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Genere: drammatico
Anno: 2017 Regia: Gilles Bourdos Attori: Alice Isaaz, Suzanne Clément, Vincent Rottiers, Pauline Etienne, Frédéric Pierrot Sceneggiatura: Michel Spinoza, Gilles Bourdos Fotografia: Ping Bin Lee Montaggio: Yannick Kergoat Colonna Sonora: Alexandre Desplat Produzione: Les Films du Lendemain Paese: Francia, Belgio Durata: 105’
Tomas e Josephine; Melanie e suo padre; Anthony e sua madre: tutti protagonisti di Espèces menacées di Jilles Bourdes che torna alla regia, dopo Renoir, con una dramma corale, attraversato dal tema dei rapporti umani e delle relazioni difficili. L’atmosfera fresca e leggera per il festeggiamento del matrimonio tra due giovani ragazzi si interrompe bruscamente in una soffocante camera d’albergo; a imporsi sulla scena, di lì a poco, saranno storie difficili che si sfioreranno, intrecciandosi debolmente, nel corso della pellicola.
Un marito violento e una moglie vittima dei suoi abusi; una ragazza rimasta incinta di un uomo molto più grande di lei; un ragazzo sensibile che deve farsi carico della follia della madre. Non un piano gerarchico che separa genitori e figli: tutti si trovano in quel magmatico calderone che è la vita e ognuno è chiamato in causa in situazioni forse ritenute improbabili, eppure così possibili, vere e ingombranti, al punto da definire percorsi esistenziali, spesso divergenti da quanto gli stessi protagonisti avrebbero potuto immaginare per il proprio futuro. Per un padre assente e deficitario, un altro perde il senno per salvare la propria figlia e un altro ancora ne recupera il rapporto incrinato. Violenza, sottomissione, amori malati, relazioni insane e di dipendenza affettiva caratterizzano rapporti di coppia e si riverberano inevitabilmente sul versante genitori/figli, in situazioni ingarbugliate in cui è difficile prendere decisioni e stabilire un confine netto tra cosa sia o non sia patologico. Nessuno ha un libretto di istruzioni per vivere, sembra voler essere questo l’implicito leitmotiv dietro ogni storia: genitori e figli, tutti ugualmente fragili pervasi da istinti bestiali e distruttivi, eppure così umani, spaesati di fronte alla complessità della propria interiorità e di quella altrui.
Presentato alla 74esima edizione della Mostra del Cinema di Venezia 2017 nella sezione Orizzonti, Espèces menacées, tratto dall’omonimo romanzo di Richard Bausch, è un film che scuote emotivamente e fa riflettere. Nessuno insegna a essere genitori e neppure a essere figli: storie difficili e sentimenti totalizzanti animano una scena ritmicamente sempre dinamica. Per gli spettatori più attenti, il tocco che impreziosisce la pellicola è il sapiente gioco di luci/ombre e colori che la fotografia riesce a inserire in un film perfettamente riadattabile anche in versione teatrale. Lo stesso regista ha infatti privilegiato i primi piani, conferendo una cifra stilistica molto vicina a quella teatrale.
Immagini tratte da: http://www.allocine.fr/film/fichefilm_gen_cfilm=244967.html https://www.cinematographe.it/recensioni/especes-menacees-recensione-film-gilles-bourdos/ https://www.youtube.com/watch?v=aTia5fSR8XI
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Dal 21 settembre è al cinema il film che ha conquistato il premio per la regia all'ultimo Festival di Cannes.
A distanza di quattro anni da The Bling Ring, Sofia Coppola torna dietro la macchina da presa, con un richiamo alle origini, con L’inganno. Gravemente ferito, il soldato nordista John McBurney (Colin Farrel) viene raccolto da una ragazzina e trasportato nella scuola femminile di Martha Farnsworth (Nicole Kidman). Siamo in Virginia e la Guerra di Secessione è nel suo apice. La governante e le sue cinque alunne decidono di dare asilo allo sconosciuto e curarlo ma, col passare del tempo, la presenza del virile soldato farà ridestare gli appetiti sessuali assopiti delle fanciulle più mature. “Non c’è niente di più terrificante di una donna spaventata con la pistola”. Il garbato e ben educato John imparerà a caro prezzo cosa significa prendersi gioco dei sentimenti delle donne.
