Tante le occasioni, da nord a sud, per coniugare il fascino di incantevoli e italianissime location alla visione di film del passato, cortometraggi, anteprime e pellicole recenti, immersi in quella tipica atmosfera vacanziera che regala alla proiezione quel qualcosa di magico e indimenticabile. Stiamo parlando dei tanti festival che animano di luci, immagini e voci le calde notti estive della nostra penisola. Se afa e canicola rendono improponibile anche per i più strenui cinefili l’idea di rinchiudersi al cinema, molto più allettante risulta fare tappa in una delle tante rassegne dedicate alla settima arte, occasione non solo per assistere ai consueti spettacoli e per staccare dalla monotonia di un’estate in città ma anche per prendere parte agli eventi culturali collaterali e alle tante mostre organizzate intorno alle giornate festivaliere.
Se sono già giunti al termine il Festival del Cinema ritrovato di Bologna, l’Ischia Film Festival, il Giffoni Experience e il Taormina Film Fest, sono tanti ancora gli appuntamenti da non perdere. Eccone alcuni:
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Giornate degli Autori o Venice Days (Venezia, dal 30 agosto al 9 settembre). Innovazione, ricerca, originalità espressiva e indipendenza produttiva: un mix di elementi che costituiscono la cifra caratteristica dei 12 film selezionati quest’anno (tra cui Il contagio di M. Botrugno e D. Coluccini, Dove cadono le ombre di V. Pedicini e L’equilibrio di V. Marra). A presiedere la giuria, per la prima volta una donna, l’attrice e regista iraniana Samira Makhmalbaf, due volte vincitrice del Premio della Giuria al Festival di Cannes. Nate nel 2004, le Giornate degli Autori sono una rassegna autonoma all’interno della Mostra del Cinema di Venezia, sul modello della Quinzaine des Réalisateurs di Cannes. Tanti gli eventi soprattutto presso la Villa degli Autori, luogo di incontro e di confronto per giornalisti, produttori e scrittori. Attesissimo il restauro de Il tentato suicidio nell’adolescenza (1968) di E. Olmi e il corto The Millionairs di C. Santamaria e prodotto da G. Mainetti. Isola del Cinema (dal 16 al 31 luglio) Nella suggestiva cornice dell’isola Tiberina, la 23° edizione del festival porta il nome di “Roma, Città creativa”, omaggio alla definizione Unesco della capitale come “City of Film”. Anteprime, opere prime e seconde di giovani autori, produzioni indipendenti e un’attenzione particolare rivolta ai giovani, con il cinema e il gaming, la realtà immersiva e la sezione Generation. Un Festival che opera anche nel sociale, con progetti che portano il cinema all’ospedale Fatebenefratelli nell’accogliente Sala dell’Assunta e con la raccolta fondi per il Sant’Egidio. Fra i titoli di questa edizione Il permesso - 48 ore fuori di C. Amendola, In guerra per amore di Pif, Il padre d’Italia di F. Mollo, La ragazza del mondo di M. Danieli, Smetto quando voglio - Masterclass di S. Sibilia, Moglie e marito di S. Godano, Cuori Puri di R. de Paolis. Festival Trastevere Rione del Cinema (dal primo giugno al primo agosto). Giunto alla terza edizione, il Festival propone da quest’anno proiezioni in lingua originale (eccezion fatta per i classici Disney) e un incremento dei posti a sedere, giunti a 400 nella splendida piazza San Cosimato. Tanti gli ospiti, da Bernardo Bertolucci a Paolo Virzì, passando per Carlo Verdone e Gabriele Salvadores. Non mancheranno i momenti per assaporare le pellicole del passato con cinque retrospettive su M. Antonioni, S. Kubrick, D. Lynch, L. Magni e A. Farhadi. Altra novità di questa edizione, il concorso per Il Miglior Documentario, rivolto a registi under 40.
Ventotene Film Festival (dal 24 luglio al 2 agosto) Tra i festival delle isole degli arcipelaghi italiani, quello di Ventotene è senza dubbio il più longevo, arrivando quest’anno alla 23° edizione. Nato nel luogo in cui fu redatto nel 1941 il famoso Manifesto di Ventotene che mise in moto il processo di formazione dell’UE, il festival ha da sempre mostrato una particolare attenzione a declinare in chiave filmica i valori cui l’Europa si ispira. È nato infatti attorno al VFF, il concorso internazionale #open frontiers# in cui i film e i documentari proposti affrontano tematiche sociali e civiche, dalla cittadinanza attiva alla la democrazia, fino all’integrazione razziale in Europa. È inoltre presente una sezione interamente dedicata ai bambini.
Lucania Film Festival (dal 9 al 13 agosto) Giunto alla sua 18° edizione, il LFF è il primo evento di questo genere organizzato dalla regione Basilicata (precisamente a Pisticci, Matera) e si connota come “festival delle persone e dei luoghi”, volendo porre al centro dell’attenzione il territorio lucano e la sua gente. Una splendido set naturale dove addetti ai lavori e non si incontrano in un’atmosfera informale che favorisce lo scambio culturale tra popoli anche molto lontani, proponendo opere di autori italiani e internazionali. Tra gli ospiti di quest’anno Giancarlo Giannini che terrà una lectio magistralis con successivo conferimento della cittadinanza onoraria.
