di Matelda Giachi ![]()
Genere: Drammatico, Thriller
Anno: 2020 Durata: 113 min Regia: Emerald Fennell Cast: Carey Mulligan, Bo Burnham, Alison Brie, Clancy Brown, Jennifer Coolidge, Laverne Cox, Chris Lowell, Connie Britton, Adam Brody, Max Greenfield, Christopher Mintz-Plasse, Sam Richardson, Alfred Molina, Molly Shannon, Steve Monroe Sceneggiatura: Emerald Fennell Fotografia: Benjamin Kracun Montaggio: Frédéric Thoraval Musica: Anthony Willis Produzione: FilmNation Entertainment, Focus Features, LuckyChap Entertainment Distribuzione: Universal Pictures Paese: Gran Bretagna, USA
“Sapete, le ragazze come quella si mettono in pericolo.”
Cassandra (Carey Mulligan), è una giovane donna di trent’anni. Vive a casa con i genitori, lavora in un bar, ha pochi amici e conduce una vita apparentemente tranquilla e sommessa. Ma la sera si tira a lucido, gira per locali e si finge ubriaca adescando uomini che tentano di approfittare di lei e di cui prontamente si vendica. Ma cos’è successo a quella giovane donna così brillante e promettente che studiava medicina? Cassie sembra un’anima persa, allo sbando. Ma non lo è. E’ lucida, centrata, ha un piano preciso. Nel suo recente passato c’è un trauma che ha preso totalmente possesso della sua vita e della sua persona. Dopo aver subito uno stupro di gruppo Nina, la sua migliore amica, non si è mai più ripresa e, nonostante abbia avuto gran cura di lei, non è riuscita a impedirle di togliersi la vita e nessuno ha mai pagato per questa tragedia.
Esplosivo esordio alla regia per Emerald Fennel, sua anche la sceneggiatura originale premiata con l’Oscar. Chi segue la serie Netflix The Crown sul regno della Regina Elisabetta, l’avrà conosciuta come attrice, nel ruolo di Camilla Parker Bowles. Una Donna Promettente, presentato in anteprima al Sundance Film Festival, è finalmente un film nuovo, coraggioso, con personalità. Emerald Fennel dà voce alle donne e lo fa in modo rivoluzionario, scevro dalle basse retoriche alla MeToo che propagano fumo e tolgono sostanza ad un problema reale che viene o ignorato o abusato, ma raramente capito e affrontato. In un momento in cui il cinema tende a far vedere tutto, si parla di violenza, senza mai portarla in scena; eppure fiumi di sangue non avrebbero avuto la stessa brutalità che riesce ad avere la Fennel con la sua pellicola. Sceneggiatura e regia sono sottili, al limite dello strategico. L’autrice si guarda bene dal lanciare un’accusa generalizzata e qualunquista, non è il suo scopo e si vede; ma sarà esattamente la lettura che daranno molti che poi si lanceranno, inevitabilmente, in feroci critiche. Un film quindi controverso destinato a far parlare e a dividere. O lo si metabolizza e lo si ama o lo si travisa e odia.
Una Donna Promettente colpisce per il suo racconto sovversivo, così come anche per il ritmo incalzante e il suo essere sconcertante e inatteso fino, letteralmente, all’ultimo fotogramma. Carey Mulligan, seppur tra le candidate come miglior attrice, non è stata valorizzata, come avrebbe meritato, durante la notte del cinema. La sua interpretazione niente ha da invidiare a nomi del calibro di Meryl Streep, Emma Thompson o Kate Winslet. Il dolore di Cassie è palpabile, buca lo schermo, si avvinghia allo stomaco e spinge lei in una direzione di odio, ma anche di speranza di redenzione. Accanto alla sete di vendetta, vi è una parte della giovane che non chiede che di smettere di vedere mostri e di riscoprire una realtà in cui tornare a sorridere e fidarsi. “Tu lo sai qual è il peggior incubo di ogni donna?” Emerald Fennel lo ha raccontato come, forse, nessuno prima. Voto: 8/9
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di Vanessa Varini
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Titolo: "Conta su di me"
Paese: Germania Anno: 2017 Durata: 106 minuti Genere: commedia, drammatico Regia: Marc Rothemund Sceneggiatura: Maggie Peren, Andi Rogenhagen Interpreti e personaggi: Elyas M'Barek (Lennard "Lenny" Reinhard), Philip Noah Schwarz (David Müller), Nadine Wrietz (Betty Müller), Uwe Preuss (dr. Reinhard), Lisa Bitter (dr. Julia Mann), Jürgen Tonkel (sig. Petry)
