![]() Titolo originale: Bar Bahar Regia: Maysaloun Hamoud Genere: drammatico Interpreti: Mouna Hawa, Sana Jammelieh, Shaden Kanboura Origine: Israele, Francia Distribuzione: Tucker Film Durata: 103′
Libere, disobbedienti, innamorate, è così che conosciamo Salma, Leila e Nur, tre giovani ragazze arabe, coinquiline in un piccolo appartamento a Tel Aviv. Un ritratto generazionale realizzato con pennellate fresche e leggere, che ha per sfondo la cultura underground della città israeliana, un territorio franco in cui le convenzioni della società araba di stampo patriarcale sembrano smorzarsi in direzione di un più ampio varco di autonomia del femminile, salvo poi riapparire prepotentemente, riconfermandosi nella loro sovrastrutturalità.
Salma è una dj omosessuale, Leila è un’avvocatessa che veste in modo sensuale, fuma e consuma alcool e droghe, entrambe arabe, la prima proviene da una famiglia cattolica, la seconda da una famiglia laica; la loro storia si intreccia con quella di Nur, musulmana praticante, promessa sposa a un uomo violento e oppressivo, restio all’idea che la ragazza possa continuare a studiare e a lavorare.
La trentasettenne regista Maysaloun Hamoud, nata a Budapest ma cresciuta a Dur Hana, in Israele, conosce in prima persona la condizione delle donne in Medio Oriente e nel film punta a divincolarsi dall’immagine del femminile stereotipato e sottomesso. Mostra, al contrario, il mettersi in moto di un lento e iniziale processo di emancipazione nel quale le tre donne pagano il prezzo di una subordinazione culturalmente radicata: l’indipendenza e la voglia di libertà si scontrano coi limiti imposti dalla famiglia, dalla società, dalla religione - sia essa cattolica o musulmana- dal maschile in senso lato. Traspare l’idea che l’emancipazione e lo stile di vita similoccidentale possano adeguarsi solo a un preciso stadio della vita, da relegarsi all’adolescenza e alla post adolescenza, superate le quali la donna debba tornare necessariamente a occupare un ruolo ben definito, e naturalmente subalterno, nella società dei padri, dei fratelli, dei mariti. Degli uomini.
Il film si mostra da subito godibile, soprattutto per la raffinata estetica che riguarda la scelta degli abiti delle protagoniste (Leila ad esempio indossa abiti provocanti sullo stile di quelli delle protagoniste di Sex and the City), degli ambienti e soprattutto nella cura delle inquadrature.
Le scene si svolgono quasi tutte in interni, tra l’appartamento condiviso dalle ragazze e i locali notturni, tra feste, incontri e chiacchiere tra amici. Proprio l’amicizia tra donne, sul finale del film, costituirà una valida risorsa che permetterà il sottrarsi da reiterati meccanismi di sottomissione del femminile.
Il titolo del film, originariamente Bar Bahar (In between), alluderebbe a quello spazio di mezzo, tra terra e mare, né qui né altrove, sospeso tra condizioni opposte: tra l’adolescenza e la maturità, tra l’adeguamento ai valori patriarcali e il loro rifiuto, tra il trovarsi fisicamente in Medio Oriente e il voler abbracciare un modo di vivere più libero e occidentalizzato.
Il disorientamento generazionale e la ricerca di una nuova identità del femminile sono trattati con grande raffinatezza e sguardo delicato per la regista che, alla prima opera, colleziona diversi riconoscimenti, tra cui il Netpac al Toronto International, il Premio della Giuria Giovani al S. Sebastian Film Festival e il premio Miglio Opera prima all’Haifa International Film Festival. Immagini tratte da: http://www.mymovies.it/film/2016/inbetween/ http://www.mymovies.it/film/2016/inbetween/ https://www.cinemagay.it/film/libere-disobbedienti-innamorate/ http://www.mymovies.it/film/2016/inbetween/news/pensi-di-vivere-in-europa/ http://www.iodonna.it/personaggi/cinema-tv/2017/04/06/libere-disobbedienti-innamorate-lemancipazione-femminile-tel-aviv-al-cinema/
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Febbraio 2021
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