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26/7/2020

Un divano a Tunisi - La Recensione

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di Matelda Giachi
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Genere: Commedia             
Anno: 2019
Durata: 88 min
Regia: Manele Labidi
Cast: Golshifteh Farahani, Majd Mastoura, Hichem Yacoubi, Moncef Ajengui, Ramla Ayari, Amen Arbi, Feryel Chammari
Sceneggiatura: Manele Labidi
Fotografia: Laurent Brunet
Montaggio: Yorgos Lamprinos
Musica: Flemming Nordkrog
Produzione: Kazak Productions
Distribuzione: BIM Distribuzione
Paese: Francia

Selma è una donna fortemente indipendente, cresciuta col padre in Francia, dove ha studiato psicanalisi. A 35 anni decide però di tornare a Tunisi, la sua città di origine, ed aprire un suo studio. Fresca di primavera araba, la città è pronta ad accogliere una donna psicanalista con tutta l’avversione e i pregiudizi del caso.
Selma ha il volto della bellissima attrice iraniana Golshifteh Farahani, protagonista del cinema francese, dal suo trasferimento in Francia, ma anche la prima attrice del suo paese ad aver preso parte a produzioni Hollywoodiane, lavorando con Ridley Scott e a fianco di Leonardo Di Caprio, Christian Bale e Adam Driver.
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L’opposizione della famiglia, l’ostilità delle autorità locali, la burocrazia confusa e la diffidenza delle persone danno a Selma del filo da torcere, ma generano anche una serie di siparietti che dirottano un potenziale dramma verso i toni della commedia. Lo studio infatti inizia a popolarsi di personaggi eccentrici, spinti a visitare questa giovane sfrontata che veste in jeans dalla curiosità ma in fondo anche da un bisogno non ancora consapevole di aprirsi ed essere ascoltati.
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Presentato alla 76^ edizione della Mostra del Cinema di Venezia nella sezione delle Giornate degli Autori, Un Divano a Tunisi ha avuto un’accoglienza calorosa, vincendo il Premio del Pubblico. Oggettivamente piacevole e divertente, ha come più grande pregio quello di affrontare temi caldi, come la discriminazione e i pregiudizi, con leggerezza. Sceglie di evidenziare e gonfiare il paradosso che questi vanno a creare, generando risate che però portano anche a riflettere.
Ha insomma la struttura tipica delle commedie francesi, genere in cui i cugini d’oltralpe sanno sicuramente il fatto loro.
Inizialmente programmato per un’uscita primaverile, dopo l’emergenza Covid, Un Divano a Tunisi si appresta ad essere presentato in anteprima in alcune arene estive durante i mesi di luglio e agosto, per poi approdare in maniera stabile al cinema a settembre.
Voto: 7
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Immagini tratte da:
www.mymovies.it
www.movieplayer.it
www.filmtv.it
www.comingsoon.it​

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26/7/2020

Recensione della prima stagione di "Chiamatemi Anna"

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di Vanessa Varini
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​Paese: Canada

Anno: 2017

Genere: drammatico
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Stagioni: 1

Episodi: 7

Durata: 45 min (episodio)
89 min (pilota)

Ideatore: Moira Walley-Beckett

Soggetto: Anna dai capelli rossi di Lucy Maud Montgomery

Sceneggiatura: Moira Walley-Beckett

Interpreti e personaggi: Amybeth McNulty (Anna Shirley Cuthbert); Geraldine James (Marilla Cuthbert); R.H. Thomson (Matthew Cuthbert; Dalila Bela (Diana Barry); Lucas Jade Zumann (Gylbert Blythe); Aymeric Jett Montaz (Jerry Baynard); Corinne Koslo (Rachel Lynde); Kyla Matthews (Ruby Gillis); Miranda McKeon (Josie Pye)

Anna Shirley (Amybeth McNulty) dopo aver trascorso la propria infanzia all'orfanotrofio e da alcune famiglie che la maltrattavano, viene mandata per errore ad Avonlea a vivere dai fratelli Marilla (Geraldine James) e Matthew (R. H. Thomson) Cuthbert, che hanno chiesto un maschio come aiutante nella gestione dei faticosi lavori della fattoria. Matthew quando arriva in stazione s'imbatte in Anna e conquistato dalla sua logorroica parlantina l'accompagna a casa, non riuscendo a confessargli che c'è stato uno sbaglio e che dovrà tornare all'orfanotrofio.

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​Marilla, invece, è diffidente nei confronti della ragazzina e medita di riportarla indietro, ma poi Anna rimarrà nella tenuta dei Cuthbert scombussolando la vita dei due fratelli.

