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2/10/2016

Cafè Society: recensione del film di Woody Allen

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Al cinema dal 29 Settembre l’ultima fatica dell’instancabile Woody, una storia d’amore anni 30’ molto malinconica ambientata tra la nevrotica New York e la scanzonata California.
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​di Salvatore Amoroso
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Titolo originale: Cafè Society
Paese di produzione: USA
Anno: 2016
Durata: 96 min
Genere: Commedia sentimentale
Regia: Woody Allen
Sceneggiatura: Woody Allen
Casa di produzione: Gravier Production
Distribuzione: Warner Bros
Fotografia: Vittorio Storaro
Costumi: Suzy Benzinger
Scenografia: Santo Loquasto
Cast: Jesse Eisenberg, Kristen Stewart, Steve Carrell,
Blake Lively, Parker Posey, Jeannie Berlin, Sari Lennick

Anni 30’, New York, la città preferita del maestro, il giovane Bobby Dorfman (Jesse Eisenberg) rampollo di una famiglia ebrea che ama molto la "vita facile", decide di non seguire le orme del burbero padre e si trasferisce dallo zio Phil (Steve Carrell) indaffarato produttore e agente nel mondo del cinema, a Los Angeles.
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Qui sotto il sole della Città degli Angeli conoscerà la gioia e la bellezza della "cafè society", ovvero il mondo glamour e sofisticato popolato da intellettuali e artisti. Il timido Bobby affascinato da questo nuovo modo di vivere conoscerà ben presto pure l’amore, sarà decisivo infatti l’incontro con la segretaria dello zio, la bella Vonnie (Kristen Stewart) che non ha solo rapito il cuore dell’impacciato giovanotto ma anche quello dello zio. I due giovani iniziano a frequentarsi e a uscire sempre più spesso, ma proprio quando Bobby decide di rivelare i suoi sentimenti alla ragazza dei suoi sogni, quest’ultima lo respinge, preferendo all’umile giovane la sicurezza economica e il potere di Phil.
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I due si rivedranno anni dopo, quando Bobby è divenuto il proprietario di uno dei locali più all’avanguardia di New York, ereditato dal fratello gangstar. Ormai il tempo ha fatto la sua parte, i due si ritrovano a condividere i ricordi nostalgici della fulgida giovinezza ormai lontana, rimangono solo i dolorosi rimpianti, si avverte forte il desiderio di aver voluto vivere una vita diversa da quella vissuta. Pellicola numero 46 per il cineasta newyorkese e film d’apertura della 69 edizione del Festival di Cannes, che si presenta in gran spolvero e con un nuovo direttore della fotografia, il premio Oscar italiano Vittorio Storaro (Apocalypse Now, l’Ultimo Imperatore) che non fa altro che confermare il suo incredibile talento, regalandoci una fotografia ricercata che è una vera e propria gioia per gli occhi degli spettatori. La pellicola è l’ennesimo prodotto della fantasia del nostro Woody, come sempre ritroviamo i punti cardine del suo cinema: le amate/odiate radici ebraiche, il Jazz , l’ironia e il gusto amaro ( a tratti amarissimo) della vita, insomma per citare il termine di un critico britannico la "Allenland" che tutti hanno imparato a conoscere negli anni.
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Punti deboli del film? Sicuramente la trama, argomento trito e ritrito, un paio di gag del film non sono tanto riuscite e alcune scelte registiche come i primi piani che indugiano un po’ troppo sul volto degli attori lasciano perplessi. Il resto dell’opera è condotto in maniera magistrale, non si possono non notare la gestione perfetta del ritmo della pellicola, la cura per il dettaglio e come sempre il saper azzeccare la scelta dei propri attori principali. La cura per la recitazione è ormai un suo marchio di fabbrica, infatti anche le star più rinomate sono sempre entusiaste di lavorare con un regista che trova e cuce per loro ruoli straordinari.
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Fiore all’occhiello della pellicola sono le interpretazioni di Jesse Eisenberg, grande mattatore che ci offre un’intensa prova. La Stewart emoziona la platea con il suo stile efficace e sicuro, l’attrice negli ultimi anni è cresciuta molto dal punto di vista recitativo e infine sorprende Steve Carrel, lontano anni luce dagli stucchevoli ruoli demenziali e sempre più a suo agio con ruoli intensi. Film molto triste, l’ultimo lavoro del maestro ci lascia un pizzico d’amaro in bocca, quando i sogni diventano rimpianti inevitabilmente non possiamo fare altro che incupirci e aggrapparci alla speranza del presente, ripensando però mestamente al passato e alle sue avventure, a quanto fossero belle quelle sensazioni provate, quegli sguardi reciproci.
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Woody questa volta non ci regala un film che sorprende, anzi negli ultimi anni sembra che la commedia non sia più il suo forte, ma convince lo spettatore con una storia carica di emotività e sentimenti forti, veri, una storia d’amore incompiuta che chissà quanti di noi avranno immaginato (o vissuto). La rubrica cinematografica del Termopolio vi dà appuntamento alla prossima settimana, buona continuazione e come sempre buon cinema a tutti. 

Immagini tratte da:

-Locandina: www.film.it
-Immagine  1: www.repubblica.it
-Immagine 2: www.troiscouleurs.Fr
-Immagine 3: www.ilponente.com
-Immagine 4: wikipedia.it.org
-Immagine 5: www.moviemedia.it

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