di Matelda Giachi
“I’m Woman, Hear Me Roar”: sono una donna, sentimi ruggire, è come comincia una famosa canzone del 1971 di Helen Reddy ed è come il personaggio di Crudelia si presenta al pubblico, quando si appresta a raccontare la sua storia. Una citazione per nulla casuale in un film in cui la colonna sonora meravigliosamente rock, in parte originale ma in massima parte vintage, è tra gli elementi portanti e più potenti della narrazione.
Cruella, Crudelia per noi in Italia, non necessita di molte presentazioni, dal momento che si ricollega al classico Disney del 1961, La Carica dei !01, rispetto alla cui storia si va a collocare temporalmente prima, come prequel, raccontando le origini della sua diabolica cattiva così come già avvenuto con Maleficent rispetto a La Bella Addormentata nel Bosco. La giovane Crudelia in carne, ossa e capelli in bianco e nero, è una lanciatissima e carismatica Emma Stone, alla massima espressione del suo talento attoriale. Una giovane donna con un passato traumatico, una forte personalità, anticonformista e piena di intelligenza e talento; ancora molto lontana dall’ossessionata cacciatrice di dalmata del cartone. E’ proprio quest’evoluzione del personaggio che il film vorrebbe raccontare, ma la sua scrittura fallisce: non riesce a trovare una spiegazione degna e la sceneggiatura si perde non tanto nella, se vogliamo, banalità della scelta della svolta narrativa, quanto piuttosto nelle numerose incoerenze della trama date dal voler giustificare a tutti i costi la cattiveria di Crudelia, perché nessuno nasce cattivo. O così vuole mamma Disney. Si cuce addosso alla protagonista uno sdoppiamento di personalità psicotico che in realtà non c’è; semplicemente dominata da rabbia e delusione, sceglie di far prevalere il suo lato più oscuro. La vendetta e non il perdono. Così come Crudelia, in fin dei conti, non è poi così cattiva, allo stesso modo Orazio e Gaspare tanto scemi non sono ma piuttosto i fratelli che uno vorrebbe sempre avere nella vita. Per non parlare del fatto che, dopo tanta fatica per spiegare l’odio nei confronti dei dalmata, sul finale sembra quasi nascere invece un rapporto d’amore con la specie. E vissero tutti felici e confusi.
Se la trama mostra segni di debolezza, Emma Stone ed Emma Thompson sono le rocce che reggono tutto il film con la loro bravura. Crudelia è un lavoro mastodontico sul piano della recitazione ma anche su quello della scenografia e ancor più dei costumi, la cui autrice, Jenny Beavan, non ci si stupisce sia già due volte premio Oscar (per Camera con Vista e Mad Max: Fury Road). Stride l’uso della computer grafica in diversi punti, troppo palesemente finti e sono invece un tripudio le scene che si lasciano guidare e si sviluppano sulla musica (letteralmente: la musica è stata diffusa sul set, lasciando che servisse da ispirazione).
Un film che, con una sceneggiatura forte, avrebbe potuto essere una bomba. Sicuramente non per bambini, nonostante l’ipocrisia disneyana del fumo messo a bando da tutti i suoi film, che ha costretto alla riscrittura di uno dei suoi personaggi più famosi e che rasenta l’inutilità almeno quanto la scena post credit forzatamente inclusiva. Una curiosità: Crudelia aveva già avuto un volto umano, in quello che potremmo definire come l’antesignano dei live action Disney, ed era quello di Glenn Close, il cui nome figura qui tra i produttori esecutivi
Voto: 6/7 Immagini tratte da: www.mymovies.it www.radiotimes.com www.cinematographe.it www.insidethemagic.net www.imdb.com [foto 5] Trailer:
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di Federica Gaspari Alla scoperta degli scorci stellari di Los Angeles, città che diventa assoluta protagonista – sin dal titolo - del film del 2016 del regista Damien Chazelle.
