Secondo giorno di Festival all’insegna dell’orrore. Allo scoccare della mezzanotte La Notte Horror ha fatto capolino a Torino, inoltre trovate tutte le curiosità su gli otto film visti nella giornata di sabato.
di Salvatore Amoroso ![]()
Il nostro secondo giorno trasuda cinema da tutti i pori dato che abbiamo visto ben otto pellicole in ventiquattro ore. Per fortuna siamo riusciti a incastrare tutti i film in mezzo al vastissimo e variegato programma di quest’edizione del Torino Film Festival 36, ma andiamo per ordine.
La nostra giornata è partita al Cinema Classico con la proiezione stampa di Pretenders di James Franco, sempre più regista, che si avvale di un cast giovane e talentuoso composto da Jack Kilmer, Shameik Moore e Jane Levy, protagonisti di un’appassionata storia dove il cinema e i film vengono utilizzati come educazione sentimentale. Due amici di college che s'innamorano della stessa ragazza e per quasi un decennio, dalla fine degli anni Settanta, si trovano, si perdono, si cercano e si ritrovano tra New York e l’Europa. Ogni riferimento al cinema del passato è voluto. Tra spezzoni di film e vita quotidiana che imita quello che scorre sullo schermo. Purtroppo Franco non ci ha convinto né coinvolto come l’anno scorso con The Disaster Artist, film banale e confusionario ma ottima prova del giovane trio di protagonisti.
Subito dopo abbiamo preso un volo diretto per Hong Kong per poter vedere First Night Nerves, diretto da Stanley Kwan. Nel teatro City Hall si prepara il debutto di uno spettacolo; c’è grande attesa per il ritorno sulle scene di una stella da tempo lontana dal palcoscenico. Accanto a lei, oltre all’autore/regista trans, una giovane attrice già resa famosa dal cinema. Un rompicapo di rivalità e ricordi, che ragiona sull’identità (sentimentale, umana, artistica) dei personaggi. Lo smagliante ritorno di uno dei maestri del cinema di Hong Kong, Stanley Kwan, che unisce stile fiammeggiante e animo mélo, è stato molto apprezzato in sala. Ironia e buoni sentimenti fanno di First Night Nerves una pellicola da vedere.
La mattinata era passata tranquilla, forse fin troppo. Franco ci aveva deluso, Kwan ci aveva rimesso di buon umore ma non sapevamo a cosa stavamo per andare incontro. Il folle genio di Peter Strickland, con il suo In Fabric, ci ha trascinato in una storia macabra che ci ha rapiti e ci ha fatto tanto ridere. Un grande magazzino di lusso espone un sontuoso abito rosso che commesse sofisticate drappeggiano addosso alle clienti, invogliandole all'acquisto. Chi lo compra e lo indossa ne paga le conseguenze. Sornione come sempre, Strickland (in concorso a TFF32 con The Duke of Burgundy) lavora su colori e atmosfere da giallo all'italiana e sulla struttura dell'horror a portmanteau stile Amicus, mescolando con ironica eleganza sette demoniache e perversioni segrete.
Dopo il bizzarro siamo passati al catastrofico Happy New Year, Colin Burstead diretto da Ben Wheatley. Eu de massacre n 5 da camera per l'autore di Kill List, High-Rise e Free Fire: Colin, il protagonsita, ha affittato una villa di campagna, dove ha invitato la sua vasta famiglia allargata a un party di Capodanno. Ma non tutti i parenti si (e lo) amano. Racchiuso nelle stanze della magione e nelle poche ore che precedono la mezzanotte, un serratissimo scambio di ripicche, insulti, confessioni, ritorsioni, con grande finale accorato. Cast eccezionale dove spicca Charles Dance, che interpreta il pittoresco zio Bertie, Sam Riley nei panni dell’ospite a sorpresa David e Bill Paterson, il vecchio capofamiglia caduto in disgrazia.
Con grande frenesia siamo giunti al Massimo dove abbiamo ammirato il tanto atteso e discusso Mandy di Panos Cosmatos. La serenità di una coppia isolata nei boschi è spezzata da una setta dedita all’occulto: niente sarà più come prima. Dal regista di Beyond the Black Rainbow, un horror lisergico che si sviluppa sinuoso come un disco suonato al contrario. Ma è anche un indiavolato tour de force del protagonista, un Nicolas Cage splatter che sbrocca come non ha mai sbroccato. Sorprendente e sanguinoso: uno dei film dell’anno. Con Andrea Riseborough. Inutile dirvi che ci ha conquistato. Immensa fotografia e colonna sonora firmata dal compianto Jóhann Jóhannsson.
E allo scoccare della mezzanotte finalmente abbiamo intrapreso il lungo cammino della Notte Horror, per concludere una giornata ricca di cinema di ogni genere. Il tema di quest’anno è Maniac. Siamo partiti con Incident in a Ghostland di Pascal Laugier, film che vede una donna e le sue figlie che vengono assalite da due maniaci, durante il trasferimento nella nuova casa della defunta zia. Sedici anni dopo, Beth ritorna in quella casa. Trine e merletti vestono bambole vive e di porcellana: ci si può giocare, si possono svestire e smembrare, mentre nella casa e nel tempo si aprono varchi comunicanti. L’autore di Martyrs non ha paura di osare e costruisce un horror morboso e disturbante che omaggia lo scrittore H. P. Lovercraft.
A seguire Il capolavoro maledetto Peeping Tom – L’occhio che uccide, tanto estremo da stroncare la carriera di Powell: un giovane operatore, tra un set e l’altro, gira il suo film, sul fascino dello sguardo e della morte. Opera seminale, un canto angosciante sull’ossessione del riprendere e del guardare, cult istantaneo in Francia, poi in tutto il mondo. Carl Bohem è il silenzioso, inquietante protagonista, Moira Shearer la comparsa che balla l'ennesima danza di morte, Powell il padre scienziato negli home movies.
E per chiudere alle quattro del mattino abbiamo visto Piercing di Nicolas Pesce. Un padre di famiglia fa check-in in un hotel e chiama una prostituta: ma le sue intenzioni non sono esattamente scontate. Dal regista di The Eyes of My Mother, tratto da un romanzo di Riû Murakami, uno spietato gioco sadomaso dove i ruoli di vittima e carnefice si ribaltano più volte senza soluzione di continuità, stemperato da un’ironia bislacca e imprevedibile. Con Christopher Abbott (Tyrel) e Mia Wasikowska (Solo gli amanti sopravvivono).
Immagini gentilmente concesse Ufficio Stampa TFF
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Dicembre 2022
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