo secondo gruppo di 13 episodi. Un insieme di firme femminili dai background variegati si unisce per celebrare delle donne con le loro più naturali debolezze e le più complesse speranze, condivisibili e non. La seconda stagione di questo show sembra l’inevitabile prodotto di una rivoluzione che, a partire dalle prime denunce, ha portato ai movimenti #MeToo e Time’s Up. Questa molteplicità di voci, espressioni e interpretazioni dell’attualità è, paradossalmente sia la carta vincente che quella perdente di queste ultime puntate che, sin dall’avvio, appaiono più spente e fin troppo meditate rispetto a quelle dell’esordio. La possibilità di dare sfogo a diverse tematiche attraverso più linee narrative, infatti, comporta un’inevitabile sensazione di confusione che accompagna lo spettatore per tutta la visione, mettendo in ombra la visione d’insieme della storia.
La grande qualità non manca con ottime interpretazioni – oltre a quella della protagonista si segnala una brillante Carrie-Ann Moss alla resa dei conti – e con episodi come il settimo e l’undicesimo capaci di raccontare ammirevolmente emozioni e legami senza scadere nel banale. Tuttavia, alcuni sviluppi frettolosi, talvolta involontariamente ridicoli, e eventi forzati da riferimenti nemmeno troppo velati suggeriscono un’inevitabile e irriverente riflessione: il femminismo a tinte mediatiche nato sull’onda del successo di Wonder Woman ha definito nuovi canoni per la rappresentazione di personaggi femminili? Ha dato il via a una valorizzazione oppure ha semplicemente imposto ulteriori strette limitazioni con situazioni imprescindibili? Immagini tratte da: https://www.gamespot.com https://www.theverge.com https://www.recenserie.com
di Fabrizio Matarese
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GENERE: azione, fantascienza, fantastico, poliziesco
ANNO: 2017 REGIA: David Ayer CAST: Will Smith, Joel Edgerton, Noomi Rapace, Lucy Fry, Édgar Ramírez, Margaret Cho e Ike Barinholtz SCENEGGIATURA: Max Landis FOTOGRAFIA: Roman Vasyanov MONTAGGIO: Michael Tronick, Geoffrey O'Brien e Aaron Brock PRODUZIONE: Regency Enterprises, Overbrook Entertainment DISTRIBUZIONE: Netflix DURATA: 117’ PAESE: Usa
In una Los Angeles oscura e piovosa la tensione razziale è alle stelle. Niente di nuovo, potremmo dire. Eh no, perché in Bright, diretto da David Ayer e distribuito da Netflix nel 2017, la questione delle razze presenta delle caratteristiche inedite. Certo, siamo ancora di fronte a un poliziesco che unisce l’adrenalina delle scene action, con inseguimenti e sparatorie, alla comicità tipica dei buddy movie basata sulla coppia dei protagonisti. Solo che la coppia di poliziotti in questione è composta da un umano di colore, Daryl Ward (interpretato da Will Smith) e da un orco mezzosangue (Joel Edgerton) rinnegato dai suoi simili e che ha sempre sognato di pattugliare le strade in nome dell’ordine e della giustizia. E qui capiamo che nonostante l’impianto generale del film sia quello già visto e rivisto in molti film americani, ci sono alcuni elementi che distinguono il lungometraggio di Ayer e portano un po’ di novità in una formula usurata.
Nel mondo alternativo nel quale è ambientato il film ci sono orchi, elfi, fatine, nani e magia. Ogni razza ha le sue peculiarità e si è organizzata di conseguenza. Gli elfi vivono nei quartieri alti con grattacieli di vetro e acciaio scintillante e rappresentano l’élite della società. Gli orchi vivono ghettizzati nelle periferie e si organizzano in gang di quartiere vivendo ai margini della legalità. Gli umani potremmo identificarli come la classe media tra le altre due, che fa le leggi e cerca, senza troppo successo, di favorire l’integrazione (vedi la strana coppia di protagonisti, uniti forzatamente da un programma della polizia di Los Angeles per arginare la xeonofobia dilagante).
A completare lo scenario ci sono sette misteriose e bacchette magiche, oggetti rarissimi, che possono scatenare una potenza devastante e un’antica profezia riguardo il ritorno di un Signore Oscuro. E proprio attorno alla lotta per il possesso di una bacchetta magica, scovata casualmente dai due poliziotti, si snoda la seconda parte del film. In questa continua fuga la strana coppia è aiutata da una giovane donna elfo, che si scopre essere un bright: un individuo eccezionale in grado di maneggiare la bacchetta magica senza esserne sopraffatto.
