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29/9/2019

Milano Film Festival 2019

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La ventiquattresima edizione di Milano Film Festival si terrà a Milano dal 4 al 10 ottobre, con la direzione artistica, per il secondo anno, di Gabriele Salvatores, affiancato da Alessandro Beretta.
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​Il Festival si sposta così dal suo periodo usuale andandosi a collocare nella prima parte di ottobre. Cambiano le date e cambia anche il luogo. Dopo il Piccolo Teatro, il Parco Sempione, BASE Milano e l'Anteo Palazzo del Cinema, solo per citare alcuni luoghi toccati dalla manifestazione nella sua storia, Milano Film Festival approda al The Space Cinema Odeon, sala iconica di Milano, sorta alla fine degli anni Venti e ancora considerata una delle più caratteristiche della città, situata in pieno centro, di fianco a Piazza Duomo.
Il cinema è l'arte di tutte le arti, la loro sintesi e fusione. L’edizione 2019 del Milano Film Festival vuole anche concentrare l’attenzione su tutte le professioni di chi, sul territorio lombardo, è coinvolto ad ampio raggio nell’industria dell’audiovisivo, mettendo in risalto la qualità del prodotto e la vivacità del settore. Nasce così la nuova sezione Industry, che si svolgerà da sabato 5 a martedì 8 ottobre nelle sale di The Space Cinema Odeon: una prima edizione che vorrebbe crescere e diventare un appuntamento di riferimento ricorrente.
Il Festival è sostenuto da Comune di Milano – Assessorato alla Cultura con il contributo di Regione Lombardia e Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo.
Tanti nuovi partner per questa edizione che vede il coinvolgimento di due grandi brand come Campari e N.A.E in qualità di Main Partner della manifestazione che, in linea con il continuo lavoro di talent scouting portato avanti dal Festival, intitolano due importanti premi del concorso: il Premio N.A.E. Migliore Attrice, che verrà conferito alla migliore interpretazione femminile all’interno del Concorso Internazionale Lungometraggi, e il Premio Campari Miglior Cortometraggio.

Anche tra gli Sponsor Ufficiali grandi novità con la partecipazione di Nescafé in qualità di caffè ufficiale, Comieco con un progetto legato a cinema e sostenibilità e Banca5 che ha scelto di sostenere in particolare le attività dedicate alle nuove generazioni.

Il carattere internazionale del Festival è confermato anche dalla preziosa collaborazione con i consolati che partecipano a diverso titolo al programma. Quest’anno Milano Film Festival ha collaborato con: Forum Austriaco di Cultura, Centro Ceco di Milano, Consolato Generale della Repubblica di Polonia, Consolato Generale dell’Ungheria, Istituto Svizzero di Milano, Consolato Generale dell’Uruguay.
Il Programma

Concorso Internazionale Lungometraggi
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A Certain Kind of Silence di Michal Hogenauer
Guerilla di Gyorgy Mor Karpati
Ham on Rye di Tyler Taormina
Koko-di Koko-da di Johannes Nyholm
O Film do Mundo di Basil Da Cunha
Swallow di Carlo Mirabella-Davis
The Sharks di Lucia Garibaldi

The Outsiders
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The Beach Bum di Harmony Korine
Cercando Valentina – Il mondo di Guido Crepax di Giancarlo Soldi
First Love di Takashi Miike
Searching Eva di Pia Hellenthal
The Souvenir di Joanna Hogg
Technoboss di Joao Nicolau
We Are Little Zombies di Makoto Nagahisa

Concorso Internazionale Cortometraggi
– Programma Completo

​A questo link tutti i dettagli su ogni sezione del festival.

Maggiori info su: http://www.milanofilmfestival.it/it/

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29/9/2019

Emmy Awards 2019: tra Il Trono di Spade, Fleabag e Homer Simpson

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di Vanessa Varini

Il 23 settembre 2019 si è tenuta al Microsoft Theater di Hollywood, a Los Angeles, La 71ª edizione dei Emmy Awards, una cerimonia che si è confermata da subito ricca di sorprese, sia per quanto riguarda i conduttori che per le serie in gara.
Infatti per la prima volta dopo tanti anni non c'è stato un presentatore ufficiale: Homer Simpson, proiettato sul megaschermo, ha aperto la serata tutto elegante in smoking, 

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per poi finire spiaccicato da un pianoforte caduto dal cielo mentre Bryan Cranston da dietro le quinte ha introdotto i premiati della serata.
Sorprese anche per la serie Il Trono di Spade, il fantasy targato HBO: inaspettatamente non ha fatto incetta di premi, ha vinto l'ambita statuetta come miglior serie drammatica e solo Peter Dinklage si è portato a casa il suo quarto Emmy come miglior attore non protagonista in una serie drammatica, diventando così l’unico attore della serie a vincere un Emmy, lasciando a bocca asciutta i suoi colleghi di set Nikolaj Coster-Waldau e Alfie Allen candidati per la stessa nomination. ​

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​Per quanto riguarda le attrici di Got Gwendoline Christie, Lena Headey, Sophie Turner e Maisie Williams che sono state candidate tutte per la categoria miglior attrice non protagonista, sono state battute da Julia Garner della serie tv drammatica e crime di Netflix Ozark, insieme a Jason Bateman che ha vinto come miglior regista. Anche Kit Harington (il celebre Jon Snow) non ha vinto la statuetta, ha trionfato Billy Porter come miglior attore protagonista per Pose, diventando il primo attore gay afroamericano a vincere un Emmy, mentre Emilia Clarke (la Daenerys Targaryen di Got) è stata battuta da Jodie Cormer che è stata premiata come miglior attrice protagonista per la sua interpretazione in Killing Eve. Quindi Il Trono di Spade è stata la serie più "snobbata" della serata malgrado le 32 nomination agli Emmy 2019.