Stasera domenica 20 giugno alle 21:20 su Canale 5 va in onda in prima tv "Conta su di me", film tedesco presentato in Concorso Ufficiale alla 48esima edizione del Giffoni Film Festival dove ha vinto nella categoria "Miglior film" Generator +13. È l'adattamento cinematografico del romanzo Dieses bescheuerte Herz: Über den Mut zu träumen di Lars Amend e Daniel Meyer, pubblicato nel 2013 e basato sulla storia vera di Lars Amend e dell'adolescente malato di cuore Daniel, che decide di fare una lista di 25 cose che vuole assolutamente fare nella sua vita. L'obiettivo di Amend è realizzare questa lista. La storia del film riprende quella del romanzo: il ricco e viziato Lenny (Elyas M'Barek), trentenne figlio di un chirurgo, non lavora e passa le serate a sballarsi e a guidare a folle velocità per le strade della Baviera. Un giorno il padre stanco del suo comportamento gli blocca la carta di credito e lo chiude fuori di casa. Per tornare a riguadagnare la sua stima e a sperperare il denaro, Lenny dovrà occuparsi del quindicenne David (Philip Noah Schwarz) che ha una grave malformazione cardiaca. I due, malgrado una leggera diffidenza, legano fin da subito, anche se Lenny sente troppa responsabilità ed è intenzionato a mollare. Invece grazie a quel ragazzino, che assapora e apprezza ogni istante della sua vita perché potrebbe essere l'ultimo, capirà qual è il vero valore della vita.
"Conta su di me" è un film emozionante, riflessivo e fa parte di quel filone di storie dove chi è malato insegna la vita a chi si deve occupare di lui, facendolo maturare, mentre l'altro gli dona un po' di spensieratezza. Però in questo caso la storia non è troppo tragica (è incentrata principalmente sulla lista di desideri di David), ha un finale a lieto fine (Lenny e David sono ancora oggi grandi amici), ci si commuove ma soprattutto si ride, infatti la mamma di David è molto apprensiva e chiede in continuazione foto per verificare la salute del figlio e Lenny gli invia foto "tranquille", anche se i due in realtà si stanno divertendo guidando a tutta velocità.
Bravi e molto affiatati i due protagonisti interpreti da Elyas M'Barek e dall'adolescente Philip Schwarz.
Consigliato se avete amato il film "Quasi Amici" con Omar Sy. "Conta su di me" si può recuperare anche su Prime Video.
di Matelda Giachi
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Genere: Miniserie Fantascienza
Anno: 2021 Episodi: 6 Durata: 50 min circa Cast: Tom Hiddleston, Gugu Mbatha-Raw, Wunmi Mosaku, Eugene Cordero, Tara Strong, Owen Wilson, Sophia Di Martino Produzione: Marvel Studios Distribuzione: Disney Plus Paese: USA Ideatore: Michael Waldron
Finalmente il personaggio più brillante ed interessante del Marvel Cinematic Universe ottiene il suo meritato stand alone con l’ultima miniserie lanciata da Disney Plus. Che dire, dunque, di questo primo tanto atteso episodio? Dopo la sua fine per mano di Thanos in Infinity War, pensavamo che non avremmo più rivisto il sagace Dio dell’inganno. Ma Waldron ci riporta ad un altro momento dello stesso film: quello in cui Loki si impadronisce del Tesseract e sparisce con esso. Ed è lui che seguiamo questa volta, invece degli Avengers. Una fuga di breve durata, poiché il suo gesto ha creato una linea temporale alternativa che poco piace alla Time Variance Authority, un organo deputato al controllo del Multiverso che subito lo cattura con l’intento di resettarlo e riportare quell’ordine da loro stessi stabilito.
È un episodio dal carattere fortemente introduttivo, che dedica la maggior parte del suo spazio a dare spiegazioni e a porre le basi di quello che però si prospetta un interessante sviluppo. Nella nuova serie Marvel si andrà a parlare di scelte e di libero arbitrio. Un nuovo personaggio, interpretato da Owen Wilson, costringe Loki a porsi domande su se stesso e sul proprio cammino, avviando quell’evoluzione verso la redenzione che nel film era stata troppa repentina. Ritrovare Tom Hiddleston e il suo Loki dall’ironia tagliente è una gioia, l’attore è istrionico, divertito dal suo stesso ruolo. Dopo Wanda Vision (ad oggi uno dei migliori prodotti in assoluto dell’universo Marvel) e The Falcon and The Winter Soldier, si conferma una tendenza più che positiva ad andare oltre la superficie del supereroe cazzottatore per esplorare il suo lato umano, quello che muove le sue azioni da dentro. Si conferma anche l’amore per un gusto di ambientazione un po’ retrò, di cui si cura con devozione ogni dettaglio.