I punti di forza di Bright risiedono nell’operazione di riposizionamento di una serie di stilemi propri del genere poliziesco hollywoodiano (reclute, agenti corrotti, ghetti, violenza gratuita e la difficoltà di scindere i buoni dai cattivi) in uno scenario urban fantasy non convenzionale che arricchisce e mostra sotto una nuova luce la mescolanza razziale che popola la metropoli statunitense. La nota dolente è che questo scenario inedito e pieno di potenzialità non viene sfruttato in maniera sufficiente e, invece di indagare le origini e le forme dei conflitti di razza introdotti nella prima parte, il film si aggroviglia in una serie di scene d’azione ben girate e godibili ma che non hanno niente di nuovo da dire in sostanza.
È come se Bright avesse aperto un portale su un universo nuovo e affascinante ma invece di entrare ed esplorare i sui misteri si fosse limitato a osservare da lontano, facendo affidamento alle vecchie conoscenze che regolano il nostro mondo.
Ma chissà che a breve non conosceremo la vita degli elfi nei loro grattacieli imperiosi ad esempio, oppure la miseria degli orchi reclusi nei quartieri periferici, ricolmi di graffiti e violenza. È possibile, dato che Netflix ha già in cantiere un sequel in uscita a fine 2018. Non ci resta che attendere.
di Vanessa Varini
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Genere: Horror
Durata: 90’ Distribuzione: Cine-Museum Regia: Marco Rosson Produzione: Iria Cultura, Tacci Films Produttore: Giorgio Galbiati Produttore Esecutivo: Marta Bruno Ventre Fotografia: Luciano Baresi Cast: Margherita Remotti, Diego Runko, Marcella Braga, Claudia Marasca Trucchi - effetti speciali: Eleonorita Acquaviva, Alice Rossi Storia: Nicola Pizzi Montaggio: Giorgio Galbiati Colonna sonora: Mauro Crivelli
Emma è una professoressa di antropologia intenzionata a studiare le misteriose leggende ambientate lungo il fiume Shanda, che porta il nome di una contadina accusata di essere una strega e poi annegata in quelle rive ai primi anni del Cinquecento. Così parte per Voghera, una piccola città del Nord Italia nella pianura Padana per indagare, ma Emma rimane prigioniera di un orribile incantesimo che la obbliga a rivivere la stessa giornata ancora e ancora e a essere uccisa ogni volta in maniera diversa. L'unico modo per salvarsi e uscire dall'incubo è scoprire la verità che si nasconde dietro a questa lugubre storia di magia nera.
Si può girare un film in soli nove giorni, con un cast composto da 4 persone e realizzarlo con un budget molto limitato (circa 7500 euro)? Certo, e il risultato é il pluripremiato Shanda's River, film horror indipendente, vincitore del prestigioso Los Angeles Film Award nella categoria Best Horror e del Tabloid Witch Award come miglior montaggio e migliore colonna sonora, che ha riscosso un discreto successo nei festival internazionali vincendo 19 premi in tutto il mondo. Il regista é Marco Rosson, classe 1984 di Voghera (PV) che prima di Shanda's River aveva esordito alla regia con il cortometraggio pluripremiato Metastasi, proseguito in televisione come assistente alla regia per Endemol Italia e per diverse produzioni italiane cinematografiche (Catleya, Colorado, Alto Verbano ecc.) e aveva girato nel 2012 il lungometraggio New Order con l'attore Franco Nero.
Rosson dichiara: «Siamo molto soddisfatti di aver trovato una distribuzione seria che ci permetta di far uscire il nostro piccolo film indipendente anche in Italia. E tutti i riconoscimenti ottenuti nei vari festival e l’aver trovato una distribuzione che ha creduto subito nel film, premiano il duro lavoro fatto». Il film si ispira alle pellicole degli anni Settanta e Ottanta dei maestri dell’horror italiano come Argento, Fulci e Bava e ne mantiene le caratteristiche come i paesaggi misteriosi (l’ambientazione a Voghera e nell’Oltrepò Pavese, con il fiume Staffora e la campagna), una leggenda dark, sangue, suspense, paura ed esseri mostruosi.
