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16/11/2016

IlTermopolio intervista Fabio&Fabio di Mine

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In esclusiva per voi cari lettori una speciale intervista agli autori del film del momento Mine, autentica sorpresa del panorama cinematografico europeo. Li ha intervistati per noi Salvatore Amoroso con la preziosa collaborazione del cinema Arsenale di Pisa.
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​di Salvatore Amoroso
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Il 2016 verrà sicuramente ricordato come l’anno in cui un nuovo cinema di genere italiano si sia fatto strada in maniera dirompente nel vasto panorama cinematografico europeo e internazionale. Giovani (si fa per dire) registi come Matteo Rovere, Gabriele Mainetti e Sydney Sibilia hanno rivoluzionato letteralmente il modo di fare cinema in Italia e se non vi aspettavate più colpi di scena vi sbagliavate di grosso. Come un fulmine a ciel sereno è apparso il duo composto da Fabio Resinaro e Fabio Guaglione, amici fin dai tempi del liceo scientifico che condividono una grande passione per il cinema e che hanno recentemente portato sugli schermi l’interessante caso cinematografico dell’anno, ovvero il sorprendente Mine. I due vengono folgorati sul finire degli anni ’90 dalla visione di Matrix ed è proprio da lì che decidono di concentrare tutti i loro sforzi per diventare registi. La loro carriera prima di arrivare al loro primo lungometraggio è vastissima e piena di prodotti validi e molto originali, spaziano dal mondo dei corti a quello dei videoclip, buttandoci in mezzo qualche spot pubblicitario. L’estro, la grande passione e la maniacalità che li contraddistingue sin da subito nelle loro opere finisce per portarli al concepimento dell’emozionante Mine, per chi ancora non l’avesse visto non sveleremo nulla ma per voi ‘’peccatori’’ abbiamo solo una cosa da dirvi: ‘’correte a vederlo, non sapete cosa vi siete persi’’. Mine non è solo un film di genere, è una pellicola adrenalinica, emozionante e davvero illuminante e addirittura un dato che non possiamo non trascurare è che l’opera dei Fabio’s è uno dei film con la copia per sala più alta in assoluto della stagione.
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È evidente che una nuova ondata di autori sta finalmente portando una ventata di aria fresca nel nostro cinema nazionale, troppo spesso stantio e colpevolmente povero di idee. Altro fatto non da trascurare è che il pubblico si sente molto più coinvolto da questo tipo di storie e questo fa ben sperare per l’inizio di una nuova era del cinema italiano, non più solo fatto di commedie e drammi ma pronto a rigenerarsi con l’avvento di idee fresche e giovanili che sempre più spesso s’incastrano perfettamente con le passioni e gli interessi del pubblico della generazione ‘’smartphone’’. IlTermopolio con la preziosa collaborazione del cinema Arsenale di Pisa, sempre sul pezzo nel selezionare le pellicole che contano, è riuscito a incontrare  i due registi ed è venuta fuori una piacevole chiacchierata sulla realizzazione del film e non solo. Rigraziamo Antonio Capellupo e i due Fabio&Fabio per la grande disponibilità e cortesia e vi lasciamo all’interessante intervista realizzata per noi da Salvatore Amoroso, che ha anche recensito la pellicola Mine, buona lettura e al prossimo appuntamento cinematografico con IlTermopolio. 
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Come vi siete conosciuti e com’è nata la vostra collaborazione?
L’incontro è stato ‘’obbligato’’ perchè eravamo nella stessa classe. Ci siamo incontrati prima su un terreno fatto di fumetti, altra nostra grande passione, quello che volevamo fare era raccontare delle storie e la cosa più semplice in quel momento era farlo sui banchi di scuola con carta e matita. Siamo sempre stati appassionati di cinema anche se all’inizio il nostro obbiettivo era quello di realizzare un fumetto,  l’idea era una saga di mille volumi fantascientifica, purtroppo poi fallito miseramente (ridono). Forse in principio ci eravamo concentrati sul fumetto perchè ancora non avevamo idea di come si realizzasse un corto o un film. Tra l’altro in classe con noi c’era anche l’autore delle musiche di Mine, Andrea Bonini, nostro collaboratore inseparabile. 

