Nel Marzo scorso nelle sale italiane è arrivato "La macchinazione", film per la regia di David Grieco che ha riportato ancora a galla i tanti, troppi misteri che ancora circondano la scomparsa del grande intellettuale italiano avvenuta la notte del 2 Novembre 1975.
Un piano bianco. Nessun altro colore. Vuoti sonori. Una lenta melodia pseudo-religiosa. Partono cori femminili. Si issano sempre più su. In diagonale si appropinqua David Gilmour. Nel frattempo il campo visivo si allarga in concomitanza con l'ampliarsi delle voci. Lo spettatore affronta il disegno elaborato di alcune figure scolpite, in lotta tra loro. La Suite di Atom Heart Mother, 1970, Pink Floyd si svela nella gloria dei 23:44 in cui viene al mondo, ha le sue prime pulsioni erotiche, gode. Viene uccisa, muore, resuscita, ammazza, sale in cielo. Il disegno con le sculture in realtà rappresentava un bassorilievo. Della fine di Pier Paolo Pasolini, tirato per i capelli con lancinante odio. Un Pasolini gigantesco e formidabile immobilizzato da cinque, dieci omuncoli che gli succhiano il sangue come dei piccoli demoni. Ma per levargli la vita avranno bisogno di un'automobile. Sembra di rivedere la morte di Laocoonte ad un certo punto. Comincia così "La macchinazione".
David Grieco, romano classe 1951, ha conosciuto Pasolini a soli dieci anni, a diciassette ne è diventato aiuto - regista e attore per "Teorema", l'ha sempre considerato una guida fondamentale per la sua formazione di uomo oltrechè di scrittore e operatore. Di spot pubblicitari e documentari sul cinema ne ha fatti tanti. Di film 2. Entrambi tratti da due suoi libri. Da "Il comunista che mangiava i bambini" edito da Bompiani nel 1994 e ispirato alla vita del mostro di Rostov, il pedofilo russo Andrej Romanovic Cikatilo, ha tratto dieci anni dopo l'acclamato "Evilenko" con protagonista un sontuoso Malcom Mcdowell. Nel Novembre scorso per Rizzoli nelle librerie è giunto il volume "La macchinazione". Il Marzo di quest'anno ha conosciuto anche la versione filmica di una battaglia condotta assieme al regista da oltre 40 anni, una coltre diffusa di imbrogli e inesattezze, che grazie alla tenacia sua e di numerosi altri veri intellettuali (Carlo Lucarelli con il suo "PPP" e Carla Benedetti e Giovanni Giovannetti con "Frocio e Basta" di cui potete leggere qui la nostra intervista) diventera a breve un'interrogazione parlamentare.
41 anni quasi dopo che Pasolini perse la vita nella concitata notte tra il 1 e il 2 Novembre del 1975, all'Idroscalo di Ostia, in mezzo a baracche e impronte di pneumatici che non potevano solo appartenere all'Alfa del poeta friuliano. Così come allo sfinimento è stato detto, ma vale la pena ripeterlo per chi non lo sa, che il "marchettaro" diciassettenne Pino Pelosi auto-accusatosi e condannato come assassino di Pasolini non possedeva nè le condizioni fisiche (alto un metro e mezzo ed esile, da qui il soprannome di Pino "La Rana") nè tantomeno motivazioni e astuzia (Pelosi non ha proprio tutte le rotelle a posto, ad intervalli ha provato con scarso successo a fare il ladro ma l'hanno riportato tra le sbarre ogni volta) per compiere il tutto da solo. L'avvicente conclusione della pellicola di Grieco mette in scena difatti l'epilogo probabilmente più realistico di una morte che come Lucarelli afferma nel suo libro appartiene alla schiera dei "segreti oscuri" della Storia italiana, e non ai misteri, dal momento che palese si è dimostrata sin dalla pecoreccia scena del crimine della mattina del 2 Novembre 1975 la volontà da parte delle forze della giustizia di insabbiare il caso in fretta a furia con una sigla che suppergiù reciterebbe "Pier Paolo Pasolini ha tentato di sodomizzare con violenza e minacce di morte il Pino Pelosi e per questo è stato ucciso". Come se quasi se la fosse cercata.
E' riuscito laddove Kubrick non ce l'aveva fatta David Grieco. Per "Arancia meccanica" il maestro Stanley intendeva utilizzare alcune musiche dei Pink Floyd ma non gli fu possibile. Per "La macchinazione" invece Grieco è riuscito ad ottenere i diritti per riproporre un album, "Atom Heart Mother" conosciuto ed apprezzato dallo stesso Pasolini, riproponendo i vari stati d'animo di cui si compone la Suite iniziale (solennità, archi da da parata, rock progressive allo stato puro) all'interno di diversi momenti descritti. Dall'apertura già citata all'ascolto proveniente dallo stereo dell'auto guidata dall'autore degli "Scritti corsari" tra le vie buie di Roma, alla magnifica scena onirica in cui profeticamente egli immagina il presente tecnologico, alla suspence vorticosa che conduce all'omicidio.