Per tutti i fan del cinema dell'orrore, Shanda's River sarà disponibile sul sito ufficiale (www.cinemuseum.store) in Limited Edition numerata, che conterrà numerosi speciali e una Full Slip esclusiva in perfetto stile CM; in Blu-Ray e Dvd in Italia dal 16 marzo 2018. L'edizione italiana sarà presentata al Cartoomics di Milano (www.cartoomics.it) domenica 11 marzo 2018.
Immagini tratte da: http://foto.netweek.it/show/ http://laprovinciapavese.gelocal.it/
di Salvatore Amoroso
Appuntamento per la notte tra il 4 e il 5 marzo, con diretta in chiaro su Tv8. Ecco i film da battere, i record raggiunti, le curiosità da scoprire.
Il 4 marzo 2018 va di scena la notte degli Oscar, alla sua 90° edizione. La cerimonia di premiazione si tiene al Dolby Theatre di Los Angeles, alle 17:00 ora locale.
Dove vedere la cerimonia degli Oscar In Italia la diretta sul red carpet e sulla consegna degli Oscar 2018 è trasmessa da Sky Cinema Oscar HD e in chiaro su Tv8 dalle 22.50, nella notte tra domenica 4 marzo e lunedì 5 marzo. Come nel 2017, la conduzione dell'evento spetta al comico Jimmy Kimmel. Le categorie premiate e le nomination L'Academy of Motion Picture Arts and Sciences, composta da circa 6.000 professionisti del cinema, per lo più statunitensi, corenerà il meglio del cinema del 2017, premiando 24 diverse categorie. Il film da battere è il Leone d'oro della Mostra del cinema di Venezia 2017 La forma dell'acqua - The Shape of Water del messicano Guillermo del Toro, che ha 13 candidature: se dovesse portarle a casa tutte, ipotesi alquanto improbabile, diventerebbe il primo tra i film che hanno vinto più Oscar, scavalcando Titanic (che vinse 11 Academy Awards). Seguono con 8 nomination Dunkirk di Christopher Nolan, con 7 Tre manifesti a Ebbing, Missouri di Martin McDonagh, con 6 Il filo nascosto di Paul Thomas Anderson e L'ora più buia di Joe Wright.
Qualche numero sulla 90° edizione
Meryl Streep, che è una delle attrici più premiate della storia degli Oscar con 3 statuette in bacheca, rinfresca il suo record di nomination nella categoria attoriale arrivando a 21. È in corsa per il suo ruolo nel film The Post di Steven Spielberg, dove interpreta Katherine "Kay" Graham, tenace proprietaria del Washington Post pronta a mettersi contro la Casa Bianca. Sul fronte maschile, invece, l'uomo dei record è Daniel Day-Lewis, alla sua ultima interpretazione: con Il filo nascosto ha guadagnato la sua sesta candidatura e nel caso di vittoria prenderebbe il volo nella classifica degli attori che hanno vinto più Oscar, staccando con 4 statuette i colleghi Jack Nicholson e Walter Brennan fermi a 3. Tra i candidati come migliore attore protagonista c'è anche Denzel Washington per Roman J. Israel, Esq., già vincitore di 2 Oscar: in caso di vittoria salirebbe anche lui nell'Olimpo degli attori più premiati nella storia degli Oscar, raggiungendo Day-Lewis, Nicholson e Brennan. Washington, inoltre, con 8 nomination, e Octavia Spencer con 3, sono divenuti gli attori afroamericani più candidati agli Oscar di sempre (Spencer a pari merito con Viola Davis). Timothée Chalamet, 22 anni, è il più giovane candidato a migliore attore dal 1944 (è in corsa grazie al film italiano di Luca Guadagnigno Chiamami col tuo nome). Il compositore John Williams coglie la sua 51° nomination (per la colonna sonora di Star Wars: Gli ultimi Jedi), record assoluto per una persona vivente (Walt Disney ne ottenne 59). L'ottantottenne Christopher Plummer, candidato per Tutti i soldi del mondo, è la persona più anziana mai nominata agli Oscar in una categoria attoriale.