L’intera California è da sempre culla della settima arte. In particolare, Los Angeles, con le leggende moderne e talvolta dannate di Hollywood, sin dai lontani anni Venti è un microcosmo brulicante di storie, immaginazione e sogni che prendono forma su pellicola grazie a grandi artisti, le famose stelle del cinema. Questa City of Stars nell’immaginario popolare accorcia le distanze tra realtà e fantasia, nutrendosi costantemente – e spesso voracemente – delle ambizioni di sognatori. Un titolo cinematografico degli anni Dieci di questo nuovo millennio della settima arte, tuttavia, ha saputo trovare una chiave di lettura differente sull’atmosfera e la storia di questa città, riscoprendone l’animo più appassionato e intimo attraverso luoghi insoliti divenuti istintivamente di culto. La La Land trova nella città da cui prende il nome una protagonista carismatica e vivace, ricca di sfumature e imprevedibile nelle sue svolte. Risulta difficile allora stupirsi se, poco dopo l’uscita in sala, il sindaco della città ha definito il film di Damien Chazelle “la migliore lettera d’amore per far riscoprire i luoghi di Los Angeles”. Cinefili e non di tutto il mondo sono rimasti incantati davanti a location in cui tradizione hollywoodiana e moderna mitologia in cellulosa si intrecciano dando vita a un percorso cult da vivere sia su schermo che tra le strade losangeline.
È il momento, allora, di accorciare le distanze tra cinema e realtà con un viaggio nella città dei sognatori al fianco di Mia e Sebastian!
Los Angeles, metropoli estremamente dinamica ed eclettica, vede in movimento ogni giorno, migliaia, addirittura milioni di persone. Ai quattro milioni di residenti, infatti, si aggiungono quotidianamente i pendolari dei distretti confinanti che raggiungono il centro vitale della città per impegni lavorativi e – perché no? – sogni nel cassetto da realizzare. In questo contesto La La Land muove i suoi primi passi su quattro ruote in corrispondenza del Judge Harry Pregerson Interchange, mastodontico svincolo autostradale tra Inglewood e South Gate. Le riprese dell’incredibile scena di apertura sulle note di Another Day of Sun hanno richiesto nell’estate del 2015 la chiusura di alcune corsie per un intero weekend. Proseguendo da sud a nord proprio lungo la Route 110 è possibile raggiungere gli Hollywood Studios in cui è stata allestita appositamente per le riprese la caffetteria in cui lavora Mia, il personaggio di Emma Stone. Rimanendo perfettamente coerente con la posizione delle varie location a Los Angeles nonché delle stesse dinamiche narrative del film, anche l’abitazione della protagonista, palcoscenico della sequenza di Someone in the Crowd, può essere raggiunta dalla Route 110 tornando verso sud, in direzione Long Beach, città meno glamour di LA ma sicuramente altrettanto frequentata da grandi star.
La serata malinconica di Mia che precede il secondo incontro con l’altro protagonista del film Sebastian, interpretato da Ryan Gosling, riporta l’azione a nord di Los Angeles, nei pressi di Burbank. Dopo aver mostrato l’angolo del murales “You are the star” – ora divenuto luogo di pellegrinaggio dei fan! - a est di Hollywood, l’obiettivo infatti indugia sugli eleganti interni dello Smoke House Rest, ristorante e punto di ritrovo di registi e attori leggendari sin dagli albori degli Studios. Proprio nell’ampio salone del locale, nel film Seb suona annoiatamente alcuni motivi natalizi e, dopo un’improvvisazione jazz poco apprezzata dal gestore, si allontana indispettito. La vera storia tra i due protagonisti, tuttavia, inizia davvero solo dopo l’iconica festa anni Ottanta, con l’uscita nei pressi del Van Beek, il ristorante samba&tapas mal sopportato da Sebastian. Tale luogo nella realtà è il The Magnolia Theatre, monumento dell’intrattenimento di Los Angeles, tra cinema e musica. Il momento più iconico del lungometraggio, tuttavia, è stato impresso su pellicola solamente più a sud di Burbank, presso l’ormai simbolico Cathy’s Corner, entrato definitivamente nell’immaginario comune grazie al numero danzante dei due protagonisti sotto le stelle.
Il vero animo jazz della città e del film stesso risiede nei pressi di Hermosa Beach, a sud ovest di LA. Sulle rive dell’Oceano Pacifico sorge la leggenda del Lighthouse Café, locale cult non solo per il protagonista che introduce Mia a questo genere musicale ma per tutti gli appassionati di jazz del mondo. A pochi passi da questo luogo, fortunati turisti possono riconoscere anche l’Hermosa Beach Pier, il molo lungo cui Sebastian intona il motivo cardine del film, “City of Stars”.
Dopo questo scorcio romantico a pochi passi dalle spiagge losangeline, il film fa una breve tappa a nord di Beverly Hills nel sofisticato Jar Restaurant dove Mia, annoiata dai discorsi del fidanzato e degli amici, realizza finalmente di voler dare una nuova svolta alla sua vita, lasciando il locale e inseguendo i suoi sogni da attrice al fianco di Sebastian. I due protagonisti si riuniscono quindi presso il Rialto Theatre, storico cinema a nord est di Los Angeles nonché oggetto di venerazione di molti registi, tra cui Quentin Tarantino che purtroppo, però, non sono riusciti a impedire nel 2010 la chiusura definitiva della sua unica sala cinematografica. L’occasione della nostalgica proiezione di Gioventù Bruciata porta tuttavia il duo attoriale in un altro luogo culto della città, l’Osservatorio Griffith che negli anni è diventato una dei siti più rappresentati tra piccolo e grande schermo.