Questi solo alcuni dei festival del cinema sparsi per la nostra penisola. Non resta che sedersi sotto un tetto di stelle e… iniziare a sognare! Per saperne di più: http://www.venice-days.com/ https://isoladelcinema.com/ https://trasteverecinema.it/ http://www.ventotenefilmfestival.com/ http://www.lucaniafilmfestival.it/ Immagini: http://www.cinematografo.it/news/venice-days-2017-ce-anche-olmi/ http://www.dimensionesuonoroma.it/news/le-notizie-dalla-capitale/lisola-del-cinema-grandi-pellicole-in-programma http://www.romaperbambini.it/public/wordpress/index.php/2016/05/31/festival-trastevere-rione-del-cinema/ https://filmfreeway.com/festival/VentoteneFilmFestival http://www.sassiland.com/notizie_matera/notizia.asp?id=17417&t=il_lucania_film_festival_cambia_location
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C’è una scena in Dawn of the Dead, conosciuto in Italia semplicemente come Zombi, che esemplifica perfettamente il concetto che sta dietro alla rappresentazione dello zombi moderno: le orde di esseri umani tramutati in morti viventi si riversano sulle vetrine dei negozi del centro commerciale dove si svolge l’intera vicenda del film, mentre la voce fuori campo di uno dei personaggi spiega che quell’azione non è altro che un vecchio e ormai sbiadito ricordo dovuto al reiterato atto dell’acquisto e del consumo. Era il 1978. Oggi come allora, il concetto di massa rimane assolutamente centrale per le nostre società consumistiche visto che ha assunto forme diverse dovute anche all’apporto delle tecnologie contemporanee. Se la figura dello zombi è diventata il simbolo contemporaneo per eccellenza della massificazione, dell’uniformazione e, in generale, della riduzione dell’uomo a cosa psicologicamente e socialmente malleabile è grazie al genio di George Andrew Romero che seppe attingere al passato cinematografico dei classici horror per ricollegarsi in maniera forte alle numerose istanze sociali che stavano attraversando gli anni ’60. Night of the Living Dead, infatti, è un prisma che sin dalla sua uscita in piena epoca sessantottina ha saputo riflettere numerosi significati politici e sociali che nel corso del tempo gli sono stati attribuiti: critica al militarismo, alla guerra del Vietnam, allo strapotere manipolatorio della scienza, all’idea tradizionale di famiglia, alla società dei “bianchi” e in particolare a quella statunitense. Da creatura del folklore haitiano ritratta in pellicole come White Zombie del 1932 (titolo italiano L’Isola degli Zombies) e I Walked with a Zombie del 1943 (Ho camminato con uno zombi), lo zombi si ritrovava ora a essere al centro di nuovi significati, strappato dalla dimensione mitico-religiosa per essere gettato nella civiltà altamente tecnologica dell’Occidente. Sin da quella pellicola, realizzata da Romero insieme all’amico John A. Russo con quattro soldi e reclutando gli attori fra i loro stessi amici, gli zombi hanno iniziato la loro lenta ma inesorabile marcia verso il mondo degli umani. E pensare che il cineasta di New York voleva seppellire quasi subito le “sue” creature, e non a caso bisognerà aspettare ben dieci anni per vedere il secondo capitolo di quella che diventerà la zombi-saga più famosa di sempre. Che gli zombi per Romero fossero solo un pretesto per distorcere e riflettere come in uno specchio i tratti peggiori dell’umanità lo dimostra il fatto che girerà altri film in cui è possibile rintracciare una forte critica sociale, come in Hungry Wives (La stagione della strega) e soprattutto The Crazies, conosciuto in Italia come La città verrà distrutta all’alba. Se il primo è un originale ritratto al femminile della figura della donna vista come una moderna strega annoiata e insoddisfatta che cerca nella pratica della magia una scappatoia dal grigiume coniugale, nel secondo Romero dimostra la volontà di superare la figura dello stesso zombi, facendo gettare a quest’ultimo la sua maschera putrescente e sanguinante, rendendo esplicito ciò che era intuibile al di sotto, ovvero l’uomo e la sua follia omicida nei confronti dei suoi simili. Qui non ci sono esseri che si risvegliano dalla morte affamati di carne umana ma comuni esseri umani, capaci anche eventualmente di correre che, tramite il pretesto del virus batteriologico diffuso nelle acque cittadine da un’arma militare, perseguitano e assassinano i sani; un’idea, questa, che, ibridata con la figura dello zombi cannibale, farà la fortuna di altri prodotti recenti nati sotto il segno di Romero, come i due 28 Giorni dopo e 28 Settimane dopo o il più underground La Horde, la saga cinematografica di Resident Evil, sino ai più recenti Welcome to Zombieland, World War Z e Pride Prejudice & Zombies. E come poi non citare altre pellicole che, nel bene o nel male e fra alti e bassi, hanno contribuito a formare l’immagine di Romero come di un regista critico e acuto verso i differenti aspetti della società: dal rapporto uomo-animale in Monkey Shines-Esperimento nel Terrore al discorso (non tanto velato) sulla dipendenza in Wampyr, sino al cult Creepshow, Due occhi diabolici (girato insieme a Dario Argento), la pellicola tratta dal romanzo di Stephen King La Metà Oscura, Bruiser e gli ultimi tre film che concludono la saga dei non-morti.
Ridurre quindi la visione di Romero ai soli claudicanti zombi sarebbe riduttivo, pur rimanendo questi ultimi il suo lascito più significativo e fecondo per il nostro immaginario: basti pensare alla quantità non solo di pellicole di genere post-Night of the Living Dead ma anche all’influenza esercitata nel mondo dei fumetti, della musica (metal, in particolare, ma non solo), dei videogiochi, della letteratura e delle serie tv come Dead Set, Zombie Nation e, naturalmente, The Walking Dead, questa scherzosamente ribattezzata dal regista americano “the talking dead”, e non gli si può dare assolutamente torto. Cineasta volutamente e testardamente indipendente, rimasto quasi sempre ai margini dell’industria hollywoodiana, Romero ci lascia una visione fosca dell’essere umano, ricordandoci a ogni capitolo della sua saga zombi quanto le strutture sociali messe in piedi per mantenere l’ordine del nostro mondo siano sempre fragili e pronte a essere messe a repentaglio, non tanto dagli zombi bensì dall’uomo stesso, capace solo di continuare a essere ancora più meschino nonostante il mondo intorno stia crollando. Gli uomini sembrano agire più come i soldati di Day of the Dead, terzo capolavoro della saga del 1985: votati alla violenza, incapaci di ragionare e, quindi, di cambiare. Per Romero non c’è mai stata una post-apocalisse nei suoi film: l’apocalisse per lui era sempre presente e a portata di mano. Immagine tratta da: http://cdn1.thr.com/
Carne, metallo e alieni: Neil Blomkamp e la fantascienza degli Oats Studios
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DATA DI USCITA: giugno/luglio 2017
GENERE: fantascienza, horror, azione ANNO: 2017 REGIA: Neill Blomkamp ATTORI: Sigourney Weaver, Carly Pope, Steve Boyle, Nic Rhind, Dakota Fanning, Jose Pablo Cantillo, Sharlto Copley, Alec Gillis SCENEGGIATURA: Neill Blomkamp, Thomas Sweterlitsch (Rakka e Firebase), Neill Blomkamp, Thomas Sweterlitsch, Terri Tatchell (Zygote) FOTOGRAFIA: Oats Studios MONTAGGIO: Oats Studios PRODUZIONE: Oats Studios DISTRIBUZIONE: piattaforme digitali quali YouTube e Steam PAESE: USA, Canada DURATA: 21 min. Rakka; 26 min. Firebase; 22 min. Zygote; 3 min. God; 2/3 min. Cooking with Bill.