E Pasolini soprattutto chi lo interpreta? Chi ha avuto il fegato, la tensione e la faccia per impersonarlo? La risposta a Grieco sembra averla suggerita Pasolini in carne ed ossa, quando dopo una partita di calcetto nell'unica occasione in cui lo incontrò, a Massimo Ranieri sorridendo gli confessò che loro due si assomigliavano sul serio. Ebbene l'attore napoletano restituisce ne "La macchinazione" l'immagine sentita e importante di un Pasolini dai molti volti e raccontato a tuttotondo negli ultimi giorni della sua vita. Un Pasolini galantuomo con Pelosi (un eccellente Alessandro Sardelli), Antonio Pinna (interpretato da Libero De Rienzo, egli era un piccolo criminale scomparso poco tempo dopo l'assassinio e di cui fu ritrovata un'Allfa Romeo molto simile a quella di Pasolini) e altri giovani delle Borgate della Capitale. Un Pasolini dolce ed innamorato della propria madre (ruolo ricoperto da Milena Vukotic). Un Pasolini determinato nella realizzazione del suo ultimo film "Salò" e nella ricerca del materiale per la scrittura del romanzo "Petrolio". Ma in altri frangenti anche un Pasolini stanco della situazione italiana contemporanea. Sì, perchè la trama del film non insegue a differenza della versione non esaltante "Pasolini" firmata da Abel Ferrara nel 2014 l'obiettivo di descrivere un delitto puramente sessuale. Gli sceneggiatori (Grieco e Guido Bulla, compianto Professore di Lingua e Letteratura inglese all'Universita' "La Sapienza" di Roma) partono da ben altre basi, fatti ulteriori per strutturare la loro tesi centrale secondo cui dietro all'omicidio Pasolini si celano ragioni e personaggi di elevato rango e potere riportati sullo schermo con trasparenza e intelligenza.
C'è in primis l'Eni, e il suo presidente Eugenio Cefis, una tra le figure più oscure dell'epoca, da Pasolini individuato nel suo romanzo incompiuto "Petrolio" quale mandante diretto dell'attentato ad Enrico Mattei, suo predecessore alla guida dell'azienda nazionale dell'energia. In lui (presentato nel romanzo sotto lo pseudonimo di Troya) lo scrittore friuliano identifica un cancro estremamente potente nell'ambito dello sviluppo della realtà politico - economica italiana, ascrivendolo a fondatore della Loggia Massonica P2 e ponendolo al centro di vicende future che avrebbero caratterizzato effettivamente la storia del nostro Paese (la strage alla stazione di Bologna del 2 Agosto 1980 ad esempio). E in relazione alla messa a punto di "Petrolio" Grieco inscena una serie di incontri, nella realtà dei fatti mai avvenuti, tra Pasolini e Giorgio Steimetz (interpretato da Roberto Citran), nome verosimilmente inventato dell'autore del libro "Questo è Cefis. L'altra faccia dell'onorato presidente", documento contenente informazioni esclusive sul Presidente dell'Eni pubblicato nel 1972 dall'Agenzia Milano Informazioni e poi fatto sparire, ma posseduto da Pasolini in un fotocopia.
Gran parte del film è dunque fondata sulla fastidiosa indagine portata avanti da un Pasolini che come afferma lui stesso durante un incontro con Steimetz "non aveva nulla da perdere", e in parallelo sulla reralizzazione finale di "Salò", che subì pochi giorni prima del 2 Novembre un furto da parte di borgatari romani, intenzionati a restituire "le pizze" (ossia scatole discoidali contenenti i rulli della pellicola filmica) al regista dopo non essere riusciti a ricavarci denaro. Ne "La macchinazione" il furto delle pizze è ricollegato precisamente all'assassinio, e soprattutto grande spazio accanto alla vita "familiare ed intellettuale" di Pasolini è concesso al rapporto da lui instaurato con i "Ragazzi di Vita" da lui resi protagonisti dei romanzi come delle opere cinematografiche. I personaggi di Pelosi, di Antonio Pinna, del Boss di quartiere Sergio (nei cui panni c'è un ottimo Matteo Taranto) sono approfonditamente tratteggiati dal punto di vista umano esattamente come Pasolini e Steimetz. Alcun dettaglio è d'altro canto riservato al cameo di Cefis, al misterioso avvocato di Pelosi e agli aguzzini autentici del registra friuliano, aguzzini di cui Pino "La Rana" si è per magia ricordato trent'anni dopo i tragici fatti del 1975. Ringraziamo il Cinema Arsenale di Pisa che ci ha permesso di assistere alla proiezione del Film, oltrechè all'incontro con Carla Benedetti e Giovanni Giovannetti di Lunedi 23 Maggio scorso. Immagini tratte da: - Locandina da www.comingsoon.it - David Grieco da www.ilcaffe.tv
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Marzo 2023
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