di Matelda Giachi FILIPPO TIMI: LE PAROLE ROMPONO IL SILENZIO Skianto è il rumore di una barriera che si frantuma; di un tuono che squarcia il cielo; di un pensiero liberato: di parole mai pronunciate che rompono il silenzio.
“Skianto è la bocca murata. È il racconto di un ragazzo disabile che ha il cancello sbarrato. Io spalanco quella bocca in un urlo di Munch. Gli esseri umani sono disabili alla vita. E siamo tutti un po’ storti, se ci confrontiamo alla grandezza della natura. Esiste una disabilità non conclamata che è l’isolamento, l’incapacità di fare uscire le voci.” Sono le parole dell’autore. Skianto è una storia vera perché il teatro, il cinema, l’arte attingono sempre dalla vita. Filippo Timi parla di sua cugina, che è nata con la scatola cranica sigillata. Immagina i suoi pensieri e prova a darle una voce. Nello spettacolo la cugina è diventata un ragazzo, ma la verità è che il genere non ha importanza. Il protagonista è un simbolo. Simbolo di una disabilità non solo fisica, ma ancor più psicologica. Impossibile non pensare ad una società che dispone dei più potenti e tecnologici mezzi di comunicazione, eppure tutti parlano ma pochi comunicano. Skianto è provocatorio, audace, folle, come il suo autore. Solo Filippo Timi può portare Candy Candy in teatro, fare di due palle da discoteca i più importanti effetti visivi in scena, far danzare salvatore Langella con un’enorme testa di plastica sulle note di Let it Go e calcare il palcoscenico vestito da unicorno in un’accozzaglia pop che potrebbe sembrare non avere significato e invece è espressione di una genialità di assoluto senso compiuto. Genera esplosioni di risate eppure è anche un pugno forte nello stomaco. Un testo duro, drammatico, eppure con una positività di fondo. Atto unico di breve durata, un’ora e quindici minuti, ma che è fonte di infinite riflessioni che non è possibile spiegare ma che ogni spettatore deve raccogliere e portare a casa per conto proprio.
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Giugno 2023
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