L’attuale percorso artistico di Neill Blomkamp assomiglia paradossalmente alle storie dei principali protagonisti dei suoi film. Il cineasta sudafricano, infatti, si trova in una posizione non tanto differente da Max Da Costa, il personaggio interpretato da Matt Damon in Elysium, o dal robot Chappie dell’omonimo film del 2015: così come questi si ribellano a un ordine sociale feroce e sempre più elitario, allo stesso modo Blomkamp cerca di trovare la sua strada nel mondo del cinema, nonostante lo strapotere di Hollywood e dei continui richiami al botteghino. La goccia che ha fatto traboccare il proverbiale vaso è stato il veto, categorico e improvviso, emesso da uno dei suoi miti, nonché una delle influenze più evidenti nel suo cinema, ovvero sua maestà Ridley Scott, su quello che sarebbe potuto diventare il quinto capitolo di Alien. In origine la storia si sarebbe dovuta rifare ad Aliens – Scontro finale, il secondo film del 1986 diretto da James Cameron, modificandone però struttura narrativa e personaggi. Buona parte della sceneggiatura era già pronta ed era stata presentata da Blomkamp a Hollywood e, come se non bastasse, nel progetto era stata coinvolta anche uno dei simboli per eccellenza della serie, Sigourney Weaver. Insomma, le premesse per far uscire qualcosa di interessante che potesse ridare nuovo lustro a una saga con quasi quaranta anni sulle spalle e che nello stesso tempo potesse attirare il pubblico in sala c’erano tutte ma, probabilmente, non sono bastate, complici l’atteggiamento di Scott che tratta il franchise in maniera esclusiva e l’approccio di Blomkamp alla materia sci-fi horror. Proprio quando Alien: Covenant faceva il suo debutto nelle sale a maggio, appena un mese più tardi, il regista sudafricano sferrava il suo primo colpo targato Oats Studios: questo nome nasconde uno studio di produzione cinematografica e nello stesso tempo una personale idea di fare cinema. L’intento dichiarato di Blomkamp, infatti, è quello di creare le sue opere in maniera del tutto indipendente dai grandi circuiti di produzione e, per fare ciò, ha raccolto intorno a sé una squadra di sceneggiatori, fotografi, esperti di montaggio e curatori di effetti speciali con i quali lavorare in modo autonomo e sovraintendendo alle varie fasi dei progetti dall’inizio alla fine. Gli Oats Studios, quindi, prendono la forma di un vero e proprio laboratorio d’idee dove non avere nessuna restrizione di sorta, sia dal punto di vista tecnico che da quello artistico, e basta dare un’occhiata ad alcuni video messi on-line (come questo) per avere l’impressione di avere a che fare con persone altamente e personalmente coinvolte nel processo di lavorazione e che hanno quella ben precisa attitudine alla materia proprio come un qualsiasi fan della fantascienza e dell’horror. Un misto di fancazzismo e di professionalità, che nel solo arco di due mesi ha prodotto tre cortometraggi, Rakka, Firebase e Zygote, da una ventina di minuti ciascuno e cinque altri lavori, God e la serie Cooking with Bill, sui due/tre minuti, raccolti insieme e distribuiti gratuitamente su YouTube sotto la dicitura Oats Studios Volume I. L’idea di dare vita a dei cortometraggi serve per tastare il gradimento di un potenziale pubblico e di un finanziatore disposto a spenderci denaro e risorse per far diventare quelle che sono per adesso delle storie appena abbozzate dei prodotti veri e propri di più ampio respiro, come film e serie tv. Blomkamp ha dichiarato che dal punto di vista economico è un progetto con costi abbastanza elevati ma che a livello artistico lascia praticamente totale libertà; per venire incontro al primo problema, quindi, gli Oats Studios hanno pensato bene di dare avvio a una forma di autofinanziamento vendendo su Steam (la piattaforma di Valve che si occupa di distribuzione di contenuti digitali), insieme ai cortometraggi in alta risoluzione, dei pacchetti contenenti degli extra come gli script, modelli 3D dei personaggi, effetti visivi, colonna sonora e art book, tutto totalmente open source. Questo significa che, oltre a diventare co-finanziatori di futuri progetti targati Oats Studios, si può interagire attivamente con il materiale messo a disposizione, rimaneggiandolo, modificandolo e riscrivendolo a seconda della propria visione. Un rapporto fra fruitore e creatore di contenuti che non è unilaterale ma, al contrario, reciproco, aperto alla collaborazione e allo scambio di idee, alimentato da una genuina e condivisa passione per un certo tipo di storie e di cinema. Si riaffaccia allora il concetto di “prosumer” ormai definitivamente consolidatosi nelle nuove dinamiche di consumo sia per i grandi marchi e sia, come dimostra l’esempio degli Oats Studios, per gli ambienti più indipendenti. Un esempio, quello messo in pratica da Blomkamp, che molto probabilmente rappresenta una novità per l’ambiente cinematografico. Da tutti questi fattori è comprensibile, quindi, come l’etichetta “sperimentale” si possa adeguare perfettamente alla metodologia di lavoro e co-produzione messa in campo dai neonati studios statunitensi-canadesi e come, nello stesso tempo, non faccia che ribadire la semplice ma fondamentale idea di cinema come arte collaborativa, ampliandola grazie ai mezzi del web 2.0. Di certo tutto ciò non nasce dal nulla: Neil Blomkamp è ormai un nome noto agli appassionati del cinema di fantascienza a partire proprio dal suo primo lungometraggio, District 9, che, complice la collaborazione di Peter Jackson, ha lanciato il nome del cineasta sudafricano e ha riportato in auge (almeno in parte) la sci-fi sul grande e sul piccolo schermo. Un progetto così ambizioso come quello degli Oats Studios funziona quindi anche grazie al fatto che dietro di esso c’è una figura come quella di Blomkamp a fare da traino, capace di attirare l’attenzione di una larga fetta di pubblico che non si limita solo alla condivisione della passione per il cinema di fantascienza ma spazia anche verso i videogames, fumetti e serie tv (ricordiamo il progetto del regista di portare sul grande schermo la trasposizione di Halo). I tre prodotti principali di questo primo volume, Rakka, Firebase e Zygote, mettono in scena infatti una serie innumerevole di rimandi e influenze trasversali, da Alien a Predator, da Akira a Metal Gear Solid, da La Cosa di Carpenter a Starship Troopers, sino a Dead Space e Mass Effect e tanti altri. Proprio questi numerosi elementi giocano a favore della diffusione dei lavori che non rimangono quindi relegati al solo ambiente cinematografico ma possono essere colti (e potenzialmente apprezzati) da molti più spettatori, anche da coloro che non bazzicano lidi puramente sci-fi horror. Di suo Blomkamp ci mette quel tocco registico sporco, “realistico” e coinvolgente che alterna veloci movimenti di macchina ad altri molto più lenti nei momenti di maggiore tensione, un gusto macabro e splatter mai fine a sé stesso (mutuato da Raimi, il primo Cronenberg e tutto il filone degli anni ’80, Re-Animator in testa) qui esplicito come non mai e quei protagonisti sempre ai margini e borderline, esclusi dalla società e da chi detiene il potere ma capaci, in maniera anche inconsapevole, di poter fare la differenza in situazioni estreme. Da questo punto di vista, il personaggio di Dakota Fanning nell’ultimo corto Zygote riesce a catalizzare maggiormente l’attenzione, grazie anche all’ottima prova dell’attrice, mentre Firebase si distingue per l’ambientazione da guerra del Vietnam ibridata con una trama dai toni soprannaturali, inediti per il cineasta sudafricano. Questa prima trance di cortometraggi raggiunge il suo scopo egregiamente: attirare l’attenzione e suggerire degli input per storie che hanno grande potenziale di diffusione mediale, sia si tratti di cinema, serie tv, fumetti, libri o videogiochi. In un’epoca in cui il revivalismo domina l’intrattenimento, la via collaborativa e aperta al pubblico degli Oats Studios potrebbe indicare esiti interessanti e molto fecondi.
Per conoscere e finanziare il progetto:
https://oatsstudios.com/ http://store.steampowered.com/app/633030/agecheck
L’estate è finalmente arrivata e porta con sé un carico di titoli assolutamente da non perdere.