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Chernobyl, la serie che racconta il disastro di Černobyl', ha vinto i premi come miglior mini-serie, migliore sceneggiatura e migliore regia.
Per quanto riguarda la serie tv di genere commedia, Fleabag che racconta la vita problematica di una ragazza di Londra, ha vinto quattro Emmy, per la miglior serie comedy, per la miglior sceneggiatura per la miglior regia e per la miglior attrice protagonista in una comedy (Phoebe Waller-Bridge), ​

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The Marvelous Mrs. Maisel, invece, ha vinto tre Emmy come miglior attore protagonista (Bill Hader) e miglior attore e miglior attrice non protagonista (Tony Shalhoub e Alex Borstein).
Altri Emmy sono stati consegnati a Patricia Arquette, che ha vinto come miglior attrice non protagonista per The Act, a Michelle Williams che è stata premiata come miglior attrice protagonista per Fosse / Verdon e ha fatto un importante appello per la parità salariale, a Jharrel Jerome come miglior attore protagonista per When They See Us e a Ben Whishaw come miglior attore non protagonista per A Very English Scandal.


Immagini tratte da:

https://images.foxtv.com/
https://pmctvline2.files.wordpress.com/
https://cc-media-foxit.fichub.com/
https://movieplayer.net-cdn.it/ ​

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26/9/2019

Ad Astra: la recensione

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di Salvatore Amoroso
Esce oggi nelle sale italiane Ad Astra, ultima fatica di James Gray presentata in concorso alla Mostra del Cinema di Venezia 2019.  Opera che racchiude in se fantascienza umanista, minimalista, rarefatta ma pronta a improvvisi slanci spettacolari, a violente deflagrazioni. 
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Paese: Usa, Brasile, Cina                                   
Genere: fantascienza
Durata: 124 min.
Anno: 2019
Regia: James Gray
Sceneggiatura: James Gray, Ethan Gross
Fotografia: Hoyte Van Hoytema
Musiche: Max Richter
Casa di Produzione: Plan B entertainment, Regency Enterprises 
Distribuzione: 20th Century Fox
Attori: Brad Pitt (Roy McBride), Tommy Lee Jones (Clifford McBride), Ruth Negga (Helen Lantos), Liv Tyler (Eve McBride), Donald Sutherland (colonnello Pruitt). ​
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La grande ‘’biglia blu’’ e lo spazio. Un padre da seguire e uno da inseguire. Ad Astra è un’avventura spaziale, è la fantascienza che non tarda a diventare scienza, è anche un profondo viaggio interiore, riflessivo, filosofico, inevitabilmente ambizioso. James Gray continua nel suo particolare tipo di cinema e stavolta si rifà ai toni di Kubrick con 2001: Odissea nello spazio, cita Arthur C. Clarke, cerca di scavare nei meandri dell’animo umano e al contempo si spinge oltre la Luna, oltre Marte, oltre Nettuno. Ad Astra esplora i medesimi territori umanisti di Interstellar e Arrival ma allo stesso tempo piega il proprio budget a una sua poetica personale. Gray non vuole a tutti i costi genuflettersi alla politica della fantascienza contemporanea, non vuole a tutti i costi ‘’inseguire’’ lo spettatore ma prenderlo per mano e portarlo con sè. Portarlo lontano, metterlo di fronte alle riflessioni di Clarke, allo spettro di una solitudine assoluta. Il cinema di Gray non ha timore di osare troppo, di essere fuori tempo massimo, di fallire la prova del grande pubblico. Si può dire lo stesso di Brad Pitt, attore e divo che produce Gray, Terrence Malick, Andrew Dominik, Steve McQueen, Bennett Miller, Adam McKay. Qui si regala un ruolo pressoché perfetto, giganteggia silenziosamente. Ad Astra esce oggi nelle sale italiane e state per ammirare un’altra maiuscola prova attoriale di Pitt. 
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Ad Astra è la seconda parte di una celebre frase latina ‘’per aspera ad astra’’ ovvero: "attraverso le asperità sino alle stelle’’. É proprio attraverso le difficoltà che Roy McBride si spingerà oltre i suoi limiti. Un viaggio che lo cambierà per sempre. Un viaggio che in effetti alimenta entrambe le direttrici narrative: la crescente autoanalisi del cosmonauta McBride è infatti inframezzata da mirabili sequenze spettacolari. Ne citiamo almeno tre: l’incidente iniziale, con il geometrico passaggio dal dettaglio allo stordente totale; l’inseguimento sulla Luna, che intreccia l’adrenalina action agli sconfinati spazi da western futuristico; la claustrofobica e orrorifica sequenza nella stazione norvegese. Gray conferma di sapersi muoversi tra i generi e di sapersi adattare agli spazi narrativi, dal cosmo alla giungla. 
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​Per le scene sulla Luna e in generale per i pianeti visitati dall'astronauta Pitt, i realizzatori di Ad Astra hanno scelto di non ricreare scenografie e paesaggi nei teatri di posa, ma di spingersi alla ricerca di location reali. Le Dune di Dumont nel Deserto del Mojave sono state un perfetto ambiente lunare mentre alcune sequenze sotterranee di Marte, per esempio, sono in realtà tunnel in disuso della città di Los Angeles. I film di riferimento per le sequenze nello spazio sono stati Gravity di Alfonso Cuaron e Interstellar di Christopher Nolan, non è un caso infatti che il direttore della fotografia del film di Nolan sia lo stesso di Ad Astra, l'olandese Hoyte van Hoytema. 

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​Esplorazione, ossessione, solitudine, fuga, disgregazione dei rapporti affettivi. Ad Astra non è l’arrivo, è il viaggio. E Nettuno è solo una tappa di una ricerca infinita come lo stesso cinema di Gray, che continua a cercare di colmare le distanze millimetriche o galattiche che dividono i suoi personaggi, padri e figli, coniugi e amanti, fratelli e sorelle. Distanze destinate a restare incolmabili. 
Presentato in concorso alla Mostra del Cinema di Venezia 2019, Ad Astra è fantascienza umanista, minimalista, rarefatta ma pronta a improvvisi slanci spettacolari, a violente deflagrazioni. Cucito addosso al protagonista e produttore Brad Pitt, la pellicola sembra soffrire nella parte finale ma il risultato è notevole e Gray  riesce a sorprende per originalità grande mano registica. 