Sofia Coppola vince con questo film il premio per la Miglior Regia al Festival di Cannes 2017, autoproducendosi per la prima volta senza l’aiuto di papà Francis e scrollandosi di dosso l’etichetta di “figlia d’arte” che da troppo tempo gli è stata affibbiata dalla critica cinematografica, troppo malpensante. L’occhio della regista è come sempre lungimirante e attento, forse anche troppo. Il difetto più grande di questa pellicola risiede proprio nella sua perfezione. La regista, nel tentativo di rievocare meticolosamente le ambientazioni e i costumi della vecchia America “sudista”, tralascia la sostanza della trama e allo spettatore non arriva abbastanza pathos. Diverse tematiche spinose, come quella della pedofilia, la sessualità disturbata femminile e la tortura, non vengono approfondite abbastanza, lasciando un po’ di rammarico e un atroce dubbio: la Coppola l’avrà fatto volontariamente? La performance di Colin Farrel nei panni del soldato è di grande spessore, come lo splendido cast femminile protagonista che annovera attrici come Nicole Kidman, Elle Fanning e Kirsten Dunst. É grazie a questo sontuoso parterre di attori che la Coppola confeziona un film enigmatico e valido. Il vero talento, o il suo punto di forza più grande, dell’affermata cineasta è la sua impressionante coerenza: la regista non smette mai di leggere alla perfezione i suoi personaggi e le sue storie. L’Inganno non è una semplice storia di vendetta, non vuole rivendicare nessun sentimento femminista. Il vero volto della pellicola è visibile nello sguardo smarrito e sconfitto della bravissima Kirsten Dunst, che interpreta Edwina. É proprio nelle battute finali che lo spettatore più attento e avvezzo al cinema della Coppola può trovare il senso della pellicola. L’Inganno è uno dei migliori titoli del 2017 e Sofia Coppola è riuscita a regalarci un’opera matura, un viaggio nei meandri più oscuri della mente umana, una pellicola che difficilmente riuscirete a dimenticare. La redazione del IlTermopolio ne consiglia caldamente la visione e come sempre augura a tutti voi lettori buon cinema e buona visione! Immagini tratte da: Locandina: Ktag.com Immagine 1: filmschoolrejectets.com Immagine 2: Variety.com Immagine 3: Io Donna.it
Dom (Vin Diesel) e Letty (Michelle Rodriguez), felicemente sposati, si godono una romantica luna di miele a Cuba, tra corse clandestine e propositi di allargare la famiglia. Finché Dom non viene avvicinato da una misteriosa, affascinante e pericolosa hacker (Charlize Theron), con in mano informazioni sufficienti per ricattarlo ed obbligarlo a lavorare per lei per rubare un arma magnetica E.M.P. Quindi Dom sarà costretto a lavorare contro la propria "famiglia" allargata che, invece, vuole salvarlo.
Dopo la morte di Paul Walker nel novembre 2013 a causa di un incidente in auto e il conseguente lutto che ha colpito tutto il cast, la produzione e i fan della saga, i produttori Neal H. Moritz e Vin Diesel hanno deciso di continuare la saga di Fast and Furious puntando a qualcosa di completamente diverso, creando situazioni ben oltre il limite dell’assurdo con tantissimi effetti speciali, il tutto diretto da F. Gary Gray. "Fast and Furious 8" però inizia nello stile consueto della saga, con Dominic Toretto (Vin Diesel) protagonista di una corsa d'auto clandestina, che sfreccia su un'automobile truccata per le strade della capitale cubana L'Avana, fra belle ragazze e vetture d'epoca cubane. Fino quando l'auto di Toretto diventa infiammata come Ghost Ryder il teschio di fuoco vestito di pelle che gira in moto del celebre fumetto e Vin Diesel guida contromano per vincere la gara. Da lì in poi "Fast & Furious 8" si trasforma in un filmone alla James Bond con un'abile hacker bionda supercattiva e psicopatica, con tantissimi inseguimenti di auto, auto che piovono dai grattacieli o che sfrecciano sul ghiaccio ed infine con un'unità segreta del governo capeggiata da Frank Petty (Kurt Russell) e dal suo giovane collega (interpretato da Scott Eastwood, figlio del celebre Clint Eastwood) che arruola la banda di Toretto che si era ritirata in tranquillità nel film precedente.
