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27/6/2019

La mia vita con J. F. Donovan - La recensione

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di Matelda Giachi
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Data di uscita:  27 giugno 2019      
Genere: Drammatico
Anno: 2018
Durata: 123 min.
Regia: Xavier Dolan
Cast: Kit Harington, Natalie Portman, Jacob Tremblay, Ben Schnetzer, Kathy Bates, Sarah Gadon, Thandie Newton, Susan Sarandon, Emily Hampshire, Michael Gambon, Chris Zylka, Amara Karan, Ari Millen
Sceneggiatura: Xavier Dolan, Jacob Tierney
Fotografia:  André Yared
Montaggio: Mathieu Denis, Xavier Dolan
Colonna sonora: Gabriel Yared
Produzione: Lyla Films, Pipeline Entertainment, Sons of Manual, Warp Films
Distribuzione: Lucky Red
Paese: Canada

Anno 2009, Xavier Dolan, appena ventenne, presentava a Cannes il suo primo lungometraggio, J'ai tué ma mère. Tornato su la croisette varie volte, il suo nome comincia a girare anche per le strade del Lido di Venezia. Era il 2013, l’anno di Gravity  con George Clooney e Sandra Bullock, e Xavier Dolan era sbarcato alla Biennale col suo Tom a la ferme. Poco dopo, con Mommy, la consacrazione. Scorrendo i titoli di testa vedrete il suo nome apparire non solo alla regia e alla sceneggiatura, ma anche al montaggio, alla produzione, ai costumi… Attore e doppiatore, per il suo paese è stato la voce di Rupert Grint in Harry Potter. Un talento eccezionale e giovanissimo, cose che, in questo mondo, hanno il loro prezzo.
Demolito brutalmente dalla critica anglosassone, La mia Vita con J. F. Donovan ha avuto poi molti problemi di distribuzione, nonostante sia il primo film in lingua inglese del regista e vanti di un cast stellare, da Natalie Portman a Susan Sarandon, passando per Kathy Bates. Arriva finalmente in Italia, grazie a Lucky Red, dopo che già è stata presentata la sua opera successiva.
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La storia di un bambino, Rupert (Jacob Tremblay, Room) che vuole diventare attore e quella di un giovane trentenne (Kit Harington, Il Trono di Spade) che attore è già e che ha appena raggiunto un successo planetario, si incrociano quando il primo decide di scrivere al secondo una lettera e riceve risposta. Entrambi in un momento di vita critico, trovano conforto nella sincerità di quella che sarà un’amicizia epistolare di cinque anni.
Da sempre Dolan attinge al proprio vissuto per la sua filmografia e in La mia Vita con J. F Donovan ritroviamo tutti i suoi temi caratteristici, dal bullismo subito, al controverso rapporto con la madre, all’accettazione della propria omosessualità fino al suo profondo amore per il cinema. Ogni aspetto però qui si sdoppia ed è vissuto in parallelo dai due protagonisti, in cui Dolan sembra mettere parte di sé, del suo io passato e del suo io attuale. Anche l’espediente che dà origine all’intreccio richiama la lettera che lo stesso Dolan scrisse a Leonardo di Caprio dopo aver visto Titanic ed esserne rimasto entusiasta.
Ma il fulcro di tutta l’opera è la contrapposizione tra verità e finzione, tra sincerità e menzogna o come avrebbe detto Luigi Pirandello, tra volto e maschera. Dolan denuncia quello che è il cancro non solo di tutta la baracca hollywoodiana ma del nostro tempo in generale, in cui la soppressione dell’io in favore della visione costruita da altri sembra essere l’unica salvezza dalla pubblica gogna. Questa sedicente salvezza è però la via più diretta anche per ogni altra forma autodistruzione e si rischia di rimanerne schiacciati, come Donovan.
I primi piani indagatori e a volte quasi soffocanti rimangono l’arma di ricerca di Xavier Dolan e la sua firma nella più intima e introspettiva delle sue opere.
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Ma perché tanto odio da parte della critica? Sicuramente vi sono difetti tecnici: la voce narrante è quella di Rupert che dieci anni dopo i fatti e diventato davvero attore (Ben Schnetzer, La Verità sul Caso Harry Quebert), ripercorre quel suo periodo di vita in un’intervista con una giornalista del New York Times (Thandie Newton, La Bella e la Bestia). Di fatto, vediamo momenti privati della vita di Donovan di cui lui non avrebbe mai potuto essere a conoscenza.
Tutta colpa della recitazione di Kit Harington? Ne Il Trono di Spade potremmo aver apprezzato il personaggio, la fisicità del suo interprete ma non certo le doti interpretative. Eppure, nonostante anche il fatto che sia circondato da colleghi di altissimo livello, con cui è difficile reggere il confronto, Kit Harington non eccelle ma comunque ci sta.
Forse la critica è rimasta delusa dalla mancanza di impeto delle opere precedenti, viviamo tempi in cui il Tribunale dell’Inquisizione ha assunto nuove e più subdole forme e se non urliamo allo scandalo con tutto il fiato che abbiamo in corpo non siamo contenti. Forse avrebbe voluto strapparsi tutti i capelli; il premio Oscar a Moonlight ci insegna che più tiriamo martellate su… le ginocchia, più siamo profondi. Ma Dolan non è rabbioso o disperato, è amareggiato, malinconico, disilluso. Perfino speranzoso e quasi positivo, abbastanza da chiudere l’ultima inquadratura su un sorriso.
La Mia Vita con J. F. Donovan forse non apparirà mai nella lista dei 100 film migliori di sempre, ma è lontano dall’essere l’orrore che ci ha venduto una sezione della critica forse incattivita e frustrata.
Voto: 7,5
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Immagini tratte da:
www.comingsoon.it
www.diredonna.it
www.wikipedia.org
www.taxidrivers.i

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