"Chiamatemi Anna" è una serie televisiva canadese basata principalmente sul romanzo Anna dai capelli rossi scritto da Lucy Maud Montgomery e parzialmente sull'anime giapponese omonimo trasmesso per la prima volta nel 1979.
La protagonista della serie è la tredicenne Anna (interpretata dalla straordinaria Amybeth McNulty, perfetta per la parte) che si contraddistingue subito fin dalla sua prima apparizione sul piccolo schermo: ha i capelli rossi, che lei detesta, sempre raccolti in due trecce, lentiggini, una corporatura esile e soprattutto una parlantina colta, ricca di citazioni letterarie e fluente, composta da lunghissimi e velocissimi monologhi sugli oggetti che vede, sui paesaggi che ammira, sui suoi stati d'animo lasciando esterrefatti i Cuthberth e noi telespettatori soprattutto nella prima puntata che dura un'ora e mezza (se superate quell'episodio, poi gli altri si guardano senza problemi). Nel corso delle puntate si scopre che la sua chiacchiera e la sua fervida immaginazione sono il suo unico modo di evadere dalla dura realtà in cui ha vissuto. Anche la sua adolescenza ad Avonlea, soprattutto nell'ambiente scolastico, non è tutta rose e fiori dato che la sua ingenuità, la sua fantasia e la sua diversità non viene accettata dai compagni, però con ottimismo e tenacia riuscirà a non abbattersi e diventerà amica di Diana Barry (Dalila Bela) e di Gilbert Blythe (Lucas Jade Zumann), il ragazzo più carino e corteggiato della scuola, oltre ad essere anche il più studioso insieme a lei.

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Infatti anche se la serie è ambientata alla fine del 1800, la sceneggiatura affronta delle tematiche moderne ed attuali tipiche delle serie Tv odierne per teenager: il bullismo, l'accettazione di s'è stessi con i propri pregi e difetti (la diversità è un valore), la scoperta dell'identità sessuale e l'omosessualità, il femminismo.
Aggiungiamo un cast di attori eccellenti, una fotografia e un'ambientazione magnifica (i, paesaggi dell'isola del Principe Edoardo in Canada), una sigla fiabesca composta da otto dipinti di Brad Kunkle, che rappresentano il viaggio emotivo di Anna attraverso le stagioni ​
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e "Chiamatemi Anna" è un gioiellino firmato Netflix da guardare assolutamente.


VOTO 9


La seconda stagione si può guardare dal lunedì al venerdì, con un episodio al giorno, su Rai 2 alle 15:25.
Tutti gli episodi finora trasmessi in chiaro si possono recuperare su Rai Play ➡ https://www.raiplay.it/programmi/chiamatemianna
E le tre stagioni complete si possono guardare anche su Netflix ➡ https://www.netflix.com/it/title/80136311  ​
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Immagini tratte da: 

https://ih1.redbubble.net/
https://www.ciakmagazine.it/
https://www.tvserial.it/
https://mindcookies.it/
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19/7/2020

Lost in Translation: la recensione

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di Salvatore Amoroso
Un classico della cinematografia contemporanea che potrete vedere Domenica 20 luglio su Iris. La seconda fatica della cineasta Sofia Coppola rilancia il talento di Bill Murray e ottiene un premio Oscar, due Golden Globe e una candidatura ai SAG Awards e ai nostri David di Donatello.
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Genere: commedia, drama
Anno: 2003
Regia: Sofia Coppola
Attori: Bill Murray (Bob Harris), Scarlett Johansson (Charlotte), Giovanni Ribisi (John), Anna Faris (Kelly), François Du Bois (il pianista).
Fotografia: Lance Acord
Musiche: Sofia Coppola
Montaggio: Sarah Flack
Sceneggiatura: Sofia Coppola
Distribuzione: Mikado Film