L’estate è arrivata e come da tradizione l’accanito cinefilo non vuole abbandonare il cinema, la sua seconda casa, il suo habitat naturale. Al posto del refrigerio del mare l’appassionato della settima arte preferisce l’aria condizianata, sostituisce i popcorn alla leggendaria anguria e sogna ardentemente la sala tutta per sé (chi non l’ha mai sognato?). E per questo che oggi vi consigliamo i 6 miglior titoli cinematografici da tenere d’occhio in quest’estate 2017. Tra epiche avventure nello spazio, spie letali da mozzare il fiato e maestose pellicole storiche, i mesi di luglio e agosto vi terranno incollati alle poltrone e non vi faranno affatto rimpiangere il caldo afoso. Solo per voi ecco i film da non perdere:
La Torre Nera - 10 agosto
Ce la farà La Torre Nera ad arrivare nei cinema il 10 agosto 2017? La domanda è legittima perché il film, tratto dall'omonima saga di Stephen King, ha subito continui rinvii e ritardi. Eppure, l’opera di Nikolaj Arcel è attesissima da tutti i fan dell'autore e non solo, grazie anche all'intrigante scelta dei suoi protagonisti. Nel ruolo di Roland Deschain e dell'Uomo in Nero, infatti, troveremo i talentuosi Idris Elba e Matthew McConaughey. Toccherà a loro espandere e forse trovare una conclusione a una storia che ha stregato e continua a stregare i lettori di King.
Atomica Bionda - 17 agosto
Un'atomica Charlize Theron è pronta ad accettare una pericolosissima missione nella Berlino della Guerra Fredda. Atomica Bionda arriverà nelle sale il 17 agosto, pronto a infuocare l'estate con un film che sembra aver tutto: una bella e talentuosa protagonista, scene d'azione e un umorismo da non sottovalutare. L'agente sotto copertura dell'MI6 inizierà la sua spericolata avventura indagando su un omicidio e finirà per scoprire una lista di agenti scomparsi. Diretto da David Leitch (già co-regista di John Wick e futuro regista di Deadpool 2), il film schiera anche Sofia Boutella e James McAvoy nel suo incredibile cast.
Logan Lucky - 18 agosto (USA)
Logan Lucky, il nuovo film di Steven Soderbergh, arriverà nelle sale questo agosto nei cinema statunitensi. La pellicola potrà contare su un cast che conta tra le sue fila Adam Driver, Channing Tatum, Riley Keough, Daniel Craig, Sebastian Stan e Katie Homes. La narrazione seguirà la storia dei Logan, due fratelli e una sorella, che hanno organizzato un furto durante la più importante gara NASCAR: la Coca-Cola 600. Il loro piano però si basa sull'aiuto di un quarto complice, Joe Bang, esperto nel far esplodere casseforti e attualmente dietro le sbarre. Logan Lucky segna il ritorno alla regia cinematografica di Soderbergh, che aveva precedentemente annunciato il suo ritiro.
Cattivissimo Me 3 - 24 agosto
Gru e il suo "agguerritissimo" esercito di Minions hanno nuove sfide da affrontare. Questa volta i personaggi di Illumination Entertainment dovranno fare i conti con un incredibile colpo di scena: Gru, a sorpresa, ha un fratello gemello! Un ultimo colpo, portato a segno in nome del legame tra fratelli, potrebbe segnare per sempre il futuro del nostro eroe? A quanto pare, il suo inaspettato attacco di nostalgia avrà conseguenze del tutto impreviste. Cattivissimo Me 3 porterà il protagonista a fare i conti anche con Balthazar Bratt, un ex bambino prodigio degli anni '80 che tenterà di emulare le gesta del personaggio sul grande schermo. Il lungometraggio animato arriverà nelle sale italiane il 24 agosto 2017. La versione originale inglese potrà contare ancora una volta sulle voci di Steve Carell e Kristen Wiig.
Dunkirk - 31 agosto
Christopher Nolan torna nelle sale italiane il 31 agosto con un film ambientato durante la seconda Guerra Mondiale. Con Dunkirk, il cineasta ci riporta nel 1940 per raccontare l'evacuazione dell'omonima città francese da parte degli alleati. Dunkirk ha già fatto molto parlare di sé per diversi motivi, dall'estensivo utilizzo delle telecamere IMAX al suo cast, che include nomi del calibro di Tom Hardy, Cillian Murphy, Mark Rylance, Kenneth Branagh e James D'Arcy. Il film è stato pubblicizzato anche grazie alla presenza di Harry Styles del gruppo musicale One Direction, che avrebbe fatto colpo sul regista e ottenuto un ruolo desiderato da centinaia di candidati.
Valerian e la Città dei Mille Pianeti - 15 settembre
Sforerà di certo il periodo estivo ma non potevamo tralasciare l’ultima opera del maestro Luc Besson: Valerian e la Città dei Mille Pianeti ci catapulterà direttamente nello spazio a ritmi inauditi, pronta a sfidare i colossi dello sci-fi. Il film, che vede protagonisti Dane DeHaan e Cara Delevingne, seguirà due poliziotti intenti a risolvere un mistero intergalattico. La pellicola ha già colpito gli spettatori grazie a trailer altamente immaginativi, che hanno iniziato a presentare l'incredibile metropoli di Alpha. Lo attendiamo con ansia.
Link Immagini:
Immagine 1: dietroleQuinteOnline.it Immagine 2: MyMovies.com Immagine 3: ScreenWeek.com Immagine 4: Empire.com Immagine 5: DireGiovani.it Immagine 6: Youtube Immagine 7: ScreenWeek
L’ultimo capitolo della saga reboot diretta da Matt Reeves è un film unico nel suo genere, un grande messaggio del regista che si augura arrivi ai cuori di tutti gli uomini.
Siamo giunti al capitolo finale della lotta tra scimmie ed esseri umani. Dopo la diffusione del violento virus avvenuta nel primo capitolo, gli umani sono letteralmente in via d’estinzione. La nostra specie sta regredendo a esseri primitivi e guarda con paura l’ascesa della nuova razza: le scimmie stanno per diventare i signori del pianeta terra. Il franchise di Matt Reeves (Cloverfield, Blood Story) non è solo l’ennesimo blockbuster estivo sci-fi, è qualcosa di più. È il messaggio di un uomo assai preoccupato per la piega che sta prendendo la razza umana. Il regista cerca di avvertire tutti quanti con una pellicola ben studiata e ricca di citazioni cinematografiche e storiche. L’uomo non deve ripetere gli stessi errori del passato ed è per questo che in Cesare, assoluto protagonista e mattatore di questa saga, noi rivediamo i nostri dubbi, le nostre paure, le continue lotte con le nostre nemesi malvagie. Nei suoi incubi Cesare rivede di continuo Koba, la scimmia antagonista apparsa nel secondo capitolo, Apes Revolution. La sua paura più grande è quella di diventare come lui, colmo d’odio e pieno di rancore: “scimmia non uccide scimmia”. Nonostante quell’essere fosse spregevole, Cesare è ancora tormentato da quell’uccisione e non riesce a darsi pace. I fatti narrati in quest’ultimo film spingeranno il nostro protagonista al limite. La sua tempra morale verrà messa a dura prova da un nemico feroce e disgustoso, un avversario che ha perso la ragione e che santifica, come tutti i folli, la sua personale guerra: il Colonnello, interpretato dall’ottimo Woody Harrelson.