Ai molti momenti assurdi si alternano anche momenti comici: le battute di Dwayne “The Rock” Johnson e Jason Statham che cerca di salvare il figlio di Toretto sull'aereo dove si trova la spietata hacker. Il tema base del film resta ancora il concetto di "famiglia" con Letty e il resto del team pronti a rischiare la vita per salvare Toretto. A salvare il film che presenta alcuni buchi nella trama (su tutti perché il protagonista sia passato dalla parte opposta) è il cast composto dai più famosi attori del cinema d'azione americano: Vin Diesel, Dwayne “The Rock” Johnson, Jason Statham, Kurt Russell, Tyreese Gibson. Non dimentichiamoci anche di Charlize Theron, ormai abbonata a ruoli action e da perfida. Fa anche una comparsata Helen Mirren ("Woman in Gold") nella parte molto convincente della madre di Deckard/Statham. “Fast & Furious 8” è il film perfetto per gli appassionati del cinema d'action, che cercano un film leggero, dalla trama semplice ma colmo di effetti speciali ed eccessi.
Immagini tratte da: https://mr.comingsoon.it/ http://www.ilpost.it/
Stanchi della solita musica? Alla ricerca di una nuova scoppiettante playlist da gustare magari a bordo di una scintillante auto sportiva? Edgar Wright ha la soluzione a tutti questi problemi!
In un 2017 segnato da cine-comic, da blockbuster dalle atmosfere discutibili e di sequel di dubbio gusto (e originalità), l’effervescente e astuto regista e sceneggiatore britannico ha organizzato il colpo perfetto per le sale cinematografiche – e per il botteghino – senza tradire il suo iconico modus operandi. Wright, infatti, in passato ha saputo farsi notare, rivoluzionando il genere comedy con la Trilogia del Cornetto, grazie a uno stile fuori dal comune, distante da compromessi e rigide regole. Risale solo al 2014 la sorprendente rinuncia alla regia dell’attesissimo Ant-Man per le cosiddette “divergenze creative”. La creatività e la sana follia del regista non possono essere frenate: con Baby Driver – Il genio della fuga spinge il piede sull’acceleratore e lascia tutti a bocca aperta. Pronti, partenza, play! Baby (Ansel Elgort) è un giovane silenzioso che affronta la quotidianità con un paio di occhiali scuri sul naso, delle cuffiette nelle orecchie e un iPod (rigorosamente rubato) in tasca. Potrebbe essere un adolescente qualsiasi appassionato di musica ma in realtà il suo talento è al volante: il ragazzo è un asso delle quattro ruote e, per un lontano debito, si mette al servizio dell’ingegnoso Doc (Kevin Spacey), boss che organizza rocambolesche rapine con squadre dall’assortimento discutibile. Quando lo sguardo innamorato di Baby, però, incrocia quello di Debora (Lily Collins), cameriera in un colorato diner di Atlanta, la sua vita giunge a un bivio: continuare sulla strada della criminalità oppure tracciare nuovi percorsi? Dopo il grande successo di La La Land ai festival cinematografici e nelle sale, in molti si saranno chiesti quanto tempo sarebbe passato prima di ritrovare sul grande schermo un affascinante connubio tra suono e immagine. Anni, forse decenni nell’attesa di ritrovare un musical capace di mettere tutti d’accordo. Gli ultimi mesi, tuttavia, hanno smentito ogni tipo di previsione regalando non uno, bensì due titoli capaci di trovare questa armonia e nessuno dei due può essere considerato un musical. Il primo è un film di guerra atipico, Dunkirk. Il secondo, è un heist movie in grado di superare i limiti di velocità e di qualità del genere ed è questo ultimo spassosissimo lavoro di Edgar Wright. Divertente