Dopo la romantica sequenza del ballo tra le stalle, La La Land mostra una gioiosa sequenza che ripercorre i momenti più felici dell’innamoramento di Mia e Sebastian, ritraendo passeggiate lungo il Colorado Street Bridge a Pasadena, le peculiari Watts Towers che svettano a South Gate e infine l’Angels Flight, la caratteristica funicolare nel centro di Los Angeles. L’idillio, tuttavia, si infrange nel corso del concerto dei Messengers, band a cui si unisce Sebastian, al El Rey Theatre, palcoscenico di grandi tour musicali a sud di Hollywood. In questa occasione Mia inizia a pensare che il fidanzato sia sceso a compromessi per il suo sogno, rinunciando alle grandi ambizioni per celebrare il vero jazz. Questa epifania e le delusioni raccolte in occasione del suo primo spettacolo teatrale con platea quasi vuota al Fais Do Do nascosto tra le strade del quartiere di West Adams, spingono Mia a mettere in discussione la storia con Seb, portando a una prima rottura.
Dopo diversi alti e bassi, i due protagonisti scelgono infine di percorrere strade separate per inseguire i propri sogni con serenità. Un ultimo incontro fortuito chiude però il film presso Long Beach, proprio a pochi isolati di distanza dalla location della casa di Mia dove tutte le grandi ambizioni hanno iniziato a prendere vita. Gli interni del The Blind Donkey, infatti, fanno intrecciare per un’ultima volta le vite dei due al Seb’s, il sogno finalmente realizzato di un locale jazz vecchio stile. Sulle note di un’appassionata composizione al pianoforte, Mia e Sebastian immaginano allora di vivere attimi e ricordi mai vissuti, viaggiando con la fantasia anche oltreoceano attraverso sequenze musicali e colorate. Con questo grande epilogo, Chazelle corona un gioiellino della settima arte, un classico moderno che, anche attraverso una scelta oculata e appassionata delle location e dei set, è entrato definitivamente nel cuore di ogni cinefilo che ama viaggiare anche solo con l’immaginazione. A questo link è possibile visualizzare e scaricare una versione stampabile del poster-mappa del film. Risorse: www.lionsgate.com www.movie-locations.com www.seeing-stars.com Dati mappa: Utenti di www.openstreetmap.com di Federica Gaspari ![]() Titolo originale: Another Round Genere: drammatico, commedia Anno: 2020 Regia: Thomas Vinterberg Attori: Mads Mikkelsen, Thomas Bo Larsen, Magnus Millang, Lars Ranthe, Maria Bonnevie, Helene Reingaard Neumann Sceneggiatura: Tobias Lindholm, Thomas Vinterberg Fotografia: Sturla Brandth Grovlen Produzione: Zentropa Entertainments, Film i Vast, Zentropa Sweden, Topkapi Films, Zentropa Netherlands Paese: Danimarca, Svezia, Paesi Bassi Durata: 117 min Dopo il mancato trionfo all’edizione 2012 degli Academy Awards, Thomas Vinterberg è tornato sotto le luci della ribalta con il suo ultimo film capace di conquistare i più prestigiosi riconoscimenti festivalieri del 2020 – nelle manifestazioni che hanno potuto aver luogo – con una cavalcata che ha portato all’ottenimento dell’Oscar per la migliore pellicola internazionale. Con Un altro giro, il regista danese ha finalmente convinto tutti ritrovando, dopo alcuni mezzi passi falsi, uno spirito creativo pungente e irriverente capace di lasciare il segno. Il film, dopo il successo della stagione dei grandi premi, è arrivato finalmente anche nelle sale italiane dallo scorso 20 maggio. Discussa e fuori dagli schemi, questa creatura cinematografica è indubbiamente tra le migliori proposte per tornare, ancora una volta, a meravigliarsi davanti al grande schermo con storie ispirate. Lo psichiatra norvegese Finn Skarderud è divenuto noto all’interno della comunità scientifica internazionale per le sue eccentriche teorie in merito alla necessità biologica per il corpo umano di un costante 0,05% di livello di alcool nel sangue per poter sfruttare al meglio le proprie capacità. Una formulazione così estrema risulterebbe tanto curiosa quanto folle per chiunque ma non per i quattro protagonisti, un gruppo di professori delle superiori che, annoiati dalla loro quotidianità, decidono di accettare questa sfida cambiando radicalmente il loro stile di vita. Sguardo e interprete del cambiamento è principalmente Martin (Mads Mikkelsen), insegnante di storia che con questa