É difficile spiegare l’emozione che si prova nell’incrociare lo sguardo di Cesare. Lo abbiamo visto muovere i primi passi da cucciolo e adesso lo vediamo ergersi a leader indiscusso. Nei primi minuti della pellicola sembra quasi di trovarsi all’interno di un documentario: tra le gigantesche sequoie della foresta una razza a brandelli cerca di riprendersi con la violenza il suo mondo. É inutile sottolineare che l’uomo è debole di fronte alla potenza della “società scimmiesca”. Non sono più semplici animali e Reeves si serve di citazioni bibliche e storiche non indifferenti per sottolinearlo. L’esodo delle scimmie, la loro prigionia nei campi di guerra innevati, le dure crudeltà a cui sono sottoposte sono l’esempio lampante della genialità del regista statunitense. Il suo amore per il linguaggio e la sua intelligenza cinematografica ci regalano delle citazioni sublimi come la scritta “Apecalypse Now” (inutile aggiungere altro) o la scena del “cappotto rosso” (Schindler's List) che indossa la piccola bambina, che raffigura l’ultimo barlume di umanità degli esseri umani. La ciliegina sulla torta, non potevo non parlarvene, sono gli effetti visivi. La tecnologia CGI (Computer Generated Imagery) con questo franchise ha decisamente alzato l’asticella. I volti, le movenze, le espressioni dei protagonisti sono una gioia per i nostri occhi e il leader indiscusso di questo nuovo filone cinematografico è lo strabiliante Andy Serkis. L’attore e regista britannico è da applausi a scena aperta. Il suo Cesare è riuscito a farci dimenticare Gollum offrendoci una prova sontuosa, che riesce a oscurare l’ottima prova del villain Harrelson. Sul gradino più basso del podio delle interpretazioni di questa pellicola segnalo la “Scimmia Cattiva”, interpretata dall’attore Steve Zahn. Il personaggio comico che non ti aspetti, la scimmia un po’ mattarella e solitaria che addolcirà il tono del film, strappandoci più di una risata (il suo giubbotto smanicato è già leggenda). The War – Il Pianeta delle Scimmie è un ottimo prodotto che non lascia di certo delusi, fatto di tempi narrativi molto dilatati (in alcuni punti eccessivi) che rispecchiano la regia di Matt Reeves, un cineasta pieno di vita, un uomo che ha tante cose da raccontarci e si prende il suo tempo per farlo. Il finale di questa saga lascia aperti molti spiragli ma soprattutto ci insegna parecchie cose sulla natura dell’uomo e sul suo futuro. Consiglio vivamente di guardare l’intera trilogia perchè abbiamo tanto da imparare da queste meravigliose scimmie. Immagini tratte da: Immagine 1: ScreenWeek.it Immagine 2: MyMovies.com Immagine 3: Blog.ScreenWeek.it Locandina: Coming Soon.it
La Marvel Comics Universe riabbraccia il suo “figliol prodigo” affidando la pellicola all’irrequieto Jon Watts. Il risultato? Un film che ha superato ai Box Office i 2 milioni e mezzo di euro.
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Regia: Jon Watts
Paese di produzione: Stati Uniti. Anno: 2017. Durata: 133 min. Genere: comic-movie, azione. Sceneggiatura: Jonathan Goldstein, John Francis Daley, Jon Watts. Produttore: Kevin Feige, Amy Pascal. Casa di produzione: Columbia Pictures, Marvel Studios, Pascal Pictures. Fotografia: Salvatore Totino. Musiche: Michael Giacchino. Cast: Tom Holland: Peter Parker / Spider-Man; Michael Keaton: Adrian Toomes / Avvoltoio; Jon Favreau: Happy Hogan; Zendaya: Michelle Jones; Donald Glover: Aaron Davis; Tyne Daly: Ann-Marie Hoag; Marisa Tomei: May Parker; Robert Downey Jr.: Tony Stark / Iron Man
“L’amichevole Uomo Ragno del quartiere” è tornato sui nostri schermi in una veste inedita e completamente rinnovata. Dopo il fallimento della saga diretta dal regista Marc Webb con protagonista Andrew Garfield, stavolta tocca al giovane e talentuoso Tom Holland indossare la maschera del supereroe originario del Queens. Ci troviamo di fronte a un Peter Parker diverso, più che dell’uomo ragno ammiriamo le avventure del “Bimbo Ragno”, un quindicenne con tutte le proverbiali problematiche da teenager: la vita difficile al liceo, la cotta per la ragazza di turno, l’irrequietezza e la sconfinata voglia di misurarsi con nuove esperienze. In questo capitolo però, a differenza dei precedenti, non troviamo gli iconici capisaldi che hanno forgiato uno dei nostri eroi preferiti: al posto del saggio Zio Ben troviamo l’istrionico Tony Stark, inedito nel ruolo di padre/mentore che consiglia a Peter di stare con i piedi per terra e che alla fine ci regala una delle affermazioni più geniali di questa pellicola: “un eroe springsteeniano della classe operaia”.
È questa la versione 3.0 dell’Uomo Ragno, un elettrico adolescente che filma la sua prima missione con Gli Avengers a Berlino con il suo smartphone e non solo. Il nostro eroe deve vedersela con un gruppo di contrabbandieri che smercia armi aliene capitanato dal padre della ragazza dei suoi sogni che, a sorpresa, scopre essere il suo acerrimo rivale: ovvero il villain atipico del MCU, L’Avvoltoio, magistralmente interpretato dall’enorme Michael Keaton. I 5 sceneggiatori scelti dagli Studios e Jon Watts, il nuovo regista di questa nuova saga (almeno per ora), riescono a reinventare questo personaggio, riuscendo nella difficile impresa di non cadere nella banalità e offrendoci un nuovo punto di vista, quello del teen-movie. Fino a oggi infatti nessun film prodotto dalla Marvel e legato al suo universo si era mai concentrato sulla vita di un quindicenne dotato di super poteri; il Peter che guardiamo è troppo piccolo per affrontare nemici alati e super criminali.
A Watts va dato il merito di aver ribaltato con intelligenza una saga che si era persa nel corso degli anni, senza aver scimmiottato o copiato le tre precedenti pellicole dirette da Sam Raimi. Il confronto con le pellicole di quest’ultimo è impietoso, sarebbe stato controproducente sfidare la magia che ci ha trasmesso quella saga. Se Raimi ci ha regalato l’iconica scena del bacio capovolto tra Tobey Maguire e Kirsten Dust, Jon Watts ci stupisce con la scena del viaggio in macchina verso il ballo: un mix di luci e ombre in cui i colori raffigurano le emozioni dei nostri duellanti, uno scontro generazionale alla Mezzogiorno di Fuoco, dove la coppia Holland/Keaton si eleva e prepara lo spettatore allo scontro finale mozzafiato. La scelta del cast, è un’altro punto a favore del regista e di quel vecchio lupo di mare di Kevin Feige, presidente dei MCU e produttore della pellicola. Essi sono riusciti a svecchiare la leggendaria Zia May grazie al volto seducente di Marisa Tomei, a inserire l’acclamata star/cantante Zendaya (che alla fine fa sussultare i fan del fumetto) e la comparsa a sorpresa di Donald Glover, amato negli Stati Uniti per la serie Atlanta e non solo.