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Ambientato nella ordinata e lucida frenesia di Tokyo, il film Lost in Translation, della talentuosa Sofia Coppola, racconta l'incontro tra Bob Harris, un attore hollywoodiano di mezza età (Bill Murray) e Charlotte, una giovane sposina neo-laureata (Scarlett Johansson), entrambi in piena crisi esistenziale. Il personaggio di Murray, melanconico e beffardo, è afflitto dal presagio di un matrimonio ormai giunto alla fine e dalla sottile vergogna per il fatto di trovarsi in Giappone per reclamizzare una marca di whisky invece di "andare a recitare da qualche parte"; Charlotte, invece, si strugge in silenzio per la sua vita che non sembra voler prendere una direzione, nonché per la vacuità del suo matrimonio con un giovane e vanesio fotografo che lei ormai sente di non riconoscere più.
Se amate Bill Murray per quel suo modo di recitare eccentrico e originale, lo potrete ammirare in uno dei ruoli più scoppiettanti e intelligenti in cui si sia mai cimentato. Non fate però l’errore di pensare che il film valga il biglietto solo per la folgorante presenza di Murray. Lost in Translation brilla anche per un altro motivo: l’acclamata regista Sofia Coppola. Con questa pellicola la Coppola chiarisce una volta per tutte come il cinema per lei non rappresenti affatto il capriccio di una bambina viziata. Eppure il rischio di un passo falso esisteva, giacché l’autrice si è messa alla prova con una delle storie più abusate che sia lecito immaginare. Attenzione però, la Coppola non è regista da cadere facilmente nelle trappole del banale.
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Sotto la sua direzione la materia si rivitalizza e prende forma in mille dettagli, in sfumature caratteriali, nella lieve rappresentazione di momenti in cui i due potenziali amanti si perdono per rinchiudersi in una sofferta eppur sana solitudine. Sfondo della love story, una Tokyo affascinante quanto misteriosa, elevata a emblema delle culture più diverse con le quali noi occidentali facciamo sempre fatica a confrontarci. La pellicola si presta magnificamente all’estro di Murray per innumerevoli gag all’apparenza basate sull’incomprensione linguistica, in realtà sulla difficoltà ad adeguarsi a una società altra e a capirne i modi e le espressioni. Mentre Charlotte, il sensibile personaggio interpretato da una Scarlett Johansson (troppo spesso sottovalutata), mostra di trovarsi assai bene con gli amici giapponesi, compagni di scorribande notturne e solenni ubriacature in cui anche Bob finisce per essere coinvolto.
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Un incontro, il loro, inevitabile, con in più il sapore amaro delle storie impossibili ma non per questo meno importanti. E la Coppola ben fotografa la nascita di questo amore dai tratti adolescenziali, dal quale ogni fisicità è bandita per far posto a scambi ben più profondi. Abbiamo voluto riproporvi la recensione di Lost in Translation per celebrare il talento di un’autrice positiva e ormai del mestiere. La cineasta Coppola ha dovuto lottare negli anni contro un’etichetta affibiatale molto dura e cattiva. Perché Sofia sarà anche privilegiata, con un produttore come il padre Francis Ford e il marito Spike Jonze a sostenerla, ma negli anni è riuscita a costruire un personale percorso artistico di alto livello, il suo talento visivo, le sottigliezze di sceneggiatura e la sensibilità nella regia sono tutti suoi e regalano a ogni fotogramma un’impronta d’autore. Un’opera struggente che non ci stancheremo mai di consigliarvi.
Immagini tratte da:
Locandina: MyMovies.it
Immagine1: Wikipedia
Immagine2: CameraLook.com
Immagine3: MovieMag

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16/7/2020

The Old Guard

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​Di Federica Gaspari
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Genere: azione, fantasy, avventura
Anno: 2020
Regia: Gina Prince-Bythewood
Attori: Charlize Theron, KiKi Layne, Matthias Schoenaerts, Luca Marinelli, Marwan Kenzari, Chiwetel Ejiofor, Harry Melling, Van Veronica Ngo
Sceneggiatura: Greg Rucka
Fotografia: Tami Reiker, Barry Ackroyd
Montaggio: Terilyn A. Shropshire
Produzione: Skydance Media, Denver and Delilah Productions
Paese: Stati Uniti
Durata: 125 min
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Riuscire a scindere la dicitura cine-comic dagli universi Marvel e DC diventa sempre più difficile. Questa pericolosissima etichetta racchiude in sé successi e insormontabili problemi impossibili da districare con facilità per gli spettatori poco affini al genere. Recentemente, tuttavia, in particolare due show tratti da fumetti – Watchmen e The Boys – hanno saputo sfruttare con grande abilità le contraddizioni intrinseche della loro natura proponendo una prospettiva inedita e fresca. Lontano dal formato seriale, l’adattamento “a fumetti”, tuttavia, ha faticato a trovare lo stesso successo nel suo reinventarsi con originalità. L’ultima creatura cinematografica firmata Netflix, tratta dall’omonima graphic novel a puntate di Greg Rucka, sembra volersi allontanare da questo consolidato paradigma. The Old Guard, contando su una prestigiosa produzione internazionale e su suggestioni intriganti, ha suscitato grande curiosità sin dall’annuncio – abbastanza inaspettato – del progetto. Dal 10 luglio il film diretto da Gina Prince-Bythewood è disponibile sulla piattaforma di streaming, pronto a conquistare appassionati del genere e soprattutto semplici curiosi con un’essenziale ma non banale intuizione: una squadra di guerrieri immortali capitanati da un’esplosiva Charlize Theron.
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​Andy (Charlize Theron) è una guerriera ultracentenaria immortale. Ha conosciuto la morte in prima persona in numerose occasioni – e in particolari contesti storici – ma soprattutto ha visto scomparire per sempre molte persone a lei vicine prive del dono dell’immortalità. Dopo secoli di combattimenti e scontri all’ultimo sangue, la sua vita è interamente dedicata a operazioni pericolose in difesa di oppressi. Nella sua missione di vita la determinata Andy è affiancata da una squadra di altri guerrieri immortali che, assoldati per una nuova operazione da un misterioso ex agente della CIA, dovranno fare i conti con un nemico decisamente imprevedibile.