Immagini tratte da:

Locandina: MyMovies.it
Immagine1: Inverse.it
Immagine2: CinemaeDintorni.it
Immagine3: Entertainment.com
Immagine4: Movieplayer.it

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25/9/2019

YESTERDAY La Recensione

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di Matelda Giachi
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Genere:  Commedia       
Anno: 2019
Durata: 116 min
Regia: Danny Boyle
Cast: Himesh Patel, Lily James, Kate McKinnon, Ana de Armas, Ed Sheeran, Lamorne Morris, Joel Fry, Camille Chen, Meera Syal, Alexander Arnold, Harry Michell, Vincent Franklin, Sanjeev Bhaskar
Sceneggiatura: Richard Curtis
Fotografia: Christopher Ross
Montaggio: Jon Harris
Produzione: Etalon Film, Working Title Films
Distribuzione: Universal Pictures
Paese: Gran Bretagna

Come sarebbe un mondo senza la musica dei Beatles? Prova a chiederselo Richard Curtis con la sua nuova sceneggiatura. E se tu fossi un piccolo musicista di provincia che sta per desistere dalle sue aspirazioni e fossi l’unico a ricordarti le loro canzoni, cosa faresti? Questa la situazione che si trova ad affrontare il protagonista Jack Malik quando si risveglia dopo un tragico incidente e scopre che il mondo non sa nulla né di Coca Cola né di John Lennon, Paul McCartney, George Harrison e Ringo Starr.
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Yesterday nasce in modo strano, da un soggetto mai andato in porto ripreso in mano e rivisitato da Richard Curtis, a cui si affianca la regia di Danny Boyle. Una collaborazione inedita, un matrimonio forse non del tutto riuscito fra il padre delle commedie romantiche dei giorni nostri, da Notting Hill a Love Actually e il regista di niente meno che Trainspotting e The Millionaire. La sensazione è che per generare un prodotto comune, abbiano entrambi rinunciato ad una parte di sé, ed il risultato è qualcosa che non è né carne né pesce. Né Questione di Tempo né The Beach.
Himesh Patel, scelto tra tanti per aver messo l’anima nel cantare Yesterday alle audizioni, interpreta un musicista mediocre e mediocre è anche la sua caratterizzazione del personaggio, forse per motivi di copione, chi lo sa. Sta di fatto che abbiamo a che fare con un protagonista che non è in grado di generare né particolare simpatia ma neanche odio e ci lascia indifferenti e distaccati, ben piantati sulla nostra poltrona in sala. Anche la sintonia con la partner di scena Lily James stenta a uscire dallo schermo e colpire il cuore dello spettatore. Per quanto riguarda la star di Downton Abbey e Mamma Mia – Ci risiamo, vuoi anche solo per la sua spontaneità e la sua bellezza fresca, non manca mai di portare il sole in ogni sua interpretazione, seppure non venga valorizzata dalla parte e non regali quindi una delle sue performance migliori.
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Yesterday rimane comunque una commedia con un’ottima idea di fondo, piacevole e caratterizzata da quella leggerezza che non è mai superficialità che è tipica delle commedie scritte da Curtis e dalla cui visione si esce sempre rasserenati. Un cinema di intrattenimento per chi al cinema non cerca solo drammi e cinica realtà ma si permette ancora il lusso di fantasticare.
Il problema più grande di Yesterday risiede, alla fin fine, nelle aspettative, che con simili nomi alla sceneggiatura e alla regia erano sicuramente alte, mentre non possiamo spingerci oltre a definire il film carino.
 

Voto: 6/7
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Immagini tratte da:
www.mymovies.it
www.smoothradio.com
www.rollingstone.com
www.thewrap.com

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23/9/2019

10 film per l’autunno cinefilo

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di Federica Gaspari
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Dopo festival estivi e settembrini, è giunto il momento di tuffarsi nell’autunno cinefilo, quella meravigliosa stagione in cui si potranno gustare in sala alcuni dei titoli più attesi dell’anno.

I blockbuster e le piccole grandi sorprese dell’estate al cinema lasciano ora a spazio ai titoli più attesi, discussi e curiosi della nuova stagione che, sin dalle prime uscite, si rivela più gustosa che mai. Pronti ad avventuravi insieme a IlTermopolio tra mille generi e storie?
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​Ad Astra di James Gray – 26 settembre
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​Presentato in anteprima a Venezia 76, l’ultimo film di James Gray sin dalle sue prime immagini ha svelato il suo potenziale esplosivo. Brad Pitt, nei panni del protagonista è pronto ad avventurarsi nello spazio alla ricerca del padre misteriosamente scomparso.


Joker di Todd Phillips – 3 ottobre
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​Tutti i riflettori sono puntati sull’ultima fatica di Todd Phillips, vincitrice del premio più ambito dell’ultima edizione della Mostra del Cinema di Venezia. La nuova incarnazione cinematografica dell’antagonista per eccellenza di Batman sembra aver trovato una nuova dimensione grazie alla prova di Joaquin Phoenix.

Downton Abbey di Michael Enger – 24 ottobre
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​Dopo sei stagioni di successi sul piccolo schermo, si trasferisce dallo Yorkshire sul grande schermo insieme ai volti più noti di una delle poche serie in grado di trovare un accordo tra grande pubblico e critici più esigenti. Questa armonia si rinnoverà nel nuovo formato?

