![]() GENERE: Drammatico ANNO: 1966 REGIA: Claude Lelouch ATTORI: Anouk Aimée, Jean-Louis Trintignant, Pierre Barouh, Valérie Lagrange, Simone Paris, Souad Amidou, Yane Barry, Henri Chemin, Paul Le Person, Antoine Sire, Gerard Sire SCENEGGIATURA: Claude Lelouch, Pierre Uytterhoeven FOTOGRAFIA: Patrice Pouget, Claude Lelouch MONTAGGIO: Claude Barrois, Claude Lelouch MUSICHE: Francis Lai PRODUZIONE: CLAUDE LELOUCH PER 'LES FILMS 13' DISTRIBUZIONE: DEAR UA - WARNER HOME VIDEO PAESE: Francia DURATA: 107 Min FORMATO: TECHNICOLOR Un incontro fortuito tra un uomo e una donna e il progressivo crescere dell’intesa e dell’attrazione. Un uomo e una donna (1966) è un film dalla trama molto semplice e lineare, realizzato con delle tecniche compositive che fanno di esso un vero e proprio gioiello della filmografia francese, vincitore del Premio Oscar, del Golden Globe come Miglior Film Straniero 1967 e della Palma D’Oro a Cannes, il migliore tra quelli la cui regia è targata Claude Lelouch. Anne (A. Aimée) e Jean-Louis (J-L. Trintignant) sono giovani ed entrambi vedovi, i rispettivi figli frequentano lo stesso collegio a Deauville. Anne, una volta accompagnata la figlia, perde il treno per tornare a Parigi e incontra così Jean-Louis che si offre di portarla a casa. Una Ford Mustang in corsa sotto la pioggia, due sconosciuti che si raccontano l’un l’altro e tra cui comincia a crearsi, nonostante un po’ di iniziale imbarazzo, una strana complicità che li fa ridere senza ragione ascoltando le canzoni di Edith Piaf alla radio. L’ utilizzo dei flashback risponde all’esigenza di spiegare il passato dei due: è attraverso l’ausilio di questa tecnica che comprendiamo che Anne è vedova, che è una giovane segretaria di edizione e che il marito era uno stuntman, così come per Jean-Louis, del quale comprendiamo che è un pilota d’auto, la cui moglie si è tolta la vita credendolo morto dopo un incidente. Un’assorta Anne pensa l’uomo che da poco conosce, coprendosi col bavero del cappotto un sorriso sognante e imbarazzato, mentre Jean-Louis, che fa un lunghissimo viaggio in auto per vederla, parla tra sè e sè, pensando a come comportarsi con la donna che per telegramma aveva avuto il coraggio di dirgli che lo amava. Lelouch riesce a cogliere scorci umani e delicati di puro e- se vogliamo -banale sentimentalismo, ma lo fa con uno stile che riscatta la semplicità dei contenuti. E’ l’atmosfera che pervade la pellicola che diventa un importante elemento espressivo, dove musiche e colori giocano un ruolo determinante al fascino della pellicola. La seducenti voci di Nicole Croisille e Pierre Baruch in Plus fort que nous accompagnano la sequenza della gita con i bambini a bordo di una piccola barca, in un gioco di sguardi, sorrisi e risate che avvicinano irresistibilmente i due giovani genitori, sullo sfondo azzurro del cielo e del mare di dicembre. E’ veramente difficile rimanere emotivamente distanti dalla vicenda che è avvolta dalle ammalianti note delle musiche di Francis Lai, che firma anche Un homme et une femme, colonna sonora poi diventata famosissima. Un uomo e una donna risente d’atmosfera della coeva Nouvelle Vague pur indirizzandosi verso un’analisi psicologica che su di un ritratto oggettivo della realtà (come accadeva nel cinema di Godard), in cui la regia di Lelouch esalta le capacità espressive della malinconica Aimée e dell’affascinante Trintignant , ma dove pure sono in gioco una serie di accorgimenti stilistici, tra i quali i colori, che amplificano la capacità evocativa delle immagini e compartecipano allo stato d’animo dei protagonisti. Anche per via della mancanza di budget, è stato privilegiato il bianco e nero nei momenti di maggiore tensione, il colore nei momenti felici e d’idillio, nonostante la dicotomia non sia così netta. Lelouch inoltre apre scorci inusuali, specie all’interno dei flashback, sui mondi dei due protagonisti, mostrando il set cinematografico dove lavoravano Anne e il marito, la pista automobilistica e le macchine da corsa su cui gareggia Jean-Louis, stemperando così la focalizzazione monolitica sulla vicenda amorosa. Il tutto è reso più accattivate tramite il sapiente uso delle tecniche compositive e di montaggio di presa diretta e di camera a mano. Il finale del film non è scontato, rimane aperto e vale la pena, anche a distanza di più di cinquanta anni, immergersi nel mondo poetico e intrigante di Anne e Jean-Louis, lontano eppure così vicino, così umano. Immagini tratte da:
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Chi ha rapito Will: gli alieni, inquietanti mostri creati dal governo oppure...alla scoperta del nuovo fenomeno virale televisivo targato Netflix.
Stranger Things era stata presentata qualche anno fa al Comic-Con International di San Diego con uno strano e misterioso trailer. Pubblico e critica erano rimasti molto incuriositi ma nessuno di loro si poteva aspettare un successo di così tale portata. La serie è distribuita da Netflix, il nuovo colosso di streaming a pagamento, dal 15 Luglio 2016, da quel giorno infatti ha ricevuto solo elogi e il pubblico mondiale a gran voce chiede già la seconda stagione. La trama è robusta e ovviamente non vi riveleremo nulla. Ambientata negli anni ’80, in una piccola cittadina dell’Indiana, nello specifico Hawkins, racconta le avventure di quattro ragazzini, nonchè principali protagonisti delle 8 puntate del serial. Un gruppo affiatato di amici a cui piace girare in bici, giocare a Dungeons&Dragons e comunicare con i loro sofisticati walkie talkie.
Una sera però accade qualcosa di terribile, uno di loro, il piccolo e fragile Will Byers, interpretato da Noah Schnapp, scompare nell’oscurità dei boschi che circonda la città. La madre, il fratello e lo sceriffo iniziano da subito le ricerche ma a lungo andare si accorgeranno che la sparizione del ragazzo è solo l’inizio di una lunga serie di strani fenomeni, nei quali sembra sprofondare, sempre di più, la speranza di ritrovarlo. Nel frattempo i restanti tre amici non si danno per vinti e incontreranno la misteriosa Eleven, interpretata dall’incantevole Millie Bobby Brown, che sembra rivelarsi l’unica possibilità per ritrovare il nostro Will. La regia è affidata ai talentuosi fratelli Matt e Ross Duffer, trentenni che non si sono affatto accontentati di omaggiare i favolosi anni ’80, spingendosi ben oltre e riuscendo a creare un prodotto di notevole fattura.