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A visione terminata, è impossibile non spendere ulteriori parole in merito alla capacità di Charlize Theron di interpretare eroine action femminili dotate, nella loro determinazione, di una delicata sensibilità normalmente difficile da catturare. L’attrice statunitense, dopo aver indossato i panni iconici di Furiosa in Mad Max: Fury Road, vive un incredibile momento creativo e artistico che la rende una delle interpreti più interessanti del panorama internazionale. La sua Andy racchiude tutti gli elementi innovativi di The Old Guard, incarnando la visione fuori dagli schemi di Gina Prince-Bythewood. Con uno sguardo quasi inedito sul genere action coniugato al femminile, la regista trova infatti un buon equilibrio tra componente adrenalinica e introspettiva, ritraendo il dono dell’immortalità come un testimone plurisecolare di sofferenze, inquietudini e ferite mai davvero rimarginate nell’animo dei protagonisti. Questa prospettiva non si limita infatti alla performance di Theron ma viene ulteriormente rafforzata dal personaggio di Nile, interpretato da una validissima KiKi Layne, figura perfettamente complementare a quella di Andy.  ​

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​Grazie a questa scelta stilistica, il film riesce ad assicurare un intrattenimento fresco ed estremamente godibile nonostante alcuni innegabili problemi che nel sequel – praticamente certo – dovranno trovare soluzione. La magnetica caratterizzazione dei personaggi femminili, infatti, si accompagna purtroppo a una durata eccessiva e a un insieme di personalità secondarie abbozzate frettolosamente con troppa superficialità. Oltre a un villain terribilmente scialbo, infatti, la pellicola vede in scena un Luca Marinelli decisamente sottotono con un potenziale inesplorato. Nei panni di un templare omossessuale, l’attore premiato a Venezia 2019 per Martin Eden non riesce a slegarsi da risvolti narrativi artificiosi e affannati, incapaci di trovare il giusto spazio nell’intreccio.

The Old Guard dimostra quindi di essere, con un pizzico di indisciplinata creatività, una storia in grado di allontanarsi da binari già collaudati riuscendo a valorizzare al meglio i suoi maggiori punti di forza lasciando momentaneamente in secondo piano parte del suo potenziale in vista di sviluppi futuri.

Immagini tratte da:
www.netflix.com

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12/7/2020

In ricordo di Ennio Morricone: la recensione di “The Untouchables – Gli intoccabili”

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di Vanessa Varini
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Titolo originale: The Untouchables
Paese: Stati Uniti d'America
Anno: 1987
Durata: 120 min
Genere: azione, drammatico, gangster
Regia: Brian De Palma
Soggetto: Eliot Ness (autobiografia)
Sceneggiatura: David Mamet
Musiche: Ennio Morricone
Scenografia: William A. Elliott, Hal Gausman
Costumi: Marylin Vance
Interpreti e personaggi: Kevin Costner (Eliot Ness); Sean Connery (Jimmy Malone); Robert De Niro (Al Capone); Charles Martin Smith (Oscar Wallace); Andy García (George Stone/Giuseppe Petri); Billy Drago (Frank Nitti)