L’uomo del labirinto di Donato Carrisi – 30 ottobre
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​Per il nuovo film di Donato Carrisi tratto dal suo omonimo romanzo, uno dei migliori attori italiani incontra un monumento del cinema a stelle e strisce. Toni Servillo, infatti, sarà al fianco di Dustin Hoffman in un thriller che si preannuncia decisamente intrigante.

Doctor Sleep di Mike Flanagan – 31 ottobre
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Cosa è accaduto a Dan Torrance? A decenni di distanza dalle inquietudini dell’Overlook Hotel, il bambino ormai divenuto uomo soffoca delusioni e angosce nell’alcolismo. Lo “shining”, però, potrebbe tornare in scena e Ewan McGregor nei panni del protagonista sembra una garanzia.

Parasite di Bong Joon-ho – novembre

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​Il vincitore della Palma d’Oro invaderà con i suoi “parassiti” le sale italiane a novembre. A sei mesi dal trionfo a Cannes, l’ultima fatica del coreano Bong Joon-ho, con il suo thriller con taglienti tinte humour, riuscirà ancora a mantenere alta l’attenzione facendo discutere e riflettere?

Le Mans ’66 – La grande sfida di James Mangold – 14 novembre
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​La narrazione cinematografica della sfida a quattro ruote tra Ford e Ferrari negli anni Sessanta ha nella sua scuderia due nomi prestigiosissimi: Matt Damon e Christian Bale. I due attori pluripremiati in questo attesissimo biopic sembrano avere le marce giuste per conquistare il pubblico.

Rambo: Last Blood di Adrian Grunberg – 14 novembre
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​John Rambo è pronto per la sua quinta avventura sul grande schermo. A trentasette anni dal primo capitolo e a undici dal quarto film, Sylvester Stallone torna a vestire i panni del veterano della guerra in Vietnam più famoso del grande schermo. Un gradito ritorno per tutti gli appassionati del genere.


Frozen II – Il segreto di Arendelle di Chris Buck e Jennifer Lee – 27 novembre

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​La squadra Disney non arriverà impreparata all’appuntamento in sala con il pubblico. Quest’anno grandi e piccini scopriranno nuove emozioni e armonie del mondo di Frozen con il secondo capitolo del film di successo del 2013. Elsa, Anna e Olaf vi accoglieranno ancora a braccia aperte!

Star Wars: L’ascesa di Skywalker di J.J. Abrams – 18 dicembre

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Il prossimo dicembre gli amanti della fantascienza e non solo viaggeranno ancora una volta a bordo della navicella della Millenium Falcon verso colpi di scena e rivelazioni inaspettate. Le prime immagini diffuse al D23 Expo organizzato lo scorso Agosto da Disney promettono grandi sorprese!

Immagini tratte da:
www.imdb.com
www.variety.com
www.hollywoodreporter.com

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22/9/2019

TIFF 44: Vincitori e strategie

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Di Federica Gaspari
Dopo la Mostra del Cinema di Venezia, anche il Toronto International Film Festival ha scelto i suoi vincitori, aggiungendo dettagli alla corsa verso la stagione dei grandi premi.
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La stagione cinematografica appena iniziata sembra avere già le idee chiare su quali saranno i suo protagonisti. Nonostante, infatti, manchino ancora alcuni mesi alla scintillante stagione dei grandi premi – Oscar e Golden Globes in primis -, i titoli più importanti e attesi hanno già fatto il loro debutto ai principali festival, in particolare a quelli di Settembre, la Mostra del Cinema di Venezia e il Toronto International Film Festival appena conclusosi. Ogni volta che si riflette sui palmares e i risultati di queste manifestazioni è importante ricordare che si tratta di semplici numeri e statistiche. Queste statistiche, tuttavia, spesso segnano il destino, catturando l’attenzione del pubblico e dell’industria, di molti film.
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TIFF 44 – Jojo Rabbit
La quarantaquattresima edizione del TIFF in Canada ha saputo far discutere molto con l’assegnazione del People’s Choice Award al controverso Jojo Rabitt di Taika Waititi. La discussa commedia sul mondo nazista, accolta in principio con grande entusiasmo scemato tuttavia rapidamente, ha avuto inaspettatamente la meglio sui titoli favoriti alla vittoria come Marriage Story di Noah Baumbach e Parasite di Bong Joon-ho. Questi ultimi due, infatti, si sono dovuti accontentare rispettivamente del secondo e del terzo posto nella premiazione. Tra i premiati fa capolino anche l’italianissimo Martin Eden che ha ottenuto il Platform Prize.
Gli Oscar non sono (così) lontani
Perché i premi del Toronto International Film Festival sono così degni di nota? Una strana tradizione sembra segnare il percorso delle pellicole che ogni anno partecipano alla manifestazione. Negli ultimi 15 anni tutti i film vincitori del People’s Choice Award hanno ottenuto almeno una candidatura agli Oscar come miglior film oppure miglior film straniero. Cinque di queste candidature sono riuscite a concretizzarsi con la vincita di una statuetta dorata agli Academy Awards. La statistica diventa ancora più interessante se si amplia a tutto il terzetto del podio del TIFF, rivelando una consolidata frequenza tra le candidature e le vittorie del premio cinematografico più ambito della stagione.
 
Jojo Rabbit diventa quindi uno dei titoli da controllare nei prossimi mesi. In America uscirà il prossimo ottobre mentre in Italia si dovrà attendere fino a gennaio 2020. Parasite, invece, consolida la sua posizione in perfetto equilibrio tra cinema pop e autorialità. Dopo i riconoscimenti e le grandi accoglienze al Festival di Cannes e al Locarno Film Festival, infatti, la strada verso la stagione dei grandi premi sembra essere spianata per il film coreano.
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TIFF 44 – Parasite
La situazione di Marriage Story, invece, sembra essere leggermente più complessa. Nonostante sia stato uno dei più applauditi a Venezia, il film di Baumbach non ha convinto la giuria che al Lido non gli ha assegnato alcun premio di prestigio. Il secondo posto a Toronto, il primo tra i vinti, non è sicuramente rassicurante per un film che deve già affrontare le immortali polemiche legate alla produzione e distribuzione ad opera del colosso di Netflix. Baumbach, però, tornerà in scena con la presentazione al seguitissimo New York Film Festival tra poche settimane. Le quotazioni del film cresceranno? 
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TIFF 44 – Marriage Story
C’è comunque una certezza: con Tarantino al cinema e l’arrivo a breve di Joker, la corsa agli Oscar di quest’anno è più avvincente che mai!
 