Quello che salta agli occhi sin da subito, specialmente per gli spettatori che hanno vissuto pienamente quegli anni, è la robusta rete di citazioni, tematiche, eventi e fotografie che inquadrano perfettamente il periodo. I bro’ Duffer, in maniera furba e intelligente, giocano con i sentimenti nostalgici dello spettatore e mescolano per bene pellicole ‘’sacre’’ come: E.T l’extraterrestre, Incontri ravvicinati del terzo tipo, I Goonies e Lo Squalo in salsa horror, soprattutto quello dei due maestri Wes Craven e Stephen King. Il mix è riuscito alla perfezione e non sono mancati addirittura i complimenti dello stesso scrittore King, che ha più volte omaggiato la serie e il duo di registi. I punti di forza sono molteplici; variano dalla splendida fotografia alla solida sceneggiatura, senza dimenticare la notevole colonna sonora, non originale ovviamente, che vanta i brani dei: Clash(dei quali il piccolo Will va matto), Jefferson Airplane, Toto, e Joy Division.
Ma il fiore all’occhiello di questo prodotto è senza dubbio il cast. Gli attori ci regalano un’interpretazione ottima, a partire dal talento ritrovato della splendida Winona Rider, che si trova perfettamente a suo agio nei panni di una madre forte e ostinata, l’attore David Harbour invece è lo sceriffo triste e malinconico Jim Hopper e l’amato ‘’Joker’’ di Full metal Jacket, Matthew Modine lo ritroviamo nei panni di un controverso e spietato agente del governo. Menzione d’onore per i piccoli, veri grandi protagonisti: Noah e Millie (citati in precedenza) in particolare ma anche Finn Wolfhand, Gaten Matarrazzo e Caleb Mclaughlin, capaci di sostenere sulle loro giovani spalle, il peso di una serie molto ambiziosa e di assoluto spessore.
Ultimamente l’industria del cinema e delle serie TV ci ha abituato a un lavoro fatto di citazioni e rielaborazioni di opere del passato, chiaramente gli autori giocano molto sul fattore ‘’nostalgia’’, particolarmente comune tra gli esseri umani, ma se riesce ad assere svolto con così tanta cura e dedizione, allora che ben venga perchè il prodotto rende e ‘’commercialata’’ o no, come viene recentemente definita, riesce a catapultare lo spettatore in un mondo genuino e avventuroso, ricco di interpretazioni vere, che fin da subito riescono a catturare l’attenzione e la fantasia dello spettatore.
I fratelli Duffer pescano nel passato e svolgono un ottimo lavoro, per quelli che ancora non l’hanno vista consiglio subito di recuperare e di godersi semplicemente un bel viaggio. Non partite carichi di aspettative per una volta, lasciatevi trasportare dalla potenza narrativa di Stanger Things e vivete il meraviglioso mondo oscuro e all’apparenza privo di senso che ha da offrirvi. Buona visione da tutta la redazione de IlTermopolio.
Il trailer:
Soundtrack: Immagini tratte da: recensissimo.blogspot.com www.theverge.com www.variety.com www.zazoom.it www.fanboysxgeeks.vkb.com www.geek.com Giù le maschere: una notte per dirsi tutto
Chi, almeno una volta nella vita, non si è sentito rivolgere dal proprio partner la tanto temuta frase “Dobbiamo parlare”, reagendo con una buona dose di ansiosa apprensione? Sembra che lo stato d’animo del Professore, il ruspante cardiochirurgo interpretato da un brillante Fabrizio Bentivoglio, non sia esattamente stato ansioso e preoccupato, una volta trovatosi di fronte alla moglie Costanza (Maria Pia Calzone), inferocita per il tradimento scoperto. Lavare in casa i panni sporchi non è la specialità dei coniugi in questione: tutto si svolge, curiosamente, in casa di Linda (Isabella Ragonese) e Vanni (Sergio Rubini), amici di entrambi, lui scrittore di successo, lei ghostwriter, coppia ufficialmente saldissima, insieme da circa dieci anni. Dobbiamo parlare (2015), commedia corale (i personaggi sono quasi sempre presenti contemporaneamente sulla scena), è un film che riesce –tramite l’abile regia di Rubini– a fornire degli accattivanti scorci sulle personalità dei quattro, con quadretti spesso ironici ed esilaranti, puntando più ai contenuti che a particolari elementi tecnico-formali. La pellicola è stata peraltro oggetto di un interessante esperimento da parte del regista che ha riconvertito le prove nella pièce teatrale Provando…Dobbiamo Parlare, prima dell’uscita al box-office. Tutto accade in una notte all’interno di un lussuoso attico con terrazza e con tanto di vista sul centro di Roma. L’appartamento è l’umile-si fa per dire!- residenza che Vanni e Linda possono permettersi, una “casa di rappresentanza”, come lo stesso Vanni- un po’ critico verso la scelta dell’abitazione voluta da Linda- precisa, dotato di quasi nessun comfort, se non di essere una sorta di status symbol, un apripista per inserirsi negli ambienti colti della Roma bene e che conta. L’attenzione si focalizza dapprima sulla coppia Prof/ Costi, mezza età entrambi, con figli dai matrimoni precedenti e altrettante relazioni clandestine. Il loro è un rapporto claudicante, entrambi lo sanno e ad entrambi sta bene. Non li lega neppure lo sbiadito riflesso di un sentimento, ma un patto forse di reciproca sopportazione, in cui il collante sembra non possa essere altro che la pecunia che il Professore guadagna riparando cuori malati. Lo scontro tra i due finisce ben presto per tirare e far sprofondare nel litigio la coppia che sembrava godere di maggiore salute. Sebbene il Prof e la consorte fossero abituati a sguazzare nei fondali paludosi della bugia, dell’inganno e dell’interesse ipocrita, anche la coppia Vanni/Linda, pur se in misura diversa, nasconde delle incrinature e un’ infedeltà taciuta. L’infedele in questo caso è Linda, trentenne ghostwriter, rea di aver iniziato a scrivere un libro senza averlo confessato a Vanni. Il tradimento è quindi intellettuale, è uno scollamento dalla dimensione paterna e autorevole del maestro nonché compagno di vita . A differenza di Costi, una donna matura che non crede più nei sentimenti e guarda, molto concretamente, dritto alle tasche del marito, Linda ha una vita davanti. Al cinismo calcolatore risponde con la freschezza irriverente, anche se a tratti timorosa, della giovinezza. Ormai è tempo di camminare da sola e lasciarsi alle spalle il passato. Vanni del resto ha già 50 anni, è anestetizzato, adagiato sulla routine, crede poco in quel che fa, accontentando come può Linda, salvo poi –irato, durante la lite- rinfacciarle tutto. Linda sbaglierà? Può darsi, ma cosa importa? Si assume il rischio di farlo e con ciò assume anche quello di vivere e di camminare sulle proprie gambe. Dobbiamo parlare è la messa a nudo di bassezze, sotterfugi, mezzucci , è un guardarsi a viso scoperto, gettando via le maschere. E’ il far i conti con la disillusione di vite che non soddisfano e a cui però ci ancoriamo, forse perché –a differenza della giovane Lindina- non abbiamo la forza di capovolgerle. Sergio Rubini regala sipari, scorci e prospettive di volta in volta diversi e profondi, veicolati spesso attraverso l’ironia, mostrando modi di vedere tra classi sociali diverse, idee politiche e clichè che conducono ed accentuano l’opposizione tra l’incanto della giovinezza e la disillusione dell’età matura, con un accento pessimistico sulla veracità delle relazioni di coppia. Il film contiene anche un’attenta disamina delle relazioni sociali e della loro possibilità. Linda e Costi si erano dette migliori amiche ma l’una ha tradito i segreti dell’altra. Si può essere amici pur non condividendo nulla del modus vivendi altrui? Se ci si vergogna dell’ignoranza dei propri amici o se si cerca un rapporto esclusivo ma non si rispettano gli spazi degli altri? La risposta nel film è chiara. Deliziosa trovata del regista quella di inserire a inizio e a conclusione del film il siparietto dei pesciolini, che diventeranno protagonisti del libro che il di nuovo ispirato Vanni scriverà. Il vento della giovinezza è la scia che Linda ha lasciato dietro di sé e che sta soffiando idee e parole della nuova avventura letteraria. E allora parlare fa bene all’amore? Forse determina la fine di qualche rapporto giunto al capolinea, ma sicuramente fa bene a se stessi!
