di Matelda Giachi
John Callahan è stato uno dei più irriverenti e famosi vignettisti d’America. La sua storia ce la racconta Gus Van Sant che, oltre che della regia, si è occupato anche della sceneggiatura, sviluppata a partire da un soggetto elaborato con lo stesso Callahan, venuto a mancare nel 2010. Un progetto quindi in cantiere da molto tempo, addirittura dagli anni 90; tant’è che, in origine, il ruolo del protagonista doveva essere di Robin Williams. [fonte: Coming Soon]
Un’altra opera biografica per il regista che non è nuovo al genere. Van Sant però non è un comune biografo; non si limita ad esporre una serie di avvenimenti in ordine cronologico, non è questo che gli interessa. Nella vita di una persona, quello che le accade e come lo affronta sono la chiave dello svilupparsi della sua personalità. Ed è questo “viaggio” alla scoperta e affermazione di sé che Gus Van Sant ama indagare. Rappresenta, in un certo senso, il corrispettivo cinematografico di quello che in letteratura viene definito “romanzo di formazione”. John Callahan è tetraplegico dall’età di 21 anni, a seguito di un incidente stradale. Le vie sono due: piangersi addosso o rialzarsi dalla peggiore delle cadute. E così Callahan conduce la sua esistenza. In un’altalena di cadute, che sono fisiche, quando si ribalta sfrecciando per le strade con la sua carrozzina elettrica. E morali, quando si abbandona alla causa stessa dei suoi mali, l’alcol. E di ri-ascese, grazie anche all’aiuto di un gruppo di ragazzini in skateboard o di un gruppo di alcolisti anonimi guidato da un Jonah Hill talmente pieno di fede che, quando è andato dal barbiere, probabilmente gli ha consegnato una foto di Gesù dicendogli “li voglio così”.
Con “Don’t Worry” la stagione cinematografica 2018/2019 apre ad alti livelli. Il primario punto di forza di questa pellicola è una regia condotta con lo stesso spirito del suo protagonista: non è mai patetico, mai in cerca di lacrime facili. E’ anzi ironico, tagliente. E’ reale. La sofferenza quasi mai rende un uomo un santo; nel più dei casi lo rende spigoloso, più duro e anche un po’ cinico. E’ così che si sopravvive.
Callahan trova la propria via d’espressione disegnando vignette con le due mani. Vignette pregne del suo umorismo senza filtri e senza scuse che è causa di ammirazione quanto ovviamente di critiche. In poche parole, di fama. Altro punto di forza è sicuramente la scelta del cast: se è vero che è un peccato esserci persi, per molti e ovvi motivi, una possibile performance di Robin Williams, è vero anche che Joaquin Phoenix ha una capacità di studio e resa di queste personalità complesse senza eguali. Rooney Mara si spoglia di quella algidità che accompagna ogni suo ruolo e si veste di un sorriso dolce che le regala una nuova bellezza e Jonah Hill si conferma uno dei migliori caratteristi di Hollywood.
Un film che assolve a tutti i compiti più importanti del cinema. Racconta una storia, intrattiene, offre spunti di riflessione. Il primo più immediato sulla scelta di reagire alla vita anche quando questa ti travolge. Sul dolore come maestro di vita alla cui forza devastatrice soccombere oppure imparare a conoscere se stessi e i propri punti di forza.
Il secondo meno ovvio ma estremamente attuale. Nell’era di internet e del politically correct in cui tutti possono dire tutto eppure niente, in cui combattiamo per la libertà di espressione purché rientri in parametri ben definiti di apparenza e finta bontà d’animo, dettati da una capacità di discernimento tra una vera offesa da una verità cruda in via d’estinzione come i rinoceronti… John Callahan avrebbe potuto, oggi, essere John Callahan? Voto; 8/10 Immagini tratte da: - Immagine 1: https://www.cinemazenith.it/films/dont-worry/ - Immagine 2: https://www.cinematografo.it/recensioni/dont-worry-he-wont-get-far-foot/ - Immagine 3: https://www.movietele.it/video/don-t-worry-gus-van-sant-clip-non-lontano-piedi - Immagine 4: https://ilmanifesto.it/dont-worry-la-lotta-e-la-liberazione-di-john-callahan/
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Marzo 2023
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