Qualche curiosità su 90 edizioni di Oscar
Nella storia degli Oscar sono stati 68 i registi premiati con l'Academy Awards alla miglior regia e tra queste c'è solo una donna, Kathryn Bigelow, che vinse nel 2010 con The Hurt Locker. Quest'anno l'esordiente Greta Gerwig con Lady Bird ha la possibilità di diventare la seconda. In tutta la storia degli Oscar solo 5 donne hanno ricevuto la nomination nella categoria che premia la regia: Lina Wertmueller nel 1977 per Pasqualino Settebellezze, Jane Campion nel 1994 per Lezioni di piano, Sofia Coppola nel 2004 per Lost in Translation, Kathryn Bigelow e Greta Gerwig. Quest'anno, dei nominati per le categorie individuali, il 75% sono uomini. L'Italia è il Paese con più Oscar vinti nella categoria Miglior film straniero (14, con 32 nomination, l'ultimo vinto nel 2014 con La grande bellezza di Paolo Sorrentino). Tra le tante curiosità di 90 edizioni degli Oscar, cui lo stesso sito dell'Academy dedica una sezione, c'è quella del discorso di ringraziamento più cercato su Google. Appartiene a Leonardo DiCaprio, che nel 2016 ha coronato finalmente la vittoria di una statuetta, dopo tante cerimonie andate a vuoto. Immagini tratte da: Immagine 1: www.IlGrido.it Immagine 2: www.HollywoodReporter.com Immagine 3: www.Oscar.go.com Potrebbero interessarti anche: di Federica Gaspari Manca poco alla consegna dei più importanti premi della stagione cinematografica internazionale. La sfida per il riconoscimento alla migliore regia è tra le più accattivanti degli ultimi anni. La notte degli Oscar è ormai a poche ore di distanza. I titoli in gara in questa edizione che si prospetta più agguerrita che mai sono ben 39. In palio 24 statuette dorate, destinate ad altrettante categorie che considerano ogni sfaccettatura del mondo cinematografico. Alcuni tra questi premi sono sempre stati avvolti da un irresistibile fascino: la categoria di miglior regista sin dal lontano 1929, anno che sancisce l’inizio della leggenda degli Academy Awards, ha saputo essere il terreno ideale per i più appassionanti confronti tra giovani promesse e veterani. Questa fama si consolida con questa 90esima edizione che vede in competizione - tra sorprese, nomi insospettabili e anche qualche illustre escluso – cinque registi che hanno saputo lasciare il segno nell’ultima stagione cinematografica. Cinque cineasti e, in particolare, autori da scoprire o conoscere meglio. Paul Thomas Anderson – “Il filo nascosto” Un curriculum che affonda le sue radici nella settima arte ma che non teme la sfida del coniugare il cinema nella sua forma più classica con tematiche e situazioni tutt’altro che canoniche: la filmografia di Anderson è tra le più variegate ed eclettiche di sempre, capace di dare profondità a personaggi complessi uniti da una grande cura per i dettagli e per le più controverse fragilità. Con Il filo nascosto il regista californiano raggiunge quota 8 candidature, di cui 2 proprio per la regia: il 2018 sarà l’anno in cui si concretizzerà il premio? Guillermo Del Toro – “La forma dell’acqua – The Shape of Water” Dopo Alfonso Cuaron nel 2014 e Alejandro Gonzalez Inarritu nel 2015 e 2016, l’Oscar per la miglior regia potrebbe tornare in terra messicana con Guillermo Del Toro. I pronostici della vigilia lo vedono favorito, considerato anche l’importante riconoscimento ottenuto alla laguna di Venezia con la sua ultima creatura a metà strada tra favola e horror. Per vincere, però, dovrà infrangere una strana ‘maledizione’ dell’Academy: un regista dalle influenze fantasy, infatti, non trionfa dal 2004 con Jackson e Il Signore degli Anelli – Il ritorno del Re. Greta Gerwig – “Lady Bird” La trentaquattrenne statunitense, musa del cinema indie a stelle e strisce, approda a questa edizione degli Oscar con un coming-of-age californiano, diventando la quinta donna candidata nella storia di questa cinquina. L’esordio alla regia è frutto di dieci anni di esperienza con sceneggiature divertite ma ricercate i cui echi sono ben distinguibili nella sua frizzante fatica. Con Lady Bird, Greta Gerwig, seconda recenti interviste, inaugura un ciclo di quattro film che avranno come palcoscenico la sua Sacramento ispirandosi, curiosamente, alla tetralogia de