Durante il periodo del Proibizionismo, a Chicago "regna" incontrastato Al Capone (Robert De Niro) che terrorizza la città con esplosioni, delitti, traffici illegali di alcool.
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Per incastrarlo arriva l'agente federale del Dipartimento del Tesoro Eliot Ness (Kevin Costner) che dopo un'operazione fallita, insieme all'esperto poliziotto irlandese Jim Malone (Sean Connery) decide di formare una squadra di poliziotti coraggiosi per combattere il crimine. Così i due reclutano Oscar Wallace (Charles Martin Smith), un impiegato del Dipartimento del Tesoro che sembra tanto innocuo, anche per la bassa statura, ma in realtà non ha paura di nulla e un poliziotto italoamericano (un giovane Andy García). Ma la strada per combattere la corruzione sarà molto difficile...
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Il 6 luglio è scomparso all'età di 91 anni Ennio Morricone, compositore, direttore d'orchestra, arrangiatore italiano, che ha scritto più di 500 musiche per film e serie TV. Durante la sua longeva carriera ha ricevuto una nomination agli Oscar e una ai Golden Globe per aver composto la colonna sonora di "The Untouchables - Gli Intoccabili". Con la sua musica è riuscito a mettere in risalto alcune scene del film che nel tempo sono diventate iconiche, rimanendo impresse nelle mente dello spettatore e nella storia del cinema come quella in stile western, al confine tra Stati Uniti e Canada, con Ness e la sua squadra a cavallo che uccidono diversi criminali e riescono a confiscare un grosso carico di whisky, oppure il violento e sanguinoso agguato a Malone che purtroppo muore crivellato di colpi, senza dimenticare la scena ricca di tensione, girata al rallentatore, nella stazione Union State con Ness che aiuta una mamma a spingere la carrozzina su per le scale, ma durante la sparatoria con i gangster di Al Capone la carrozzina precipita giù e il bambino rischia di morire (un chiaro omaggio al film "La corazzata Potemkin") .
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Oltre alla musica altri pregi di "Gli Intoccabili", tratto dall'autobiografia del 1957 di Eliot Ness, sono gli abiti firmati Giorgio Armani indossati dai protagonisti (i costumi hanno conquistato una nomination agli Oscar), la fotografia e soprattutto la scenografia accurata che ha meritato un'altra nomination e la bravura di tutto il cast: i giovani e talentuosi Kevin Costner e Andy García, l'eccellente Robert De Niro che per il ruolo di Al Capone è anche ingrassato parecchio, fino a Sean Connery che per la sua interpretazione ha vinto l'Oscar come Miglior Attore non protagonista. "The Untouchables" è un cult, una pietra miliare del cinema, un film da non perdere!
Immagini tratte da:
http://image.tmdb.org/
https://staticfanpage.akamaized.net/
https://www.unfilmunarecensione
https://i0.wp.com/metropolitanmagazine.it/

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12/7/2020

HAMILTON - La recensione

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di Matelda Giachi
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Genere: Musical, Storico
Anno: 2020
Durata: 160 min
Regia: Thomas Kail
Cast: Daveed Diggs Renée, Elise Goldsberry, Jonathan Groff, Christopher Jackson, Jasmine Cephas Jones, Lin-Manuel Miranda, Leslie Odom Jr., Okieriete Onaodowan, Anthony Ramos, Phillipa Soo
Sceneggiatura: Lin-Manuel Miranda
Fotografia: Declan Quinn
Montaggio: Jonah Moran
Libretto: Lin-Manuel Miranda
Musica: Lin-Manuel Miranda, Alex Lacamoire
Produzione: Walt Disney Pictures, 5000 Broadway Productions, Nevis Productions, Old 320 Sycamore Pictures, RadicalMedia
Distribuzione: Disney+
Paese: USA

“Alexander Hamilton... My name is Alexander Hamilton”
Definito da Il Post come “un successo di critica e di pubblico”, Hamilton è uno dei più grandi trionfi teatrali dell'ultimo decennio e non solo. 16 le candidature per i Tony Awards, premio Pulitzer per il teatro nel 2016, Grammy come miglior disco musical nello stesso anno. Come spesso accade, il successo di Lin-Manuel Miranda nasce quasi per caso, tra le mura di un aeroporto, quando il suo autore incappa nella biografia del meno noto dei Padri Fondatori degli Stati Uniti, scritta dallo storico Ron Chernow. Hamilton, orfano che giunge a New York come immigrato, oltre ad aver firmato la Dichiarazione d'Indipendenza, fu segretario al Tesoro durante la presidenza di George Washington, ha fondato la banca di stato e rappresentato New York per diversi anni al Congresso.
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Lin-Manuel Miranda è innegabilmente uno dei più grandi talenti dei giorni nostri. Attore, sceneggiatore, cantante, paroliere, compositore… Di Hamilton non è solo il protagonista: ha scritto sceneggiatura, musica e testi.

