Un andirivieni di storie e racconti, un libero alternarsi di personaggi, ambienti e tecniche narrative che si intersecano dando voce a sei uomini diversi, accomunati tutti da qualcosa. Anzi, da qualcuno. E quel qualcuno è Bob Dylan che in effetti, come il titolo avverte, non è presente (se non attraverso la propria musica). Eppure nel poeta, come nel profeta, nel fuorilegge, nell’imbroglione, nella star di elettricità e nel cantante ritroviamo qualcosa del menestrello: sei modi di essere uomo e cantautore attraverso il tempo e la storia.
Ma andiamo per ordine e guardiamo un po’ più da vicino i ritratti che si intrecciano febbrilmente insieme con inserti documentaristici (vediamo scorrere le immagini della guerra del Vietnam come pure di Martin Luther King), mantenendo però indipendente il piano contenutistico e le scelte stilistico-formali e permettendo allo spettatore di respirare, tra i tanti frame, altrettante atmosfere: 1959. Woody Guthrie (M. C. Franklin) ha undici anni. È un giovanissimo cantante blues e folk. Almeno così dice di essere. Lui è l’imbroglione. Primi anni ’60, è la volta di Jack Rollens (C.Bale), il profeta. Il menestrello della coscienza della musica folk <<toglie la buccia a quello che vede>>, componendo canzoni-distillato della realtà. Peccato che, all’apice della carriera, decida di sparire dalle scene, diventando pastore. Robbie Clark (H.Ledger), la star di elettricità. Il ventiduenne interpreta Jack Rollens in una pellicola a lui ispirata. Sul set l’incontro con una giovane pittrice parigina, Claire. L’amore. Un matrimonio lungo nove anni, due figlie e le troppe scappatelle di lui. Divorzieranno. Arthur Rimbaud (B. Whishaw), il poeta simbolista. Sotto interrogatorio, risponde con parole che citano Dylan. Non gli piace la parola “poeta”. Si dice agricoltore. Questo fa di lui un essere non fatalista, come invece lo sono l’impiegato o il cassiere. Delizioso l’elenco di “regole per vivere alla macchia” che il poeta propone: 1. mai fidarsi di uno sbirro con l'impermeabile; 2. attenzione all'amore e all'entusiasmo, sono temporanei e facili a fluttuare; 3. quando ti chiedono se ti importa dei problemi del mondo guarda profondamente negli occhi chi te lo chiede: non te lo chiederà di nuovo; 4. e 5. E se ti viene detto di guardare te stesso... non guardare mai 6. mai fare o dire qualcosa che la persona davanti a te non può capire; 7. mai creare niente: verrà male interpretato ti incatenerà e ti seguirà per tutta la vita. Billy the Kid (R. Gere), il fuorilegge. L’amore per la sua città (non vuole sia distrutta per far passare l’autostrada) lo porta a confrontarsi col Commissario Garret, dal quale era riuscito a sfuggire tempo prima. L’avventatezza determina la detenzione in carcere che tuttavia riesce ad aggirare facilmente. Jude Quinn (C. Blanchett), il cantante. Fra tutti, il più somigliante al vero Bob Dylan ed interpretato curiosamente da una donna, Cate Blanchett (vincitrice di numerosi premi tra cui il Golden Globe 2008 come Migliore attrice non protagonista). Artista maledetto, consumato da alcool e droghe, riceve aspre critiche dal proprio pubblico come dai giornalisti in occasione della deriva rock delle proprie canzoni, un tempo folk. Morirà in un incidente in moto. Sei storie, apparentemente slegate l’una dall’altra ma saldamente unite da un filo: Bob Dylan. Ogni personaggio segna un periodo o una tendenza del cantautore: la passione per il folk di W. Guthie e l’abitudine giovanile di crearsi false identità (Woody), le canzoni irriverenti e di protesta e la conversione al Cristianesimo (Rollens), l’amore per la moglie Sara e il successivo divorzio (Clark), l’influsso della poesia simbolista di Rimbaud (Rimbaud), la svolta rock (Quinn), il definirsi fuorilegge ed emarginato e la partecipazione ad un film sul famoso bandito Billy the Kid (Billy the Kid) Stili diversi per storie e momenti diversi. Tantissime le citazioni. Alcune scene strizzano l’occhio ai film francesi. Una tra tutte, la citazione “Cosa c’è per te al centro del mondo?” tratta dal famoso Il maschio e la femmina (1966) di Godard, così come citazioni filosofiche come quella sulla res cogitans cartesiana, tutte pronunciate dalla malinconica pittrice francese Claire. Merita attenzione il bianco e nero nelle storie di Jude e Arthur, i personaggi più maledettamente inquieti e affascinanti. L’autopsia di Jude e un bisturi che incide la sua carne ad inizio film; una camera da presa che ruota intorno ad un imponente crocifisso, verso la fine. Allen Ginsburg e lo stesso Jude, dissacranti, chiedono a Gesù di scendere dalla croce perché rischia di essere ucciso. Questi, solo alcuni dei frammenti più suggestivi e irriverenti presenti nel film.
Psichedelico ed ammaliante, Io non sono qui è il primo biopic ad essere autorizzato come biografia dallo stesso Dylan, pur essendolo in modo volutamente evocativo. Poeta, cantautore, personalità ricca e multiforme di cui si mettono in scena tendenze, visioni, illusioni, utopie, umana disillusione e realtà. Dylan è assente eppure in ogni sequenza e in ogni canzone-da Stuck Inside of Mobile with the Menphis Blues Again ad I want You, passando a Ballad of a Thin Man fino a Positively 4th Street- è più che mai presente.
Da chiederci resta se il geniale e scorbutico menestrello si presenterà a Stoccolma a ritirare il Nobel di cui è stato da poco insignito. <<Andrò se potrò>> ha dichiarato in una recente intervista al Daily Telegraph. Ma questa è già un’altra storia, ancora tutta da scrivere. Immagini tratte da: - Comingsoon.it - sceengoblin.com - Silenzioinsala.com - UniInfoNews.it - film.tv - Silenzioinsala.com - movieplayer.it - refugioantiaereo.com - StanzediCinema.it
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Maggio 2023
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