Non semplici “spalle” ma piccoli attori comprimari che strizzano pesantemente l’occhio alla nostra società odierna e al suo marketing sfrenato (l’ombra della Disney con la sua Lego Morte Nera aleggia circospetta all’interno della pellicola). Spider-Man: Homecoming è un teen-movie pieno di frizzanti gag e frasi a effetto, sapientemente studiato a tavolino, che strizza l’occhio ai piccini ma soprattutto ai grandi. Non passa di certo inosservato il sottotesto che c’è all’interno del film: la storia difficile dell’Avvoltoio, un padre di famiglia disposto a tutto, persino a macchiarsi le mani di sangue, pur di non far crollare il suo castello. Il sogno americano può nascondere diverse insidie e quando il male sta per prendere il sopravvento c’è bisogno degli “eroi del popolo”, proprio come il nostro coraggioso “Bimbo Ragno”, un Lancillotto moderno sempre pronto a far attraversare le pericolose strade del Queens alle vecchiette portoricane.
Immagini tratte da: Immagine 1: Wikipedia.com, Immagine 2: Collider.com Immagine 3: iMOVIEZmagazine.com Locandina: BadTaste.it
La serie tratta dai libri di George R. R. Martin è giunta alla settima stagione: l’inverno sta tornando in pieno luglio e non è mai stato così atteso.
La frenesia è palpabile nell’aria già da qualche giorno: a Londra sono stati avvistati gli Estranei; un’insolita maratona telefilmica si è snodata per le strade italiane per culminare in un evento speciale al Castello Sforzesco a Milano e sul web impazzano i preparativi per il FantaGameofThrones. Questi sono solo alcuni degli incredibili effetti del successo del Trono di Spade, non una semplice serie targata HBO ma un vero e proprio fenomeno mediatico che dal 2011 rivoluziona i canoni narrativi. Questa notte (ore 3:00 italiane) gli appassionati torneranno nelle leggendarie terre di Westeros, insieme ai personaggi più amati e odiati, per affrontare agguerrite battaglie per il potere e, soprattutto, nuovi ingegnosi intrighi di corte, astutamente orditi alle spalle dei regnanti o aspiranti tali. Basteranno poche note per ricreare il clima giusto, per tornare in questo mondo lontano…
Lo show più premiato della storia con questa stagione approda sul piccolo schermo accompagnato da un’ulteriore consapevolezza: salvo sorprese last minute, la serie giungerà a una conclusione con un’ottava stagione. Un’altra novità è il numero di episodi: si passa da dieci a sette puntate durante cui – assicurano i creatori e i principali interpreti – il pubblico assisterà a un crescendo di eventi e rese dei conti che, con un ritmo serrato, preparano le basi del gran finale.
Le numerose teorie, che nel corso degli anni sono serpeggiate tra il vasto ed eterogeneo fandom, troveranno finalmente delle conferme?
Il destino che attende i beniamini dei fan è oscuro e criptico e le dichiarazioni degli attori protagonisti, analizzate minuziosamente, spesso suggeriscono ulteriori interrogativi sul futuro dei diversi personaggi. Non resta, quindi, che ripartire dagli avvenimenti che hanno segnato la stagione passata. Gli archi narrativi dei diversi personaggi finalmente si intrecciano: a Grande Inverno sono tornati a sventolare i vessilli della casata Stark, il redivivo Jon Snow (Kit Harington) è ora Re del Nord e le importanti rivelazioni sul suo passato rimescolano le carte in gioco. Daenerys Targaryen (Emilia Clarke), con la nuova alleanza stretta con le casate Tyrell e Martell, si appresta a conquistare il continente all’ombra dei suoi giganteschi draghi. Cersei Lannister (Lena Headey), più agguerrita che mai dall’alto del trono dei Sette Regni, è fonte di infiniti possibili sviluppi per le trame politiche. Ai confini, però, ancestrali e temibili creature avanzano minacciose.
Le pedine in gioco, anche questa volta, sono numerose e più che mai imprevedibili. Episodio dopo episodio, nuove importanti tessere troveranno il loro posto nel complicato puzzle immaginato vent’anni fa da George R. R. Martin e sicuramente porteranno con loro gustose rivelazioni. Rimane infine una certezza: senza dubbio nelle prossime settimane, anche sotto gli ombrelloni in riva al mare, si sentirà parlare molto di questa serie.
L’inverno è arrivato, meglio essere preparati ad affrontarlo. Attenzione, niente guanti o sciarpe: questa volta basta un semplice telecomando!
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Qualche giorno fa se n’è andato Paolo Villaggio. L’attore, scrittore, comico e inesauribile artista aveva ottantacinque anni. La sua fama è legata principalmente all’aver ideato, scritto e interpretato il ruolo del ragionier Ugo Fantozzi, personaggio inetto ed esilarante che è entrato di prepotenza nell’immaginario collettivo e nella storia della comicità italiana. Villaggio scrive una serie di racconti che confluiranno nel 1971 alla pubblicazione del romanzo best-seller Fantozzi, da cui sarà tratto, nel 1975, il primo omonimo film diretto da Luciano Salce (la saga sarà molto fortunata: l’ultimo capitolo dedicato al ragioniere sarà Fantozzi 2000 - La clonazione, del 1999). Un umorismo tragicomico, situazioni e personaggi grotteschi, storpiature lessicali e una satira feroce a tutta la società italiana dell’epoca: gli ingredienti del successo passano dalla letteratura al cinema e s’innestano talmente a fondo nella società italiana da permearne la cultura e il linguaggio (Fantozziano – Di persona, impacciato e servile con i superiori; Anche, di accadimento, penoso e ridicolo - dal vocabolario Treccani). La famigerata nuvola dell’impiegato La carrellata di personaggi che ritroviamo nel primo lungometraggio sono tutti caratterizzati in maniera macchiettistica e grottesca: dal ragioniere protagonista, definito dallo stesso villaggio “il prototipo del tapino, la quintessenza della nullità”; alla moglie, la signora Pina, remissiva e pacata; alla figlia orribile, Mariangela, la “bertuccia”; ai colleghi, dal pedante ragionier Filini, compagno di sventure del protagonista, alla signorina Silvani, sogno amoroso del nostro eroe, fino al Mega Direttore Galattico, spietato e misterioso capo assoluto che pare avere nel proprio ufficio poltrone in pelle umana e un acquario nel quale nuotano dei dipendenti sorteggiati. La comicità di Fantozzi riprende parecchio le tecniche e l’estetica della slap-stick comedy, ovvero quella comicità basata sul linguaggio del corpo nata con il cinema muto. Fantozzi, come i personaggi dei cartoni, è indistruttibile: martellate, cadute, schiaffoni, calci e in più umiliazioni e vessazioni di ogni tipo a opera di colleghi e superiori; tutto lo ferisce e niente lo annienta. Fantozzi prende l’autobus al volo Il primo iconico film procede intarsiando una gag accanto all’altra e, mentre il rituale per timbrare il cartellino la mattina si trasforma in una maratona contro il tempo e una partita di pallone scapoli-ammogliati diventa una grottesca apocalisse con tanto di diluvio in un campetto di periferia, chi ride delle sfortune del ragioniere è invitato anche a ridere delle proprie goffaggini e dei propri limiti, scorgendo, magari a tratti, delle situazioni assurde che tutti abbiamo vissuto qualche volta. Nonostante la predominanza coreografica e corporale della comicità, un tratto di originalità è la narrazione fuori campo con la voce dello stesso Paolo Villaggio, che descrive le strambe vicissitudini del protagonista. Con un misto fra ironia e compassione Fantozzi, uomo senza qualità, ha mostrato iperbolicamente i vizi e le virtù degli italiani, affidandosi e rinnovando uno stile di recitazione che si allaccia alla tradizione della maschera nella comicità italiana, dall’esempio recente di Totò, fino alle radici cinquecentesche della commedia dell’arte.
