Di Federica Gaspari Nel vivo di un periodo di incertezze, inquietudini e difficoltà, il cinema non ha semplicemente bisogno di reinventarsi: ne ha il dovere. Nel contesto di un’emergenza globale, il Locarno Film Festival tiene fede alla sua missione e alla sua storia mettendosi in discussione e rivolgendo lo sguardo al futuro con speranza ma anche autocritica. In occasione di una speciale quanto insolita edizione datata 2020, la kermesse cinematografica, che annualmente dal 1946 prende vita sulle rive svizzere del Lago Maggiore, dimostra ancora una volta di essere una voce autorevole con un respiro internazionale sul palcoscenico europeo rispondendo a una crisi – dell’industria della settima arte e non solo - con un programma artistico fuori da schemi e strutture tradizionali, visionario e coraggioso nell’offerta e nei veicoli anche senza accendere i riflettori sulle sue celebri proiezioni in Piazza Grande. Coniugando la riscoperta dei grandi titoli vincitori della sua storia con un forte slancio vero nuove prospettive, Locarno si riscopre multiforme ed eclettico trovando un legame tra pubblico in sala – con proiezioni in cinema selezionati – e online, azzerando distanze e distinzioni tra pubblico e industria con For the Future of Film. In un’edizione votata alla sperimentazione, il festival premia voci femminili forgiate da contaminazioni culturali e politiche. Nella selezione internazionale di The Films After Tomorrow trionfa Chocobar di Lucrecia Martel, documentario che celebra lotte e idee di un’intera comunità tramandate di generazione in generazione in America Latina. Il Pardo 2020 della sezione elvetica, invece, è stato assegnato a Mari Alessandrini per il suo Zahorì, racconto di formazione parzialmente autobiografico. La necessità di trovare nuove ragioni e punti di vista, tuttavia, ha posto un fortissimo accento soprattutto sui corti inclusi nella selezione dei Pardi di Domani, vero cuore pulsante di questa edizione dedicata ai protagonisti del futuro. Il Pardino d’Oro internazionale finisce tra le mani di Daroul Olu Kae per il suo I ran from and was still in it che attinge all’esperienza in prima persona per realizzare un ritratto solida ma non troppo sorprendente delle emozioni umane. La vera sorpresa, genuina quanto efficace nella sua semplicità, è tuttavia History of Civilization della regista kazaka, un corto lineare e disilluso che racconta e cattura gli attimi vissuti da una ragazza prima del trasferimento all’estero per inseguire i suoi sogni. Prima di chiudere la sua valigia di ambizioni e aspettative, la protagonista potrà assaporare ricordi mai vissuti e occasioni mai colte, comprendendo solo attraverso queste ultime estemporanee esperienze lo spirito di un luogo e, forse, di un’intera comunità. Questo sguardo riesce, accompagnato da inquadrature misurate e da una fotografia agrodolce, a essere così anche estremamente politico. Anche l’altro grande titolo della sezione internazionale riflette su un momento di passaggio, su un periodo cruciale per cambiare il proprio destino. Icemeltland Park, il documentario di Liliana Colombo, non lascia scampo e pone lo spettatore davanti a uno scenario critico, in cui il tempo per decisioni e cambiamenti è tragicamente agli sgoccioli. Combinando documentazioni video amatoriali con immagini satellitari della NASA, questo mediometraggio spietato quanto solido mostra tutta l’incapacità dell’uomo nel riconoscere e affrontare le conseguenze dei propri abusi nei confronti dell’ambiente e della natura. Risate folli, agghiaccianti applausi e grida di gaio stupore accompagnano una narrazione venata da un humour nerissimo che immagina un viaggio che mostra lo scioglimento dei ghiacciai e lo sfruttamento del suolo e delle risorse come surreali attrazioni di un macabro parco divertimenti animato da spettatori inadeguati e irresponsabili, totalmente inetti. Impossibile non sentirsi in colpa davanti a uno sguardo tagliente come questo.
Infine, è impossibile non menzionare l’ottimo People on Saturday di Jonas Ulrich, vincitore del Pardino d’Oro svizzero. Attraverso quadri di vita quotidiana animati da vivaci piccoli e grandi problemi di sempre, il regista di Zurigo riesce a catturare emozioni e sorprese di una giornata qualsiasi popolata e definita da ogni personaggio – reale – e dalle sue semplici interazioni. Ponendo così l’accento sul ruolo delle sfide su più livelli del singolo e dell’intera comunità, l’edizione 2020 del Locarno Film Festival.
0 Commenti
Lascia una Risposta. |
Details
Archivi
Marzo 2023
Categorie |