La Recensione
di Matelda Giachi
Game of Thrones si dirige verso la propria conclusione a passi da gigante. Letteralmente, se si pensa che, in tre puntate, abbiamo affrontato e sconfitto gli Estranei, marciato su Approdo del Re e combattuto la battaglia definitiva, più o meno, per il Trono di Spade.
Tutto quello per cui ci siamo preparati per sette stagioni è andato in un battito di ali di drago. Era giusto il ritmo dei primi due episodi, che riportava tutti i protagonisti sopravvissuti in un unico luogo e faceva il punto sull’evoluzione di ognuno. Poi, sul più bello, è iniziata la corsa. Forse un budget mal distribuito e tante, troppe vastissime stoylines da portare a termine in soli quattro episodi, quando addirittura, volendo, ci sarebbe stato materiale per una serie ulteriore. Ed ecco che si scopre che la “distruttrice di catene”, ordina il suo caffè da Starbucks, che accadono miracoli e a Jaime Lannister rispunta il braccio mozzato, che i Dothraki resuscitano senza impallidire e assumere un’aria sciupata, che gli Immacolati si moltiplicano per scissione binaria (dal momento che la riproduzione sessuata gli è stata negata) e che la trama presenta più buchi del comò della trisnonna divorato dai tarli. Non è tanto il cosa sia avvenuto che ci disturba, ma il come. Forse non la volevamo perché ci piacevano tanto la sua fierezza e la sua forza d’animo, ma la pazzia di Daenerys è un risvolto narrativo inaspettato quanto interessante; forse anche geniale. Se solo fosse stato ben scritto. Si, qualche avvisaglia è stata inserita nel copione, ma solo in quello degli ultimi episodi. I sedicenti campanelli di allarme, non ci hanno messo paura, ci hanno messo l’uggia. Mentre la madre dei Draghi pestava i piedi per un capriccio piuttosto che per un altro, tutti alzavamo il sopracciglio, spazientiti, insieme a Sansa Stark. E si, la regina è sola, ma lo è già stata in passato e forse ancora più che adesso. E non importa quanto sia brava Emilia Clarke, quanto sia bella l’inquadratura del volto di Dany mentre imbocca la via della follia non come destino ma come scelta consapevole. E’ stato tutto troppo veloce. Il grido ricorrente tra gli spettatori è che i personaggi siano stati traditi, stravolti. Ma forse sarebbe più giusto dire che sono stati “svuotati”. Niente di quello che accade ai protagonisti è completamente inverosimile o avulso dal loro essere, ma non è in linea con questo momento del loro cammino. Sono stati semplificati. Prima erano un quadro di Leonardo, ora sono figure stilizzate.
Lord Varys è maestro di bisbigli e sotterfugi; sopravvissuto a innumerevoli sovrani, è riuscito a prendere per il naso anche Cersei, dalla quale, quanto a inganni, la Targaryen ha solo da imparare. Ma lei, nonostante sia fuori di sé dal dolore e dalla rabbia, lo smaschera con la facilità con cui si sgama un camaleonte daltonico e ci fa un bel barbecue. Facciamo che anche Varys è invecchiato e perde colpi…
Jon Snow, che all’inizio del terzo episodio aveva finalmente imparato a tenere un discorso in pubblico, per il troppo sforzo è sprofondato nel mutismo e ha una sola risposta per qualunque quesito. “Ohilà Jon, com’è il tempo là a Winterfell?”. “You are my Queen”. Utile come un tagliaerba nel deserto, passa la puntata a guardarsi intorno con lo sguardo perso di un cervo in galleria. Poche parole da spendere per Euron Greyjoy, nato e cresciuto per essere il cretino invasato della situazione. Non a caso, muore ancora convinto che il bimbo nel grembo di Cersei sia suo. Misterioso è il caso fortuito che l’ha portato a spiaggiarsi esattamente dove e quando stava passando Jaime per andare a raccattare la sorella. Dal momento che sono stati anche in grado di individuare e riconoscere Missandei, ipotizziamo il possesso di tecnologie radar avanzate da parte dei Lannister.
Parlando di Lannister, la morte di Cersei è forse il nostro più grande cruccio. Non è inammissibile che i due gemelli lascino il mondo insieme come insieme vi sono venuti. Per certi versi, è anche tragicamente romantico. Ma il più grande villain del trono (almeno fino a che Dany non ha sbroccato, ma, con sette stagioni di cattiveria, gode del diritto di anzianità), che ha guardato in faccia la morte a muso duro innumerevoli volte, il vero e unico leone Lannister, che lascia la serie piagnucolando schiacciata da due pietre è deprimente. E la profezia che la voleva uccisa da un fratello minore apriva un infinito ed elettrizzante panorama di possibilità di confronto finale tra i tre figli di Tywin. Non volevamo una fine triste per Cersei, la volevamo grandiosa.
Jaime è in assoluto il personaggio più complesso e interessante di Game of Thrones. È doppio. Porta in sé l’egoismo e la crudeltà della sorella quanto il senso dell’onore e l’affettività del fratello. I due aspetti si rispecchiano e sono fatti emergere dalle due donne che ama. Cersei e Brienne di Tarth. Che alla fine la dipendenza per l’amore malato nei confronti della sorella abbia la meglio è perfettamente in linea con il trono, che raramente lascia spazio a della positività. Ma è anche vero che la scelta avviene senza apparente lotta interiore. Una notte si sveglia e gli torna in mente di essere una persona spregevole. Eppure Jaime Lannister non è mai stato così lontano dal se stesso della prima serie come quando ha guardato negli occhi Brandon Stark e gli ha chiesto scusa per il suo gesto. Potremmo definirla la scelta narrativa più semplice per cercare un finale non scontato. Menzione d’onore ai draghi. Ammettiamolo: quanto è sublime il potere distruttivo di Drogon che infiamma Approdo del Re? Ma come si spiega che invece Rhaegal, solo nell’episodio precedente sia caduto sotto i colpi di una sola arma, che lo ha pure centrato tre volte? A parte per il fatto di essere il drago di Jon e quindi più fesso, che potrebbe quasi essere coerente… Stupendo è però lo scontro dei fratelli Clegane. Nel fuoco, dove tutto ha avuto inizio, avviene anche la loro fine. Una conclusione degna. Così come la massima intensità drammatica si ha nell’addio tra Tyrion e Jaime, forse la scena migliore di tutto l’episodio, se si prescinde dal dettaglio di una fuga passata inspiegabilmente inosservata. Pura poesia le sequenze che seguono la fuga di Arya. Qui la giovane Stark ha la sola funzione di guidare lo spettatore attraverso le conseguenze della furia di Daenerys. Con tutta probabilità, tornerà protagonista per il gran finale; ha ancora occhi da chiudere. Ma se avessimo avuto a disposizione dieci episodi invece che sei… Non avremmo forse avuto più momenti così? Voto: 5/6 Immagini tratte da: www. tvzap.kataweb.it www.entertainment-focus.com www.mondofox.it www.gingergeneration.it
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Maggio 2023
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