di Matelda Giachi
Salvo (Augusto Zazzarro), non vede il padre dal giorno del suo arresto. Era un bambino; sono passati sette anni. Vincenzo (Scamarcio), dopo un rientro in scena degno dei migliori programmi di Maria De Filippi, trascina il figlio, per il quale è ormai un inquietante sconosciuto, in un viaggio in macchina che attraversa l’Italia. Quando trasporti un carico pesante, “un bambino è meglio di una pistola” come lasciapassare. E, già che ci sei, chissà che non ti riesca di ricostituire una parvenza di rapporto padre – figlio.E, finché rimaniamo sul soggetto, ancora tutto bene. Peccato per una sceneggiatura oltremodo confusa. Un po’ dramma familiare, un po’ road movie, un po’ romanzo di formazione. Qualche sfumatura da thriller, un tocco di noir. A volte il film non sembra proprio sapersi collocare. La trama si dipana in modo sconclusionato, con risvolti che vorrebbero essere ad effetto ma sono solo banali e un romanticismo da romanzo rosa.
Bravo Augusto Zazzarro, attore involontario: il classico caso di quello che accompagna l’amico al provino e poi però folgora il casting director. Chissà se l’amico gli parlerà ancora. Scamarcio invece, non ce la può fare. Abbiamo visto Brad Pitt entrare nel mondo del cinema da biondissimo bellone di turno, che se si riguardano i suoi tentativi di scene drammatiche in Vento di Passione, accanto a Antony Hopkins, c’è da mettersi le mani nei capelli. Il ragazzo però si è applicato, ha continuato ad andare in palestra ma ha anche lavorato tanto sulla recitazione. Ad oggi, non solo ha arricchito la sua bellezza di un certo fascino ma, soprattutto, è in gara per il titolo di Miglior Attore non Protagonista all’edizione 2020 degli Oscar, per il suo ruolo in C’era Una Volta a Hollywood, e speriamo tutti che l’Academy riconosca il valore del suo eccellente lavoro. Scamarcio no. E’ ancora quello di Tre Metri Sopra il Cielo, solo con l’aria un po’ più vissuta. Il solito ruolo da maschio maledetto interpretato con una verve che provoca ripetuti attacchi di decadentismo che, almeno fossimo Bodelaire, sapremmo incanalare e rendere arte. La Festa del Cinema di Roma, in questa sua quattordicesima edizione, si è distinta per l’ottima selezione di film presentati. Doveva pur esserci un’eccezione. Eccola. Voto: 4
1 Commento
V. Terzi
15/9/2020 08:55:23
Si potrebbe concordare sul contenuto della critica… fino a quel "Bodelaire" in luogo di "Baudelaire", che toglie credibilità a tutto quanto.
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