Conosciuto soprattutto a Broadway che già lo aveva incoronato grazie al musical In the Eights, non è estraneo neanche a cinema e tv, ed è uno stretto collaboratore di casa Disney. Ha recitato al fianco di Emily Blunt, nel ruolo dell’acciarino Jack, ne Il Ritorno di Mary Poppins, è il compositore della colonna sonora di Oceania (How Far I’ll Go è stata nominata agli Oscar), ha partecipato alla composizione di quella di Star Wars: Il Risveglio della Forza e parteciperà anche alla realizzazione del live action de La Sirenetta.
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Hamilton è un’opera mastodontica costata dieci anni di lavoro. Lin-Manuel Miranda sceglie di raccontare Hamilton dal suo arrivo in quella che ancora è una colonia inglese e di ritrarlo sia come personaggio storico determinante che come uomo, con le sue contraddizioni, i suoi errori, le sue luci e le sue ombre. Per questo il personaggio di Hamilton non è il solo fulcro della scena ma molto spazio d’espressione è lasciato anche a chi ha fatto parte della sua vita. Tra tutti la moglie Eliza, interpretata da un’emozionante Phillipa Soo, spesso trascurata a causa di un’ambizione mai sazia. Alle vicende storiche, Miranda ha dato una lettura estremamente moderna, affrontando argomenti attuali e in cui i protagonisti si raccontano a ritmo prevalentemente di hip hop. Il risultato è che ogni canzone è indimenticabile e la storia non è mai stata così interessante. Il cast è eterogeneo e multietnico anche se si porta in scena un’epoca di colonialismo e schiavismo, perché il teatro non ha colore. Sulla scia del Black Lives Matter, non sono comunque mancate le polemiche: Alexander Hamilton si è espresso a sfavore dello schiavismo ma di fatto trattava schiavi e molte sono state le richieste di rimozione del contenuto dalla piattaforma. Spesso risulta più facile rinnegare il passato che lavorare sul presente. Ma il passato va ricordato, è un monito. Dimenticare vuol dire ripetere gli stessi errori.
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Per la regia delle riprese dello spettacolo, si è scelto di giocare in casa, facendo scendere in campo qualcuno che conosceva già il musical come le sue tasche, così da poterlo valorizzare al massimo: Thomas Kail, regista dello spettacolo stesso. Sono state usate sei telecamere che, nel 2016, hanno seguito gli attori del cast originale per tre repliche, a cui sono state aggiunte riprese a porte chiuse senza pubblico così da permettere anche il loro avvicinamento ai volti dei protagonisti, in modo da dare maggiore risalto alle emozioni sui volti ma anche con l’intento di evitare il taglio da recita di fine anno e dare invece una profondità e un movimento più cinematografici.
Da un punto di vista recitativo c’è poco da dire, gli interpreti sono eccezionali: Lin-Manuel Miranda è una cartina tornasole di emozioni, Leslie Odom Jr ha un carisma che buca lo schermo, Jonathan Groff è esilarante nei panni di Re Giorgio III e ruba la scena ad ogni sua comparsata.
L’Hamilton in offerta su Disney Plus è stato un esperimento, per non dire un azzardo; non sapremmo come altro definire l’idea di portare al cinema uno spettacolo teatrale di quasi tre ore. Ricordiamo infatti che, prima che l’emergenza Covid 19 sconvolgesse la vita e i piani di tutti, Hamilton era destinato alla sala e non allo streaming. Certo resta forte la sensazione che il massimo della sua potenza questo show dei record la esprima in teatro, tuttavia il coinvolgimento è travolgente. Un esperimento sicuramente di successo.
Voto: 8,5
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Immagini tratte da:
www.tjtoday.org
www.nospoiler.it
www.broadwaynews.com
www.nytimes.com

