Arriva nelle nostre sale l’ultimo capitolo della saga dedicata al mutante con gli artigli d’adamantio e col cuore pieno di rabbia: Logan – The Wolverine, presentato alla 67ª edizione del festival di Berlino, sbanca i box office e si prepara a far commuovere il pubblico.
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Titolo: Logan
Paese di Produzione: USA Anno: 2017 Durata: 137 min. Genere: azione, drammatico. Regia: James Mangold Sceneggiatura: Michael Green, James Mangold, Scott Frank Casa di Produzione: 20th Century Fox Fotografia: John Mathieson Montaggio: Michael McCusker, Dirk Westervelt Musiche: Marco Beltrami Scenografie: François Audouy Cast: Hugh Jackman (Logan), Patrick Stewart (Charles Xavier), Boyd Holbrook (Donald Pierce), Stephen Merchant (Calibano), Dafne Kenn (Laura, X-23)
A diciassette anni dall’uscita del primo X-Men diretto da Bryan Singer, è approdato giovedì nelle nostre sale l’ultimo capitolo della saga dedicata al mutante canadese più amato dell’universo Marvel, stiamo parlando di Logan – The Wolverine. La pellicola, diretta da James Mangold, è ambientata nel 2029. In questo capitolo i mutanti iniziano a essere un pallido ricordo poiché un misterioso virus, creato da scienziati senza scrupoli del progetto Transigen, li ha portati sull’orlo dell’estinzione. Logan è invecchiato, il suo fattore rigenerante si è indebolito notevolmente per via dell’avvelenamento causato dal suo esoscheletro di adamantio e lavora in Texas, dove conduce una tranquilla carriera d’autista.
Insieme al mutante reietto Calibano vivono in una fonderia dismessa oltre il confine del Messico, dove si prendono cura del professor Charles Xavier, il fondatore degli X-Men, ormai novantenne e in preda a una grave malattia degenerativa che gli provoca forti crisi epilettiche, in grado di sterminare mutanti ed esseri umani. Un giorno Logan s’imbatte in Gabriela, un’infermiera che lavora per la Transigen e che lo prega di accompagnare lei e la piccola Laura, un’innocua ragazzina di undici anni, nel Nord Dakota in un rifugio sicuro chiamato “Eden”. Logan, inizialmente restio, accetta l’incarico ma non sa che sulle tracce della ragazza e della sua tutrice ci sono i mercenari della malvagia Transigen che vogliono catturare a tutti i costi Laura. La ragazzina è infatti un mutante creato in laboratorio, uno degli X-23, un progetto che gli scienziati hanno messo da parte e di cui devono sbarazzarsi al più presto possibile. Logan è chiamato a compiere il suo destino in quest’ultimo viaggio, proteggendo il professore e Laura che come lui è dotata di artigli e poteri rigeneranti.
Mangold confeziona una pellicola unica nel suo genere, un cinecomic crudo e reale, più vicino al genere western che all’universo Marvel. Come annunciato da tempo, questa sarà l’ultima volta dell’attore australiano Hugh Jackman nei panni dell’irascibile mutante e il regista gli cuce addosso una storia fatta di violenza e redenzione. Quello che vediamo non è il Wolverine dei precedenti capitoli, forte e assetato di vendetta. Ci troviamo di fronte a un eroe che porta su di sé il peso di mille battaglie, stanco e indebolito non solo dall’adamantio che lentamente lo sta avvelenando, ma anche dalle tante ombre del suo passato, che lo tormentano e non gli danno tregua. É un Logan che sostanzialmente brama solo una cosa: la morte.
Accanto a Hugh Jackman un cast davvero ben assortito ma soprattutto convincente. Patrick Stewart riesce a farci emozionare tantissimo: non avevamo mai visto uno Xavier così “piccolo” e impotente di fronte al grande senso di rimorso che lo divora da dentro. Boyd Holbrook, l’agente Murphy di Narcos, è perfetto nei panni dello spietato e viscido mercenario, Stephen Merchant, completamente trasfigurato, dimostra il suo valore e non sfigura affatto nell’interpretazione dell’albino Calibano, ma la vera sorpresa del cast è in assoluto la piccola e esordiente attrice Dafne Keen.
Questa ragazzina riesce a bucare lo schermo e sembra fatta, o meglio “creata” apposta per questo ruolo: la sua freddezza e il suo saper comunicare solo con lo sguardo vi faranno innamorare del suo personaggio, una piccola e feroce “Wolvi” in miniatura che sogna la libertà e brama più di ogni altra cosa l’amore che le è stato negato sin dalla nascita. Il film di Mangold è impreziosito da ottimi dettagli tecnici e registici. Le sequenze d’azione sono curate e il montaggio sonoro è impeccabile. Quello che fa la differenza in quest’ultimo capitolo di Wolverine è l’alto tasso di violenza. Logan già dai primi minuti sfodera una rabbia e una frustrazione mai vista prima, la sua vita sta volgendo al termine e come la tigre ferita che sente la sua fine è semplicemente inarrestabile.
Il vecchio mutante ruvido e amante dei sigari è pronto a compiere il suo destino, si accorge che quelle profonde ferite sul torace non si cicatrizzeranno mai e con le ultime forze che gli restano farà di tutto per proteggere il cammino di Laura, che riesce nell’impresa quasi impossibile di far breccia nel suo cuore. Mangold aggiunge a questo film quel tocco d’artista che lo rende davvero unico e in Logan – The Wolverine potrete assaporare tanto Western, con l’omaggio sentito e ben eseguito alla pellicola “Il cavaliere della valle solitaria” di Geoge Stevens e le musiche che non hanno bisogno di nessun commento della leggenda Johnny Cash, che chiude il film con le note della struggente ‘’The man comes around’’.
C’è il sangue che scorre copioso, c’è la rabbia di un uomo che ne ha vissute troppe e non vuole più farsi abbindolare dalla speranza, c’è la lotta al razzismo e alla paura del diverso sapientemente messa in scena dal regista e co-sceneggiatore Mangold; in quest’ultimo capitolo di Wolverine possiamo trovare non il solito cinecomic destinato a essere dimenticato ma un film dotato di una grande anima, che rimarrà nei nostri cuori. Non un capolavoro come annunciano già molti critici ma una pellicola dotata di carattere, un saluto all’anti eroe più amato dei fumetti e del cinema, un personaggio che alla fine impara ad accettarsi e a superare i propri sbagli. Anche se non siete fan della saga vi consigliamo di dare più di una chance a Logan – The Wolverine, un western moderno che vi terrà col fiato sospeso fino alla fine.
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