Incontro Bruno Zanin nella hall del Royal Victoria, uno degli alberghi più antichi e maestosi di Pisa. Lui stesso, per la prima volta in città e al cospetto del Royal, mi confessa di essere rimasto a bocca aperta alla vista della struttura. Dovrei essere io per primo a prendere parola e intervistare colui che fu scelto da Fellini per interpretare il "Titta" di Amarcord più di quarant'anni fa. Ma, al di là dei convenevoli iniziali, con grande naturalezza è Zanin a chiedermi di cosa mi occupo nella vita, la mia provenienza, i miei studi. Grazie al prezioso documentario firmato da Ricky Farina che aveva fornito un ritratto piacevole dello Zanin uomo più che dello Zanin attore, non rimango sorpreso più di tanto da quello che sta succedendo, anzi, conscio dell'animo curioso e gioviale del mio interlocutore, riesco a condurre con lui non la classica intervista ingessata tra domande e risposte. Ne viene fuori invece, nel corso dell'ora che trascorriamo insieme, una chiacchierata dinamica tra i ricordi della sua gioventù e un sorso di buon vino bianco, una conversazione cordiale, spiritosa ma per nulla superficiale, brillante per merito delle tante vite affrontate da Bruno Zanin.
"Come un veliero senza timone che naviga a vista". Così si presenta questo veneziano dalla folta barba e dagli occhi azzurri accesi, che nel corso dei suoi sessantacinque anni si è ritrovato a sobbarcarsi situazioni e compagnie che non poteva scegliere. A partire dal burrascoso rapporto con i genitori che lo porta a fuggire di casa, dai terribili abusi subiti quando era ragazzino, al riformatorio, al carcere minorile, in fuga di qua e di là, sino a giungere in Sicilia, a Lipari, e nel '72 trovarsi a Roma, passare per caso davanti agli studi di Cinecittà, intrufolarsi in un provino di Fellini ed essere scelto in un istante dal grande regista romagnolo come protagonista del suo "Amarcord". Bruno racconta di non essersi sentito intimorito dinanzi a lui, di aver mentito senza remore sulla sua vera età (aveva 21 anni, ma a Fellini ne aveva dichiarati cinque in meno), di essere stato travolto da un uragano assolutamente inaspettato, una turbolenza che ha seguito quella precedente e che l'ha trasportato di lì a poco anche sui palcoscenici teatrali più lusinghieri, per la regia di Strehler, Ronconi, Montalto. Per vent'anni Zanin recita, finchè a un certo punto si rende conto di essere incastrato in una spirale soffocante, sente parlare una vocina dall'interno che lo chiama "impostore". Zanin ha perso la libertà, sul set non riesce a dare il meglio di sè, e soprattutto non sopporta di avere a che fare con gli attori, personaggi egocentrici che proseguono a invecchiare in un tedio di vita divisa tra i mesi delle riprese e gli altri passati a casa ad aspettare un altro copione. Un'altra chiamata. Statici, lobotomizzati, e seppelliti in un perenne rullo compressore. La sua è la classica "sindrome da rifiuto del cinema". Bruno Zanin prende allora le distanze da questo mondo e gli eventi lo portano all'inizio degli anni '90 a un cambio radicale.
Va in Bosnia, a prestare servizio umanitario, aiuti alle popolazioni sradicate dal conflitto che mette fine alla Yugoslavia. Diventa anche corrispondente, per circa tre anni, respira a pieni polmoni la vita, attenua in qualche modo la "solitudine affollata" che l'aveva sopraffatto. Zanin sostiene infatti di perdere la tranquillità e la gioia di comunicare nel momento in cui si trova in presenza di più di due, tre persone, perchè nel baillame si vengono a perdere facilmente i presupposti per una conoscenza vera dell'altro. Candidamente egli confessa di sentirsi conquistato da una sensazione di "solitudine affollata" dentro di sè, di avvertire rumori costanti all'interno della mente che passano dal mare al ruscello sotto casa, a voci. Un autentico martellamento che lo segue costantemente, ma che appartiene alla vitalità esplicita che caratterizza il suo animo, la capacità di rimettersi in gioco, della determinazione nel confrontarsi con i cambiamenti del mondo. Così Bruno, all'arrivo del Nuovo Millennio, intraprende una nuova fase dedicandosi alla scoperta dell'escursionismo con il primo viaggio a Santiago, in compagnia del figlio, per inaugurare una consuetudine annuale. Bruno si trasferisce in un minuscolo paesino del Verbano immerso nei boschi, da cui si ricostruisce ancora una volta, avvicinandosi alla scrittura grazie alla stima fondamentale del grande scrittore Raffaele La Capria, e pubblicando "Nessuno dovrà saperlo", un romanzo di formazione in cui la storia del suo alter ego Alessandro fornisce l'occasione per raccontare sè stesso. Un romanzo che viene molto apprezzato, tradotto in spagnolo, e al quale fanno seguito altri libri. Ma non per questo Zanin si considera scrittore, o vuole comunque essere visto soltanto come tale. A Zanin non piacciono le categorizzazioni, anzi non interessano proprio. Ciò che conta è l'uomo, nella sua versatilità, nella sua intenzione di non confinarsi. Essere aperto al mondo, alle sue infinite possibilità. Come dargli torto.
Immagini tratte da:
- Immagine 1 da Youtube - Immagine 2 da www.passaparola.info - Gallerie immagini da foto dell'autore (Stefano Pipi)
4 Commenti
Bruno Zanin
5/3/2017 12:49:49
Enrico carissimo, sei uno dei pochissimi giornalisti o blogger al mondo ( posso chiamarti così? ) incontrati nella mia vita che non ha cambiato le carte in tavola nè aggiunto ricami frou frou a quanto ho (loro) raccontato per abbellire o aggiungere fascino o prurito al pezzo che firmano e pubblicano. Solo un errore. il mio paese non è nel vercellese ma nel Verbano ci sono infatti due Vanzone , il mio è in provincia di Verbania, l'altro di Vercelli :-) . Bravo e grazie.
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Enrico Esposito
5/3/2017 18:48:02
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Enrico Esposito
5/3/2017 18:51:13
Caro Bruno ti ringrazio molto per i complimenti e mi scuso per l'errore! Vista appunta questa mancanza, credo che blogger sia un appellattivo piuttosto che giornalista XD E' stato un grande piacere poter fare una chiacchierata più che un'intervista con te!!Grazie ancora! 7/3/2017 23:17:56
E' una bella intervista che mostra i reale Bruno che ho sempre conosciuto ed apprezzato. Guido.
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