e divertita, questa pellicola mette in pista una scuderia di attori in ottima forma, capitanati da un Ansel Elgort mai così convincente, al punto da riuscire a oscurare, in alcuni passaggi, campioni di recitazione del calibro di Kevin Spacey. Il ragazzo è esplosivo nei panni di un giovane nostalgico alla ricerca della sua strada nel mondo. Il successo al traguardo, però, non sarebbe stato lo stesso senza un ottimo Jon Hamm che, smessi gli impomatati completi di Mad Men, si immerge completamente negli affari più sporchi in veste di un ex-broker votato alla criminalità, un moderno Clyde al confine di una pazzia che esplode in un finale con piccole sbavature d’incredulità. L’intero film è una fuoriserie scintillante, all’ultimo grido, dalle cui casse risuonano melodie travolgenti che, con un pilota avveduto nella sua spericolatezza, dettano il ritmo incalzante, mai fuori tempo, di un lavoro originale nel suo essere paradossale: seppur con uno sguardo ammirato verso il passato, la storia è estremamente moderna nella costruzione dei personaggi e nella dinamica messa in scena. Tra vinili, audiocassette e omaggi a Tarantino e Mann, i temi più nostalgici (da Barry White ai Queen) si intrecciano con le inquietudini dell’adolescenza, con montaggi degni di nota e sequenze adrenaliniche e coinvolgenti. E sì, è proprio il caso di dirlo: tutta un’altra musica! Immagini tratte da: Immagine 1: Locandina – www.slashfilm.com Immagine 2: Baby e Debora – www.cinemavine.com Immagine 3: La squadra – www.fashionindustrybroadcast.com Immagine 4: Ansel Elgort in una scena del film – www.cinemavine.com
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GENERE: Biografico
ANNO: 2017 REGIA: Lisa Azuelos ATTORI: Sveva Alviti, Riccardo Scamarcio, Jean-Paul Rouve, Alessandro Borghi, Patrick Timsit, Vincent Perez, Nicolas Duvauchelle, Niels Schneider, Brenno Placido SCENEGGIATURA: Lisa Azuelos FOTOGRAFIA: Antoine Sanier MONTAGGIO: Baptiste Druot MUSICHE: Jean-Claude Petit PRODUZIONE: Bethsabée Mucho, Pathé Production, TF1 Films Production, Universal Music Group PAESE: Francia, Italia, Marocco DURATA: 124’
Una diva affascinante ed eclettica, magnetica e intensa, quella tratteggiata da Lisa Azuelos intorno alla figura di Jolanda Gigliotti, al secolo Dalida (S. Alviti). Sono passati trenta anni dalla sua tragica scomparsa nel 1987 ma la personalità divistica della cantante continua a far parlare di sé: questa volta lo fa attraverso il biopic omonimo, una produzione italo-francese, distribuita in Italia direttamente per il piccolo schermo su RaiUno.
Un’esistenza inquieta e appassionata in cui, procedendo negli anni, emerge un contrasto destinato ad approfondirsi: quello tra la diva affermata e irresistibile e la donna, bisognosa di un nucleo familiare stabile e sicuro. Talentuosa, conturbante e sensuale, non altrettanto fortunata con gli uomini. Tanti i suoi amori, nessuno dei quali a lieto fine: dal marito e produttore discografico Lucien Morisse (J-P. Rouve), al bohémien pittore polacco Jean Sobiesky (N. Schneider), passando per lo studente italiano Lucio (B. Placido), fino al mantenuto Richard Chanfray (N. Duvauchelle), con cui intratterrà la relazione più lunga della sua vita, durata circa nove anni. Al centro, come uno spartiacque, l’incontro, a Sanremo 1967, con Luigi Tenco (A. Borghi), l’inquieto cantautore genovese, appassionato lettore di Heidegger e aspramente critico nei confronti dello star system di quegli anni e degli interessi della nascente industria discografica.