Immagini tratte da:

www.polygon.it
www.hollywoodreporter.com

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22/9/2019

La mafia non è più quella di una volta: la recensione

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di Salvatore Amoroso
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Il documentario di Franco Maresco è un lavoro raffinato, impudente e spietato. Attraverso l'umorismo nero si scava nei meandri di una Sicilia mai sazia di omertà. Vincitore del Premio della Giuria a #Venezia76.

​Paese: Italia                                                      
Genere: documentario
Durata: 105 min
Anno: 2019
Regia: Franco Maresco
Sceneggiatura: Franco Maresco
Fotografia: Tommaso Lusena de Sarmiento
Musiche: Salvatore Bonafede
Casa di produzione: Ila Palma, DreamFilm
Distribuzione: Istituto Luce Cinecittà
Attori: Letizia Battaglia (se stessa); Ciccio Mira (se stesso); Franco Maresco (se stesso); Matteo Mannino (se stesso); Cristian Miscel (se stesso); Franco Zecchin (se stesso); Pino Maniaci (se stesso).

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Franco Maresco è tornato alla Mostra del cinema di Venezia, al suo fianco ritroviamo il temibile e ‘’brillantatore’’ Ciccio Mira (clip tratta da Belluscone), che già avevamo avuto modo di conoscere nel precedente Belluscone. Questa volta, però, l’interesse d’azione dell’ex Cinico Tv si sposta in un certo senso: partendo da una delle tante, discutibili esternazioni di questo impresario palermitano di cantanti neomelodici, organizzatore di feste di piazza, La mafia non è più quella di una volta appunto, Maresco si accorge che qualcosa non torna. Il racconto parte dal 25° anniversario delle stragi di Capaci e via D’Amelio, nel 2017. Il 23 maggio (per commemorare la morte di Falcone), in piazza a Palermo, si canta e si balla. Maresco prima chiede ai soliti “uomini comuni” cosa pensano di Falcone e Borsellino, ricevendo un bel “niente” come risposta (nel migliore dei casi). Allora decide di portare con sé Letizia Battaglia, la fotografa che con i suoi scatti ha raccontato le guerre di mafia, definita dal New York Times una delle “undici donne che hanno segnato il nostro tempo”: l’idea è chiara, riportare colei che meglio di chiunque altro ha saputo immortalare i terribili omicidi mafiosi (partendo da quello di Piersanti Mattarella, fratello di Sergio, attuale Presidente della Repubblica) su un terreno popolato da molti che, ancora oggi, negano l’evidenza. E che, oltretutto, rifiutano di riconoscere Falcone e Borsellino come eroi nazionali.
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​Il successivo 19 luglio, ricorrenza della strage di via d’Amelio (dove perse la vita Borsellino), al quartiere Zen di Palermo (tra le zone più depresse dell’intera città) qualcuno ha deciso di organizzare un evento irripetibile: “I neomelodici per Falcone e Borsellino”. Quel qualcuno, ovviamente, è Ciccio Mira. E Maresco non può lasciarsi sfuggire questa occasione.
Lo stile del regista siciliano è quello di sempre, inconfondibile spia di un disincanto capace di tirare fuori il meglio/peggio da qualsiasi suo interlocutore. Quello che interessa a Maresco, mai come stavolta, è portare a galla la perdita di memoria di un intero paese focalizzandosi ovviamente sul cuore di un territorio dal quale, invece, dovrebbe sempre mantenersi viva la pulsione verso un riscatto definitivo. E invece la statua eretta in memoria di Don Puglisi a Brancaccio ha una somiglianza inquietante con Berlusconi (come nota subito l’occhio agile della Battaglia), mentre Ciccio Mira, che viene messo in scena sempre e solo in bianco e nero, e il suo produttore Matteo Mannino, pur organizzando una serata in nome di Falcone e Borsellino ben si guardano di urlare o far urlare ai loro cantanti “Abbasso la mafia!”, ricordando però quante cose buone hanno fatto questi due eroi per la città di Palermo, “dall’illuminazione ai parchi, fino agli asili nido’’.
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È come sempre la contradditoria fiera dell’assurdo, popolata da new entries memorabili, come il cantante Cristian Miscel, ragazzo con evidenti problemi di natura mentale, “risvegliato dal coma dopo un incidente stradale grazie alla voce di Borsellino e Falcone” che lo esortavano ad “alzarsi e cantare”: speech e liriche incomprensibili, presenza scenica discutibile, ma come ricorda spesso la voce over di Maresco è un pupillo di Ciccio Mira. E quindi vale tutto. Si ride spesso, quasi sempre, come già accaduto con Belluscone e come è sempre successo con qualsiasi lavoro di Maresco (cosa che avveniva già dai tempi memorabili del fortunato sodalizio con Daniele Ciprì), ma è una comicità grottesca finalizzata a scovare una spiegazione all’interno di quello che lo stesso regista riconosce essere ormai diventato “uno spettacolo senza fine e senza alcun senso, dove la distinzione tra bene e male, tra mafia e antimafia, si è azzerato del tutto”. E se davvero La mafia non è più quella di una volta, “il merito” va semplicemente ascritto alla trattativa andata in porto con lo Stato. Che portò alla morte di Borsellino. E che dopo molti anni è stata finalmente riconosciuta in un’aula di giustizia. Maresco ricorda anche questo, si sofferma sul silenzio del presidente Mattarella. Ma gli porta “in soccorso” l’onnipresente Mira: “Il silenzio è nel DNA dei palermitani”.
Assistiamo al circo di uno show al tempo stesso esilarante e triste, goffo e lugubre. Lo sguardo di quel piccolo uomo in bianco e nero sembra scalfire le nostre coscenze più di mille lame. A salvarci ci pensa la raggiante Lisa. Le sue parole ci infondono coraggio e ci fanno ben sperare verso una Sicilia che non ha dimenticato i suoi eroi e non vuole partecipare a finte commemorazioni. Piuttosto, vuole continuare a combattere. Sempre geniale, cinico ma ormai quasi disperato, Franco Maresco. Che trova finalmente, il concorso della Mostra di Venezia. Ma che preferisce ancora una volta disertare. 
Immagini tratte da:

Locandina: Ansa.it
Immagine 1: La biennale di Venezia
Immagine 2: Ecodelcinema.it
Immagine 3: cinematographe.it

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15/9/2019

10 serie da vedere in settembre

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di Vanessa Varini
É arrivato settembre, il mese delle castagne, della cioccolata calda, dell'autunno, ma soprattutto del ritorno delle serie Tv. Ecco 12 serie di tutti i generi che vi consigliamo di guardare:

SERIE PAY TV

SKY ATLANTIC
Euphoria dal 26 settembre
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​Sbarca in Italia "Euphoria", la serie in 8 episodi che racconta in maniera esplicita le vicende di un gruppo di liceali tra droghe, sesso, ricerca della propria identità, amori e amicizia. Creata da Sam Levinson per il network HBO e basata sull'omonima miniserie israeliana ideata da Ron Leshem, Daphna Levin e Tmira Yardeni, "Euphoria" ha avuto un enorme successo negli Stati Uniti, conquisterà anche il pubblico di Sky?

AMAZON PRIME VIDEO
Made in Italy dal 23 settembre e poi su Canale 5
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​Gli appassionati di fiction non possono perdere "Made in Italy", la serie che racconta il boom della moda negli anni Settanta. La protagonista è Irene (Greta Ferro), originaria del Sud, che risponde ad un annuncio per la rivista “Appeal” e si ritrova improvvisamente catapultata nella redazione della rivista di moda dove conoscerà i grandi talenti del “made in Italy” Giorgio Armani (Raoul Bova), Rosita (Claudia Pandolfi) ed Ottavio Missoni (Enrico Lo Verso), Krizia (Stefania Rocca)...
La serie racconterà non solo l'evoluzione della moda negli anni Seventies ma anche i cambiamenti che avvengono nella società italiana di quel periodo. Da non perdere!

​NETFLIX

The I-Land dal 12 settembre
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​Avete nostalgia di "Lost"? Allora non perdetevi "The I-Land", che racconta la storia di dieci persone che si svegliano su un'isola deserta senza alcun ricordo di chi sono o di come sono arrivati. Riusciranno a tornare a casa? Nel cast spiccano Alex Pettyfer e Kate Bosworth.

Unbelievable dal 13 settembre
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Per i fan delle serie Tv ispirate a fatti realmente accaduti, Netflix trasmette "Unbelievable" con protagonista Marie, un'adolescente che denuncia di essere stata violentata da uno sconosciuto. Ha detto la verità? Per far luce sul caso arrivano due investigatrici. Nel cast Toni Collette e la giovane Kaitlyn Dever.

Disincanto dal 20 settembre
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​Tornano i restanti 10 episodi della serie per adulti ideata da Matt Groening, creatore di I Simpson e di Futurama con protagonista Bean, una principessa anticonvenzionale e trasgressiva. Da guardare se vi annoiano le fiabe tradizionali con la principessa in attesa di essere salvata del principe azzurro.

The Politician dal 27 settembre
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​Cercate una serie commedy? Guardate "The Politician" la nuova serie creata e prodotta da Ryan Murphy con un cast stellare da Gwyneth Paltrow a Jessica Lange. Il protagonista è Payton Hobart, uno studente di una scuola superiore di Santa Barbara, che attraverso una campagna elettorale a scuola, vuole diventare presidente del consiglio studentesco e un giorno addirittura presidente degli Stati Uniti.

SERIE TV IN CHIARO
RAI 1
Un passo dal cielo 5 dal 12 settembre
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​È passato un anno dagli eventi della quarta stagione e la serie, ambientata a San Candido, si rinnova: dieci puntate e non due episodi da 50 minuti e un grande mistero che ci accompagnerà per tutte le puntate. Nel cast ritroviamo la guardia forestale (Daniele Liotti), l'etologa Emma (Pilar Fogliati), il commissario Vincenzo Nappi (Enrico Iannello), Eva (Rocío Munoz Morales) e il "cattivo" Albert Kroess (Matteo Martari) più alcune new entry come Serena Autieri, Beatrice Arnera ("Romolo + Giuly) e Jenny De Nucci ("Il Collegio").


La strada di casa 2 dal 17 settembre
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​Alessio Boni torna nuovamente nei panni di Fausto Morra e verrà coinvolto in un altro misterioso caso: la fidanzata del figlio scompare il giorno prima delle nozze e Fausto dovrà indagare insieme al suo amico Ernesto (Sergio Rubini). Sei puntate in salsa mistery che terranno gli spettatori con il fiato sospeso!

Imma Tataranni - Sostituto procuratore dal 22 settembre
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​Arriva su RaiUno la nuova serie poliziesca ambientata a Matera, in Basilicata, "Imma Tataranni - Sostituto procuratore" la donna detective (qui interpretata da Vanessa Scalera) dal carattere forte e tenace nata dalla penna della scrittrice Mariolina Venezia. Avrà lo stesso successo di altri polizieschi d'autore come "Rocco Schiavone" o "I Bastardi di Pizzofalcone"?

