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28/1/2018

Call Me By Your Name

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di Federica Gaspari
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​DATA USCITA: 25 gennaio 2018
GENERE: drammatico, sentimentale
ANNO: 2017
REGIA: Luca Guadagnino
CAST: Timothée Chalamet, Armie Hammer, Michael Stuhlbarg, Amira Casar, Esther Garrell, Victoire Du Bois
SCENEGGIATURA: James Ivory
FOTOGRAFIA: Sayombhu Mukdeeprom
MONTAGGIO: Walter Fasano
COLONNA SONORA: Sufjan Stevens
PRODUZIONE: Frenesy Film, La Cinéfacture, RT Features, Water’s End Productions
 DISTRIBUZIONE: Warner Bros Italy
PAESE: Italia, Francia, Brasile, Stati Uniti
DURATA: 132’
 

​Quattro candidature nelle categorie principali (miglior film, attore protagonista, sceneggiatura non originale e canzone originale) dei prestigiosi Oscar per un film italiano: non accadeva dal lontano 1998, anno in cui Sophia Loren, al grido di “Robberto!”, consacrava il successo internazionale, non solo con la statuetta per miglior film straniero, de La vita è bella di uno spumeggiante Roberto Benigni. A vent’anni esatti di distanza, l’ambito luccichio degli Academy Awards è tornato a illuminare la penisola, puntando in particolare i riflettori sulla Lombardia, dove, in una calda e assolata estate degli anni Ottanta, hanno luogo le storie di Elio e Oliver, due giovani con caratteri ed esperienze differenti alla scoperta dei propri sentimenti. Call Me By Your Name, a un anno esatto dalla sua presentazione al pubblico al Sundance Film Festival, arriva finalmente nei cinema italiani e conclude, dopo Io sono l’Amore e A Bigger Splash, la trilogia del desiderio curata dal regista italiano Luca Guadagnino.
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Una semplice storia d’amore per famiglie. Con queste parole il cineasta palermitano ha voluto definire la sua ultima creatura per il grande schermo che, tra partire a pallavolo con gli amici ed esercizi al pianoforte, immortala la crescita emozionale di Elio Perlman (Timothée Chalamet), figlio sensibile e intelligente di un professore universitario che, ogni anno, ospita nella sua dimora lombarda un suo studente per sviluppare una tesi di dottorato. L’arrivo di Oliver (Armie Hammer), spigliato nei modi e diretto nei rapporti personali, suscita in Elio emozioni contrastanti: sospetto e gelosia prima, quando lo vede rapportarsi con le ragazze della sua compagnia, curiosità e affetto dopo con la scoperta di sentimenti ben più profondi e insoliti.

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​L’adattamento dell’omonimo romanzo di André Aciman ha alle spalle una lunga e travagliata produzione iniziata già nel 2007. Tra rifiuti alla regia, complesse ricerche degli interpreti protagonisti e controversie di vario tipo su contenuto e distribuzione, il film è riuscito timidamente ad affacciarsi al grande pubblico nel gennaio del 2017 negli Stati Uniti. Nessuno, inizialmente, sembrava scommettere su questo titolo, spesso etichettato come semplice pellicola LGBT, soprattutto in Italia. Le prime calde accoglienze di pubblico e critica, però, hanno inaugurato un percorso ricco di premi e riconoscimenti internazionali che lo scorso 23 gennaio si è concretizzato con le sopracitate candidature. È il definitivo riconoscimento per un autore come Guadagnino, spesso discusso e bistrattato dalla critica tricolore, che con questa sua ultima fatica ha saputo sfruttare al meglio i punti di forza del suo cinema pur non rinunciando a qualche vezzo comunque trascurabile.
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​Ambienti ricercati, immagini illuminate da sfumature estive e brani firmati da Sufjan Stevens: sin dai primi minuti di visione è evidente la ricerca di una messa in scena elegante e sofisticata, supportata dagli incantevoli scorci rurali della campagna cremonese. I protagonisti, a bordo di biciclette, trascorrono le loro giornate in luoghi ancora scevri del caos e delle imposizioni morali e non della città. In questo clima estremamente curato si sviluppa la storia d’amore, sempre in bilico tra passione e tenerezza, tra Elio e Oliver. Timothée Chalamet, a soli ventidue anni, vanta già un curriculum di dieci film con collaborazioni con Christopher Nolan e Greta Gerwig ma è solo con questo film che riesce a dimostrare buona parte del suo potenziale: con silenzi e sguardi sognanti riesce con naturale delicatezza a mettere in scena i tormenti e le gioie delle scoperte dei primi sentimenti. Il film, però, non sarebbe stato lo stesso senza la presenza di Armie Hammer, capace di gestire al meglio spensieratezza e serietà, e i misurati interventi di Michael Stuhlbarg che, nei panni del padre di Elio, sul finale regala riflessioni e letture significative.
Luca Guadagnino, insieme a un ottimo cast e con l’aiuto di una buona sceneggiatura, dimostra che è possibile raccontare con naturalezza ogni tipo di storia, senza etichette né confini, regalando al grande pubblico un cinema ricercato ma capace di catturare su schermo le emozioni.

Foto tratte da:
Immagine 1: www.popcornsg.com
Immagine 2: www.vox.com
Immagine 3: www.jaccendo.com
​Immagine 4: www.indiewire.com

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