L’amore per Tenco e il suicidio del cantante sono eventi destinati a lasciare una traccia profonda nell’animo di Dalida, già provato da un’infanzia difficile così come sarà per la drammatica fine di Lucien e per la conclusione della relazione con il giovanissimo studente italiano. Dopo una serie di sfortunati eventi, una nuova stagione professionale tra la tv e i teatri, la porterà a 46 anni, a raggiungere il successo anche in America, al ritmo della disco-music. Ma neanche questo basterà a placare un male di vivere che la divora.
Una lunghissima carriera costellata di riconoscimenti, fama, successo e altrettante delusioni personali, per una donna che, dismessi abiti di scena, lustrini e paillettes, finirà per incontrare sempre e solo la propria solitudine.
Un personaggio iconico e contraddittorio, condannato al male di vivere e al senso di colpa (tre dei suoi amanti - Tenco, Morisse e Chanfray - finirono infatti per suicidarsi). A interpretarla l’algida e ammaliante Sveva Alviti, molto somigliante alla diva. Peccato che, poco realisticamente, il suo volto rimanga pressoché inalterato col passare degli anni all’interno della pellicola. Il film mette in luce chiaramente il contrasto tra il carisma, la potenza espressiva sul palcoscenico e la fragilità della donna che sta dietro la diva. Spesso Azuelos rimane sulla superficie dei fatti, abbozzando gli eventi con poche scene che fanno leva sulla capacità evocativa delle immagini e soprattutto delle canzoni. Da Bambino a Je suis malade passando per Pour te dire je t’aime, da Il venait d’avoir 18ans a Histoire d’un amour fino a Laissez moi dancer, le canzoni raccontano con pathos la storia di una diva tormentata. Il sipario cala su una musica che, come per Tenco, continua ancora oggi a suonare. Un biopic classico e non molto innovativo che riesce, complice il personaggio di cui racconta la storia, a destare curiosità e interesse.
Immagini tratte da: http://movies.beiruting.com/2017/dalida/ http://velvetcinema.it/2017/02/08/dalida-arriva-il-film-il-15-febbraio-su-rai-1-video/ http://cinedogs.gr/whatson/dalida/#sthash.dXxHR6Yg.dpbs
Scott Pilgrim è un ventitreenne nullafacente di Toronto che suona il basso in una band indie rock. É stato mollato in malo modo dalla ex ragazza e attualmente sta uscendo con una liceale cinese di diciassette anni. La sua esistenza si complica parecchio quando incontra la ragazza dei suoi sogni (letteralmente!), Ramon Flowers, ma per conquistarla dovrà sconfiggere i suoi sette malvagi ex… Tratto da una serie a fumetti scritta e disegnata da Bryan Lee O'Malley, Scott Pilgrim vs. The World diventa nelle mani di Edgar Wright una commedia action divertente e colorata. Dal punto di vista stilistico il film è estremamente particolare e curato: nella prima fase del racconto, durante il periodo di confusione del protagonista, viene utilizzata una serie di transizioni stranianti, che fa saltare la narrazione da un luogo a un altro senza soluzione di continuità. Questo tipo di collegamenti tra le inquadrature favoriscono l’immedesimazione dello spettatore col protagonista e provocano, a chi guarda, il senso di spaesamento di un ragazzo post-adolescente alle prese con situazioni che non riesce totalmente a controllare. Inoltre, si notano prepotentemente le influenze di altri media nell’opera firmata da Edgar Wright: essendo tratto da una serie a fumetti, il riferimento alle strisce disegnate è consequenziale, ma qui il rapporto tra i due linguaggi è molto profondo: scritte onomatopeiche animate, disegni stilizzati e split screen si innestano nel tessuto filmico arricchendolo di elementi specifici dell’estetica degli albi disegnati. Anche i videogame sono molto presenti, sia a livello di contenuto, molti personaggi giocano con consolle retrò, sia a livello stilistico, con la comparsa di barre che indicano l’energia di un dato personaggio e scritte in sovraimpressione che commentano l’azione, soluzioni stilistiche riprese dal mondo dei videogiochi 8bit. Scott Pilgrim vs. The World è un film veloce, violento, stravagante e nostalgico che unisce una trama sincera e mai banale a un impianto estetico sui generis, coraggioso nel cercare di trovare una sintesi tra linguaggi diversi all’interno del mezzo cinematografico.