RAI 4
Pagan Peak dal 22 settembre
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Gli amanti delle serie TV horror apprezzeranno "Pagan Peak", con protagonisti una detective tedesca, Ellie Stocker, e un poliziotto austriaco, Gedeon Winter, alle prese con delitti misteriosi che rievocano rituali pagani. Per una serata da brividi! 

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15/9/2019

Vox Lux: la recensione

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Presentato in concorso alla Mostra del Cinema di Venezia 2018, Vox Lux è una pellicola cinica e ambiziosa. Uno sguardo impietoso sulla deriva culturale e politica degli Stati Uniti e del mondo contemporaneo: la giovane Celeste, nel suo percorso da eroina a superstar pop, è Madonna, è Britney Spears, è Miley Cyrus, ed è soprattutto l’incarnazione di un vuoto dilagante, della mutazione genetica dei valori, della cancrena del mondo dello spettacolo  e non solo. 
Paese: USA                                                  
Genere: drammatico
Durata: 114 min
Anno: 2018
Regia: Brady Corbet
Sceneggiatura: Brady Corbet
Fotografia: Lol Crawley
Musiche: Scott Walker, Sia
Casa di produzione: Bold Films, Killer Films, Andrew Lauren Productions
Distribuzione: Eagle Pictures
Costumi: Keri Langerman
Attori: Natalie Portman (Celeste Montgomery); Raffey Cassidy (Celeste giovane / Albertine) Jude Law (manager); Stacy Martin (Eleanor); Jennifer Ehle (Josie); Maria Dizzia (Stephanie Dwyer); Christopher Abbott (giornalista).
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Erano elevate le attese per l’opera seconda di Brady Corbet, che nel 2015 aveva sbancato Orizzonti con l’ambizioso e potente The Childhood of a Leader. Tre anni dopo, potenza e ambizione restano intatte: Vox Lux è un lavoro complesso, stratificato, persino intricato. Martellante, come la sua colonna sonora. Impietoso nella sua analisi, nella lettura della realtà e della Storia recente. Una parabola morale, estetica, culturale. Una parabola ovviamente discendente. Vox Lux indaga i lati oscuri taciuti dall’innocuo A Star Is Born, è una sorta di trasversale biopic del pop e di Madonna (e Britney Spears, e Miley Cyrus). È l’America che ha perso ripetutamente la sua innocenza, tragedia dopo tragedia, risveglio dopo risveglio: una lenta ma inesorabile discesa morale che ha radici lontane, interne, come il brutale omicidio della famiglia Clutter (1959), la morte di JFK (1963), il Vietnam (1965/75) e poi, via via, fino all’11 settembre 2001 e oltre. Corbet unisce una lunga serie di puntini: il massacro della Columbine High School, le Torri Gemelle, l’agonia dell’informazione e del mondo dello spettacolo, la perdita dell’innocenza di una nazione, il dilagare del cinismo (social), la sconfitta del talento. Cinema di contenuti, ma anche di messa in scena, altrettanto ambiziosa, elaborata, spavalda. Tra gli altri, riecheggia prepotentemente Von Trier.
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1986. Madonna pubblica il suo terzo album, True Blue. Per la prima volta, un album di una cantante entra direttamente alla numero 1 nella Billboard Top 200. È nata una stella. Nello stesso anno, nella storia quasivera di VoxLux, nasce Celeste. 1999. I giovani Eric Harris e Dylan Klebold entrano a scuola, armati fino ai denti. È il 20 aprile, il giorno del tristemente noto massacro della Columbine High School. Lo abbiamo visto in Elephant di Gus Van Sant, lo ha raccontato a suo modo Michael Moore con Bowling for Columbine. In un’altra cittadina, in un’altra scuola, lo rimette in scena Corbet: lo vive, sopravvivendo, Celeste. La brava, buona, morigerata Celeste. Prologo, primo atto, secondo atto, epilogo. Vox Lux scandisce soprattutto il tempo degli Stati Uniti, le sue ferite visibili e invisibili. Anche quelle lontane, come l’attentato a Sousse (Tunisia), qui diventata Croazia. Spiaggia, mare, ombrelloni, mitra e cadaveri.

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Come nel precedente The Childhood of a Leader, la pellicola è cadenzata in atti. Una scelta elegante ma non gratuita, funzionale anche alle ampie ellissi narrative, ai balzi spazio-temporali, alle mutazioni fisiche, caratteriali, etiche. Come la voce narrante, evidentemente d’ispirazione trieriana è di Willem Dafoe, non sembra un caso, come la presenza di Stacy Martin. Una sequenza mirabile tra le tante: il soggiorno a Stoccolma, un passaggio fondamentale, il punto di non ritorno. Corbet lo risolve con la voce narrante che segue e illumina uno sfrenato fast forward: la ragazzina religiosa è pronta per costruire una nuova Chiesa. Genesi e Rigenesi. Primo e secondo atto. I passaggi da vittima a carnefice, da ragazzina di provincia a star del pop, sono intrisi di intuizioni estetiche e narrative. Forma e contenuto. Ancora una volta, preziosissime, le noti stordenti di Scott Walker. E poi la glaciale messa in scena del primo massacro, il dinamismo frenetico del secondo. Vox Lux accatasta una sorprendente quantità di materiale, di riflessioni e intuizioni. Riporta sullo schermo le Torri Gemelle, gioca con i suoi attori (Raffey Cassidy, giovane volto da seguire con attenzione), rallenta e accelera, tratteggia sconfitte e sconfitti che riportano a Viale del tramonto, a Eva contro Eva a È nata una stella. Ci mostra il dietro le quinte dello Show, ci mostra il trionfo del Nuovo Testamento di Celeste. Il trionfo del vuoto, del nulla. Il proseguimento del reaganismo, il tradimento degli anni Settanta. L’epilogo è abbagliante, come la performance di Natalie Portman nella sua triplice veste di Madonna/Spears/Cyrus. Lei che è stata il cigno di Aronofsky in Black Swan, lei che prosegue a vele spiegate il suo percorso di attrice totale, sempre più consapevole del proprio talento. 