L’amica geniale di Elena Ferrante. Christopher Nolan – “Dunkirk” Il regista londinese, amato da pubblico e critica, è alla sua quinta nomination, la prima che riconosce le sue capacità alla regia. Il genere di Dunkirk, un war movie profondamente radicato nella cultura europea, potrebbe rappresentare un ostacolo per questa sfavillante corsa all’Oscar: l’ideale di sopravvivenza e l’inconsueta celebrazione di una sconfitta bellica sono aspetti che non appartengono alla tradizione a stelle e strisce. La cura per la messa in scena e una serie di scelte coraggiose, però, sono le armi segrete di Nolan che, in volata, avrebbe la possibilità di trionfare in questa edizione. Jordan Peele – “Scappa – Get Out” La cinquina in competizione si conclude con un candidato inaspettato che, con il suo debutto alla regia, ha saputo comprendere l’atmosfera dell’era post trumpiana, rielaborando con originalità la tradizione cinematografica americana. La sua candidatura, nonostante le scarse chance di vittoria, è già una pagina di storia per il genere horror e gli afroamericani. L’incredibile e travolgente successo di Scappa – Get Out ha suggerito un nuovo progetto per l’attore e regista che collaborerà con un altro newyorkese doc, Spike Lee, nella sua prossima fatica. I grandi assenti, tra i più gettonati alla vigilia, sono senza dubbio Martin McDonagh, alla regia e alla sceneggiatura del potente Tre Manifesti a Ebbing, Missouri e Luca Guadagnino con il suo Call Me by Your Name. Alcuni veterani del cinema degli ultimi decenni, inoltre, sono stati ignorati dall’Academy: Ridley Scott (Tutti i soldi del mondo) e Steven Spielberg (The Post) dovranno andare a caccia di premi in altre difficili categorie.
La statuetta quest’anno finirà, quindi, tra le mani di un vincitore inedito che meritatamente farà il suo ingresso nell’Olimpo di Hollywood. Ora, tra pop corn e qualche dose di caffè, non resta che scoprire l’identità del regista che trionferà in questa lunga notte di stelle. Immagini tratte da: Immagine 1: www.latimes.com Immagine 2: www.latintimes.com Immagine 3: www.etonline.com Immagine 4: www.hollywood.com Immagine 5: www.indiewire.com di Salvatore Amoroso Dovremo aspettare ancora qualche giorno (la notte del 4 marzo, per l’esattezza) per scoprire chi quest’anno si porterà a casa la statuetta degli Oscar più ambita, quella al miglior film. A differenza dell’anno scorso, dove La La Land si presentava da super favorito, anche se poi è stato superato, non senza polemiche, da Moonlight, quest’anno il toto scommesse è ancora in gran fermento e tra i vincitori più probabili ci sono sia La forma dell’acqua che Tre Manifesti a Ebbing, Missouri, senza dimenticare Lady Bird, unico film diretto da una donna tra quelli candidati. Oltre a questi tre, in lizza ci sono altri sei film (tra cui anche il nostro Chiamami col tuo nome), per un totale di nove pellicole che non faranno dormire sonni tranquilli ai membri dell’Academy of Motion Pictures Arts and Sciences, personalità per lo più statunitensi che si sono distinte per la loro carriera nel cinema, cui spetterà l’arduo compito delle votazioni agli Oscar. In attesa di trascorrere la notte insonne la redazione de IlTermopolio vi farà scoprire tutto quello che c’è da sapere sui nove candidati all’Oscar più ambito, quello per Best Pictures: The Shape of Water - La Forma dell’acqua Regia di Guillermo Del Toro con Sally Hawkins, Michael Shannon, Richard Jenkins, Octavia Spencer. Vincitore del Leone d’oro al Miglior Film alla settantaquattresima edizione del Festival del Cinema di Venezia, La forma dell’acqua conquistato ben 13 nomination (una in meno rispetto a La La Land e Titanic, che detengono il record). Oltre a miglior film, gareggerà per: miglior attrice (Selly Hawkins), miglior attore non protagonista (Richard Jenkins), miglior attrice non protagonista (Octavia Spencer), miglior regia (Guillermo del Toro), miglior fotografia (Dan Laustsen), miglior colonna sonora (Alexander Despota), miglior montaggio, miglior montaggio sonoro, miglior sonoro, miglior scenografia, migliori costumi. La Trama: 1962, piena guerra fredda. Elisa (Hawkins) è una ragazza muta che lavora come addetta alle pulizie di un laboratorio