scommessa alcolica vedrà trasformarsi drasticamente sia il suo rapporto con gli studenti che le sue relazioni familiari. Il sodalizio artistico tra Vinterberg e Mikkelsen si rinnova e si evolve in entrambe le sue componenti. Da una parte si riscopre un cineasta che sin dalle origini di Dogma 95 cerca di infrangere regole e stilemi, gioca magistralmente come mai prima d’ora con i toni della commedia e le sfumature più eccentriche del dramma tragico, rimanendo costantemente in bilico tra credibile e assurdo in una messa in scena in stato di ebbrezza. Davanti alla macchina da presa, invece, il più quotato attore danese di fama internazionale dimostra, ancora una volta, di saper cogliere le emozioni più sottili e umane dell’animo di un protagonista in piena crisi di idee, sogni, ambizioni e capacità. Mikkelsen, con una prova incredibile, è assoluto protagonista, ennesima incarnazione di un talento versatile in grado di mettersi sempre in discussione, sia nel cinema d’autore che in quello più commerciale senza mai trascurare i dettagli. Questa iniziale lunga riflessione sulla piaga dell’alcolismo, sull’illusione della soluzione semplice a problemi personali complessi e sull’effimera euforia inebriante in grado di far dimenticare le incantevoli complessità della quotidianità, tuttavia, nella seconda parte del film, per chi accetta la sfida di andare oltre la superficie, si trasforma in uno splendido inno alla vita. Il messaggio nella sua disarmante semplicità, nonostante qualche lungaggine prima del gran finale, celebra le piccole sfide di ogni giorno, la capacità di accettare sconfitte, delusioni e perdite. Quella chiusura, così esplosiva e coinvolgente sulle note di What A Life di Scarlet Pleasure, diventa allora il perfetto epilogo per un film da vedere assolutamente in sala per assaporare tutta la poesia di questo racconto. Immagini tratte da: www,medusa.it www.moviesinspired.it Sarà The World to Come il film che aprirà le danze del secondo atto dell’International Film Festival di Rotterdam. La pellicola di animazione Poupelle of Chimney Town, invece, chiuderà la programmazione della cinquantesima edizione del festival. di Federica Gaspari A poche settimane dall’inizio del secondo atto di questa edizione, gli appassionati di cinema hanno finalmente scoperto tutti i titoli che dal 2 al 6 giugno animeranno virtualmente e non le conversazioni intorno al capitolo conclusivo del 50esimo International Film Festival di Rotterdam. Dopo le prime anticipazioni sulla partecipazione di Samuel Doux con Dune Dreams e di Ikeda Akira con The Blue Danube, la lineup di giugno è stata interamente svelata nel corso della conferenza stampa del 18 maggio alla presenza della direttrice artistica Vanja Kaludjercic. Il programma dei cinque giorni festivalieri propone un totale di 139 titoli tra lungometraggi, cortometraggi e mediometraggi che spaziano dalle novità ai progetti di realtà virtuale passando per la riproposizione di grandi classici amati da pubblico e critica. Proprio con questa vasta gamma di narrazioni e forme, IFFR si pone l’obiettivo di accorciare le distanze tra appassionati e grande schermo, accettando ancora una volta una grande sfida dettata da tempi difficili che richiedono fantasia e curiosità. Dopo l’ottima accoglienza ricevuta in occasione della 77esima edizione della Mostra del Cinema di Venezia, The World to Come approderà a Rotterdam per inaugurare un secondo capitolo di festival di grandi ambizioni e scommesse. Il film della regista e attrice norvegese Mona Fastvold aprirà la manifestazione raccontando una storia di un amore proibito che lega due donne nella provincia statunitense del 1850. Al centro della scena vi sono Katherine Waterston e Vanessa Kirby, due interpreti che negli ultimi anni hanno saputo catturare l’attenzione del pubblico sia su piccolo che su grande schermo. L’anteprima online avrà luogo mercoledì 2 giugno e sarà seguita da proiezioni fisiche nei cinema di Rotterdam durante il festival. Sarà compito, invece, dell’ultimo lavoro di Hirota Yusuke, Poupelle of Chimney Town, chiudere questa edizione esclusiva ed estesa dell’International Film Festival di Rotterdam. L’adattamento dell’omonimo racconto per ragazzi di Nishino Akihiro è stato presentato come un