Immagini tratte da: Immagine 0: corriere.it Immagine 1: movieplayer.it Immagine 2: vivimilano.corriere.it Immagine 3: palomaronline.com Immagine 4: key4biz.it Il Termopolio vi aiuta a scegliere con attenzione i film previsti dalla programmazione estiva in sala, una piccola guida per cinefili e non. L’estate ha sempre avuto il suo fascino ed è stata la musa ispiratrice di numerosi artisti. Da molti è considerata la stagione delle giornate spensierate, delle vacanze pigre e assai appiccicose a causa della terribile afa, è la stagione in cui tutti cercano la meta più ambita per potersi innamorare, viaggiare e vivere avventure che ti rimarranno impresse per tutta la vita. Purtroppo tutte queste sensazioni meravigliose non vengono assaporate dal cinefilo, che vive un’estate appunto, un po diversa. Difatti è un periodo assai difficile per tutti gli appassionati di cinema. Le sale nella grandi città chiudono e spuntano come funghi nei parchi cittadini arene o schermi di proiezione all’aperto, spesso goffamente improvvisati. Addirittura in questi ‘’luoghi di ritrovo’’, vengono riproposte pellicole classiche o assurde selezioni di film, presi rigorosamente a caso dalla passata stagione. Capirete bene che per il cinefilo medio la vita si complica ma come se non bastasse arriva l’inesorabile fabrica dei sogni Hollywoodiana, che porta con se sgradevoli blockbuster e commedie da ombrellone che tanto fanno ridere le famiglie italiane e non solo. Insomma il cinema e l’estate hanno da sempre avuto un rapporto molto conflittuale ed è difficile destreggiarsi in mezzo a questa programmazione scialba e spesso monotona. Ecco che entra in scena IlTermopolio con la sua guida definitiva. Volete evitare le solite ‘’fregature’’ al cinema? Volete godervi sotto le piacevoli brezze dell’aria condizionata dei film gradevoli che non vi annoiano? Oppure se siete di palato fine, volete scovare l’ultima perla proveniente dalla mostra del cinema di Venezia? Il Termopolio ha proprio quello che vi serve per passare un’ estate cinematografica ricca e soddisfacente. Abbiamo recensito per voi 10 pellicole, siete di liberi di seguire i nostri consigli oppure no, ma poi non venite a lamentarvi con la redazione se il film non vi ha entusiasmato, noi vi avevamo avvisato, o almeno ci abbiamo provato. Buona lettura e buona estate da tutta la redazione de IlTermopolio. ![]() La canzone del Mare (Song of the Sea) di Tomm Moore: Candidato nel 2015 come Miglior film d’animazione agli Oscar, finalmente arriva anche in Italia la bellissima pellicola del regista Moore che racconta in salsa animazione 2d il mito irlandese delle Selkie, ovvero le foche che nelle notti di luna piena si tramutavano in donne. Il film è una gioia sia per la anima che per gli occhi. Le immagini sono splendidamente caratterizzate da color pastello vivissimi, capaci di trasmetterti subito una grande gioia interiore. I temi come la perdita di un caro, la forza della natura e l’amore fraterno, vengono affrontati con un’incredibile sensibilità. Inoltre la casa di produzione: ‘’La Cartoon Saloon’’ non ha nulla da temere dai colossi come Disney, Pixar o DreamWorks. Da non perdere assolutamente. PROMOSSO ![]() Gli invisibili di Oren Moverman: Girato in soli 21 giorni, dopo oltre 10 anni di gestazione, arriva nelle nostre sale la pellicola del regista israeliano, con una passato da giornalista, Oren Moverman, esperto di low budget e di critica sociale, mossa soprattutto al suo paese d’adozione, ovvero gli Stati Uniti. La regia è di tipo documentaristico, fatta di lunghe riprese e molti momenti morti. Oltre alla bellissima fotografia del direttore Bobby Bukowsky si salvano soltanto le buone intenzioni del regista. Vuole raccontarci attraverso gli occhi di un’improbabile Richard Gere, nei panni di un senzatetto, il mondo precario e triste di quegli uomini che sono stati investiti dalla crisi che ha colpito l’America nel 2007, inghiottendo il loro presente e futuro. Una sceneggiatura scarna, una trama assai scontata, il povero protagonista ne passa di tutti i colori e Gere, parliamoci chiaramennte, non è affatto credibile nei panni del vagabondo, troppo elegante e dalla barba curata. Provaci ancora Oren, puoi fare molto di meglio. BOCCIATO ![]() The Conjuring – Il caso Enfield di James Wan: La pellicola è basata su fatti realmente accaduti ai coniugi Warren, detectives assai discussi del paranormale. In quest’avventura sono chiamati da Londra, nel piccolo sobborgo di Enfield. Qui si scontreranno con forze demoniache fortissime e assai oscure, che sembrano accanirsi particolarmente sulla giovane innocente Janet. Fin qui può sembrare il classico film horror estivo che parla dei soliti esorcismi, invece il regista Wan ci regala una regia ricca di colpi di scena e dinamica. Attenzione, la ricetta per questi film è sempre la stessa ma l’interpretazione ottima dei due protagonisti e le ambientazioni anni ’70, che producono uno strano effetto affascinante vintage, offrono allo spettatore un prodotto efficace e ben riuscito. Stavolta gli horror estivi si salvano e meritano un’abbondante sufficienza. PROMOSSO ![]() Conspiracy – La cospirazione di Shintaro Shimosawa: Esordio pessimo alla regia dello sceneggiatore e produttore TV giapponese Shimosawa. Cos’avrà voluto dirci con questo film? Un giapponese che vuole fare i ‘’legal thriller’’ all’americana? O una produzione made in Usa che ha affidato la sceneggiatura al regista nipponico sbagliato? Film assolutamente vendibile, visto lo scintillante cast che sfoggia, qualcuno vi dirà pure piacevole, diffidate assolutamente. Scene girate in maniera pessima, fotografia confusa e troppo patinata, per me una pellicola assolutamente da dimenticare. Da segnalare il duo Al Pacino – Hopkins per la prima volta insieme in un film, purtroppo non bastano i due mostri sacri per salvare questo prodotto da un nafragio ampiamente cercato. BOCCIATO ![]() The legend of Tarzan di David Yates: David Yates, regista