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10/3/2019

Captain Marvel: la recensione

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Il personaggio interpretato dal premio Oscar Brie Larson non vuole limitarsi a essere un'altra wonder woman, ma vuole costruirne un esercito! Più forte di Thanos e dei commenti sessisti sbarca la più forte super eroina Marvel di tutti i tempi. 

Titolo: Captain Marvel                  
Paese di produzione: USA
Anno: 2019
Durata: 124 min.
Genere: azione, avventura.
Regia: Anna Boden, Ryan Fleck
Sceneggiatura: Anna Boden, Ryan Fleck, Geneva Robertson-Dworet, Jac Schaeffer
Distribuzione: Walt Disney Studios
Fotografia: Ben Davis
Montaggio: Elliot Graham, Debbie Berman
Musiche: Pinar Toprak
Scenografia: Andy Nicholson
Cast: Brie Larson (Carol Danvers, Capitan Marvel) Samuel L. Jackson (Nick Fury) Ben Mendelsohn (Keller) Djimon Hounsou (Korath) Lee Pace (Ronan l'accusatore) Lashana Lynch (Maria Rambeau) Gemma Chan (Minn-Erva) Annette Bening (Suprema Intelligenza) Clark Gregg (Phil Coulson) Jude Law (Yon-Rogg).
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Come primo film dell’universo cinematografico Marvel con una supereroina per protagonista assoluta, Captain Marvel è approdato al cinema con una valanga di beceri commenti sessisti sulle spalle. Basti pensare che Rotten Tomatoes ha dovuto bandire dal suo sito i troll che erano determinati a distruggere il lungometraggio prima dell’uscita. Sembra che tutti i misogini celibi del pianeta si siano riuniti per infangare la talentuosa Brie Larson. Il motivo? Il premio Oscar che interpreta il personaggio, ha più volte espresso pubblicamente la necessità di una maggiore presenza di questo tipo di film, così come i critici che li recensiscono. È scoppiata una vera e propria guerra. E ora che Captain Marvel è al cinema, aspettatevi che questo contingente di maschi bianchi vergini e incazzati vada su tutte le furie (il web è pieno di insulti e troll). 
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​La rivincita del girl power pulsa attraverso ogni fotogramma, per non parlare dell’umorismo, del cuore e del brivido nel guardare qualcosa che potrebbe davvero cambiare tutto. Wonder Woman, il film del 2017 targato DC Comics, ha sferrato il primo pugno per la parità nei cinecomic. Ma Captain Marvel in quel pugno ci tiene i detrattori. Ambientato a metà degli anni ’90, il film sembra fatto molto prima che Iron Man e gli altri Avengers fossero pronti per il grande schermo, e sventola una bandiera orgogliosamente retrò. Ma tutto nel suo DNA, dalla rappresentazione (davanti e dietro la camera) alle nozioni di empowerment, parla di quello che stiamo vivendo, qui e ora.
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​Non era per niente facile raccontare la storia di quest’eroina,  ma i registi Anna Boden e Ryan Fleck, che si sono fatti le ossa nell’universo indie con drammi basati sui personaggi come Half Nelson (2006) e Mississippi Grind (2015), hanno preferito andare dritti all’azione. Carol Danvers, la pilota dell’Air Force impersonata dalla Larson, ha già i superpoteri quando la incontriamo nel bel mezzo di una battaglia intergalattica tra due razze aliene: i Krees e gli Skrull. Il suo mentore Kree, Yon-Rogg (Jude Law), l’ha addestrata per unirsi alla sua squadra d’élite nota come Starforce per bandire i nemici mutanti dalla pelle verde, guidati da villain Talos (Ben Mendelsohn). In realtà Carol non sa chi è. Ha perso la memoria e ci vuole un viaggio di ritorno sulla Terra per recuperarla. È lì che incontra il capo dello S.H.I.E.L.D Nick Fury (un Samuel L. Jackson, tosto e divertentissimo), che ha ancora entrambi gli occhi. Sia lui che il volto del franchise Clark Gregg, l’agente Coulson, sono stati ringiovaniti digitalmente. È un po’ inquietante, ma c’è anche qualche vantaggio, soprattutto quando Fury ha a che fare con il gatto Goose. Potrà sembrare un po’ stucchevole, ma sia dal vivo che in computer graphic, l’animale ruba ogni scena. Al cinema non c’è mai stato un gatto come Goose, il suo nome è un riferimento a Top Gun e accompagna una colonna sonora di canzoni d’epoca come I’m Just a Girl dei No Doubt. 
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​Carol ritrova anche la collega pilota Maria Rambeau (una strepitosa Lashana Lynch), che ha lasciato l’esercito per prendersi cura della figlia (Akira Akbar). È la connessione di Maria con la tormentata protagonista cosmica che dà al film la sua anima. L’amicizia femminile è il fattore che mantiene Carol in contatto con la sua umanità, specialmente quando guadagna forza e affronta le sue responsabilità di guardiana galattica. Ed è in queste scene che il casting di Larson acquisisce davvero senso. È un’attrice intuitiva, guardatela in Room (film che le è valso l’Oscar) e in Short Term 12, che aggiunge strati di sensibilità al ruolo, dettagli che un’interprete meno talentuosa avrebbe potuto farsi sfuggire. Una grande prova attoriale che impreziosisce il film e non desterà sospetto la presenza di Captain Marvel ai prossimi Academy, i puristi del cinema indignati dai tre Oscar ottenuti da Black Panther sono dunque avvisati. 
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​Magari la trama sarà troppo contorta a partire da metà, il ritmo occasionale e lo stile retrò troppo piatto rispetto ai soliti fuochi d’artificio Marvel. Ma il tempo che Boden e Fleck usano per sottolineare come le vite vengano vissute tra una sequenza d’azione e l’altra sono quello che ci farà ricordare Captain Marvel. Il film è appesantito dallo sforzo di diventare l’origin story dell’intero universo cinematografico Marvel (vedremo di nuovo la supereroina in Avengers: Endgame il 24 aprile) e dimentica che il potere del laser che Carol spara con le mani è meno convincente delle intuizioni che emergono dalla sua presa di coscienza. Tuttavia il fascino low-key del film e l’umorismo bizzarro fanno colpo e creano attesa per il futuro. Non serve la ‘’Suprema Intelligenza dell’Universo’’ per sapere che è saggio giocare sulla lunga distanza. Captain Marvel non vuole limitarsi a essere un’altra wonder woman, ma vuole costruirne un esercito. 
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Immagini tratte da:

Locandina: blog.screenweek.it
Immagine1: Variety.com
Immagine2: Multiplayer.it
Immagine3: ComicBookMovie.com
Immagine4: Mashable.com
Immagine5: TheGalleria.eu

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