di Matelda Giachi
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Genere: Animazione
Anno: 2020 Durata: 100 min Regia: Pete Docter Sceneggiatura: Pete Docter, Mike Jones Cast: Paola Cortellesi, Neri Marcorè, Jonis Bascir, Paola Egonu, David Blank, Paola Turani, Marta Losito, Jamie Foxx, Giulia Penna, Tina Fey, John Ratzenberger, Phylicia Rashad, Daveed Diggs, Ahmir-Khalib Thompson Musica: Trent Reznor, Atticus Ross Produzione: Pixar Animation Studios, Pixar Animation Studios, Walt Disney Pictures Distribuzione: Disney Pixar Paese: USA
Sbarca su Disney Plus il nuovo lavoro di Pete Docter, già inconfondibile regista e sceneggiatore di Inside Out ma anche di Up e Monsters & co. Di Inside Out, Soul riprende la grafica e la struttura quanto un contenuto molto adulto espresso per immagini animate. Per come ha inizio invece, sembra quasi richiamare Coco e il tema dell’Aldilà. In realtà si rivela poi essere una riflessione molto più ampia e complessa sull’anima, su cosa la forma e che cosa la nutre o, al contrario, la distacca.
Joe Gardner insegna musica alle scuole medie ma sogna da sempre una carriera da musicista Jazz. Proprio quando si manifesta la possibile svolta agognata, in un attimo di distrazione, precipita in un tombino e il suo tempo sulla Terra sembra essere finito. La sua anima si ritrova in una specie di dimensione quantica di passaggio ed è proprio a questo punto che il film ha veramente inizio ed è ancora qui che interrompiamo il racconto della trama per non togliere niente allo spettatore. Soul è una storia originale che nasce da una profonda introspezione del suo stesso autore; quell’introspezione forzata a cui tutti, con il dilagare di una pandemia globale, siamo stati costretti. Qualcuno l’ha rifiutata, qualcuno l’ha abbracciata e qualcuno ne ha addirittura fatto arte. Cos’è che rende l’anima pronta a vivere? Qual è la sua scintilla, la sua vocazione? Ed è questa il solo e unico vero motore dell’esistenza? Il protagonista lo scoprirà attraverso un viaggio che lo obbliga ad un deciso cambio di prospettiva.
Da sempre la Disney fa uso dell’animazione per veicolare grandi messaggi e qui Pete Docter, che non si rivolge mai ad un’unica fascia di età di pubblico ma vuole “parlare ai bambini quanto ai nonni”, ha trovato la sua casa. Soul è definibile come il film del 2020. Vanta un alto livello di animazione figlio di grande creatività, ha una trama originale che si intreccia e poi dipana attraverso numerosi plot twist mai scontati; affronta temi profondi, potremmo dire filosofici, ma bilancia tutto con la giusta dose di ironia e risate, che sono state poi il marchio di fabbrica dei lavori della Pixar per molti anni. Equilibrato nella durata, delicato, presenta in tutto e per tutto i requisiti del cinema di qualità. Ma Soul è il film del 2020 anche e soprattutto per qualcosa che trascende la sua realizzazione. E’ un film che invita a riappropriarsi della propria anima attraverso la riscoperta del valore delle piccole cose, quelle che diamo per scontate, in un periodo storico in cui l’umanità si trova deprivata di qualsiasi prospettiva di grandiosità e lungo termine. Il suo punto di forza sta nell’originalità di staccarsi dalla bellissima ma inflazionata retorica sul perseguire un sogno e si focalizza invece sul godersi il cammino. Sul momento quasi deludente ma in realtà molto congruente il finale lasciato aperto, in cui non ci è dato sapere quali decisioni prenderà il protagonista riguardo la propria vita. Tutto quello che conta davvero, è che ora è pronto a viverla.