esempio appassionante e intrigante di narrazioni colorate, eclettiche e d’ispirazione per il pubblico di ogni generazione. Il film, la cui premiere europea avrà luogo il 6 giugno, è la più recente creazione della scuderia produttiva dello studio giapponese 4C, già responsabile del successo di Children of the Sea. Nel corso della conferenza stampa di presentazione del programma sono stati confermati anche i nomi dei grandi ospiti della seconda serie di Big Talks: Mona Fastvold, Dominik Graf e Pallavi Paul. La sezione IFFR Classic vedrà invece in scena anche il cinema italiano. Al fianco di Battle Royale di Fukasaku Kinji e di Night on Earth di Jim Jarmush, anche Caro Diario di Nanni Moretti fa capolino tra i titoli più iconici della storia del festival che verranno riproposti online e nelle sale olandesi per celebrare la grande tradizione cinematografica di IFFR. L’intero programma e tutte le informazioni relative al festival sono disponibili sul sito ufficiale: https://iffr.com/en Immagini tratte da: https://press.iffr.com/ di Matelda Giachi
C’è chi paragona la vecchiaia ad un ritorno all’infanzia: la conoscenza del mondo si sgretola e la sicurezza acquisita con l’addentrarsi nella vita adulta regredisce con essa. Anthony (il protagonista porta il nome stesso del suo interprete, per omaggiarlo) è un anziano che vive solo; no con la figlia e il marito. No la figlia è nubile. No, è divorziata. Si sta trasferendo a Parigi con un nuovo compagno; forse. Nella sua testa niente è più chiaro, la sua mente è come la stanza degli specchi dei luna park americani, quella che compare in innumerevoli inseguimenti cinematografici e seriali per creare ulteriore confusione e suspance, perché non si sa quale di quei mille riflessi moltiplicati all’infinito sia l’immagine reale. Si attacca a ciò che crede immutabile, oggetti: un quadro, un orologio, le pareti della casa di sempre, ma anche questi cominciano a giocare a nascondino con lui.
Florian Zeller, esordiente alla regia nel trasporre la sua stessa piece teatrale, racconta la fragilità dell’età anziana. Avrebbe potuto lasciarci comodi sulle nostre poltrone, spettatori passivi di uno spettacolo a tratti commovente, a tratti patetico, prede ciascuno della personale sensibilità nei confronti della vecchiaia. Ma “niente è come sembra”: cambiano i volti, cambiano gli scenari, cambiano le dinamiche e le interazioni. Alla regia sembra esserci il cervello stesso del protagonista e come lui neanche noi sappiamo quale, delle molteplici possibili, sia la realtà. Siamo costretti all’attenzione, a cercare indizi per rimettere insieme i pezzi, a immedesimarci. E questo scorcio drammaticamente reale sulla condizione umana prende quasi i tratti del thriller.
Anthony Hopkins regala tra le interpretazioni più alte della sua carriera, ma non lo sa. Mentre l’Academy lo premia come miglior attore protagonista non è presente alla cerimonia; dorme sereno nella sua casa nel Galles. E un po’ ce lo immaginiamo, al suo risveglio: “Buongiorno Sir, stanotte ha vinto un Oscar”. Ed eccolo lì, più social di tanti ventenni, un po’ spettinato ma vestito di un’eleganza in via d’estinzione, che ringrazia per il riconoscimento e omaggia, da vero gentiluomo, Chadwick Boseman, per cui tutti ci aspettavamo l’Oscar postumo. Ma è impossibile guardare The Father e restare insensibili all’intero spettro di emozioni umane con cui Hopkins colora il suo protagonista, mentre lotta con tutto se stesso per combattere un male che non vede e lo consuma, traditore, dall’interno. C’è qualcosa di sublime nelle lacrime che inevitabilmente rigano il volto. E ci sono ruoli per cui, alcuni attori, sembrano stati illuminati ed Anthony Hopkins di sicuro lo è stato. Voto: 8/10 di Vanessa Varini ![]() Titolo: La Compagnia del Cigno 2 Paese: Italia Anno: 2021 Genere: dramma, adolescenziale, musicale, noir Stagione: 2 Episodi: 12 Ideatore: Ivan Cotroneo, Monica Rametta Regia: Ivan Cotroneo Sceneggiatura: Ivan Cotroneo, Monica Rametta Interpreti e personaggi: Alessio Boni (Luca Marioni), Anna Valle (Irene Valeri), Leonardo Mazzarotto (Matteo Mercanti), Fotinì Peluso (Barbara Severini), Emanuele Misuraca (Domenico Abbate), Hildegard De Stefano (Sara Loffredi), Chiara Pia Aurora (Sofia Potente), Ario