governativo, dove si svolgono strani esperimenti Top Secret. Un giorno, assieme a una collega (Spencer), scopre che nel laboratorio è nascosta una strana creatura, metà uomo e metà pesce. Spinta dalla curiosità e dalla solitudine, Elisa svilupperà con l’essere un rapporto d’amicizia e deciderà di tentare l’impossibile pur di trarlo in salvo. Dunkirk Regia di Christopher Nolan, con Tom Hardy, Cillian Murphy, Kenneth Branagh, Mark Rylance. Adorato dalla critica e apprezzato dagli spettatori (su Rotten Tomatoes ha un punteggio di gradimento del 93%) probabilmente non vincerà, ma Dunkirk è secondo molti il miglior film del 2017, capace di aver riportato il cinema alla sua qualità originaria: quella di essere un’esperienza immersiva e di aver sottolineato la sostanziale differenza tra il cinema e la televisione. È candidato a ben 8 premi Oscar: miglior film, miglior regista (Christopher Nolan), migliore fotografia (Hoyte Van Hoytema), miglior montaggio (Lee Smith), miglior scenografia, miglior colonna sonora (Hans Zimmer), miglior sonoro, miglior montaggio sonoro. La trama: nel maggio del 1940 l’esercita britannico è bloccato sulla spiaggia di Dunkerque: alle spalle l’esercito tedesco che avanza, davanti il mare. Ordinata da Churchill prende il via quella che passerà poi alla storia come Operazione Dinamo, cioè il tentativo (miracolosamente riuscito) di portare in salvo quanti più soldati possibili mobilitando un altissimo numero di imbarcazioni civili. Three Billboards Outside Ebbing, Missouri – Tre manifesti a Ebbing, Missouri Regia di Martin McDonagh, con Frances McDormand, Sam Rockwell, Woody Harrelson. Con 4 Golden Globes vinti (su 6 candidature), tra cui quello a miglior film drammatico, Tre Manifesti a Ebbing, Missouri si presenta alla serata degli Oscar da super favorito, e con ben 7 nomination: miglior film, migliore attrice protagonista (Frances McDormand), 2 candidati come migliore attore non protagonista (Woody Harrelson e Sam Rockwell), miglior sceneggiatura originale (Martin McDonagh), miglior montaggio e migliore colonna sonora. La trama: una madre (McDormand) in cerca di giustizia decide di dichiarare guerra agli incompetenti poliziotti della sua città. Lo fa affittando gli spazi pubblicitari di tre cartelloni appena fuori Ebbing, in Missouri. Con tono retorico e polemico si rivolge direttamente al capo della polizia, lo stimato sceriffo Willoughby (Harrelson), che tra i suoi uomini conta il razzista omofono e xenofobo Dixon (Rockwell). Sarà lui a dare inizio a una guerra senza esclusione di colpi. The Darkest Hour – L’ora più buia Regia Di Joe Wright, con Gary Oldman, Lily James, Kristin Scott Thomas. A quanto pare è arrivata l’ora per Gary Oldman di portare a casa la tanto ambita statuetta dorata, impresa che non gli era riuscita nel 2012 quando era stato candidato per la sua interpretazione in La Talpa (quell’anno vinse Jean Dujardine / The Artist). Potessimo decretare noi il vincitore il suo nome sarebbe già inciso sull’Oscar, la sua interpretazione e trasformazione nei panni di Winston Churchill ha dello straordinario. Ma L’ora più buia è in gara anche per vincere (oltre che come miglior film): migliore fotografia (Bruno Delbonnel), migliore scenografia, miglior trucco e migliori costumi, per un totale di 6 nomination. La trama: È il 1940 e Wiston Churchill è stato eletto primo ministro dopo le dimissioni di Neville Chamberlain. Appena insediato si troverà a davanti a una decisione destinata a cambiare per sempre la storia della Gran Bretagna: negoziare la pace con la Germania nazista di Hitler o continuare la guerra. Phantom Thread – Il Filo nascosto Regia di Paul Thomas Anderson, con Daniel Day‑Lewis, Vicky Krieps, Lesley Manville. Scritto e diretto da Paul Thomas Anderson, è candidato a 6 premi Oscar: miglior film, miglior regista, miglior attore (Danuel DayLewis), miglior attrice non protagonista (Lesley Manville), migliori costumi (Mark Bridges), migliore colonna sonora. La trama: Londra, anni Cinquanta. Reynolds Woodcock (Day-Lewis) dirige con sua sorella (Manville) la casa di moda Woodcock, icona di stile e bellezza adorata in tutto il mondo. Scapolo incallito gli equilibri che si era costruito a fatica