Un approfondimento sulle ultime 6 serie TV del momento, dalla sorpresa GLOW all’acclamata American Gods, i nostri suggerimenti per non annoiarsi sotto l’ombrellone.
Stanchi della solita settimana enigmistica sotto l’ombrellone? E allora prendete il vostro tablet (tanto sappiamo che ne avete uno, non fate finta di niente) accendetelo e cercate immediatamente queste sei Serie TV, veri e propri gioielli estivi che stanno riscuotendo un successo davvero inaspettato. Mamma Netflix non finisce di viziarci (e di stupirci) e pare stia sfornando dal suo “calderone magico” delle vere perle. Con un budget ridottissimo, ma dotata di un humor contagioso, arriva la brillante GLOW. Come se non bastasse, il colosso dello streaming rincara la dose offrendoci la tosta Queen of The South, mentre Hulu, il canale tematico sempre più quotato, risponde con un’altra serie in salsa rosa distopica, The Handmaid’s Tale. Dagli studi Amazon invece è arrivata la incandescente American Gods, uno di quei prodotti per il piccolo schermo che profuma di cinema e, se il tasso di Action dovesse sembrarvi basso, allora vi consigliamo Childhood’s End, figlia dell’incontro tra la fantascienza letteraria e la filosofia. Ultima ma non ultima, l’ostica Snowfall, in onda su FX e decisa a contendere il primato delle crime stories a mostri sacri come The Wire e Breaking Bad. In basso trovate un rapido sunto delle serie citate sopra e mi raccomando: non diteci che non vi avevamo avvertiti, perchè siamo pronti a scommettere che non potrete fare a meno di questi ottimi prodotti.
GLOW: La nuova comedy series, ispirata alle vicende di un bizzarro show televisivo dedicato al wrestling femminile della metà degli anni '80, è la vera antagonista dell’acclamata Orange is the New Black. Sfacciatamente femminista e assolutamente esilarante è arrivata su Netflix lo scorso 23 giugno e ha già conquistato il cuore di milioni di spettatori. Le creatrici Liz Flahive e Jenji Kohan sono riuscite a fare un’altra volta centro e la colonna sonora che accompagna gli episodi vi galvanizzerà in modo surreale.
Queen of The South: Miranda Priestley fino a oggi sembrava l’unica a detenere il titolo di “diavolo” ma, dal 15 giugno su Netflix, è arrivata Teresa Mendoza, che non è affatto intenzionata a dare consigli sulla moda. Crime drama sulle vicende della “dama del narcotraffico”, Queen of The South racconta le vicende di questa donna che sta cercando di rifugiarsi negli Stati Uniti per sfuggire a dei trafficanti di droga messicani che hanno assassinato il suo fidanzato e, allo stesso tempo, sta manovrando per posizionarsi al comando dell'impero criminale. La risposta femminile a Narcos vi sorprenderà.
The Handmaid’s Tale: Serie drammatica, adattamento dell'omonimo romanzo di Margaret Atwood, parla di un futuro distopico in cui le donne hanno perso ogni diritto civile e sono ridotte in schiavitù. La storia è narrata dal punto di vista di Offred, una donna appartenente alla categoria delle "ancelle", costrette a essere usate solo per scopi riproduttivi. Cast di livello nella quale si erge prepotentemente la magnifica Elisabeth Moss, talento indiscusso già ammirato in Mad Men e vincitrice del Golden Globe 2014 per Top of The Lake. Assolutamente da non perdere.
American Gods: La serie in onda su Starz, tratta dal libro di Neil Gaiman, ha debuttato il 30 aprile in America e dal suo lancio ha ottenuto solo pareri positivi. Prodotta da Amazon Video è una festa per gli occhi, innovativa e mai banale. Bryan Fuller e David Slade hanno fatto un lavoro eccelso, fedelissimo al romanzo, potendo contare su un cast perfetto. Odino, Anubi, Buddah, vecchi e nuovi Dei sono pronti a darsi battaglia! E voi siete pronti per questo spettacolo?
Childhood’s End: Ispirata al classico della fantascienza di Arthur C. Clarke, il dramma dai contorni filosofici racconta di un'invasione aliena sulla Terra da parte dei misteriosi Superni. Apparentemente una razza pacifica, il contatto con i visitatori si limita per decenni a degli incontri a bordo delle navi spaziali tra il Segretario Generale alle Nazioni Unite e il Controllore Generale Karellen. Ben presto, l'identità e la cultura umane cominceranno a essere cancellate.
Snowfall: John Singleton, regista afroamericano che non le manda di certo a dire, ha confezionato un prodotto duro che punta a scioccare lo spettatore. Ambientato sullo sfondo della nascita della distribuzione in massa della cocaina a Los Angeles durante gli anni '80, questo crime drama ruota intorno a tre personaggi principali: l'ambizioso spacciatore Franklin Saint, un ex-wrestler e attuale gangstar Gustavo Zapata e Logan Miller, un figliol "prodigo" ritornato all'ovile. Attraverso queste figure, Singleton ci descrive una delle bande criminali più efferate degli Stati Uniti. Una serie che punta all’eccellenza e soprattutto a far incetta di premi.
Immagini tratte da: Immagine1: Netflix.com Immagine2: UsaNetwork.com Immagine3: Youtube.com Immagine4: CasertaToday.it Immagine5: Repubblica.it Immagine6: IndieWire.com
Tra meno di un mese nel suggestivo scenario dell’isola di Ustica prenderà il via la terza edizione del Sicily Web Fest che, assieme al Rome Web Fest e ai Rome Web Awards, costituisce una vetrina per tantissime produzioni webseriali, italiane e internazionali. Abbiamo pensato di rivolgere alcune domande al giovanissimo Riccardo Cannella, classe 1990, fondatore e direttore artistico del festival. Ecco l’intervista!
1) Come è nata l’idea di concepire un festival della serialità web?