Nikolaus Sgroi (Roberto "Robbo" Turchi), Francesco Tozzi (Rosario Cantini), Alessandro Roja (Daniele Trani), Carlotta Natoli (Vittoria), Michele Rosiello (Daniele 2), Mehmet Gunsur (Teoman Kaýa) Stasera, domenica 16 maggio, alle 21:25 va in onda l'ultima puntata (la sesta) della seconda stagione della serie tv "La Compagnia del Cigno". Alla fine della penultima puntata il maestro di musica Luca Marioni (Alessio Boni) è stato arrestato con l'accusa di aver ucciso il suo ex amico Teoman (Mehmet Gunsur). Ora i suoi allievi del Conservatorio, i ragazzi della Compagnia del Cigno, Matteo (Leonardo Mazzarotto), Sara (Hildegard De Stefano), Rosario (Francesco Tozzi), Robbo (Ario Nikolaus Sgroi) Barbara (Fotinì Peluso), Domenico (Emanuele Misuraca) e Sofia (Chiara Pia Aurora), devono trovare un modo per scagionarlo. Se la prima stagione della fiction era più improntata sulla musica classica, ancóra di salvezza dei ragazzi, grazie alla quale riuscivano a superare i loro problemi adolescenziali, questo sequel è più incentrato sul dramma e sulla tensione con la presenza di alcuni loschi personaggi come Teoman Kayà, famoso direttore d'orchestra che si è diplomato al Conservatorio Verdi venticinque anni fa e legato al passato di Luca e della moglie Irene (la donna era fidanzata con Teoman, che poi ha lasciato per Marioni e per questo Teo si vuole vendicare del suo ex amico) e come Lorenzo, ex fidanzato di Barbara, che ritorna nella vita della ragazza e la lega nuovamente a sé con atti di manipolazione e violenza sia psicologica che fisica. Le vicende personali dei ragazzi sono sempre presenti anche se in chiave più adulta, tra delusioni d'amore e notizie inaspettate (Sofia rimane incinta di Matteo). Le scene musical in stile videoclip, invece, gradita ed originale novità della prima stagione, con i giovani attori che cantano canzoni celebri sono più diradate e purtroppo non sono presenti in ogni puntata. Questi dodici episodi si confermano quasi all'altezza di quelli della prima stagione, anche se manca un po' di spensieratezza che alleggerisce la trama.
Immagini tratte da: https://www.spettacolo.eu https://www.superguidatv.it https://www.tvblog.it
di Salvatore Amoroso
Il cortometraggio presentato a Venezia è tra le uscite del 13 maggio che non potete lasciarvi sfuggire. Un’imperdibile Almodóvar che ci regala una delle sue opere più ispirate.
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Genere: drama
Anno: 2020 Regia: Pedro Almodóvar Durata: 30 min. Sceneggiatura: Pedro Almodóvar Fotografia: José Luis Alcaine Montaggio: Teresa Font Musiche: Alberto Iglesias Distribuzione: Wanda Films Avalon, Sony Pictures Classics Paese: Spagna, USA
Non per tutti i cortometraggi si può dire lo stesso, ma in questo caso sarebbe un peccato non vedere La Voz Humana (The Human Voice) di Pedro Almodóvar sul grande schermo. Un vero peccato. Anche perché dal 13 maggio saranno molte, circa una ottantina, le sale italiane che lo metteranno a disposizione degli spettatori, grazie alla distribuzione della Warner Bros. Pictures. Una storia semplice, che lo stesso regista racconta brevemente nelle note di produzione che riportiamo più in basso: “Una lezione morale sul desiderio” ispirata alla pièce teatrale “.
La voix humaine” di Jean Cocteau, una delle passioni del regista e sceneggiatore spagnolo, portata sullo schermo in forma di cortometraggio. Trenta minuti che di breve hanno solo il formato scelto per il film, considerata la dilatazione spazio e temporale che Almodóvar riesce a mettere in scena. Grazie anche alla protagonista principale del monologo: una grande Tilda Swinton. È lei la donna “sull’orlo dell’abisso”, prigioniera di un amore cui non sa rinunciare, per quanto doloroso. L’amore e la passione insieme a dolore e tormento: elementi imprescindibili nel cinema di Almodóvar, che si diverte a citare se stesso e la “Legge del Desiderio” mentre trasforma la grande attrice londinese in uno degli elementi di un sorprendente mosaico pop. Tutto è citazione, nulla è casuale. Arredamento, soprammobili, accessori, luci, da sempre il buon Pedro gioca con forme e contrasti nei suoi film, geometrie accuratamente dissonanti, o paradossalmente regolari, colorate nelle tonalità che più ama il manchego: forti.