verranno messo in crisi dalla giovane Alma (Krieps), ragazza forte e ambiziosa. Lady Bird Regia di Greta Gerwig, con Saoirse Ronan, Laurie Metcalf, Timothée Chalamet. Dopo le polemiche per la mancata candidatura a Greta Gerwig come miglior regista agli scorsi Golden Globes, Lady Bird si è rifatto con le candidature agli Oscar, che sono state 5: miglior film, miglior attrice protagonista (Saoirse Ronan), miglior attrice non protagonista (Laurie Metcalf), migliore regista (Greta Gerwig) e miglior sceneggiatura originale (sempre alla Gerwig). La trama: ambientato nel 2002, a solo un anno dall’attento alle torri gemelle, racconta l’ultimo anno di liceo di Christine McPherson, studentessa che ha scelto per se stessa il nomignolo di Lady Bird. Membro di una famiglia in crisi economica, costretta a vivere nella brutta periferia di Sacramento, Christine passa le giornate tra i corsi di teatro, la migliore amica Julie e i battibecchi con la mamma, con cui ha un rapporto molto complesso. Decisa a essere accettata nelle migliori università del paese la ragazza metterà tutta se stessa nel conseguimento di quell’obiettivo. Call me by your name - Chiamami col tuo nome Regia di Luca Guadagnino, con Timothée Chalamet, Armie Hammer, Michael Stuhlbarg. Era da 19 anni che un film italiano non concorreva con quelli statunitensi nella categoria più prestigiosa degli Oscar, quella a miglior film. A riuscire nell’impresa è stata però l’opera di Luca Guadagnino, in lizza anche per le statuette a miglior attore protagonista (Timothée Chalamet), migliore sceneggiatura non originale (James Ivory) e miglior canzone (Sufjan Stevens con la sua Mystery of Love). La trama: è l’estate del 1983 ed Elio (Chalamet) trascorre le vacanze nella villa di famiglia, tra musica letture e amici d’infanzia. La sua routine sarà però sconvolta dall’arrivo di Oliver (Hammer), studente americano che il padre di Elio, eminente professore, ospita per aiutarlo con la tesi di dottorato. Senza averlo previsto Elio si troverà a vivere una passione che gli cambierà la vita. Get Out! – Scappa! Regia di Jordan Peele, con Daniel Kaluuya, Allison Williams, Chaterine Keener. Altra grande sorpresa di questa edizione degli Oscar è stato l’horror satirico Get Out, scritto e diretto da Jordan Peele, alla sua prima prova da regista. Il film è stato candidato a quattro Oscar: miglior film, miglior attore (Daniel Kaluuya), miglior regista (Jordan Peele) e miglior sceneggiatura originale (sempre a Jordan Peele). La trama: per Chris (Kaluuya), fotografo afroamericano, è arrivato il momento di conoscere i genitori della compagna Rose (Allison Williams), ricca ragazza bianca. Arrivati alla tenuta di famiglia, dove trascorreranno il week-end, i familiari della giovane si dimostrano fin troppo gentili, che il colore della pelle sia un problema? Con il passare del tempo le stranezze e le perplessità aumentano fino a che Chris farà una scoperta che lo metterà in serio pericolo. The Post Regia di Steven Spielberg, con Tom Hanks, Meryl Streep, Sarah Paulson. Tra le polemiche che sono seguite alle candidature di quest’anno non possiamo non citare quella per The Post, il film ha infatti ricevuto nomination per miglior film e migliore attrice protagonista (Meryl Streep), lasciando quindi fuori dalla cinquina il regista Steven Spielberg, a detta di molti più meritevole di almeno un paio dei candidati (Greta Gerwig e Jordan Peele). La trama: Nel 1971 il Washington Post, allora un giornale locale che stava per quotarsi in borsa, decise di pubblicare una relazione top secret che rivelava le bugie relative alla guerra del Vietnam e raccontate agli americani da ben 5 Presidenti. La decisione di pubblicare, una rivendicazione del diritto di cronaca e della libertà d’informazione, mise a rischio non solo il giornale ma anche le personalità direttamente coinvolte nella vicenda, tra cui il direttore del giornale Ben Bradlee (Hanks) e l’editrice Katherine Graham (Steep), che dalla morte del marito s’era trovata a combattere in un ambiente fortemente sessista.
Foto tratte da: http://www.latimes.com/ |
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Maggio 2023
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