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25/7/2016

Dobbiamo parlare

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Giù le maschere: una notte per dirsi tutto
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​di Maria Luisa Terrizzi
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DATA USCITA: 19 novembre 2015
GENERE: Commedia
ANNO: 2015
REGIA: Sergio Rubini
ATTORI: Fabrizio Bentivoglio, Maria Pia Calzone, Isabella Ragonese, Sergio Rubini
SCENEGGIATURA: Carla Cavalluzzi, Diego De Silva, Sergio Rubini
FOTOGRAFIA: Vincenzo Carpineta
MONTAGGIO: Giogiò Franchini
MUSICHE: Michele Fazio
PRODUZIONE: Palomar e Nuovo Teatro
DISTRIBUZIONE: Cinema
PAESE: Italia
DURATA: 98 Min
Chi, almeno una volta nella vita, non si è sentito rivolgere dal proprio partner la tanto temuta frase “Dobbiamo parlare”, reagendo con una buona dose di ansiosa apprensione?
Sembra che lo stato d’animo del Professore, il ruspante cardiochirurgo interpretato da un brillante Fabrizio Bentivoglio, non sia esattamente stato ansioso e preoccupato, una volta trovatosi di fronte alla moglie Costanza (Maria Pia Calzone), inferocita per il tradimento scoperto. Lavare in casa  i panni sporchi non è la specialità dei coniugi in questione: tutto si svolge, curiosamente, in casa di Linda (Isabella Ragonese) e Vanni (Sergio Rubini), amici di entrambi, lui scrittore di successo, lei ghostwriter, coppia ufficialmente saldissima, insieme  da circa dieci anni.

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Dobbiamo parlare (2015), commedia corale (i personaggi sono quasi sempre presenti contemporaneamente sulla scena), è un film che riesce –tramite l’abile regia di Rubini– a fornire degli accattivanti scorci sulle personalità dei quattro, con quadretti spesso ironici ed esilaranti, puntando più ai contenuti che a particolari elementi tecnico-formali. La pellicola è stata peraltro oggetto di un interessante esperimento da parte del regista che ha riconvertito le prove nella pièce teatrale Provando…Dobbiamo Parlare, prima dell’uscita al box-office.
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Tutto accade in una notte all’interno di un lussuoso attico con terrazza e con tanto di vista sul centro di Roma. L’appartamento è l’umile-si fa per dire!- residenza che Vanni e Linda possono permettersi, una “casa di rappresentanza”, come lo stesso Vanni- un po’ critico verso la scelta dell’abitazione voluta da Linda-  precisa, dotato di quasi nessun comfort, se non di essere una sorta di status symbol, un apripista per inserirsi negli ambienti colti della Roma bene e che conta.
L’attenzione si focalizza dapprima sulla coppia Prof/ Costi, mezza età entrambi, con figli dai matrimoni precedenti e altrettante relazioni clandestine. Il loro è un rapporto claudicante, entrambi lo sanno e ad entrambi sta bene.  Non li lega neppure lo sbiadito riflesso di un sentimento, ma un patto forse di reciproca sopportazione, in cui il collante sembra non possa essere altro che la pecunia che il Professore guadagna riparando cuori malati.
Lo scontro tra i due finisce ben presto per tirare e far sprofondare nel litigio la coppia che sembrava godere di maggiore salute. Sebbene il Prof e la consorte fossero abituati a sguazzare nei fondali paludosi della bugia, dell’inganno e dell’interesse ipocrita, anche la coppia Vanni/Linda, pur se in misura diversa, nasconde delle incrinature e un’ infedeltà taciuta.

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L’infedele in questo caso è Linda, trentenne ghostwriter, rea di aver iniziato a scrivere un libro senza averlo confessato a Vanni. Il tradimento è quindi intellettuale, è uno scollamento dalla dimensione paterna e autorevole del maestro nonché compagno di vita . A differenza di Costi, una donna matura che non crede più nei sentimenti  e guarda, molto concretamente,  dritto alle tasche del marito, Linda ha una vita davanti. Al cinismo calcolatore risponde con la freschezza irriverente, anche se a tratti timorosa, della giovinezza. Ormai è tempo di camminare da sola e lasciarsi alle spalle il passato.  Vanni del resto ha già 50 anni, è anestetizzato, adagiato sulla routine, crede poco in quel che fa, accontentando come può Linda, salvo poi –irato, durante la lite- rinfacciarle tutto.
Linda sbaglierà? Può darsi, ma cosa importa?  Si assume  il rischio di farlo e con ciò assume anche quello di vivere e di camminare sulle proprie gambe.
Dobbiamo parlare è la messa a nudo di bassezze, sotterfugi, mezzucci , è un guardarsi a viso scoperto, gettando via le maschere. E’ il far i conti con la disillusione di vite che non soddisfano e a cui però ci ancoriamo, forse perché –a differenza della giovane Lindina- non abbiamo la forza di capovolgerle. Sergio Rubini regala sipari, scorci  e prospettive di volta in volta  diversi e profondi, veicolati spesso attraverso l’ironia, mostrando modi di vedere tra classi sociali diverse, idee politiche e clichè che conducono ed accentuano l’opposizione  tra l’incanto della giovinezza e la disillusione dell’età matura, con un accento pessimistico sulla veracità delle relazioni di coppia.
Il film contiene anche un’attenta  disamina delle relazioni sociali e della loro possibilità. Linda e Costi si erano dette migliori amiche  ma l’una ha tradito i segreti dell’altra. Si può essere amici pur non condividendo nulla del modus vivendi altrui?  Se ci si vergogna dell’ignoranza dei propri amici o se si cerca un rapporto esclusivo ma non si rispettano gli spazi degli altri?  La risposta nel film è chiara.
Deliziosa trovata del regista quella di inserire a inizio e a conclusione del film il siparietto dei pesciolini, che diventeranno protagonisti del libro che il di nuovo ispirato Vanni scriverà. Il vento della giovinezza è la scia che Linda ha lasciato dietro di sé e che sta soffiando idee e parole della nuova avventura letteraria.

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E allora parlare fa bene all’amore? Forse determina la fine di qualche rapporto giunto al capolinea, ma sicuramente fa bene a se stessi!

Immagini tratte da:
Immagine 0: corriere.it
Immagine 1: movieplayer.it
Immagine 2: vivimilano.corriere.it
Immagine 3: palomaronline.com
Immagine 4: key4biz.it

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