Ma non è solo un esercizio di stile quello di The Human Voice, ché tra giochi formali e simmetrie concettuali dà corpo alla prigione nella quale si è rinchiusa la donna disperata impegnata nell’ultima telefonata con il suo amato. L’appartamento ricostruito in uno studio cinematografico, visto dall’alto, ricorda il labirinto di una cavia. Convinta di esser libera di muovervisi, di uscire, salvo rivelare la natura artificiosa della prigione nella quale lei stessa si è rinchiusa. Vedere muoversi la Swinton dalla cucina al bagno, dalla camera da letto al salone, alla ‘terrazza’ (che tanto ricorda il vecchio Donne sull’orlo di una crisi di nervi) è un piacere. Che se impedisce di empatizzare granché, mette lo spettatore in una condizione di ammirazione estetica. Ogni stanza e ogni scena diventano un nuovo quadro di una galleria privata, sin dall’incipit che ci mostra la bionda interprete come una damigella vestita di rosso, nello studio deserto.
Contenuta e cerebrale, anche nei gesti più plateali, verbosa e poco istintiva, Tilda Swinton è la splendida marionetta nelle mani di un ispirato Maestro del cinema. Che la guida fino nei suoi singoli movimenti e posture. E che continua a esser capace di tradurre le proprie turbolente fantasie, sorprendendo con un mix unico e coinvolgente di patimento e ironia.
Link Immagini:
Locandina: MyMovies.it Immagine1: Amica.it Immagine2: CiakMagazine.it Immagine3: SpettacoloMusicaSport.it
di Vanessa Varini
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Un film cult di fantascienza, una miniserie tv poliziesca, un teen movie e un fantasy-horror tra le novità Home Video targate Eagle Pictures di maggio 2021. Il 5 maggio in formato DVD e Blu-ray esce il cult fantascientifico "Mr Nobody" di Jaco Van Dormael, presentato in anteprima mondiale alla 66° Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia e vincitore del Premio Osella. È un’opera d’arte incredibilmente espressiva, nonché una potente e suggestiva riflessione sullo scorrere del tempo. È il 2029 e l’umanità è ormai immortale. Nemo Nobody (Jared Leto) è l'ultimo uomo destinato ad una morte naturale e per questo star idolatrata di un reality show. Lo psicologo Feldgeim lo studia e lo analizza cercando di far emergere la storia della sua vita. Ma per Mr Nobody non esiste una sola vita… Ha nove anni, è alla stazione ferroviaria di Chance e, in seguito al divorzio dei suoi genitori, si trova alle prese con la sua prima grande decisione: seguire la madre o il padre. Da qui si dipanano una serie di scelte o di eventi che determineranno l’esistenza del protagonista, che si troverà così a vivere tante vite in una. La domanda di fondo per Mr Nobody e forse per ciascuno di noi è: "Come sarebbe stata la mia vita, se quella volta non fosse andata così? Esiste una scelta migliore di un’altra?"
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Sempre dal 5 maggio sarà disponibile in formato DVD con 4 dischi la quarta stagione completa di "Rocco Schiavone", acclamata fiction Rai per la regia di Simone Spada, con protagonista Marco Giallini.
Tratta dai romanzi gialli di Antonio Manzini, la serie tv vede protagonista Rocco Schiavone, un vicequestore romano della Polizia di Stato, sarcastico, nel senso più romanesco del termine, ruvido e cinico quanto basta ma dal cuore d’oro, che viene trasferito nella città di Aosta, nel cuore delle Alpi. Nella quarta stagione un furgone portavalori, contenente tre milioni di euro del Casinò di Saint-Vincent, sparisce nel nulla. Partono le indagini, ma qualcosa non convince il vicequestore Rocco Schiavone che intanto spera di riuscire a far luce anche sull’omicidio del ragionier Favre, al centro dell’ultimo episodio della scorsa stagione, i cui mandanti sono ancora ignoti. Completano il cast Ernesto D’Argenio, Valeria Solarino, Lorenza Indovina e Christian Ginepro. TRAILER su RaiPlay ![]()
Mentre a Torino sono cominciate le riprese del sequel, il 12 maggio sarà disponibile in formato DVD e Blu-ray con all’interno due card esclusive autografate dai protagonisti, "Sul più bello" di Alice Filippi, un film emozionante, in grado al contempo di veicolare messaggi importanti e profondi.