Lavorando nel mondo delle web serie dal 2012 ho avuto la possibilità di girare molti festival, alcuni veramente divertenti, altri meno. In Italia, specialmente nel sud, dove è presente una considerevole quantità di produzioni indipendenti, non esisteva una realtà simile e volevo creare qualcosa che fosse utile agli autori secondo quelle che erano le esperienze vissute. Volevo creare un festival diverso, dove la competizione passasse in secondo piano e lasciasse spazio al confronto. L’esperienza del Sicily Web Fest è una vacanza culturale in una delle cornici più belle al mondo. In una competizione c’è chi vince e chi perde, questo è inevitabile, ma la più grande soddisfazione per me è sentire dagli stessi autori che dal SWF, a Ustica, ritorni sempre con qualcosa in più. 2) Esiste un particolare nesso tra la scelta del territorio siciliano e il festival. Ce ne puoi parlare? La Sicilia oltre a essere la mia casa è anche una terra ricca di cultura. Il Sicily Web Fest ha tra i suoi obiettivi proprio quello di creare un connubio tra la serialità online e il territorio di questa regione, attraverso l’esplorazione, il cibo e l’arte. Si tratta di un vero e proprio scambio culturale. 3) Il SWF è giunto alla 3° edizione. Quali gli elementi salienti e le novità di quest’anno? Tra gli elementi importanti c’è certamente la presenza di ospiti come i principali fondatori dei festival di web serie internazionali, come Young Man Kang dalla Corea del Sud, Meredith Burkholder da Berlino, Pedro Levati da Buenos Aires, Maria Albiñana da Valencia, Rose Ofdolls da Bilbao ecc. Inoltre la collaborazione con note Web tv e distribuzioni internazionali, che selezioneranno una serie da distribuire nel mondo. Avremo premi in denaro e selezioni ufficiali dirette. Tante sono le novità, ma soprattutto tante sono le attrattive che si ripeteranno quest’anno, esperienze che hanno permesso al SWF di essere conosciuto in tutto il mondo. 4) Parlaci un po’ di te e dei tuoi studi. Come ti sei avvicinato al web? Ho studiato cinema a Roma, dopo ho fatto la cosiddetta gavetta per qualche anno. Ho imparato da Sergio Castellitto, Michele Placido, John Rock ecc… credo sia un passo necessario prima di cominciare questa strada, non credo basti studiare e non credo basti lavorare, le due cose dovrebbero camminare di pari passo. Nel 2012 ho deciso poi di produrre e dirigere la mia prima serie web, Run Away, che mi è valsa per 4 volte il premio per la Miglior Regia e ha ottenuto notevoli riconoscimenti. Poco dopo ho continuato con Web Horror Story. Entrambe le serie sono state tra le prime a livello internazionale a essere vendute a una nota tv come Canal Play, on demand di Canal Plus in Francia e poi in Germania su Watchever. La produzione ha continuato con Hidden, attualmente su Bigop.Tv in Sud America e Netfall Germania e con l’uscita imminente di Anachronisme, cofinanziata dalla Sicilia Film Commission e dalla Regione Siciliana nell’ambito del Progetto Sensi Contemporanei Cinema. 5) L’Italia ha registrato un certo ritardo sia nella produzione che nella diffusione di iniziative rivolte al web se pensiamo che il LA Web Fest risale al 2009. Come è interpretabile questo dato? Una sorta di resistenza al cambiamento della cultura e dei suoi fruitori? L’Italia non è partita troppo tardi a mio avviso, già dal 2011/12 esistevano nel nostro paese serie web di ottima qualità e con queste sono nati i primi festival poco tempo dopo. Il vero problema credo sia possibile riscontrarlo adesso, dal momento in cui gli altri paesi, consapevoli delle potenzialità del mezzo, hanno fatto numerosi passi avanti, prendiamo il caso della Francia o del Canada, per non parlare della nuova crescita in Germania, tutti paesi che hanno creato un mercato e che producono con budget considerevoli. In Italia siamo rimasti fermi a guardare e abbiamo fatto solo qualche piccolo passo, troppo poco per non restare delusi. Nonostante questo sono presenti realtà forti che studiano, investono e producono credendo fortemente in questo mondo. 6) Oltre che essere il creatore del SWF, sei il regista delle pluripremiate Run Away e Web Horror Story. Quali sono le potenzialità del web rispetto ad altri canali mass mediatici più consolidati e quali invece, se ce ne sono, i limiti? All’interno del SWF analizzeremo proprio questo argomento con esperti del calibro di Joel Bassaget, giornalista francese e residente a Berlino, creatore del Blog Web Series Mag e della Web Series World Cup, stimolato da un esperto di cinema e serialità televisiva come lo sceneggiatore Piero Tomaselli. Il web ha numerose potenzialità e altrettanti esperimenti sono stati fatti. Web serie interattive, crossmediali, in VR, d’intrattenimento per tablet e smartphone, ma allo stesso modo anche la serialità televisiva ormai sempre più online dopo il boom delle Web Tv e degli On demand, cresce e sperimenta. Volendo differenziare Netflix dalle serie Digitali, ci troviamo in un momento in cui le web serie si differenziano dalle serie maggiori principalmente per la durata di ogni episodio, ma è necessario che trovino una propria identità, per creare un mercato più ampio e affinché il pubblico scelga una web serie anche a dispetto di una serie tv. 7) Oltre che essere il fondatore del SWF, hai anche ideato la Cinnamon Film School. Di cosa si tratta? La Cinnamon Film School è una scuola di cinema incentrata sulla serialità online. Si tratta di una preparazione pratica che segue le stesse regole cinematografiche certo, ma che sfocia poi sul web o digitale come massima forma di distribuzione indipendente. Mi riferisco a Web Tv e piattaforme realmente dedicate al mezzo e al mercato delle Web Serie, contrariamente a Youtube. Non solo si studia cinema quindi, ma si lavora alla pratica per imparare come muoversi su un set, sperimentare la regia, la fotografia e soprattutto imparare a produrre e vendersi. Il tutto con lo sguardo rivolto al presente o al futuro del cinema. 8) Che consigli ti senti di dare ai giovani che, come te, hanno la passione per il cinema e sognano di fare di questo il loro mestiere? Se proprio dovessi dare un consiglio potrei solo dire che questo mondo non è per nulla facile e ho incontrato molta gente desiderosa di entrarci ma senza una reale passione. Tuttavia se si è certi che questa è la propria strada, allora bisogna crederci, trovare il modo di autosostenersi, qualora arrivassero momenti difficili e insistere, senza mai smettere di vivere. Dalle esperienze di vita nascono le emozioni, le ispirazioni e le motivazioni più forti. Per saperne di più: http://sicilywebfest.com/ http://cinnamonproduction.it/filmschool/index.html Immagini tratte da: -https://www.facebook.com/sicilywebfest/photos/a.735704116548454.1073741828.731461916972674/1189926897792838/?type=3&theater -https://www.google.it/search?q=riccardo+cannella&source=lnms&tbm=isch&sa=X&ved=0ahUKEwja14Gxg-nUAhUBbFAKHfrOA7MQ_AUICigB&biw=1366&bih=638#tbm=isch&q=sicily+web+festival+&imgrc=UMgxI5-URqW52M -https://twitter.com/sicilywebfest -http://cubiktv.com/unintervista-esclusiva-a-riccardo-cannella-regista-di-run-away-da-oggi-su-cubik-tv/ -http://worldwidewebserienews.blogspot.it/2016/09/hidden-webserie-thriller-cinnamon-production.html -https://www.facebook.com/CinnamonProductionFilmSchool/photos/a.667510813327533.1073741830.653056341439647/667515829993698/?type=3&theater -https://www.facebook.com/CinnamonProductionFilmSchool/photos/a.667077770037504.1073741829.653056341439647/667082566703691/?type=3&theater |
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