con ben 4 Harry Potter alle spalle dirige un nuovo capitolo dell’uomo scimmia più famoso del mondo letterario e cinematografico. Questa volto di riprese fatte in Africa ne troviamo ben poche, la pellicola per lo più è stata girata negli studi di Londra e stavolta narra le vicende di Tarzan con un piglio diverso, decisamente più giovane e dinamico. Il nostro protagonista recupera i valori e lo spirito della sua avventurosa infanzia e si scontra con la politica schiavista di quegli anni. Gli spettatori possono ammirare una propaganda sicuramente animalista e antischiavista, sottolineate più volte dallo stesso regista, con alcune scene a dir poco discutibili. Sicuramente come punto di forza ha dalla sua un ottimo cast a disposizione: Samuel J. Jackson, Christoph Waltz, Margot Robbie. Forse l’unico neo è proprio l’attore protagonista: Alexander Skarsgard, inespressivo e sempre troppo accigliato. Tanta carne al fuoco per questa nuova avventura di Tarzan che non lascia affatto insoddisfatti e mette d’accordo sia i grandi che i piccini. PROMOSSO ![]() The Zero Theorem di Terry Gilliam: Sono lontani i tempi di Brazil e L’esercito delle 12 scimmie, veri e propri capolavori del duro e visionario Terry ‘’Monty Python’’ Gilliam. Questa volta, nonostante la presenza nel cast del buon Chris Waltz, il film è davvero poco godibile, persino per gli appassionati del cyber-punk e della fantascienza orwelliana, aggettivo spesso troppo abusato. Stavolta dobbiamo tristemente ammettere che le brillanti idee del regista sono incastonate in una trama confusa e ‘’raffazzonata’’, che uccide inevitabilmente il ritmo del film e lo stesso climax. La pellicola era stata presentata al festival di Venezia nel 2013 ed è stata tenuta in stand by fino ad oggi, le ragioni sono più che evidenti. Disastro per il visionario regista di Minneapolis, delusione per tutti i fan. Evitatelo come la peste e andate a guardarvi le sue precedenti opere. BOCCIATO ![]() It Follows di David Robert Mitchell: La vera e propria sorpresa di questa programmazione estiva. I critici di tutto il mondo elogiano il giovane regista Mitchell e la pellicola viene paragonata per originalità e intelligenza all’altro piccolo capolavoro indipendente Babadook. Purtroppo il sottoscritto non ha potuto ancora vedere il film in questione e mi servirò dell’aiuto/giudizio dello stimato collaboratore cinefilo: Carlo Cantisani, che descrive l’opera in questo modo: ‘’It Follows è a mio avviso il miglior horror movie della stagione, sicuramente una delle pellicole più interessanti e da tenere d’occhio. Originale la regia insieme alla colonna sonora e alla fotografia. Il film riesce a giocare molto con i clichè del cinema di genere degli anni’ 80(soprattutto Carpenter), ma nello stesso tempo è molto personale.’’ Insomma il film dell’estate se lo state cercando si chiama It Follows, non fatevelo sfuggire. PROMOSSO ![]() American Ultra di Nima Nourizadeh: Qualcuno dopo la visione di questo film potrebbe porsi una domanda:’’ cosa cavolo ho appena visto?!’’ é stato questo il primo pensiero che ho avuto dopo la visione di questa sgangherata pellicola, che strizza l’occhio alle commedie action nerd in cui l’attore protagonista Jesse Eisenberg sguazza controcorrente come un salmone nei laghi norvegesi. Max Landis, figlio d’arte e giovane scrittore promettente alla sceneggiatura doveva essere un punto di forza visto il precedente successo ottenuto con il low budget Chronicles, purtroppo non lo è affatto e confeziona insieme al confuso regista angloiraniano un film mediocre e assolutamente rivedibile. Poche le scene degne di nota, da segnalare piuttosto una bravissima Kristen Stewart sempre impegnata a scrollarsi di dosso quel ruolo di ‘’ragazzetta amante dei vampiri’’, regalandoci una delle sue interpretazioni più convincenti. Il regista lo avevamo già visto in Project X, copia delirante e pasticciata di quest’ultimo. Per lui ho un consiglio: ‘’datti ai video per rapper giovane Nima, non al cinema per favore’’. Se non avete nient’altro da fare, potete buttare un po del vostro tempo guardandolo, lo dimenticherete dopo due giorni. BOCCIATO ![]() Tutti vogliono qualcosa(Everybody wants some) di Richard Linklater: Ormai il cinema di Linklater, regista e sceneggiatore statunitense più acclamato e discusso d’America lo conosciamo molto bene ma stavolta si è proprio superato. Ci porta indietro con uno sguardo giovane e spensierato agli inizi degli anni’80, mettendo in scena i tre giorni che precedono l’inizo delle lezioni al college di alcune matricole e degli altri membri della squadra universitaria di baseball di cui tutti fanno parte. Seguiremo le vicende del protagonista Jake, il promettente attore Blake Jenner(fidatevi, ne sentiremo parlare), un talentuoso ‘’lanciatore’’ che va ad abitare nella casa messa a disposizione dalla squadra. Il mix tra Porky’s e Animal House è assolutamente riuscito e tra cameratismi, gag, notti spericolate e ‘’abbordaggi’’ femminili, seguiremo con grande trasporto le vicende del nostro giovane protagonista, che alla fine troverà pure l’inaspettato amore. Linklater riesce a catturare lo spirito di un’epoca oggi veramente lontana anni luce e gioca con una colonna sonora semplicemente fantastica. Se Dazed & Confused vi ha stregato e il recente pluripremiato Boyhood vi ha rapito, allora questo è il film che fa per voi, un assoluto colpo di fulmine estivo. PROMOSSO ![]() La casa delle Estati lontane di Shirel Amitay: Atlit è il titolo originale di questa pellicola dell’esordiente regista e autrice israeliana Shirel Amitay. Purtroppo il film, nonostante le buone intenzioni e una trama se vogliamo piuttosto originale si perde nei buoni sentimenti, fin troppo democratici e pacifisti per l’epoca che fa da sfondo alle vicende che vede coinvolte queste tre sorelle. Alla fine la regista vuole a tutti i costi portare a casa il compitino in maniera troppo scolastica e scade nel banale con l’aggiunta del tocco esoterico – familiare che fa da collante tra le tre protagoniste, giovani, talentuose e bella ma mai del tutto convincenti. L’estate a volte è proprio l’occasione giusta per scopire pellicole straniere, che raccontano altre realtà e offrono allo spettatore nuovi spunti da poter gustare, purtroppo non è questo il caso. La pellicola risulta banale e onestamente è tutta roba che avevamo già visto. Da segnalare le interpretazioni ottime degli attori: Pippo Delbono(magnifico teatrante italiano) e Makham Khouri, attore palestinese-israeliano di fama internazionale. Se potete evitare è meglio, se siete in compagnia di qualche amica/o particolarmente emotivo ed amante di questi film dal cuor leggero, fermatevi pure, odierete il film, i vostri amici e voi stessi per l’infelice scelta. BOCCIATO Immagini tratte da:
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Adaline Bowman, nasce nel 1908 e negli anni 30, all'età di 29 anni, è vittima di un incidente d'auto che, a causa di uno strano fenomeno scientifico causato dai fulmini, la rende immortale. Da quel momento smette di invecchiare e vede scorrerle davanti la vita. Adaline impara a non innamorarsi per non dover assistere impassibilmente alla morte dei propri cari. Così passa i decenni a cambiare casa e vita, ogni volta che qualcuno comincia ad accorgersi che ha sempre lo stesso aspetto fisico, per non rischiare guai con la giustizia e di diventare una cavia umana se solo qualcuno scoprisse il suo segreto. Ma quando incontra Ellis (Michiel Huisman) trentenne con cui è amore a prima vista, figlio di un astronomo (Harrison Ford), la determinazione di Adaline comincia a cedere: forse l'amore può fermare il tempo? Si può scappare sempre dai propri sentimenti? In più Elis è stranamente coinvolto nel passato di Adaline. Il regista americano Lee Toland Krieger si cimenta con una storia che ricorda "Il curioso caso di Benjamin Button", ma Adaline non è come tutti! È l'unica donna che aspetta con ansia di invecchiare, di avere i capelli bianchi e le rughe! In un'epoca in cui le donne inseguono la ricerca della perfezione e dell'eterna giovinezza ricorrendo a bisturi, filler, creme antiage, Adaline è l'esempio di come il ringiovanimento possa trasformarsi in una tortura soprattutto se questo porta a morire le persone a te care davanti ai tuoi occhi (ma anche il tuo animale domestico come nel film) e a vedere tua figlia (Kathy Baker), l'unica che conosce il tuo segreto, diventare anziana mentre tu sei sempre uguale e segnata a vivere in solitudine e nella ripetitività infinita dell'esistenza. Infatti il film inizia nel 1908, e fino ai giorni nostri esplora i cambiamenti attraverso i quali è passata l'esperienza di vita delle donne in tante epoche diverse, sia nello stile, nelle pettinature sia dal punto di vista del ruolo nella società.
Mutano le scenografie, la musica (ottima la colonna sonora con "Life Is Beautiful" di Lana Del Rey) ma non il volto di Adaline, che rimane sempre quello di una quasi trentenne. Adaline cerca di adattarsi ad ogni nuovo decennio, ma lei appartiene ad un'altra epoca e le tocca assistere immune al tempo che passa. Bravissimi ed elegantissimi Blake Lively (la snob Serena di "Gossip Girl) in un ruolo malinconico e romantico, e il co-protagonista del film Michiel Huisman ("Il trono di spade"), senza dimenticare il grande Harrison Ford. È proprio quest'ultimo a creare una svolta narrativa efficace nel film, fino al lieto fine che non vi svelerò. "Adaline" è un mix di scienza, fantascienza, buoni sentimenti, una fiaba romantica (c'è un narratore esterno che racconta la storia) un film dove l'eterna giovinezza è considerata una maledizione, non un vanto. Film perfetto per i romanticoni ma anche per gli amanti dei film basati sugli spazi temporali e fantascientifici!
IMMAGINI TRATTE DA: Immagine 1 da http://mymovies.it/ Immagine 2 da https://redazionekeynes.wordpress.com/ hImmagine 3 da http://cinema-tv.guidone.it/
Con grande piacere abbiamo assistito quest’anno a una rinascita del cinema italiano e oltre ai meravigliosi ‘’Lo chiamavano Jeeg Robot’’ e ‘’Veloce come il vento’’ è doveroso segnalarvi la pellicola dell’interessante regista Claudio Giovannesi ovvero: ‘’Fiore’’. Il film è ambientato nel carcere minorile di Casal del Marmo a Roma, la struttura è divisa in due enormi ale, una ospita i ragazzi e l’altra le ragazze. Nella struttura femminile è detenuta la giovane Daphne, ragazza dall’indole ribelle con una famiglia assente alle spalle che nonostante viva una quotidianità dura e feroce possiede un’anima dolce e gentile, capace di profonda compassione e di quella solidarietà umana che nei suoi confronti è quasi sempre mancata. Proprio tra le fredde mura del carcere Daphne riconosce la sua ‘’anima gemella’’, il giovane Josh, detenuto nell’area maschile.
Tra i due inizia una relazione difficile data l’impossibilità di incontrarsi ma la voglia di abbattere quelle barriere che li dividono è forte in entrambi i protagonisti e tra lettere clandestine , fugaci sguardi da dietro le sbarre e dolci e furtive conversazioni i due impareranno a conoscersi e chissà a sperare in un futuro migliore da poter condividere. Il film è stato presentato alla Quinzaine des Réalisateurs dell’ultima edizione del Festival di Cannes ed è stato accolto con grande successo da parte della critica e dello stesso pubblico. Subito saltano agli occhi le ottime interpretazioni dei due giovani protagonisti, incredibile ma vero non attori professionisti: Daphne Scoccia e Josciua Algeri. La prima afferma il regista è stata scoperta in una trattoria di Roma mentre serviva ai tavoli, mentre Algeri è stato ‘’scovato’’ durante delle interpretazioni teatrali organizzate nel carcere di Beccaria a Milano. Ai giovani attori sono stati affiancati veterani del calibro di Valerio Mastandrea, che interpreta il papà della ragazza e regala allo spettatore un’interpretazione vera e convincente, forse una delle più memorabili dell’attore romano.