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5/7/2020

Le serie da non perdere a Luglio 2020

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di Vanessa Varini
Dopo i film in Home Video, oggi vi presento quattro serie, tre in chiaro e una su Netflix, da guardare in questo caldo mese di luglio.
"I DURRELL – LA MIA FAMIGLIA E ALTRI ANIMALI" IN ONDA DA DOMENICA 5 LUGLIO SU RAI 2
Da domenica 5 luglio alle ore 17:15 andrà in onda, con un episodio a settimana, la terza stagione della divertente serie inglese "I Durrell – La mia famiglia e altri animali" diretta da Roger Goldby e Niall MacCormick, andata in onda sul canale LaF nel 2019 e tratta dalla trilogia di romanzi autobiografici La mia famiglia e altri animali, Storie di animali e di altre persone di famiglia e Il giardino degli dei del naturalista e zoologo britannico Gerald Durrell.
La serie racconta la storia della famiglia Durrell composta da Louisa Durrell e i suoi quattro figli che nel 1937 decidono di trasferirsi insieme sull’isola greca di Corfù. Nei nuovi episodi Louisa, dopo la fine della relazione con Hugh, vuole dedicarsi soprattutto ai suoi figli: Larry è alle prese con il suo terzo romanzo, Gerry fa entrare nel suo zoo domestico nuovi animali, Leslie è innamorato e Margo decide di lasciare Zotlan.
Oltre al cast principale ci sono due new entry italiane: Luca Calvani nei panni di Guido Ferrari, un ricco vedovo fuggito a Corfù con i figli che sembra avere qualcosa da nascondere e Paolo, uno dei suo figli, interpretato da Sebastiano Kiniger.
Questa serie è consigliata a tutti gli appassionati di storie vere.
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"CHIAMATEMI ANNA" IN ONDA DA LUNEDÌ 6 LUGLIO SU RAI 2
​Ha avuto un successo strepitoso su Netflix. Ora dal lunedì al venerdì, dal 6 giugno alle ore 15:15 con un episodio al giorno, va in onda la serie tv canadese "Chiamatemi Anna" basata sul romanzo "Anna dai capelli rossi" di Lucy Maud Montgomery.
La serie parla delle avventure della tredicenne Anna, che, dopo aver passato un’infanzia difficile, viene mandata per errore a vivere con gli anziani fratelli Marilla e Matthew Cuthbert. Dopo un’iniziale diffidenza nei confronti di Anna, i due fratelli cominceranno a ricredersi e la bambina cambierà per sempre le loro vite.
"Chiamatemi Anna" è ambientata alla fine del 1800 ma nonostante ciò racconta una storia attuale perché affronta i temi dell'omofobia, del razzismo e del sessismo e la protagonista, interpretata dall'irlandese Amybeth McNulty, è perfetta per la parte.
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"MANIFEST 2" IN ONDA DA VENERDÌ 10 LUGLIO SU CANALE 5
Da venerdì 10 luglio arriveranno in chiaro alle 21:40 i nuovi 13 episodi della seconda stagione di "Manifest" con protagonisti i passeggeri e l'equipaggio del Montego Air Flight 828 che, atterrati dopo un volo turbolento di poche ore, scoprono che in realtà sono passati cinque anni dal decollo e nel frattempo sono tutti stati considerati dispersi. La seconda stagione si apre esattamente da dove si era chiusa la prima, con la colluttazione tra Jared Vasquez e Zeke Landon e si cercherà di fare luce riguardo la scoperta della data di morte dei passeggeri del volo. Nel cast tornano tutti gli attori principali della prima stagione: Melissa Roxburgh (Michaela Stone), il principe di "Once Upon A Time" Josh Dallas (Ben Stone), Athena Karkanis (Grace Stone), J. R. Ramirez (Jared Vasquez), Luna Blaise (Olive Stone), Jack Messina (Cal Stone).
Chi ha amato la prima stagione non può perdere il suo sequel.
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"CURSED" DAL 17 LUGLIO SU NETFLIX
Cursed è una serie tv americana di genere fantasy che uscirà il 17 luglio su Netflix e basata sull'omonimo romanzo illustrato di Frank Miller e Tom Wheeler. La protagonista è Nimue, colei che diventerà la potente Signora del Lago nella celebre leggenda di Re Artù. Dopo la morte di sua madre, aiuta Arthur, un giovane mercenario, a trovare Merlino e a consegnare un'antica spada combattendo contro i terrificanti Paladini Rossi e Re Uther.
"Cursed" è diretto da Jon East, Zetna Fuentes e Daniel Netthiem e nel cast spiccano la protagonista della serie "Tredici" Katherine Langford (Nimue), Devon Terrell (Artù), Gustaf Skarsgård (Merlino), Daniel Sharman che tutti ricordiamo come Lorenzo il Magnifico nella seconda stagione della serie Tv "I Medici" (Monaco Piangente), Sebastian Armesto (Re Uther Pendragon).
Se siete amanti del genere fantasy "Cursed" è la serie adatta a voi.
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Immagini tratte da:
https://scontent.ccdn.cloud/
https://pad.mymovies.it/
https://i2.wp.com/tv.badtaste.it/
https://scontent.ccdn.cloud/

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5/7/2020

Dark (stagione 3)