Se in molti casi ci siamo detti che la Disney si è lasciata un po’ prendere la mano nel rielaborare i diversi prodotti che sono ormai parte del suo impero, tradendone spesso l’essenza, queste serie sembrano essere nate sotto i venti dell’ispirazione. Aspettiamo ora il secondo episodio, che promette di essere il decollo ufficiale di Loki.
Voto: 8/10 di Federica Gaspari ![]() Genere: commedia Anno: 2020 Regia: Quentin Dupieux Attori: David Marsais, Grégoire Ludig, Adèle Exarchopoulos, India Hair, Roméo Elvis, Coralie Russier Sceneggiatura: Quentin Dupieux Fotografia: Quentin Dupieux Produzione: Chi-Fou-Mi Productions, Canal+, Memento Films, C8 Films, Artemis Productions Paese: Francia, Belgio Durata: 77 min Il bizzarro è un elemento che da sempre intriga i cinefili più appassionati. Sin dalle origini del cinema, registi, autori e interpreti di ogni tradizione si sono periodicamente distinti per opere difficili da inquadrare e talvolta comprendere proprio per la loro scelta di giocare sottilmente – e compiaciutamente – sul confine tra ridicolo e genio. Si è giocato con trame assurde, personaggi macchiettistici oppure esagerazioni concettuali o visive. L’ultimo divertimento cinefilo firmato dall’artista multiforme Quentin Dupiex, Mandibules, ricade alla perfezione in questo filone grazie alla scelta di una protagonista alquanto insolita: una mosca a misura d’uomo! Il film presentato all’ultima edizione della Mostra del Cinema di Venezia e accolto con entusiasmo all’International Film Festival, a differenza di illustri predecessori del genere body-horror, prende sin dall’apertura una piega davvero esilarante, linfa vitale di un gioiellino irresistibile. Due amici imbranati e sfaccendati sono alla ricerca di un’opportunità per guadagnare qualche soldo con facilità. Quando Jean-Gab (David Marsais) e Manu (Grégoir Ludig) accettano di consegnare una valigetta per 500 franchi, non hanno idea dell’avventura che li attende. Nel bagagliaio di un’automobile rubata nel corso del viaggio, i due, infatti, troveranno una strana creatura dalle origini misteriosi ma sicuramente dall’aspetto bizzarro: una mosca gigante. Nel tentativo di addestrarla come “drone vivente” per rubare oggetti di valore, l’eccentrica coppia di protagonisti darà inizio a un’esperienza on the road costellata da incontri e situazioni fuori dagli schemi. Quentin “Mr. Oizo” Dupieux non è certo un nome nuovo per gli appassionati della musica elettronica francese. Sin dalla fine degli anni Novanta con le sue intuizioni ha saputo rivoluzionare un’intera generazione di dj e musicisti e influenzare il mondo dei videoclip e delle pubblicità. Dopo aver plasmato l’iconico pupazzo Flat Eric di Levis, il French Touch dell’artista torna sotto la ribalta della scena internazionale con il nono lungometraggio da regista, una perfetta combinazione di sperimentazione della comicità e di semplicità narrativa. Curando anche sceneggiatura, montaggio e fotografia, riesce a costruire un racconto lineare, immediato ed efficace che non lascia scampo anche grazie a scelte cromatiche ammiccanti e pop. Se la scelta del duo comico protagonista, popolarissimi in Francia come “Palmashow”, decisamente singolare risulta invece il ruolo di comprimario affidato a Adèle Exarchopoulos. In una veste inedita e cinicamente controversa, l’attrice ventisettenne lascia alle spalle la veste di Femme Fatale cucitale su misura in molti dei suoi lavori: irriconoscibile, istrionica e pungente, la sua Agnes – capace di parlare solo ad altissimo volume a causa di un duro incidente - è un personaggio tragicomico scomodo e magnetico, una scommessa goliardica che le regala la sua migliore interpretazione. Surreale e ricco di tormentoni istantanei, Mandibules è la migliore scelta cinematografica per assaporare un po’ di estate sul grande schermo con un po’ di sana leggerezza bizzarra. Immagini tratte da: www.mymovies.it labiennale.org di Federica Gaspari