Il regista conduce molto bene la regia e torna a raccontare ‘’gli ultimi’’ dopo lo struggente ‘’ Alì ha gli occhi azzurri’’. Stavolta e lo si nota subito dalla sceneggiatura, non si lascia coinvolgere dalla retorica e dal buonismo ma si concentra attentamente sui giovani innamorati e fornisce allo spettatore una visione fresca e mai banale. Vuole raccontarci un rapporto vero e sincero, per questo si serve di due interpreti non ancora ‘’contaminati’’ dalle severe leggi cinematografiche e lo fa in luogo molto particolare, quello del carcere, che non è inteso solo come privazione della libertà ma anche di mancanza d’amore. Quell’amore appunto che disperatamente cerca la nostra Daphne, sfidando ogni barriera e ogni tipo di legge.
Unico punto debole della pellicola di Giovannesi è la trama, già vista purtroppo molto spesso nel mondo della settima arte. Nonstante qualche piccola imperfezione vi invitiamo a vedere il film, che colpisce dritto all’anima, strappandoti più di qualche lacrima. Inoltre in questo caso il cinema assume dei contorni educativi facendoci entrare nel mondo delle carceri minorili, esperienza molto forte come lo stesso regista ammette e che fa subito riflettere sulle condizioni di questi ragazzi. Minori che vengono trattati come adulti, a cui viene tolto tutto come nei carceri dei grandi, l’unica differenza è che i poliziotti non indossano le divise.
Visto la non ‘’sempre soddisfacente’’ programmazione estiva IlTermopolio vi consiglia di approfittare delle vacanze per vedere piccoli capolavori italiani come questo, il nostro cinema sta risorgendo e ora più che mai ha bisogno del nostro grande supporto. Vi auguriamo un buon proseguimento e una buona estate, a presto da tutta la redazione.
Immagini tratte da:
Locandina: www.Movieplayer.it Immagine 1: www.quinlan.it Immagine 2: www.ilmessaggero.it Immagine 3: www.funweek.it Immagine 4: www.corriere.it Un orecchio mozzato, droga, sesso e una femme fatale.
Un orecchio mozzato ritrovato da un adolescente su di un prato e la scoperta, oltre la tranquilla normalità della cittadina di Lumberton, di un mondo sotterraneo, fatto di violenza, droga, sesso e corruzione. David Lynch, il cineasta di The Elephant Man e Mulholland Drive, cinque anni prima di Twin Peaks (1991) - serie anni Novanta di cui firmava, assieme a M. Frost, la regia- affascinato (o forse ossessionato) dall’elegante Blue Velvet, gira un film che della canzone di Bobby Vinton porta il titolo, che ne diventa anche la colonna sonora. Velluto blu (1986) è un thriller-erotico dalle eleganti atmosfere noir che contiene alcuni stilemi caratteristici lynchiani, presenti peraltro anche in Twin Peaks : esplora il lato nascosto di una apparentemente ridente piccola cittadina americana, indagando in profondità la mente umana, cercando di metterne in rilievo il lato oscuro, specie in situazioni surreali e oniriche. Impreziosito dalla conturbante presenza di Isabella Rossellini nel ruolo della bella e sensuale Signora in Blu, attorno alla quale ruota l’intera vicenda, Velluto blu assume i caratteri di un’inquietante indagine compiuta dal protagonista Jeffrey, a metà tra detective e voyer (K. MacLachlan, protagonista anche in Twin Picks) e dalla dolce Sandy (L. Dern), figlia del detective della città. Giri loschi e malavitosi porteranno i ragazzi a conoscenza del rapimento del marito e del figlio della Signora ad opera di un gangster. Quest’ultimo, Frank Booth (Dennis Hopper), è il personaggio più inquietante della vicenda. E’ un pervertito schizoide che ricatta la Signora per averne in cambio favori sessuali, durante i quali, oltre che inalare copiosamente un misterioso gas (forse popper), ha uno sdoppiamento di personalità, nel quale regredisce allo stadio di bambino. Alterna - in un gioco perverso di violenza, desiderio e rabbia - una repellente vocina infantile ai colpi sferrati sulla donna che chiama “mammina”, la quale li riceve in un misto di eccitazione, piacere e dolore, con sempre indosso una vestaglia di velluto blu. La Signora in Blu è Dorothy Vallens, cantante in un night, femme fatale ma anche donna sola, stritolata dalla folle violenza. Succube e violata, finisce per desiderare di essere brutalmente abusata. Di particolare impatto la sua esibizione allo Slow Club, fasciata in un abito elegante, con un maquillage che del titolo della canzone ripropone le tinte, sulle note di Blue Velvet. <<…And I still can see blue velvet though my tears>> canta una Dorothy sensualmente malinconica e Jeffrey non può resisterle, finendo per trascorrere una notte nel suo letto. Il film mostra, sin dalle primissime inquadrature, delle immagini serene (come le rose lungo una staccionata che si stagliano nell’azzurro del cielo o il prato curato), che fanno da contrappunto ad altri scenari, di registro opposto, come l’inquietante inabissarsi della camera da presa nelle profondità del sottosuolo, in cui dei voraci insetti che si dimenano, forse divorandosi a vicenda, producono fastidiosi quanto inquietanti suoni. L’orrido e il perturbante (i bui dei sottoscala, l’orecchio mozzato e in decomposizione smangiucchiato dalle formiche, le svolazzanti tende rosse di casa di Dorothy o il sorriso di quest’ultima mentre subisce violenza - per citare solo alcuni elementi) emerge con più forza attraverso il sapiente incastro con la normalità che fa da contrasto. Lo stesso effetto si avverte confrontando le atmosfere che accompagnano lo sbocciare dell’amore tra Jeffrey e la candita Sandy (un tipico e a tratti sdolcinato amore adolescenziale) e quelle di relazioni squallide, come tra Frank e Dorothy o l’amore a pagamento nel bordello. Simili paragoni possono essere estesi anche agli ambienti (paninoteche illuminate dove i due ragazzi si incontrano da un lato, bordelli, appartamenti e sottoscala bui dall’altro). Le musiche, realizzate da Angelo Badalamenti, a dispetto delle scene crude che accompagnano, sono carezzevoli melodie jazz. In altri casi sono decontestualizzate rispetto al testo, come per "In Dreams" di R.Orbison, ballata romantica cantata in playback dal pericoloso Ben (D. Stockwell), l’indecifrabile e molto poco virile gestore del bordello. Potrebbero mai nella realtà, due giovani inesperti e improvvisati detective spuntarla su di un gruppo di spietati criminali professionisti? Forse un po’ debole la trama che, ad eccezione dell’uccisione del marito di Dorothy, volge al lieto fine. Ed infatti la scelta del colore blu non è casuale. Blu non è nero e fa presagire ad una conclusione non del tutto negativa.
