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2/4/2017

Le conseguenze dell’amore

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​di Fabrizio Matarese
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GENERE: noir, drammatico
ANNO: 2004
REGIA: Paolo Sorrentino
ATTORI: Toni Servillo, Olivia Magnani, Adriano Giannini, Raffaele Pisu, Angela Goodwin, Gisela
Volodi, Nino D’agata, Enzo Vitigliano
SCENEGGIATURA: Paolo Sorrentino
FOTOGRAFIA: Luca Bigazzi
MONTAGGIO: Giorgio Franchini
MUSICHE: Pasquale Catalano
PRODUZIONE: Fandango, Indigo Film, con la Medusa Film
DISTRIBUZIONE: Medusa Film
PAESE: Italia
DURATA: 100 minuti

Le conseguenze dell’amore è il secondo lungometraggio di Paolo Sorrentino. Il film, uscito nel 2004, ha ricevuto numerosi riconoscimenti ai festival italiani ed europei. Dopo il notevole esordio con “L’uomo in più”, il regista partenopeo cambia totalmente scenario e personaggi, ambientando il film in una grigia cittadina svizzera. Ancor più grigio è il protagonista, Titta di Girolamo, interpretato da un Toni Servillo magistrale, che si conferma l’attore prediletto di Sorrentino: un connubio artistico e personale che sarà coronato dal trionfo agli Oscar de “La grande bellezza”. Titta, fumatore accanito, è un uomo di mezza età sobrio e composto (tutta la frivolezza, nota in un passaggio del film, l’ha condensata nel nome), che vive in una camera di hotel e passa le giornate pasteggiando con due vecchi nobili in disgrazia, osservando furtivamente la bella cameriera del bar e combattendo senza successo contro un’insonnia tenace.


​Ma dietro la maschera di posato uomo d’affari (afferma di lavorare “per una grossa società di intermediazione finanziaria”) scopriamo, mano a mano che il film avanza, che Titta nasconde più di un segreto. L’unico vizio che si concede nella solitudine ticinese è quello della droga: ogni mercoledì mattina, alle 10 in punto, si spara una dose di eroina; in ventiquattro anni non ha mai fatto strappi alla regola.
Ma c’è di più: il suo “lavoro di commercialista” consiste nel trasportare periodicamente una valigia stracolma di dollari in banca per conto della malavita.
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Titta di Girolamo è un personaggio sospeso: esiliato nel limbo della svizzera italiana, conduce un’esistenza misera, solitaria, perennemente in attesa di qualcuno o qualcosa che possa rompere la stasi mortuaria in cui si ritrova. Non pronuncia mai una parola più del necessario, si rifugia nel non-detto e nel silenzio, relegando unicamente allo sguardo la chiave per i propri desideri interiori.
A un certo punto qualcosa accade: Titta si fa coraggio e si avvicina alla ragazza del bar, e quasi contemporaneamente due mafiosi gli sottraggono la valigia con i soldi. Il sentimento amoroso, che fino a quel punto Titta aveva represso con assoluto autocontrollo, inizia a infiltrarsi nel complesso meccanismo fatto di automatismi e atti preordinati, sgretolando pericolosamente le prigioni che si era volontariamente costruito intorno.
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A questo punto il protagonista è costretto a intraprendere un viaggio a ritroso nello spazio (dalla Svizzera fino al sud Italia) e nel tempo (per affrontare le persone responsabili del suo esilio disumanizzante). Una volta di fronte ai boss di cosa nostra Titta compirà un’eroica catarsi, che lo porta al sacrificio della vita per affermare la propria libertà.
Lo svolgimento del film si può dividere in due parti, in due movimenti: nel primo domina la noia, la lugubre routine della vita di Titta, inframmezzata dalle sue riflessioni solipsistiche e sembra che a muoversi sia soltanto la macchina da presa che esorcizza, con sinuosi movimenti, l’immobilità del protagonista; nella seconda parte, dopo l’inaspettato arrivo dei due affiliati e dopo l’apertura del protagonista verso la fascinosa e dolce barista, il ritmo accelera, l’andamento si fa convulso, la linea della narrazione si spezza e diviene complessa.
La fotografia oscura, lugubre, plumbea esprime il senso di angosciosa pesantezza che attanaglia il protagonista e una colonna sonora incisiva ed eterogenea rendono il film un’opera in cui l’atmosfera e la suggestione hanno un peso maggiore rispetto alla serie di vicende narrate.
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Come il titolo enuncia con nitore assoluto, è l’amore (vissuto o potenziale) il motore che fa scattare qualcosa nel protagonista, ma questo sconvolgimento, oltre a portare spazi di libertà e gioia, reca necessariamente anche pericolo, sofferenza e infine morte.
La redenzione suicidaria di Titta che conclude il film, può apparire come una sconfitta ma è forse l’atto più autentico e libero che compie il protagonista in tutta la narrazione.
Una cosa è certa: le conseguenze dell’amore non vanno sottovalutate…

Immagini tratte da:

romalive.org
archiviodelcinema.wordpress.com

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