Con l’anteprima mondiale e la vittoria del Leone d’oro a Venezia 76, Joker interpretato magistralmente da Joaquin Phoenix e diretto dal regista Todd Philips scrive la storia del Cinema, rivoluzionando il concetto di cinecomic.
Nel vasto mondo dei fumetti nel novanta percento dei casi sono proprio i Villain a conquistarci. Personaggi bizzarri e dalla personalità seducente, rilegati ai margini della società e che molto spesso vengono disprezzati e non totalmente compresi. Il più iconico e il più misterioso è senza dubbio Joker, il pagliaccio di Gotham City. Ma quanti di noi conoscono le sue origini? Quanti di noi sanno chi è veramente Arthur? La madre gli continuava a ripetere che “ha uno scopo: portare risate e gioia nel mondo” e Arthur Fleck ci crede, a modo suo. Disadattato, schizzato, bullizzato, Arthur non vive, sopravvive, soprattutto a se stesso, ma anche la madre non scherza: teledipendente, querula, consunta. E non basta: pretende che il padre di Arthur sia Thomas Wayne, il magnate di Gotham, e chissà se lo è davvero. Lavora come clown, Arthur, con altri freaks per destino prima che professione: si esibisce, anche per i bambini, e forse portarsi appresso la pistola all’ospedale pediatrico non è il massimo delle idee. Licenziato, si butta nello spettacolo, agogna raggiungere il suo mito, Murray Franklin (Robert De Niro), un conduttore televisivo che gli accende un altro lume della sragione: the show must go on, e quello di Arthur battezzato per sfottò Joker si fa involontariamente catalizzatore dell’insofferrenza popolare, per una città invasa dai ratti, sovrappopolata dall’immondizia dove alcuni (pochi) hanno tutto, e chi niente come Arthur che non ha nemmeno la possibilità di continuare a essere curato. La sanità mentale non abita qui, e Joker non farà prigionieri: l’umiliato e l’offeso è l’alfiere imprevisto e improbabile della riscossa popolare, della rivincita degli ultimi, il fomentatore della guerrilla e del saccheggio urbano con indosso le maschere che mostrano la sua bocca ferita e un paio di occhi vacui che lasciano intendere senso di vendetta e tanto bisogno di infondere dolore.
Chi poteva interpretare magistralmente l’ultimo tra gli ultimi? Joaquin Phoenix, esperto in trasformazioni fuori dal comune. Di fatto non si smentisce nemmeno questa volta e non si limita a calarsi nei panni del personaggio, lui mastica e digerisce il clown, lo fa letteralmente suo. Oltre a perdere peso (ben venti chili) studia meticolosamente le risate di persone realmente affette da malattie mentale . Una risata che come hanno scritto banalmente in tanti, non ci seppellisce ma ci fa accapponare la pelle. Una risata che ci trasmette un dolore tagliente e che sembra sussurrarci che forse, anche noi talvolta ci siamo trovati nei panni sudici di Arthur. Non vogliamo esagerare ma non ci sarebbe Joker, film e personaggio, senza Joaquin Phoenix, che come Jack Nicholson e Heath Ledger si fa trovare pronto al ruolo, di più, al voltaggio esistenziale del villain: prova totale e totalizzante, balla, ride, s’intorcina, dà e prende, emoziona fino a portarci sull’orlo del precipizio e dritti verso la follia.
Raccontato con piglio autoriale, che poco ha a che fare con le più recenti repliche del mondo DC Comics o Marvel Studios, Joker di Todd Phillips, si proprio lui, il regista della trilogia di una Notte da Leoni, è un'opera viscerale, diretta, sanguigna, che inchioda lo spettatore alla poltrona e gli rovescia addosso tutto ciò che non va nella società che sta al di fuori della sala. Una storia di indifferenza che porta, com'è facile prevedere, a conseguenze disastrose, terribili, a cui il mondo reale non è affatto immune. L'opera filmica esce così dal proprio schermo e arriva dritta al cuore. All’occhio del cinefilo più esperto sono visibili i principali film da cui prende spunto Phillips: in quelle strade di una Gotham malata e fatiscente è possibile vedere Panico a Needle Park, con interprete un giovane Al Pacino. Nell’ossessione di Arthur per il suo idolo Murray è lampante il richiamo a Re per una notte ( The King of Comedy) diretto da Scorsese e guarda caso con un De Niro che passano gli anni ma non smette mai di stupire. Alcuni temi e particolari sequenze ci rimandono alla mente geniale di Scorsese con il suo Taxi Driver. Insomma paragoni importanti che ci dimostrano come Todd Phillips abbia portato sullo schermo una storia coraggiosa, vera e cruda. Dove il cerone bianco del personaggio si confonde con le sue lacrime, dove il sorriso forzato del personaggio ci fa stare tremendamente male.
Joker di Todd Phillips è un film brillante, oscuro e avvincente. Un’opera che inaspettatamente ci trasmette emozioni vere, quelle da film costruito con occhio minuzioso, che trasuda sudore e fatica. Dalla musica alla fotografia è possibile percepire tutto l’amore per il cinema di questo regista che non poteva non avvalersi dell’enorme esperienza attoriale di Phoenix, capace di caricarsi sulle spalle tutto il peso della pellicola. Il Leone d’oro a Venezia76 non profuma solo di storia ma di rivoluzione. Un altro rivoluzionario, Cyrus era il suo nome, come il regista Phillips, nel ’79 parlava a un popolo di guerrieri della notte, e rivolgendosi a loro urlava a squarciagola: ‘’can you dig it?’’. Forse quel popolo di guerrieri, inferociti e mai domi, siamo proprio noi, forse dopo la visione di questo film sarete in grado di ascoltare la voglia di innovazione che da tanti anni chiediamo al cinema. Joker trionfa, Joker si fa beffe delle sterili polemiche sulla violenza, Joker da il via a un’era fatta di originalità.
Immagini tratte da:
Locandina: myMovies.it Immagine 1: leganerd.it Immagine 2: Film.it Immagine 3: OptimaMagazine Immagine 4: SyFyWire.com
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Maggio 2023
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