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Di Federica Gaspari
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Paese: Germania
Anno: 2020
Genere: drammatico, fantascienza, thriller, giallo
Stagione: 3
Episodi: 8
Durata: 45-73 min
Ideatore: Baran Bo Odar, Jantje Friese
Regia: Baran Bo Odar
Cast: Louis Hofmann, Andreas Pietschmann, Dietrich Hollinderbaumer, Maja Schone, Lisa Vicari, Nina Kronjager, Angela Winkler, Florian Panzner
Produzione: Wiedermann & Berg Television


L’apocalisse è arrivata su Netflix. Il cerchio si è chiuso e niente sarà più come prima. Questa è senza dubbio una certezza oltre che la più grande eredità di Dark, serie tv tedesca che non ha mai nascosto le sue ambizioni e le ha sempre rispettate osando costantemente e proponendo a ogni episodio nuove sfide allo spettatore. Per tutti questi motivi, la data del 27 giugno 2020 non simboleggia solamente l’arrivo della terza stagione su Netflix oppure l’avverarsi dell’apocalisse all’interno della narrazione seriale. Tale giorno, infatti, rappresenta un punto di svolta per il colosso dello streaming che scrive la parola fine per uno dei suoi prodotti più apprezzati e, soprattutto, più audaci e innovativi. La serie ideata nel 2017 da Baran Bo Odar e Jantje Friese è costruita sull’idea della fine come inizio ma questa filosofia sarà adottata anche da Netflix per le sue prossime scelte?
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La terza stagione di Dark torna a raccontare le vicissitudini delle famiglie di Winden, cittadina tedesca dalle dinamiche misteriose e dalle mille sfaccettature temporali e non solo. La versione giovane di Jonas (Louis Hofmann) è alle prese con la terribile perdita dell’amata Martha (Lisa Vicari), tragica conseguenza dell’incredibile plot twist che chiudeva la seconda stagione. Il ragazzo, costretto ad affrontare un nuovo capitolo della sua vita già estremamente complessa, inizia così un percorso difficile per salvare la realtà che crede di conoscere e, soprattutto, per scoprire i lati più nascosti della sua personalità. Gli imprevisti del tempo e dello spazio, tuttavia, renderanno sempre più tortuoso il suo viaggio destinato a mettere costantemente in discussione ogni certezza.
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​Come può una creatura televisiva oscura, criptica e volutamente scostante diventare uno dei più importanti fenomeni del piccolo schermo nell’era dei colossi dello streaming? La terza stagione di Dark non risponde a questo intrigante quesito ma fornisce l’ultimo magistrale esempio di come la perfezione narrativa non possa coesistere con l’imperfezione umana intrinseca della moltitudine dei suoi personaggi, la vera ricchezza di uno show rivoluzionario come questo. Gli otto episodi del terzo ciclo della serie Netflix di produzione tedesca sono infatti estremamente imperfetti, venati di una profonda irrequietezza. La prima parte della stagione continua a riflettere su stessa angosciosamente, alla costante ricerca di qualcosa che sfugge sia alle intenzioni degli autori che all’attenzione del pubblico.
Dark si mette in discussione, sfrutta il suo costante intreccio di riflessi per portare il suo legame con lo spettatore su un altro livello. La serie non ha alcuna intenzione di essere accomodante e appagante, al punto da marcare anche i suoi aspetti più faticosi e da instaurare un clima estremamente freddo che soffoca ogni tipo di empatia. Andando contro ogni canone, Dark arriva quindi a infrangere il gioco di specchi e riferimenti a grandi cult con cui poteva narcisisticamente concludere il suo percorso con la certezza di accontentare alcuni fan alla ricerca di complessità fine a se stessa. Una scrittura volutamente imperfetta nella prima parte al giro di boa lascia allora spazio a una riflessione estremamente profonda sulla ricerca del proprio posto nella realtà condotta per paradossi con una maturità di rara fattura.
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La creatura mediatica di Bo Odar e Friese con tutta la sua umanità trova il suo magistrale epilogo attraverso lo studio meticoloso dei frammenti di un’illusione, di un’ossessione autodistruttiva in cui il pubblico, cresciuto insieme al racconto, non può non riconoscersi. Questa conclusione, però, lascia un’eredità estremamente ingombrante nel catalogo di Netflix, ormai destinato ad alimentarsi famelicamente di prodotti usa e getta incapaci di andare oltre la semplice superficie. La terza stagione di Dark, con i suoi molteplici livelli di umana imperfezione, apre la strada a un nuovo ciclo di intrattenimento che chiede con urgenza una visione diversa e fuori dagli schemi, ancora più attiva e appassionante.

Immagini tratte da:
www.netflix.com

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