Dopo un’edizione mancata nel vivo della pandemia e tra le mille polemiche più variegate, uno dei festival cinematografici più iconici del circuito torna in grande stile dal 6 al 17 luglio e scommette sul ritorno in sala. ![]() È ufficiale: la settantaquattresima edizione del Festival de Cannes avrà luogo. Il Grand Theatre Lumiere tornerà ad accogliere grandi star e La Croisette si popolerà di professionisti del settore e curiosi in cerca di uno scatto dal red carpet. Come ha tenuto a precisare Thierry Frémaux, delegato generale, la kermesse diventerà un momento per celebrare la ripartenza del cinema, inteso come luogo fisico secondo nuovi obiettivi e sicurezze. I luoghi del festival, dunque, includeranno anche punti di ritrovo per gli accreditati che, ogni due giorni, dovranno effettuare un test COVID per garantire la sicurezza di tutti i partecipanti del grande evento. Le nuove misure di prevenzione per la salute, tuttavia, non oscurano un’antica battaglia che Cannes porta avanti ormai da quasi un decennio, sin dai primi battibecchi con le produzioni Netflix. L’avvio del festival coinciderà con l’inizio di una nuova stagione cinematografica per tutta la rete di sale cinematografiche di Francia che, in molti casi, avranno l’esclusiva per la proiezione di film in concorso a pochi giorni dall’anteprima sotto il sole della Costa Azzurra. La sala sarà allora la grande protagonista silenziosa di un’edizione attesa e in parte temuta per la sua iniziale precarietà. Il festival lo scorso 3 giugno ha svelato la sua lineup. Il presidente Lescure e il delegato Frémaux hanno presentato in esclusiva 61 titoli, 24 dei quali sono in concorso. È interessante sottolineare come finalmente anche nella sezione principale, dominata da produzioni francofone, figurino anche quattro film diretti da donne, un segno importante dopo le numerose polemiche degli anni passati. Inoltre, tra i grandi nomi in gara, non mancano affezionati dal festival tra cui Jacques Audiard, François Ozon, Asghar Farhadi e, soprattutto, Nanni Moretti, unico italiano in gara con Tre Piani, tratto dall’omonimo romanzo di Eshkol Nevo. L’attesissimo dramma musicale Annette aprirà le danze con la regia di Leos Carax, al suo primo lavoro in lingua inglese con due protagonisti d’eccezione come Marion Cotillard e Adam Driver. Tra i registi statunitensi, trovano invece spazio Wes Anderson con The French Dispatch come previsto – già atteso lo scorso anno con il suo cast stellare - insieme a Sean Penn il cui dramma Flag Day ha come protagonisti Dylan Penn, Katheryn Winnick, Josh Brolin e Eddie Marsan. Il tripudio di grande cinema d’autore di stampo francese, tuttavia, nelle suggestive proiezioni sotto le stelle sulla spiaggia lascerà anche spazio a riproposizioni di grandi classici cult oltre che all’anteprima francese di un grande blockbuster, Fast and Furious 9. Le polemiche per quest’ultima scelta, chiaramente, non hanno tardato ad arrivare ma, dopotutto, anche questo contribuisce alla leggenda di Cannes. Concorso
Annette, di Leos Carax (film di apertura) Flag Day, di Sean Penn Tout S’est Bien Passé, di François Ozon A Hero, di Asghar Farhadi Tre Piani, di Nanni Moretti Titane, di Julia Ducournau The French Dispatch, di Wes Anderson Red Rocket, di Sean Baker Petrov’s Flu, di Kirill Serebrennikov France, di Bruno Dumont Nitram, di Justin Kurzel Memoria, di Apichatpong Weerasethakul Les Olympiades, di Jacques Audiard Benedetta, di Paul Verhoeven La Fracture, di Catherine Corsini The Restless, di Joachim Lafosse Lingui, di Mahamat-Saleh Haroun The Worst Person In The World, di Joachim Trier Bergman Island, di Mia Hansen-Love Drive My Car, di Ryusuke Hamaguchi Ahed’s Knee, di Nadav Lapid Casablanca Beats, di Nabil Ayouch Compartment No. 6, di Juho Kuosmanen The Story Of My Wife, di Ildiko Enyedi Fuori concorso De Son Vivant, di Emmanuelle Bercot Stillwater, di Tom McCarthy The Velvet Underground, di Todd Haynes