Voto: 8,5
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di Federica Gaspari ![]() Paese: Stati Uniti Anno: 2020 Genere: fantascienza, azione, avventura Episodi: 8 Durata: 31-52 min Ideatore: Jon Favreay Regia: Jon Favreau, Peyton Reed, Bryce Dallas Howard, Carl Weathers, Dave Filoni, Robert Rodriguez, Rick Famuyiwa Cast: Pedro Pascal, Timothy Olyphant, Temuera Morrison, Katee Sackhoff, Rosario Dawson, Ming-Na Wen, Giancarlo Esposito Il 2020 ha saputo sferrare un colpo terribile al mondo dell’intrattenimento, in particolare del cinema. Gli effetti di uno sconvolgimento economico e sociale di dimensioni globali sono ben visibili in un settore che già da diversi anni ha avuto la necessità di reinventarsi con nuove modalità di distribuzione e produzione. Questi ultimi mesi hanno portato non solo l’industria ma anche il pubblico a interrogarsi sul tipo di narrazioni che in futuro troveranno spazio sul grande e – soprattutto – piccolo schermo, ormai diventato il punto di riferimento per le nuove prospettive – commerciali e non – dello storytelling. Alla luce delle recenti prese di posizione e dichiarazioni di intenti di colossi come Warner Bros e Disney sul destino della distribuzione in sala, è quindi inevitabile volgere lo sguardo in direzione delle piattaforme di home entertainment, divenute terreno di conquista proprio delle grandi major alla ricerca di nuove opportunità – spesso attraverso collaudati franchise – per formulare nuove regole del gioco in un ambiente alle prese con significativi cambiamenti. Per tutte queste ragioni, la seconda stagione di The Mandalorian, da poco conclusasi su Disney+, rappresenta un titolo chiave per comprendere il destino di molti nuovi universi narrativi non solo collegati alla galassia di Star Wars. Dopo una prima serie di episodi che hanno lasciato il segno a fine 2019, lo show curato da Dave Filoni e Jon Favreau ha regalato a fan e non ulteriore materiale sorprendente che ha portato su un altro livello la qualità della produzione, prendendosi qualche rischio e scommettendo sul futuro. Le minacce che incombono sul Bambino non lasciano tregua al Mandaloriano (Pedro Pascal) e alle sue pericolose incursioni sui più disparati pianeti della galassia lontana lontana. Il suo viaggio continua con una serie di nuovi incontri sorprendenti in un universo popolato da grandi personaggi dell’epopea di Star Wars. Tra volti familiari e nuovi ingressi in squadra, un inedito incredibile capitolo della storia iniziata nel lontano 1977 si apre così all’orizzonte. La squadra di creativi e tecnici alla produzione di The Mandalorian si allarge e, questa volta, schiera anche alla regia nomi del calibro di Peyton Reed, Bryce Dallas Howard e Robert Rodriguez. Un gruppo di sguardi così variegato dietro alla macchina da presa rende possibile un processo creativo frizzante e dinamico in grado di spaziare tra molti generi anche decisamente differenti tra loto. L’impianto stilistico squisitamente western sorretto dalle gustose quest settimanali che scandiscono ogni passaggio della trama orizzontale si intreccia così con missioni ad alto tasso action e con viaggi nella secolare narrativa orientale del wuxia. Queste scelte nella messa in scena tuttavia non appaiono mai pretestuose bensì risultano estremamente funzionali allo sviluppo dei percorsi dei vari personaggi in gioco nonché della storia stessa. Un finale impreziosito dalle composizioni musicali del premio Oscar Ludwig Goransson incorona un’intera stagione ricca di personaggi sfaccettati e curati, iconici sin dal primo istante in scena. La necessità di ricorrere in estremis ancora all’ormai inflazionata famiglia centrale alla saga originale non compromette il risultato finale che, anzi, diventa il simbolo di un atteso passaggio di testimone – nelle vesti adorabili di Baby Yoda – che segna le sorti di un fenomeno culturale capace di unire generazioni, comprendendo finalmente la giusta direzione per reinventarsi – inaugurando anche un universo che intratterrà a lungo il pubblico di appassionati e non. Immagini tratte da: www.disneyplus.com di Vanessa Varini ![]() Titolo: "Braven - Il Coraggioso" Paese di produzione: Stati Uniti d'America Anno: 2018 Durata: 94 Genere: thriller Regia: Lin Oeding Sceneggiatura: Mike