Nel finale, troviamo Jeffrey e Sandy, con le rispettive famiglie, in una bella villetta con giardino. La scena, apparentemente rassicurante, prosegue mostrando dei pettirossi. Come nel sogno che una volta Sandy aveva raccontato a Jeffrey, << i pettirossi sono tornati nel mondo e hanno portato nuovamente la luce accecante dell’amore>>. Fin qui tutto bene. Ma nell’ultima inquadratura, un grazioso pettirosso tiene col becco uno schifosissimo insetto, uguale a quelli che si muovevano nel sottosuolo all’inizio della pellicola. È il trionfo del bene sul male o il preludio, ancora una volta, di qualcosa di sinistro? A giudicare dal ritorno ciclico sul bel pratino dell’incipit, sembra ci sia poco da sperare per la ridente cittadina di Lumberton. Immagini tratte da: - Immagine 1 da www.film.it - Immagine 2 da www.youthunitedpress.com - Immagine 3 da www.ondacinema.it - Immagine 4 da www.youthunitedpress.com - Immagine 5 da www.taxidrivers.it - Immagine 6 da www.youthunitedpress.com - Immagine 7 da www.movieplayer.it - Immagine 8 da www.cinesperienza.altervista.com - Immagine 9 da www.film.tv
A Londra c'è un grattacielo molto particolare: sulla sua cima infatti, si lanciano nel vuoto persone stufe della vita e per questo viene definito il grattacielo dei suicidi. Per un motivo o per un altro è qui che si incontrano quattro aspiranti suicidi che più diversi non si può: Maureen la donna di mezza età (Toni Colette) timida e nevrotica che viene ignorata dal mondo, Martin l’ex-conduttore e divo televisivo (Pierce Brosnan) in declino che ha perso lavoro e famiglia per una sbandata con una minorenne, Jess la figlia ribelle e sboccata (Imogen Poots) di un politico che cerca attenzioni e J.J un musicista (Aaron Paul) che per lavoro consegna pizze a domicilio, depresso e in crisi. Un gruppo variegato e più diverso che non si può! E diverse sono le ragioni che spingono ciascuno degli aspiranti suicidi a salire su in cima e buttarsi giù. Ma un po' per l'imbarazzo (suicidarsi davanti tre persone non è il massimo della privacy) e un po' per l'istinto di sopravvivenza, i quattro non si lanciano dal grattacielo. Anzi si conoscono meglio e firmano un patto: nessuno si suicida fino a San Valentino. Devono passare solo sei settimane, poi ognuno deciderà che direzione prendere nella vita.
È questa la pazza premessa di "Non buttiamoci giù", film tratto dall'omomimo libro Nick Hornby, scrittore inglese contemporaneo tra i più noti, sia nel panorama letterario che in quello cinematografico, autore di "About a boy", "Alta fedeltà", "An education". Il film tratta temi drammatici e anche macabri con tono molto leggero e un po' strambo (è difficile ridere in un film che tratta argomenti forti come una madre che deve accudire un figlio non autosufficiente, una ragazzina la cui sorella è scomparsa, un uomo che rivuole la sua popolarità ed un giovane in crisi esistenziale e depresso). Ma il film riesce nell'intento, mescolando questi ingredienti, anche se in maniera un po' instabile. Anche i personaggi non sono delineati alla perfezione, su cui tutti spicca in maniera prorompente la ribelle figlia del sindaco mollata dal fidanzato, interpreta dalla stella inglese in ascesa Imogen Poots, ma vi verrà naturale immedesimarvi in qualcuno di questi quattro simpatici svitati. A proposito della pazza Jess, una battuta cult del film è quella pronunciata da Chris Crichton (Sam Neill), padre di Jesse, il quale alla domanda di Martin “Con una figlia così, perché non si suicida lei?”, risponde tra il serio e il rassegnato: “Non ho tempo”.
Ottime le interpretazioni anche di Pierce Brosnan, Aaron Paul, Jesse Pinkman della serie Tv "Breaking Bad" e Toni Collette, perfetta nevrotica. Come il libro, il film è suddiviso in quattro capitoli nell’intento di presentare questi strani eroi, il motivo del gesto estremo e la loro rinascita. Durante le sei settimane i quattro aspiranti suicidi prendono in mano il loro destino, fanno amicizia tra loro, s'innamorano, consolidando così il proprio legame e il loro rapporto. Naturalmente non mancano i litigi, le bugie, le rotture ma nonostante ciò essi arriveranno uniti al 14 Febbraio pronti per vivere il futuro perché c'è speranza per tutti! È proprio questo il messaggio del film, bisogna sempre credere nella speranza. E anche l'unione fa la forza, perché i protagonisti non sono più soli e abbandonati ma hanno trovato nuovi amici su cui contare. Il regista Pascal Chaumeil ("Il truffacuori") crea un film piacevole, allegro, godibile, irriverente, una vera dark-comedy.
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Questa settimana il sottoscritto e la redazione intera vuole celebrare uno dei registi che ha cambiato senza alcun dubbio il nostro cinema contemporaneo. Troppo criticato per la sua visione del cinema, definita più volte ‘’stravagante’’. In realtà negli anni a seguire molti si son accorti che ci aveva visto più lontano degli altri. Le sue inquadrature e i movimenti della cinepresa hanno creato un forte impatto visivo, le sue idee nelle varie sceneggiature hanno sicuramente rivoluzionato il modo di scrivere di quegli anni, il suo occhio per gli attori gli ha permesso di ‘’scovare’’ talenti di inestimabile valore, con grande orgoglio vogliamo celebrare Michael Cimino e il suo cinema, scomparso proprio il 2 Luglio nella sua casa a Beverly Hills.
Tra le sue opere più importanti vogliamo citare la sceneggiatura scritta in coppia per: ‘’Una 44 Magnum per l’ispettore Callaghan’’, film che ebbe un enorme successo e perchè non citarvi anche il suo:’’i Cancelli del cielo’’, il lavoro che lo bocciò definitivamente mandandolo in bancarotta, ma che forse oggi andrebbe rivisto sotto una differente chiave di lettura. Il film fu un fiasco al botteghino ma se non l’avete visto, recuperatelo assolutamente. Oggi però ci concentreremo sulla sua opera più imponente, quella che molti nelle scuole cinematografiche studiano come ‘’l’ave Maria’’, quella che l’ha consacrato come cineasta mondiale, uscita nel’78, stiamo parlando del profondissimo ‘’Il Cacciatore’’. La pellicola valse al regista statunitense ben 9 nomination agli Oscar e riuscì a vincere 5 statuette, tra cui quella del ‘’Miglior film’’. Spesso molti lo hanno etichettato come il ‘’miglior film di guerra di sempre’’, sebbene poi del genere non abbia tantissimo. L’occhio del regista appunto si sposta proprio nel dopoguerra. Vuole raccontare con piglio crudo e cinico la vita di quelle persone che hanno combattuto contro altri esseri umani, vuole far vedere allo spettatore come ci si sente a tornare da un paese straniero con le mani sporche di sangue, spesso e purtroppo sangue innocente. La trama del film è semplice e lineare all’apparenza: cinue amici appartenenti a una comunità russa sono chiamati a imbracciare le armi e a partire per il buio Vietnam. Tre di questi durante un’operazione militare vengono imprigionati dai vietcong, sono perfettamente consapevoli che le loro anime verranno distrutte dopo le tante torture fisiche e psicologiche. A sorpresa riescono a salvarsi ma qui entriamo nel vivo della pellicola. Mike interpretato da Robert De Niro torna a casa da pluridecorato ma non riuscirà più a vivere normalmente, famosa la scena della caccia al cervo, che mostra l’incapacità del personaggio nell’uccidere qualsiasi essere vivente. John Savage interpreta Steven, che perde entrambe le gambe e che forse avrebbe preferito morire in quella terra, il terzo è il cupo e inquietante Nick, l’unico dei tre che preferirà restare a Saigon anche dopo la fine dei combattimenti. Personaggio cult e amatissimo da tutti i cinemaniaci, interpretato magistralmente da un magnifico Christopher Walken.