Bac Nord, di Cédric Jiminez Aline, di Valérie Lemercier Emergency Declaration, di Han Jae-Rim Un Certain Regard The Innocents, di Eskil Vogt After Yang, di Kogonada Delo, di Alexey German Jr Bonne Mere, di Hafsia Herzi Noche De Fuego, di Tatiana Huezo Lamb, di Vladimar Johansson Un Monde, di Laura Wandel Freda, di Gessica Généus Moneyboys, di CB Yi Blue Bayou, di Justin Chon Commitment Hasan, di Hasan Semih Kaplanoglu Rehana Maryam Noor, di Abdullah Mohammad Saad Let There Be Morning, di Eran Kolirin Unclenching The Fists, di Kira Kovalenko La Civil, di Ana Mihai Women Do Cry, di Mina Mileva, Vesela Kazakova Di Vanessa Varini CINECOMIC Il 9 giugno debutta su Disney Plus "Loki", serie basata sull'omonimo personaggio dei fumetti Marvel Comics, sempre interpretato da Tom Hiddleston, e ambientata nel Marvel Cinematic Universe (MCU). La storia infatti si svolge dopo gli eventi del film "Avengers: Endgame". Dopo aver rubato il Tesseract, Loki viene catturato dall'organizzazione che monitora le linee temporali, la Time Variance Authority, che gli offre due opzioni: essere cancellato dall'esistenza oppure aiutarli a riparare le linee temporali che ha creato inavvertitamente. Loki si ritrova così a dover viaggiare nel tempo per rimediare ai suoi errori e fermare una minaccia. MEDICAL DRAMA Martedì 1 giugno ha debuttato la terza stagione di "New Amsterdam" con protagonista il dottor Max Goodwin, interpretato da Ryan Eggold. In questa stagione Max e i suoi colleghi devono fronteggiare la pandemia da Covid-19, oltre a nuove sfide sia in campo privato che professionale. Da giovedì 24 giugno, in attesa della seconda stagione, torna "Doc – Nelle tue Mani", serie liberamente ispirata alla vera storia del primario Pierdante Piccioni che, risvegliatosi dal coma dovuto a un incidente stradale, ha perso la memoria legata ai dodici anni precedenti all'accaduto. Protagonista Luca Argentero. SERIE TV CRIME L'11 giugno su Netflix esce la seconda parte della serie tv francese "Lupin" con Omar Sy e liberamente ispirata ai romanzi di Maurice Leblanc, che hanno come protagonista il celebre ladro Arsenio Lupin. Su Rai 2, invece, dal 7 giugno alle 21.25 prosegue la decima e ultima stagione di "Hawaii Five-0", seguita alle 22.10 da "NCIS: New Orleans". Domenica 13 giugno andrà in onda la nona e la decima stagione (inedite) della serie franco-britannica "Delitti in Paradiso", mentre da martedì 15 giugno va in onda in prima tv assoluta "I casi della giovane miss Fisher". DRAMMA E ROMANTICISMO Mercoledì 9 giugno debutta la soap spagnola "Grand Hotel – Intrighi e passioni". Nel 1905 l'umile Julio Olmedo (Yon Gonzáles) arriva a far visita alla sorella, cameriera nel lussuoso Grand Hotel. Ma qui scopre che la ragazza, accusata di furto, è stata licenziata e in seguito è scomparsa. Julio, in incognito, si fa assumere come cameriere per indagare sulla scomparsa della sorella e qui s'innamora di Alicia (Amaia Salamanca), figlia della proprietaria dell'hotel e promessa sposa del direttore dell'albergo. Infine per tutti gli appassionati di film e serie in stile "Tre metri sopra il cielo" su Netflix è disponibile dal 3 giugno la seconda stagione di "Summertime" con protagonisti il motociclista ribelle Ale (Ludovico Tersigni) e l'introversa Summer (Coco Rebecca Edogamhe). Voi cosa guarderete? Immagini tratte da: https://www.comicsuniverse.it (2 e 4) https://www.tvsoap.it https://www.repubblica.it di Federica Gaspari ![]() Genere: drammatico Anno: 2019 Regia: Lech Majewski Attori: Josh Hartnett, John Malkovich, Bérénice Marlohe, Keir Dullea, Jaime Ray Newman, John Rhys-Davies Sceneggiatura: Lech Majewski Fotografia: Lech Majewski, Pawel Tybora Montaggio: Eliot Ems, Norbert Rudzik Paese: Polonia, Lussemburgo Durata: 131 min I lunghi mesi trascorsi lontani dagli schermi pongono ora il pubblico e gli artisti davanti a sfide imponenti ma anche accattivanti. Cosa si vuole ricercare in sala? Quali storie e