Nilon, Thomas Pa'a Sibbet Interpreti e personaggi: Jason Momoa (Joe Braven); Stephen Lang (Linden Braven); Garret Dillahunt (Kassen); Jill Wagner (Stephanie); Sasha Rossof (Charlotte Braven); Brendan Fletcher (Weston); Sala Baker (Gentry); Zahn McClarnon (Hallett); Steve O'Connell (Sceriffo Cal Osser) In una cittadina al confine col Canada, il taglialegna Joe Braven (Jason Momoa), sposato e con una figlia, decide di passare una tranquilla giornata in compagnia del padre malato di Alzheimer, nella baita in montagna di sua proprietà. Lì dentro però un collega di Joe e un criminale hanno nascosto una partita di droga con l'intenzione di andarla a riprendere insieme ad una banda di trafficanti. Il giorno dopo il gruppo reclama la droga così Joe e suo padre sono costretti a difendersi e anche a proteggere la piccola Charlotte, figlia di joe, che si era nascosta nell'auto. La trama di "Braven - Il coraggioso" non è innovativa, quanti film abbiamo visto con i protagonisti barricati in casa per sfuggire ai cattivi? Troppi e qui il copione non cambia. Infatti il nonno di Charlotte e padre di Joe si arma con il fucile (ha una mira infallibile) per far fuori i nemici che assediano la baita, mentre Joe, dopo aver assaltato alcuni nemici armato con frecce (in stile Robin Hood), un'ascia e alcuni coltelli (in stile Rambo), conduce alcuni trafficanti nel bosco per ucciderli anche a mani nude. Charlotte, invece, su richiesta del padre, si aggira in solitaria per il bosco, che neanche cappuccetto rosso, per raggiungere il cucuzzolo più alto della montagna e cercare campo. Sì forse è per questo motivo che il film è vietato ai minori di 14 anni, non per le scene violente che poi non sono così sanguinose. Charlotte non telefona alla polizia ma alla mamma che si dimostrerà una bravissima arciere da far invidia a Merida del cartone Disney "Ribelle - The Brave", mentre i poliziotti accorreranno sul posto solo successivamente e il loro intervento si rivelerà piuttosto inutile dato che la famiglia Braven è più abile di loro. Se la trama non brilla per originalità ad emergere sono i meravigliosi paesaggi montani del Canada e l'attore hawaiano Jason Momoa, perfetto nei panni di un eroe senza macchia e paura, un ruolo che aveva interpretato anche in "Aquaman" (anche se Arthur Curry era un supereroe, figlio della regina di Atlantide e di un umano). "Braven - Il Coraggioso" è il film perfetto per una serata non impegnativa.
IL FILM SI PUÒ VEDERE FINO AL 28 DICEMBRE SU MEDIASET PLAY O SU AMAZON PRIME PER GLI ABBONATI INFINITY Immagini tratte da: https://eaglepictures.com https://www.dituttounpop.it https://www.mediasetplay.mediaset.it/ Di Federica Gaspari ![]() Genere: drammatico, horror, thriller Anno: 2020 Regia: Gerard Bush, Christopher Renz Attori: Janelle Monae, Eric Lange, Jena Malone, Jack Huston, Kiersey Clemons, Tongayi Chirisa Sceneggiatura: Gerard Bush, Christopher Renz Fotografia: Pedro Luque Produzione: QC Entertainment, Lionsgate Films Paese: Stati Uniti Durata: 105 min Il lavoro alla produzione e alla regia svolto da Jordan Peele negli ultimi anni ha saputo stravolgere come un fulmine a ciel sereno il mondo dell’intrattenimento, portando in scena tematiche estremamente delicate e urgenti grazie al cinema di genere e a dinamiche reinventate per l’occasione. È stato il caso del pluripremiato Get Out che ha segnato un’intera stagione cinematografica aprendo nuove strade per molteplici narrazioni e, soprattutto, prospettive. Tra i più recenti sforzi alla produzione di Peele vi è anche Antebellum, titolo letteralmente agguerrito che interpreta perfettamente la lezione appresa dal suo illustre predecessore. Anticipato da un misterioso quanto intrigante e suggestivo trailer, il film ha finalmente fatto il suo debutto anche in Italia, approdando direttamente nel catalogo di Prime Video. Non ci sono quindi più scuse per recuperare questa strana creatura estremamente coraggiosa nonostante alcuni limiti tecnici. Una giovane donna afroamericana lavora duramente in una piantagione di cotone statunitense dove quotidianamente prova sulla sua pelle ogni tipo di violenza fisica e psicologica in uno stato di disumana schiavitù. Quella donna, in realtà, è Veronica Henley (Janelle Monae) autrice di successo e attivista