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Quant’è importante per voi la scelta delle musiche nei vostri lavori?
L’importanza per noi è totale. Ti diciamo solo che ad un certo punto abbiamo scoperto che il film sarebbe dovuto essere una coproduzione tra Italia e Spagna, il che voleva dire che avremmo dovuto prendere la maggior parte dei capi reparto spagnoli a eccezione di uno che potevamo scegliere noi. Abbiamo rinunciato a malincuore al nostro direttore della fotografia storico, e tu sai che la fotografia gioca uno dei ruoli più importanti all’interno del set,  per avere il nostro collaboratore musicale. Per noi la musica è il terzo linguaggio presente in una pellicola, la musica può farti piangere e può farti ridere. Ci teniamo a dire che Andrea ha lavorato con noi su tutti i nostri lavori dall’inizio, fin dai nostri primi cortometraggi, perchè siamo cresciuti insieme. Tutto questo ovviamente ha reso disperato il nostro direttore alla fotografia storico (ridono) però chiaramente in futuro non mancheranno le occasioni per lavorare insieme a lui. 

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Quanto sono stati importanti per voi i sedici anni di gavetta? E quanto è importante lo storyboard nelle vostre pellicole?
Alle spalle abbiamo 16 anni di gavetta, abbiamo girato quattro corti di cui alcuni però sono delle epopee da trenta minuti pieni d’effetti speciali, quindi valgono come cinque corti normali e poi dieci-quindici videoclip musicali e anche degli spot. Questo percorso è stato fondamentale per il nostro processo creativo. Noi abbiamo coscienza di tutto il processo del film dal suo inizio alla fine, una coscienza che è nata per necessità in quanto fisicamente abbiamo sempre fatto tutto noi, dato che era l’unico modo per realizzare quello che volevamo fare. Piano piano questo è diventato parte stessa del processo creativo, nel senso che siamo riusciti a massimizzare i piccoli budget che abbiamo avuto a disposizione e portare sullo schermo qualcosa che in realtà ha un messaggio più ampio, proprio perchè li concepiamo dalla scrittura e sappiamo già come li andremo a girare e postprodurre. Stiamo parlando della buona vecchia e sana esperienza, noi ne abbiamo fatto tanta e ci ha permesso di far maturare le nostre conoscenze in ogni ambito. Per noi anche lo storyboard è assolutamente fondamentale, sia dal  punto di vista creativo che dal punto di vista pratico all’interno del set. Quando hai tante cose che ti frullano in testa è fondamentale iniziare a disegnare il film così come lo vedi, perchè la sceneggiatura sono solo parole e quando inizi poi a capire come lo vorrai girare lo metti sui disegni, solo lì inizi veramente a vedere il film. Per questo è importantissimo lo storyboard, è un efficace strumento di lavoro che viene condiviso con tutti  i collaboratori sul set,  per pianificare tutto quanto e per essere preparati a eventuali imprevisti che possono accadere in fase di realizzazione. 