Immagini tratte da:

Locandina: ComingSoon.it
Immagine1: ComingSoon.it
Immagine2: Cinematographe.it
Immagine3: www.xinhuanet.com
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14/9/2019

Speciale Venezia76: vincitori e vinti

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di Salvatore Amoroso
Anche quest’anno la redazione de ILTermopolio ha avuto l’onore di partecipare alla 76ma Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica. L’ennesimo successo della coppia Barbera-Baratta ha rinvigorito la manifestazione, aprendo a scenari futuri più che rosei. L’approfondimento odierno, primo di quattro appuntamenti, vi racconterà i premi assegnati. 
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Separare i festival dai verdetti delle loro giurie può essere un esercizio utile, anche se frustrante. Prendete Venezia 76: una buona Mostra, priva di folgorazioni, è vero, ma sostanzialmente percorsa in tutte le sue sezioni da opere di alto livello, con un Concorso in cui, se nessuno dei grandi autori convocati ha dato il meglio di sé, tutti insieme hanno saputo tenere elevato il contesto complessivo della manifestazione. Del resto si veniva da un’edizione di Cannes letteralmente miracolosa e i miracoli, si sa, sono tali perché non si ripetono: sul Lido si trattava di tenere la barra e fare bene, compito che Alberto Barbera ha, ancora una volta, svolto egregiamente. Poi arriva il gran finale, coi premi che, volenti o nolenti, sono quelli che mandano agli annali i festival e rischiano di rinchiudere nella gabbia del palmarès le tante argomentazioni di una selezione. Se poi ti ritrovi tra le mani una Presidente di Giuria che alla vigilia si prende libertà di parola inconcepibili e mette un po’ tutti , se stessa per prima, in imbarazzo, le cose si complicano alquanto. Ma a questo è meglio non pensarci, altrimenti di rischia di leggere vincitori e vinti sulla scia di dietrologie che lasciano sempre il tempo che trovano, e non è il caso. C’è però un Leone d’Oro andato al Joker di Todd Phillips che sa di rivoluzione. Barbera alla fine del festival ha dichiarato: ‘’questo verdetto interpreta lo spirito di quest’edizione e la risultante di un lavoro che abbiamo fatto con un obbiettivo, ovvero conciliare la natura e le esigenze di un cinema autoriale, rigoroso e di ricerca ma non solo. Il nostro unico orizzonte è la creatività dell’artista, e quel cinema rivolto al grande pubblico’’.
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C’è anche il caso che divide critici e giornalisti che a distanza di giorni dalla chiusura del festival tiene ancora banco: perchè non premiare l’audace opera di Pablo Larrain? Ema, film perfettamente disfunzionale, spiazzante e appassionante, che è cresciuto di giorno in giorno nelle valutazioni dei festivalier, ma evidentemente non in quelle della Giuria, che l’ha bellamente ignorato. I misteri del festival non finiscono, il suo bello infatti è anche questo e allora come non parlare dell’esordiente  australiana Shannon Murphy, che con Babyteeth ha convinto sotto molti aspetti, ma che ha portato a casa un pur sacrosanto Premio Mastroianni al suo giovane interprete, Toby Wallace. Inutile pensare a James Gray, il cui Ad Astra è rimasto ampiamente incompreso sul Lido, né al Kore-eda di La verité, film d’apertura troppo presto dimenticato, o al Soderbergh di The Laudromat, snobbato dai più. Ci sarebbe stato anche l’eccellente Baumbach di Marriage Story, ma l’etichetta Netflix sul Leone veneziano per il secondo anno di seguito sarebbe stata forse fuori misura. E così è stato il turno di Joker, un buon film, d’accordo, a patto che sia chiaro che non sta certo al livello dei due Leoni da Oscar precedenti, Roma e La forma dell’acqua: Todd Phillips non è né Cuaron né, men che meno, Guillermo Del Toro. 
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Altra grande sorpresa di questo festival sono gli italiani in concorso. Ne parleremo più approfonditamente nel prossimo speciale Venezia76, ma intanto bisogna precisare che Martin Eden avrebbe sicuramente meritato qualcosa in più della pur opportuna Coppa Volpi a Luca Marinelli. L’entusiasmo generale del Lido per La mafia non è più quella di una volta, testimonia che Franco Maresco non smette mai di fare cinema di un certo livello. Lo zampino dell’unico giurato italiano Paolo Virzì, ha garantito al film un Premio Speciale della Giuria che di sicuro non sfigura. In zona concorso Orizzonti, intanto, la Presidente Susanna Nicchiarelli ha indiscutibilmente fatto centro, premiando l’eccellente Atlantis dell’ucraino Valentyn Vasyanovych, così come Emir Kusturica non ha certo sbagliato consegnando il Premio Venezia Opera Prima a You Will Die At 20 del sudanese Amjad Abu Alala, golden kid del cinema da tenere sicuramente d’occhio. In tutto questo, va detto, il vero vincitore resta l’evento nel suo complesso: la 76ma Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica è stata un successo: sotto il profilo mediatico, sotto quello logistico e organizzativo, non da ultimo sotto quello artistico. Ormai si può dire: Alberto Barbera e Paolo Baratta hanno fatto il miracolo di salvare e portare a nuovo successo una manifestazione che non troppi anni fa rischiava seriamente di avere gli anni contati. La loro Mostra è non solo viva ma anche vivace, serena e accogliente. Intano la notizia è che le date annunciate per la 77ma Mostra, quella del 2020, sono 2-12 settembre, ovvero una settimana più avanti del solito. Si tratta di capire se è una sfida diretta a Toronto o solo di un aggiustamento del calendario internazionale dei festival.

Immagini tratte da:
Immagine1: Rai.it
Immagine2: MyRedCarpet.it
Immagine3: LaRepubblica.it

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