visioni possono risvegliare appassionati e non dal torpore delle comode visioni da poltrona domestica? Il cinema di Lech Majewski è una scossa perfetta per esplorare nuove prospettive e mettersi in gioco da spettatore uscendo dai consueti confini di scelte rassicuranti e accomodanti. Valley of the Gods è solo la più recente creatura di un regista che svela di amare l’arte e il processo creativo in ogni sua forma. In sala dal 3 giugno, questo titolo si presenta come un’esperienza sensoriale difficile da dimenticare, capace di dividere quanto di accendere stimolanti confronti. Abbandonato dalla giovane moglie e in piena crisi sul lavoro, il copywriter John Ecas (Josh Hartnett) abbandona la sua vita di certezze e consuetudini per lanciarsi, su consiglio del suo terapista, in un’avventura – soprattutto spirituale – nel profondo Utah, nella leggendaria terra della Monument Valley, per scrivere un libro da tempo bramato. In questo luogo che incute stupefacente soggezione, l’uomo si confronta con l’antico popolo Navajo che considera i naturali monumenti rocciosi della valle come le dimore sacre degli spiriti delle loro divinità pronte a risvegliarsi. Nel frattempo, nel cuore di una dinamica e caotica metropoli, l’uomo più ricco del mondo, Wes Tauros (John Malkovich), quando non si finge senzatetto per le vie della città, vive in un’elegante e fantascientifica residenza dove organizza periodicamente feste e sfarzosi spettacoli. Cosa porterà all’incontro tra queste due personalità? Come si intrecceranno queste diverse culture e approcci alla realtà? L’ultima opera di Lech Majewski prova a rispondere a queste domande. Oppure no, e forse la chiave per scoprire il potenziale di questo lungometraggio risiede proprio nel suo essere costantemente sfuggente e criptico. Sin dal prologo, è infatti chiaro che il regista e sceneggiatore polacco non ha alcuna intenzione di concentrarsi sullo sviluppo di una struttura narrativa solida e fluida che risponda lucidamente a domande, bensì vuole dare libero sfogo a intuizioni, immagini e soprattutto concetti. Gli interrogativi che sorgono durante la visione davanti a scelte ardite e svolte che mischiano poesia visiva e ardito surrealismo spingono a riflettere sui contrasti volutamente posti al centro della scena, sia sul piano visivo che concettuale. Realtà e fantasia, ricchezza e sacralità, tradizione e cambiamento: Majewski gioca con i massimi sistemi, contrapponendo su un primo livello di lettura la mitologia navajo e la concezione di potere contemporanea – un uomo talmente ricco da fingersi povero per ritrovare senso nella sua quotidianità. Costruendo una densa riflessione in dieci capitoli sulla mitologia moderna di una crisi d’identità collettiva, il film si consuma in un finale ancora più indecifrabile delle sue premesse. Questa crisi può essere risolta (forse) solo con una rinascita – di idee? di obiettivi? Questa risposta spetta al singolo spettatore. Una poetica complessa e a tratti oscura, tuttavia, non adombra una potenza visuale stupefacente sorretta da buone interpretazioni. Un valido Hartnett e il “solito” Malkovich si muovono su palcoscenici spettacolari nella loro lontananza e, soprattutto, fervida fotografia. Affermando la propria cifra in un gioco di rimandi a Malick, Hitchcock e Kubrick – ironico anche per questo rivedere Dullea nelle vesti di un sibillino maggiordomo -, Majewski dona concretezza alla sua arte multiforme con architetture oniriche e invenzioni anticonvenzionali che non temono il giudizio del pubblico.
Oscuro nelle intenzioni ma travolgente nella sua messa in scena, Valley of the Gods entusiasmerà chi vuole tornare a stupirsi davanti al grande schermo con la potenza di un’arte visionaria e senza freni che non ha bisogno di spiegazioni. Immagini tratte da: www.cgentertainment.it/ |
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Giugno 2023
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