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Come siete arrivati a concepire Mine e a cosa vi siete ispirati?
Diciamo che l’idea è nata da un’immagine, che è quella del soldato fermo sulla mina. Non abbiamo capito subito che potesse essere una metafora, ma l’abbiamo vista come una bell’idea su cui ci si poteva costruire un film di genere, un high concept facile da spiegare e che probabilmente era anche facile da produrre. Quando abbiamo capito che quest’idea potesse avere un valore metaforico, cioè l’uomo bloccato in un deserto che fosse eco di un blocco interiore, allora ci siamo accorti che potevamo costruire una narrazione che avesse senso e che avremmo potuto girare. Potevamo sviluppare tutta una poetica coerente coi i lavori precedenti. Tutta la propositività è nata a monte con l’idea di un film che avesse un budget contenuto. Sulle influenze secondo noi pur cercando di essere i più originali possibili, a livello macro i due film che abbiamo tenuto  sempre in considerazione sono ovviamente 127 ore e un altro film che secondo noi è insospettabile ovvero Gravity, molto Mine da un certo punto di vista, perchè è un film totalmente esperienziale e noi speriamo di aver ricreato al meglio l’esperienza di uomo che finisce suo malgrado sopra una mina. Anche in quel film c’è una grossa metafora, tu vai in sala pensando di trovarti di fronte a un film che parla di un astronauta alla deriva e invece ti trovi davanti alla storia di una madre che sta rielaborando un lutto e anche in gravity tutti gli elementi sono fortemente metaforici, cosa che ci interessava molto. Poi mentre stavamo lavorando in fase di pre-produzione abbiamo visto The Grey, altro film che ha tante cose in comune con Mine, soprattutto per l’uso che fa del lato onirico coi flashback e abbiamo dichiaratamente cercato di rubare dei trucchi nelle scene notturne. Abbiamo ammirato molto come hanno gestito le scene con i lupi e abbiamo cercato di fare lo stesso con i nostri licaoni.

Come mai avete scelto di iniziare con un survival movie?
Era la nostra idea di base, uno strumento per creare le condizioni per cui il film fosse fattibile, però in realtà l’abbiamo usato solo come un pretesto per raccontare una storia che non ha niente a che fare con il survivor. Mine racconta molto di più e ci auguriamo che questo messaggio sia arrivato al pubblico.

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Abbiamo saputo che all’inizio avevate in mente altri nomi per il ruolo del protagonista, potete svelarci il nome degli altri candidati? Immagino sarete più che soddisfatti della scelta di Armie Hammer...
Noi avevamo in mente dei nomi assurdi e sbagliati (ridono) e adesso non riusciremmo a immaginare nessun altro attore nel ruolo del protagonista. Armie è un attore in ascesa e dobbiamo dire che è stato un vero onore poter lavorare insieme a lui. Onestamente ora non ha senso rivelare i nomi degli altri candidati, siamo soddisfatti della scelta e siamo sicuri che Armie farà tanta strada nel mondo del cinema. 
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Perchè la scelta delle Isole Canarie? E quanto è stata dura girare in sole 5 settimane? Un vero e proprio record...
Abbiamo scelto Fuerteventura perchè a noi serviva un deserto fatto di dune di sabbia, un ambiente che somigliasse molto al Nord Africa. È praticamente il più grande deserto che c’è in Europa e poi ha dei forti incentivi fiscali presenti sul territorio spagnolo che per il nostro tipo di produzione hanno fatto al caso nostro, inoltre il nostro produttore Peter aveva già lavorato con una produzione spagnola e quindi diciamo che tutti i tasselli erano perfettamente al proprio posto. É stato faticosissimo girare in sole cinque settimane, non riusciamo a trovare altri termini per descrivere il nostro lavoro. Soprattutto per la fase di post produzione perché tutto sommato per quanto la fase di shooting sia stata dura e una lotto contro il tempo, non ha niente a che vedere con l’agonia della fase di post produzione che si è protratta per quasi un anno. 
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Prima di lasciarci volete anticiparci qualcosa sui vostri prossimi progetti? I vostri fan non vedono l’ora di vedervi di nuovo in azione...
Ci piacerebbe sia scrivere e produrre degli horror a basso costo diretti da altri registi che seguiamo e ‘’tampiniamo’’ ormai da tempo. Stiamo iniziando a pensare alla nostra seconda opera e poi ovviamente ci piacerebbe fare un’incursione nella tv con una serie e stiamo provando a sviluppare altre idee e altri progetti, insomma state certi che faremo di tutto per non deludervi, un caro saluto lettori de IlTermopolio.
 
Ti sei perso la recensione del film? Recensione Mine
Link Immagini:
Immagine 7: www.Everyeye.it
Immagine 9: www.LifestylemadeinItaly.it
Altre immagini: Copyright Salvatore Amoroso 

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