di Matelda Giachi
“L’arte era la sua voce”.
Così recita il promo di Volevo Nascondermi, il film di Giorgio Diritti che è stato presentato in concorso alla Berlinale questo febbraio. Diritti ci racconta la storia del pittore Antonio Ligabue, conosciuto per i colori sgargianti e la passione per gli animali selvatici. Una vita travagliata, fatta di povertà, disordini mentali e incapacità di comunicare. Finché un giorno non scopre una tavolozza di colori e pittura e scultura come mezzi di espressione. Un film biografico che cerca di esplorare tutti i lati della vita del pittore, saltando avanti e indietro nel tempo. Il film di per sé è imperfetto, dal coinvolgimento incostante; a volte sfiora la poesia, a volte invece è troppo freddo, e che vuole strafare con un finale scenografico laddove la semplicità poteva essere la chiave. E poi c’è Elio Germano. A decretare l’eccezionalità della sua performance ci ha già pensato la giuria della Berlinale, capitanata niente meno che da Jeremy Irons, che gli ha assegnato l’Orso d’Argento come miglior attore. Un premio che vale più di mille parole, perché, a Berlino, il talento vince sul glamour. Germano aveva ben poco su cui lavorare, le testimonianze che riguardano la vita di Ligabue non sono molte e così l’attore ha dovuto lavorare molto di costruzione propria. La sua è una recitazione a tutto tondo, fatta di parole, postura e mimica. Un artista, un poveraccio, un emarginato con problemi di linguaggio. Elio Germano non è mai sopra le righe, neanche quando il suo personaggio urla di rabbia o imita il verso della tigre. Quello che colpisce del soggetto, e che Germano ha saputo rendere così concreto da entrare nel cuore dello spettatore, è la sua voglia di esserci, di mordere la vita, nonostante i problemi, la sua condizione e la sua, assolutamente consapevole, bruttezza. Ligabue colleziona moto, vuole sposarsi, ha uno sguardo penetrante, deciso; ha un cuore che batte forte a dispetto di qualsiasi sopruso e, soprattutto, è consapevole di sé e del proprio valore di artista e lotta, come le tigri che dipinge, per farsi apprezzare e riconoscere tale valore. “Elio Germano è da Orso”, abbiamo pensato uscendo di sala. E così è stato. Il premio all’attore italiano è un premio al talento, all’impegno, all’arte. Dopo Marinelli a Venezia, e insieme alla vittoria dei fratelli D’Innocenzo per la sceneggiatura di Favolacce, un altro segnale forte e chiaro che il cinema italiano di qualità c’è e vuole, anche lui, farsi riconoscere. Voto: 7
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Giugno 2023
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