Christopher Nolan ci regala uno dei war-movie più emozionanti e sconvolgenti dell’ultimo decennio. Opera unica nel suo genere, impreziosita dalla sontusa colonna sonora del maestro Hans Zimmer.
Un silenzio assordante accompagna una curiosa pioggia di volantini. Un rumore innocuo che stride con le tre parole stampate a lettere cubitali sul foglio: “vi circondiamo”. I tedeschi hanno appena invaso la Polonia e da lì si sono mossi fino ad arrivare in Francia. Il nemico è come un’ombra, silenzioso e sfuggente, nella pellicola non vedremo mai il suo volto, solo pallottole velocissime sulle truppe inglesi.
Dunkirk racconta lo sgombero delle truppe britanniche dalla città portuale francese. Nolan vola basso, non ha intenzione di celebrare nessuna vittoria, piuttosto dal primo all’ultimo minuto del film ci narra le vicende adrenaliniche di un gruppo di uomini abbandonato a se stesso. “Ma da qui signore riusciamo a scorgere casa”, sono queste le parole di un ufficiale a un glaciale Kenneth Branagh. Dunkirk è un film in continuo movimento, non si ha il tempo di stare fermi, non si ha la possibilità di rifiatare, lo spettatore si ritrova immerso totalmente su quella spiaggia e quasi riesce a sentire l’odore delle alghe che la marea continua a riportare sulla riva.
Nolan ci narra con maestria i fatti accaduti durante quella settimana del 1940 (l’Italia doveva ancora scendere in guerra) attraverso tre linee narrative, con durate diverse che s’intrecciano alla perfezione in un unico racconto. La storia parte con quello che accade sulla spiaggia di Dunkirk: un soldato seppellisce il corpo di un uomo ormai deceduto, le truppe schierate continuano a rompere i ranghi per ripararsi dai continui attacchi aerei. I loro visi pallidi e scavati li rendono praticamente irriconoscibili, la sopravvivenza è il loro unico obiettivo e l’umanità è ormai un flebile ricordo. Contemporaneamente ci ritroviamo su una barca civile che, assieme a tante altre, salpa dalle coste inglesi per cercare di portare a casa quanti più soldati possibili, un padre e un figlio, eroi per un giorno, viaggiano spediti senza paura perchè sanno che in guerra ogni secondo è prezioso. Poi arriva l’elemento più nobile, quello che ogni uomo sogna di esplorare fin dalla più tenera età: il cielo, l’elemento più ricco di emozioni che vi terrà con il fiato sospeso. I lineamenti dei signori dell’aria sono quasi celestiali: capelli biondi ed espressioni fiere, i piloti dei potenti Spitfire sono i protettori delle povere pedine che aspettanno di essere imbarcate. Nel cielo ritroviamo il ruvido Tom Hardy che ancora una volta recita con una maschera sul volto, come il Bane del Cavaliere Oscuro.
La guerra di Christopher Nolan, quella di Dunkirk, è fatta da gente senza nome che vuole solo scappare, portare a casa la pelle, che di tornare indietro ad aiutare gli altri non ci pensa nemmeno, non vi è alcuna traccia di retorica, di eroismo, di gloria: non esiste la vittoria, ma solo il contenimento di una sconfitta. Nolan ci racconta una storia di sopravvivenza e le parole finali dell’ennesimo personaggio anonimo riassumono perfettamente il significato della pellicola: “surviving is enough” – “sopravvivere è abbastanza”. I veri protagonisti di questa sontuosa e affascinante pellicola sono gli elementi naturali che ci circondano: quando l’uomo combatte il suo stesso fratello compie uno degli atti più atroci e imperdonabili; ed è proprio allora che inizia a essere piccolo e insignificante; Nolan si serve proprio degli elementi naturali per ricordarcelo. Ci troviamo di fronte a un cineasta maturo che speriamo abbia intrapreso un percorso nuovo e ricco di consapevolezza. Cristopher ci sorprende poi con la scelta del maestro Hans Zimmer: non potevamo dimenticarci della maestosa colonna sonora che ci accompagna durante il film e che scandisce i ritmi come il ticchettio perfetto di un orologio svizzero. Il connubio tra Nolan e Zimmer è stupendo e alla fine del film, vi posso assicurare, tornerete a casa con il suono di quelle musiche ancora in testa. Dunkirk trasuda cinema da tutti i pori e vi consigliamo caldamente di andarlo a vedere.