impegnata nella lotta per i diritti delle donne e della comunità afroamericana. Cos’hanno in comune queste due versioni della protagonista? Quale verità o mistero si nasconde dietro a queste due vite apparentemente così diverse? Per il loro esordio alla regia cinematografica Bush e Renz tolgono ogni freno e filtro scegliendo di raccontare una storia esplosiva e colma di rabbia che diventa così il perfetto riflesso di una società che vuole risvegliarsi e cambiare le dinamiche che la governano da decenni con rapporti squilibrati e ormai ingiustificabili. Antebellum affronta così sin dai primi minuti il grande peccato della storia statunitense, immergendosi nel torbido palcoscenico dell’America degli anni immediatamente precedenti alla guerra civile in cui centinaia di uomini e donne venivano private della loro libertà, dignità e, soprattutto, identità per lavorare nei campi di cotone. Questa raffigurazione tuttavia nel film è legata a doppio, grazie a un buon escamotage narrativo, all’attualità in cui ancora si fatica ad accettare rappresentati di minoranze in ruoli di prestigio. Il film riesce ad avventurarsi con grande efficacia e lucidità tra le sfumature di un controverso legame tra presente e passato, portando sullo schermo un risultato scoppiettante nonostante alcune ruvide imperfezioni di forma. La sceneggiatura curata dagli stessi registi, infatti, appare estremamente sbilanciate nelle sue parti. In un primo momento, con divagazioni a tratti pretenziose, sembra perdere di vista il vero obiettivo della narrazione, faticando anche nel tessere gli intrecci del colpo di scena centrale. Fortunatamente una grande protagonista come Janelle Monae, camaleontica e magnetica in ogni ruolo, porta sulle sue spalle l’intera narrazione, supportando e sostenendo la svolta della storia che riporta finalmente sui giusti binari una pellicola che risulta comunque sorprendente grazie anche a una cura per la messa in scena decisamente fuori dall’ordinario. Un cast di personaggi secondari solamente abbozzati – Jena Malone sprecata in una piccola parte che prometteva di più – viene fortunatamente affiancato a una protagonista splendente che saprà far appassionare alla storia anche gli spettatori più scettici.
Immagini tratte da: www.primevideo.com
di Matelda Giachi
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Genere: Commedia, Musicale
Anno: 2020 Durata: 106 min Regia: Ryan Murphy Sceneggiatura: Chad Beguelin, Bob Martin Cast: Meryl Streep, Nicole Kidman, Kerry Washington, Keegan Michael Key, Andrew Rannells, Ariana DeBose, Mary Kay Place, Tracey Ullman, James Corden, Kevin Chamberlin, Jo Ellen Pellman Fotografia: Matthew Libatique Montaggio: Peggy Tachdjian, Danielle Wang Musica: Matthew Sklar Produzione: Netflix, Ryan Murphy Productions Distribuzione: Netflix Paese: USA
The Prom è l’adattamento di un musical di Broadway. Quattro star sono alle prese con il fallimento della propria carriera perché il loro atteggiamento da divi non li rende gradevoli e simpatici né al pubblico né alla critica. Alla ricerca di una causa a cui votarsi per rilanciare la propria immagine, che sia alla portata delle loro capacità, si imbattono nel tweet di una ragazza dell’Indiana in piena protesta perché il ballo della scuola è stato cancellato per impedire che lei vi possa partecipare accompagnata… da un’altra ragazza. Salgono quindi su un autobus sgangherato, metafora del declino lavorativo che stanno attraversando, e partono alla volta della piccola cittadina in cui risiede la giovane Emma.
Ryan Murphy è un regista e produttore instancabile, sempre alle prese con un nuovo progetto. Dopo la Fox, ha trovato una nuova casa con Netflix per la quale ha già prodotto la serie The Politician, la miniserie Hollywood e il film The Boys in the Band. The Prom rappresenta anche il suo ritorno dietro la macchina da presa; un progetto che ha iniziato a prendere corpo non appena visto il musical originale. E di Ryan Murphy il film ha tutto dentro, in primis la lotta verso l’intolleranza e la valorizzazione della diversità, ma anche l’amore per la musica e lo spettacolo per cui The Prom diventa quasi un Glee in versione cinematografica. Non ultima quella caratteristica per cui o lo ami o lo odi: tutto è portato all’eccesso.