Al centro di questa fiaba contemporanea una protagonista fuori dagli schemi: Marta (Ludovica Francesconi), tanto simpatica, solare, quanto bruttina, che soffre di una rara malattia genetica. A 19 anni sogna il grande amore e un ragazzo bellissimo, ma i suoi amici e coinquilini Jacopo (Jozef Gjura) e Federica (Gaja Masciale) cercano si dissuaderla dal puntare troppo in alto. Finché a una festa Marta vede Arturo (Giuseppe Maggio) bello, sicuro di sé e per lei completamente inarrivabile. Mentre i fedeli amici si preparano a gestire l'ennesima delusione, stavolta le cose andranno in maniera diversa. ![]()
Il 26 maggio esce in DVD e Blu-ray il film Blumhouse "Il rito delle streghe" di Zoe Lister-Jones, sequel del cult horror "Giovani streghe" del 1996, teen movie sfumato col fantastico che parla alle nuove generazioni ed esplora una stagione magica dell'esistenza.
Al centro della vicenda un eclettico quartetto di aspiranti streghe adolescenti, che ottiene più di quello che si aspettava mentre inizia a darci dentro con i nuovi poteri appena scoperti. Nel cast Cailee Spaeny, Zoey Luna, Gideon Adlon, Lovie Simone e Michelle Monaghan. Le immagini sono state gentilmente inviate dall'ufficio stampa di Milla & Macchiavelli.
di Matelda Giachi
“Il 31 gennaio 2011, in seguito al calo della domanda di cartongesso, la US Gypsum chiuse la sua fabbrica di Empire, Nevada, dopo 88 anni. Nel mese di luglio, veniva dismesso il codice postale 89404 di Empire.”
Fern aveva già perso il marito e, con la chiusura della fabbrica di Empire, perde anche il lavoro, la sua casa ed ogni appiglio a qualunque cosa fosse stata la sua esistenza fino a quel momento. Decide così di caricare quel poco che le è rimasto su di un furgone e di intraprendere una vita on the road, sostenendosi con lavori stagionali che riesce a trovare nelle sue tappe. In questo viaggio attraverso Arizona, Nebraska, Nevada, California e South Dakota ma anche attraverso se stessa, Fern incontra numerose persone come lei, pronte a raccontare ciascuno la propria storia e ad elargire consigli su come condurre al meglio la vita nomade. Nomadland è a metà strada tra il film e il documentario: il personaggio di Fern, è l’unico elemento di finzione della pellicola e Frances Mc Dormand, che la interpreta, è l’unica attrice sullo schermo, mentre tutte le persone che interagiscono con lei sono veri nomadi. Lo scopo di questo prodotto ibrido era un film con il maggior grado di veridicità possibile e rende la sua genesi ancora più affascinante del prodotto finale. Nel 2014 Nomadland era un articolo di giornale dal titolo “La fine della pensione: quando non puoi permetterti di smettere di lavorare”. Nel 2017 diventa il libro che fa vibrare le corde dell’anima della McDormand, che decide di voler raccontare quella storia al cinema. Trovata in Chloé Zhao la sua regista, insieme affrontano questo viaggio in un’America che davvero esiste ma pochi conoscono e registrano i loro incontri con una comunità itinerante sopravvissuta a enormi drammi e che, lontana da tutti, sorprende per la sua profonda umanità. Oggi, è un film premio Oscar. L’ascesa di Nomadland, cominciata con il Leone D’Oro a Venezia, non si è più fermata ed è ormai stato incoronato dai più come film dell’anno. Diciamo che il tema sensibile e di grande attualità ha reso fin troppo facile sbaragliare concorrenti cinematograficamente anche più validi. Senza nulla togliere a quello che resta un ottimo film, soprattutto con l’Oscar a Frances McDormand è inevitabile ripensare a Tre Manifesti a Ebbing Missouri e trovare il confronto assolutamente impari. Adesso che finalmente approda su grande schermo, di Nomadland è da apprezzare sopra ogni cosa una fotografia che è pura poesia. Lo sconfinato panorama che scorre sul sottofondo delle note delicate di Ludovico Einaudi trasmette un senso di pace e serenità, anche se tutto ciò di cui si parla è drammatico. Forse quella stessa pace che tanti hanno trovato sulla strada Voto: 7/8 Immagini tratte da: www.ansa.it www.cinematographe.it www.cnn.com www.ilmessaggero.it |
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Dicembre 2022
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