Di Federica Gaspari
Una strana legge statistica del mondo di Hollywood recita che il vincitore del premio del pubblico del Toronto Film Festival abbia altissime possibilità di trionfare nella categoria più scintillante degli Academy Award. In passato, infatti, moltissimi film che vantavano questo riconoscimento nel loro curriculum hanno conquistato l’Oscar per il miglior film dell’anno, anche quando tutti i pronostici della critica non erano favorevoli. Green Book, 12 anni schiavo e Il discorso del re ne sanno qualcosa. Nell’edizione 2019 del TFF il pubblico ha premiato l’irriverente Jojo Rabbit, creatura apparentemente fuori dagli schemi nata dalla mente di Taika Waititi su ispirazione di un romanzo di Christine Leunens. Tutti gli occhi di Hollywood sono puntati da quel momento sulla strana creatura satirica del regista neo-zelandese. Nei mesi seguenti, il film ha attraversato i red carpet di molti festival europei tra cui il Torino Film Festival. Dopo un’iniziale esplosione di curiosità, tuttavia, le luci dei riflettori su Jojo Rabbit si sono leggermente affievolite. L’ambita candidatura agli Oscar però ha acceso l’attesa per l’uscita nei cinema italiani. Nella Germania nazista, il piccolo Johannes (Roman Griffin Davis), chiamato da tutti scherzosamente Jojo Rabbit, trascorre le sue giornate alternando gli allenamenti da aspirante soldato nazista alle sue strane conversazioni con il suo amico immaginario Hitler (Taika Waititi). Jojo è cresciuto circondato dalla martellante propaganda di stata e i valori hitleriani sono gli unici che crede di conoscere. Tutte le sue assurde convinzioni, però, inizieranno a crollare quando scoprirà che la madre Rosie (Scarlett Johansson) nasconde nella loro abitazione una giovane ebrea. Chiunque abbia mai letto distrattamente i titoli della filmografia di Taika Waititi conosce benissimo le eccentriche potenzialità di questo autore. Da indie-darling a regista di blockbuster il passo per lui è stato brevissimo. Nel 2017 ha girato il discusso Thor: Ragnarok, successo al botteghino internazionale che, secondo le dichiarazioni rilasciate da Waititi stesso, avrebbe contribuito ampiamente a finanziare Jojo Rabbit, un film “talmente irriverente da non essere mai prodotto e distribuito da uno studio convenzionale”. Con queste premesse, quindi, il film arriva nelle sale e cattura l’attenzione con una prima parte divertita e divertente in cui la camera ruota brillantemente intorno al piccolo protagonista, mostrandone la natura involontaria di prodotto della propaganda di un regime totalitario. Waititi, impegnato anche alla sceneggiatura, ironizza con toni magnetici e ritmi irresistibili su contraddizioni e assurdità di un sistema concentrandosi proprio sulla figura totalmente sdrammatizzata dell’amico immaginario con le sembianze di Hitler, interpretato dal regista stesso. L’effervescente primo atto del film, tuttavia, perde presa e, di conseguenza, sfumature della sua efficacia nella seconda parte. Un’ammirevole prova attoriale di Scarlett Johansson e una colonna sonora perfetta nella scelta dei brani, infatti, non riescono a scandire i giusti tempi del graduale passaggio ai toni più drammatici della narrazione. La scelta di uno svolgimento finale più canonico e tradizionale assicura un’esperienza piacevole ma proprio per questo delude in parte le aspettative tradendo la cifra stilistica stessa di Waititi. Una premessa istrionica e ribelle si consuma così in uno sviluppo solido, appassionante ma in contrasto in parte con quanto costruito in precedenza dalla narrazione. Jojo Rabbit è, quindi, tagliente ma non abbastanza, riuscendo comunque a tratteggiare una riflessione originale e coinvolgente su temi che non sempre sono stati affrontati con abbastanza coraggio sul grande schermo. Immagini tratte da: https://www.torinofilmfest.org/it/
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Dicembre 2022
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