La storia è di per sé molto semplice, scorre senza particolari colpi di scena e termina in modo quantomeno prevedibile. Il suo svolgimento però è molto vecchia Broadway, nei confronti della quale il film è anche un omaggio continuo, soprattutto nelle musiche, assolutamente spettacolari, che richiamano Chicago, All that Jazz, Wicked e molti altri classici. E proprio lo spettacolo è il punto di forza dell’opera, oltre ad un cast eccezionale tra cui svetta la regina Meryl Streep, tre i primi attori che Murphy ha voluto reclutare per il suo progetto. Di lei il regista ha detto “volevo che lei rappasse”. E, signori, così è stato. Pare anche che Meryl se la sia cavata talmente bene da far si che fosse già “buona la prima”. Ancora una volta, gli Oscar per lei non sono mai abbastanza. Il carattere della Streep è anche quello più interessante, l’unico che, nel corso dell’opera, affronta una vera evoluzione, che passa attraverso il fallimento, altro tema caro a Murphy. Più marginale la parte di Nicole Kidman che però i suoi minuti li sfrutta davvero a pieno. James Corden è stato invece molto criticato per la caratterizzazione stereotipata che ha dato al proprio personaggio. La stereotipizzazione è innegabile quanto eccessive le critiche; vi è anche una dolcezza che in pochi hanno colto e apprezzato. Jo Ellen Pellman è però la vera rivelazione: senza essere mai stata davanti ad un obiettivo, è incredibile come si destreggi per scene che la vedono quasi sempre messa a confronto con numerosi mostri sacri hollywoodiani senza il minimo problema.
The Prom è principalmente spettacolo, intrattenimento, lieto fine. Ma, più in profondità, è anche speranza, è ottimismo, a tratti forse ingenuo ed eccessivo, che, trovando il modo di comunicare, le persone possano diventare unite per cambiare il mondo. Per chi ama i musical, davvero molto gradevole.
Voto: 7,5 di Vanessa Varini ![]() Titolo: "L'Alligatore" Paese: Italia Anno: 2020 Genere: noir Episodi: 8 Durata: 50 min (episodio) Regia: Daniele Vicari, Emanuele Scaringi Sceneggiatura: Andrea Cedrola, Laura Paolucci, Massimo Carlotto Interpreti e personaggi: Matteo Martari (Marco Buratti Alligatore); Thomas Trabacchi (Beniamino Rossini); Valeria Solarino (Greta); Gianluca Gobbi (Max la Memoria); Fausto Maria Sciarappa (Tristano Castelli); Eleonora Giovanardi (Virna) Marco Buratti, detto Alligatore, viene incarcerato per un reato che non ha commesso e passa sette anni in galera pur di salvare la pelle al suo amico Max la Memoria, il quale aveva assistito a un omicidio nei pressi di un allevamento di animali. Quando esce di prigione viene ingaggiato dall’avvocato Foscarini per cercare Alberto Magagnin, sua vecchia conoscenza del carcere ora in semilibertà. Da quel momento in poi verrà suo malgrado coinvolto in indagini ai limiti della legalità, pur di salvare dal carcere altre persone innocenti. Lo aiuteranno il contrabbandiere Beniamino Rossini e lo stesso Max. Se amate le serie noir e gli investigatori scorretti non perdete la serie tv "L'Alligatore", basata sui romanzi crime di Massimo Carlotto, in onda ogni mercoledì alle 21:20 su Rai 2 per quattro serate (tutti gli episodi si possono recuperare anche su RaiPlay). L'Alligatore è proprio il protagonista, interpretato dal convincente attore veronese Matteo Martari, famoso per i suoi ruoli d'antagonista in alcune fiction Rai, che deve il suo soprannome al fatto di essere stato il front man della band musicale Old Red Alligator e perchè si muove come un coccodrillo a pelo d'acqua tra azioni legali e illegali. L'acqua poi nella serie è un elemento fondamentale, anche se non è apprezzata dall'Alligatore che vuole bere solo alcolici: molte scene sono ambientate sotto la pioggia e l'ambientazione degli episodi è la laguna veneta, tra paludi e mare che ricorda molto New Orleans, non a caso la patria del blues, musica che suonava Marco Buratti e colonna sonora della fiction. Punto di forza della serie è proprio lui, Buratti, un uomo molto provato dall'esperienza in carcere, un alcolista (adora il liquore Calvados) che non riesce a dimenticare la sua ex Greta (Valeria Solarino) e un investigatore fuori dagli schemi che parla con un accento veneto molto marcato e un po' buffo. Per certi aspetti ricorda l'ispettore Rocco Schiavone dell'omonima serie tv (anche Rocco era molto tormentato, al posto dell'alcool sniffava spinelli e non riusciva a superare la morte di sua moglie). Pure il suo collaboratore Beniamino Rossini non è proprio uno stinco di santo, è un pericoloso contrabbandiere dai metodi spicci e molto violenti (interpretato da un inedito e sorprendente Thomas Trabacchi) Questa serie non è per tutti, è dark, a tratti violenta, i casi sono intricati, i dialoghi sono coloriti e conditi da parolacce (come "L'ispettore Coliandro"). "L'Alligatore" è una fiction coraggiosa che non è ancora stata premiata dagli ascolti, ma merita assolutamente di essere vista.