L’unico che accetterà la propria inadeguatezza nel mondo, l’unico che rimarrà per provare quotidianamente quel brivido della morte, perchè la guerra, la stramaledetta guerra gli ha fatto perdere qualsiasi speranza che la sua vita possa tornare ad avere un senso. La sofferenza psicologica e fisica di questi tre giovani ci porta a vivere con loro l’incredibile mostruosità dell’uomo. Ognuno di loro perde qualcosa in quell’inferno, tutti e tre perdono il senso della voglia di vivere. Cimino vuole farci vedere come la guerra ha portato via tutto a quest’uomini. Vuole farci notare che non era necessario sacrificare così tanti giovani americani. Lo spettatore si trova ad essere trasportato inizialmente nella prima parte della pellicola, dove si celebra un matrimonio e la speranza per un futuro migliore ben si percepisce negli occhi dei protagonisti. Più avanti Cimino ci prende per mano e vuole che lo spettatore possa provare le stesse sensazioni d’instabilità e sofferenza dei tre prigionieri, ci conduce nella seconda parte della pellicola, dove ogni cosa sembra aver perso di significato.
Una sola domanda riecheggia assordante nelle nostre teste:’’é possibile che per servire il proprio paese si debba pagare un prezzo così alto?’’. Un anno prima di ‘’Apocalypse Now’’, Cimino colpisce al cuore del problema vietnamita, con uno dei più grandi cast della storia del cinema, con una sceneggiatura incredibile e curatissima, con un montaggio strepitoso. Tre ore di puro godimento, semplicemente un inno ai grandi sentimenti: eroismo, amicizia e violenza. Il film è da considerare come uno tra i più belli mai realizzati nella storia del nostro cinema tanto che nel’96 fu scelto per la conservazione della pellicola originale nel National Film Registry della biblioteca del congresso degli Stati Uniti. Nel’98 l’American Film Institute lo inserisce al settantanovesimo posto della classifica dei migliori cento film statunitensi di tutti i tempi, da precisare che dieci anni dopo sale al cinquantatreesimo posto.
Michael ci ha lasciati ma ci ha donato una dell’eredità più belle. Ci ha lasciato una grande pellicola che merita di essere vista e rivista, una pellicola che scava nella brutalità della guerra e fa tanto riflettere sulla sua assurdità. IlTermopolio vi saluta, vi dà appuntamento alla prossima settimana e come sempre vi invita a riempire numerosi le sale dei vostri cinema, a presto e un buon proseguimento da tutta la redazione.
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- Immagine Locandina: www.ivid.it - Immagine 1, www.dvdclassik.com - Immagine 2, www.cinematographe.it - Immagine 3, www.ilsignorinobuonasera.it - Immagine 4, www.ilprimatonazionale.it Gomorra 2 - La Serie per la regia di Stefano Sollima e la sceneggiatura (tra gli altri) di Roberto Saviano ha fatto registrare ascolti da record su Sky Atlantic ed all'estero è stato già acquistato da 170 Paesi. E' pronta una Terza Stagione che probabilmente vedrà la luce nel 2018. Gomorra 2 prosegue nel racconto delle vicende legate ai tre protagonisti della serie precedente, ossia Don Pietro Savastano, il figlio Genny e l'"Immortale" Ciro Di Marzio, ma inevitabilmente amplia tanto il parco dei personaggi quanto il raggio delle loro azioni. Soprattutto all'inizio della serie quando i quartieri generali di Napoli, Secondigliano e Scampia lasciano spazio a foreste intricate del Centroamerica, palazzi anneriti della Capitale e ristoranti circostanti il Muro che spaccò in due l'Europa, mettendo in scena l'evoluzione degli affari della Camorra in ambito internazionale quanto italiano. L'aspetto che sicuramente colpisce rispetto alla Prima Stagione consiste però nell'ascesa al fianco delle figure principali di alcuni profili in particolare che si segnalano per caratteristiche diverse, non per forza riconducibili alla violenza o all'arroganza. Si può pensare a O' Principe, adepto di Salvatore Conte, personaggio carismatico e pragmatico, di poche parole ma estremamente efficace, che grazie alla sua "arte" monopolizza l'attenzione dei rivali Ciro e Genny. Accanto a lui al contrario risaltano per la loro irruenza e fragilità O' Nano, braccio destro e amico fraterno di Ciro, generalmente sospettoso e infido, e Lelluccio, figlio della Boss Scianel, che si mostra essenzialmente succube della madre e poco cresciuto per competere in una realtà sul filo del rasoio. Un certo rilievo viene concesso anche alla banda di criminali ventenni seguaci di Genny nel corso della Prima Serie, tra cui O' Track e O' Cardill si pongono al rango di leader riprendendo la lotta contro il "vecchio sistema". E in ultima analisi ampliando una componente narrativa che nella Stagione precedente aveva catalizzato la sua attenzione sulla centralità della Lady Imma Savastano, questa nuova serie riserva un significativo ruolo alle donne nel pieno svolgimento degli avvenimenti. Da una parte infatti in tutta la sua solidità e persuasione campeggia la figura di Scianel, l'unica autentica donna di potere, che muove fili a suo piacimento e tenta di tenere sotto controllo con audacia la situazione generale. D'altro canto invece la giovane Patrizia, nipote di Malammore, costituisce un ritratto ombroso e affascinante, insignita di una missione esclusiva che affronta in preda ad uno stato d'animo freddo e paziente e confrontandosi con differenti gradi di paura. Radicalmente diversa da entrambe si mostra infine Marinella, bellissima compagna di Lelluccio la cui vita è paragonabile a quella di un uccellino chiuso all'interno di una prigione dorata. Da sinistra verso destra O' Principe, Scianel, O' Nano e Patrizia.
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