Immagini tratte da:
Locandina: ScreenWeek.com Immagine 1: Wikipedia Immagine 2: Giornale Pop Immagine 3: NerdPlanet.com
Alessandro è un ragazzo di Trastevere, ventiduenne disorientato che trascorre le sue giornate al bar con gli amici di borgata, bighellonando e annoiandosi. Ha un rapporto difficile col padre e intrattiene una relazione segreta con la madre di un suo caro amico. A un certo punto gli viene offerta una possibilità di lavoro: accompagnare un vecchio signore, Giorgio, a fare delle passeggiate pomeridiane. Giorgio è un poeta ottantacinquenne oramai dimenticato, affetto dal morbo di Alzheimer. Il vecchio poeta è ancora un uomo elegante e profondo e alterna la sua compostezza a momenti di istrionismo e svago. Tra una sigaretta rubata e l’affiorare dei terribili ricordi della seconda guerra mondiale, si crea tra i due una sorta di tenero rapporto di amicizia. Nonostante la coppia di protagonisti sia separata da una frattura cronologica e culturale, la frequentazione giova sorprendentemente a entrambi, portando leggerezza nella vita del vecchio e contribuendo a mostrare al ragazzo una via d’uscita dal sentimento di angoscia che lo attanaglia. “Tutto quello che vuoi” è il terzo lungometraggio di Francesco Bruni, che era arrivato alla regia con “Scialla! (Stai sereno)” nel 2011. Bruni non è un nome nuovo nel mondo del cinema, essendo stato collaboratore per anni di Paolo Virzì, affiancando il regista labronico nella sceneggiatura di molti suoi film. Quest’ultima opera ha vinto il Nastro d’argento del 2017 per la miglior sceneggiatura. È infatti la sceneggiatura, la scrittura dei personaggi uno dei tratti più felici del film. Come dichiarato dallo stesso Bruni, l’origine del film scaturisce da un episodio autobiografico (suo padre è stato affetto dal morbo di Alzehimer, qualche anno prima), e questa nota drammatica è servita per creare un potente racconto sul tempo che passa, sul confronto fra due generazioni lontanissime, sull’amicizia, sulla poesia e sulla memoria. Gli attori forniscono delle performance vibranti, riuscendo a far sentire la vita sotto i personaggi, complice una sceneggiatura calibratissima, che dosa risate e delicatezza con la maestria della grande scrittura. Giuliano Montaldo, storico regista, sceneggiatore e attore del nostro cinema, presta il volto a Giorgio riuscendo a esprimere un personaggio profondo e divertente, senza cadere nella retorica o nei cliché. L’abilità e l’esperienza di Montaldo sono affiancate dalla dolcezza e dalla spavalderia della gioventù: Andrea Carpenzano, quasi esordiente, interpreta Alessandro in equilibrio tra insoddisfazione e tenerezza con un’abilità sorprendente. La memoria, in particolare, intesa sia come insieme di ricordi personali, sia come memoria storica collettiva è un tema cardine del film. Giorgio la sta perdendo sotto i colpi della malattia, Alessandro e i suoi amici sembrano esserne sprovvisti ma, grazie all’aiuto l’uno degli altri, durante il viaggio in Toscana alla ricerca di un “tesoro nascosto”, questo valore del passato viene recuperato e messo in salvo dai giovani che sanno comprenderlo. |
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Giugno 2023
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