LA SERIE SI PUÒ GUARDARE SU RAIPLAY: https://www.raiplay.it/programmi/lalligatore FOTO TRATTE DA: https://www.movietele.it/ https://www.tvblog.it/ https://www.comingsoon.it/ Di Federica Gaspari ![]() Genere: thriller, azione, commedia Anno: 2019 Regia: Guy Ritchie Attori: Matthew McConaughey, Charlie Hunnam, Henry Golding, Michelle Dockery, Jeremy Strong, Eddie Marsan, Colin Farrell, Hugh Grant Sceneggiatura: Guy Ritchie Fotografia: Alan Stewart Produzione: Miramax Paese: Regno Unito, Stati Uniti Durata: 113 min La regia di un grande progetto della scuderia Disney può rappresentare un punto di non ritorno per una carriera, sia in senso positivo che negativo. Alcuni film della casa di Topolino hanno saputo rivelare a un pubblico estremamente ampio il talento di uno sguardo fresco e insolito dietro la cinepresa. Altre pellicole, invece, hanno visto il coinvolgimento di grandi nomi con risultati spesso meno audaci e, talvolta, anche mediocri. Tra gli ultimi registi caduti nella fitta rete della capillare offerta firmata Disney figura anche Guy Ritchie che, con i suoi lavori sul grande schermo a cavallo tra gli anni Novanta e Duemila, si è affermato sulla scena internazionale con una forte e riconoscibile impronta stilistica e narrativa. La versione live-action di Aladdin, con un’accoglienza tiepida più preoccupante di mille stroncature, nel 2019 ha rappresentato un capitolo decisamente insipido nella filmografia di Ritchie, da sempre caratterizzata da toni accesi e scelte fortemente in linea con uno spirito a metà tra lo scanzonato e l’adrenalinico. Con The Gentlemen, distribuito in esclusiva in Italia da Amazon Prime Video, il regista sembra volersi riappacificare con la sua anima creativa più fervente, confezionando uno dei titoli più riusciti della sua intera produzione. Michael “Mickey” Pearson (Matthew McConaughey) è un uomo brillante e abile che negli anni ha saputo costruire con le sue capacità una fitta rete di contatti per il suo impero illegale costruito sul traffico di marijuana. La sua fortuna e il suo successo è dovuta alla sua capacità di trovare accordi con delle casate nobiliari britanniche in rovina disposte a tutto pur di sostenere le loro continue spese. Un cambio di programma, la decisione di passare il testimone all’eccentrico miliardario Berger (Jeremy Strong), innescherà una catena di eventi caotici che coinvolgeranno i suoi collaboratori più stretti e l’astuta moglie Rosalind (Michelle Dockery). Il regista britannico lascia alle spalle budget con restrizioni artistiche e reinterpretazioni moderne di classici per indossare il suo abito preferito, quello da “tamarro con panciotto”. The Gentlemen, infatti, torna alle radici della sua visione di cinema senza pretese, senza ambizioni morali o poetiche, riportando in scena il piacere – e soprattutto lo spasso senza freni – di raccontare una storia densa di eventi, a tratti sconclusionata e sopra le righe ma irrimediabilmente divertente e divertita, un vero gioiellino per gli appassionati del genere gangster contaminato dalla commedia più crudele. Per raggiungere il suo obiettivo, Ritchie si circonda di un nutrito cast di star coniugate soprattutto al maschile. In un gruppo di grandi interpreti, premi Oscar e non solo come Matthew McConaughey, Jeremy Strong, Colin Farrell e Charlie Hunnam, risplende comunque il talento acuto e tagliente di Michelle Dockery, estremamente incisiva in un ruolo in netto contrasto con quello di Downton Abbey per cui è divenuta celebre. Con una sceneggiatura ridotta all’osso, giocata soprattutto su mirati flashback e colpi di scena, il film viene affidato quasi interamente alla pluralità di voci in gioco e al senso di elegante caos che avvolge piacevolmente la visione. L’ultima creatura bizzarra e godibile di Ritchie si rivela così come una delle narrazioni più scanzonate dell’anno, capace anche di osare in alcuni passaggi sfidando il politically correct, posizionandosi perfettamente a metà strada tra l’eleganza e la classe di Operazione U.N.C.L.E. e la sfacciata e compiaciuta azione di Snatch.
Immagini tratte da: www.primevideo.com |
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Giugno 2023
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