Di Federica Gaspari
Il 2019 doveva essere l’anno di Game of Thrones. Tutti gli occhi erano puntati sul prodotto HBO più fortunato e seguito della storia del piccolo schermo. Le aspettative, tuttavia, hanno giocato a sfavore, lasciando milioni di appassionati privi del loro punto di riferimento ormai irriconoscibile. Contro ogni pronostico, allora, l’attenzione si è spostata su una creatura televisiva completamente diversa da quella di Benioff e Weiss. Chi avrebbe mai immaginato che una mini-serie storica avrebbe saputo suscitare tale interesse? HBO ha scommesso su Chernobyl portando sul piccolo schermo uno dei disastri nucleari ma, soprattutto, politici e sociali peggiori di sempre. La miniserie, trasmessa in Italia da Sky Atlantic, si apre con l’episodio 1:23:45 e subito chiarisce la volontà di non proporre un semplice resoconto dettagliato di quanto accaduto la notte del 26 aprile 1986 nella centrale nucleare di Chernobyl. La sequenza di apertura, infatti, è dedicata a un uomo che, a due anni dall’evento, decide di imprimere su un nastro registratore la verità impregnata di tutta la peggiore disperazione. Il suo nome è Valerij Legasov, esperto di energia atomica chiamato sul luogo del disastro come consulente per la gestione dell’emergenza. Attraverso gli occhi di uno strepitoso Jared Harris – che conferma il suo talento anche ad anni di distanza da Mad Men – lo spettatore osserva il vortice distruttivo di avvenimenti che hanno seguito l’esplosione del reattore, una catena di responsabilità e mancanze che hanno rappresentato un momento storico cruciale del secolo scorso. Questo primo episodio, tuttavia, sceglie di concentrarsi sul concetto di inconsapevolezza, sia per volontà che per ingenuità. In un racconto corale emergono allora i contrasti tra gli ingegneri della sala di controllo, tecnici inerti e sopraffatti da un’emergenza, e gli abitanti del luogo, quasi affascinati da quelle luci cerulee, quasi surreali, seguite da una pioggia di radiazioni. La sequenza dei bambini danzanti sotto la polvere radioattiva rimane così impressa con tutta la sua potenza. Se l’episodio di apertura sceglieva di mostrare il lato umano del disastro, la puntata Please Remain Calm si concentra maggiormente sugli aspetti più tecnici delle conseguenze. Per questo motivo viene introdotta la figura della fisica Ulana Khomyuk interpretata brillantemente da Emily Watson. Questo personaggio sposta lo sguardo su quanto è accaduto fuori dai confini di Chernobyl. Fa la sua comparsa una società incapace di riconoscere le conseguenze di quanto accaduto e, quindi, di affrontarle con la giusta preparazione. Se, tuttavia, l’impreparazione può essere in qualche modo tollerata, l’aspetto più inquietante riguarda la volontà, sempre più opprimente, di nascondere e negare quanto accaduto. E’ l’indizio cruciale per comprendere la fine di un’intera nazione, anzi di un sistema fondato su segreti di stato e silenzi. Il clima di muta inquietudine viene reso alla perfezione con l’aiuto anche dei reparti tecnici della fotografia e delle scenografie. Nessun dettaglio viene lasciato al caso. Terrore davanti all’ignoto e paura di scoprire i dettagli più agghiaccianti si mescolano portando a riflettere su un’epoca in cui il progresso tecnologico si piegava al potere e alla supremazia senza considerare ogni possibile implicazione umana. I primi due episodi di questa spettacolare e complessa miniserie sono tra le produzioni più riuscite di questa stagione televisiva. Chernobyl, con maestria e grande consapevolezza, si avventura tra le pieghe di un evento noto ma mai davvero conosciuto da vicino. Da non perdere!
Immagini tratte da: www.imdb.com www.hbo.com www.hollywoodreporter.com www.indiewire.com
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Marzo 2023
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