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19/6/2016

L’urlo: honi soit qui mal y pense

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Il manifesto della beat generation diventa film.
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​di Maria Luisa Terrizzi
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DATA USCITA: 27 agosto 2010
GENERE: Biografico , Drammatico ,Animazione
ANNO: 2010
REGIA: Rob Epstein, Jeffrey Friedman
ATTORI: James Franco, Todd Rotondi , Jon Prescott, Aaron Tveit, David Strathairn, Jon Hamm, Bob Balaban, Mary-Louise Parker,Treat Williams, Alessandro Nivola, Jeff Daniels, Allen Ginsberg
SCENEGGIATURA: Rob Epstein, Jeffrey Friedman
FOTOGRAFIA: Edward Lachman
MONTAGGIO: Jake Pushinsky
MUSICHE: Carter Burwell
PRODUZIONE: Werc Werk Works, RabbitBandini Productions, Telling Pictures, Radiant Cool
DISTRIBUZIONE: Fandango
PAESE: USA
DURATA: 90 Min


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“Il vero significato di profezia non è sapere se una bomba cadrà nel 1942 ma è capire e sentire qualcosa che qualcuno capirà e sentirà tra cento anni”. Queste sono le parole che il personaggio di Allen Ginsburg (1924-1977), interpretato dal talentuosissimo James Franco, pronuncia all’interno della pellicola L’urlo (2010), lungometraggio che deve il nome a The Howl (1956),  celebre e omonimo poema ginsburghiano, nonché manifesto della beat generation.
Si tratta di un film complesso, all’interno del quale dialogano sapientemente generi differenti che demarcano altrettante differenze contenutistiche: dal biografico al drammatico passando attraverso l’animazione. Tre sono i  piani narrativi che si intrecciano continuamente fin dai primi minuti, rendendone la visione mai scontata : l’intervista al poeta, la lettura del testo del poema e il processo per oscenità all’editore L. Ferlinghetti (A. Rogers) nel 1957.
E’ attraverso l’intervista che il poeta rilascia ad un giornalista (che non vediamo né sentiamo mai e che avviene dentro le mura della casa di Allen), che riusciamo a ricostruire le tappe più significative della sua esistenza: la giovinezza, gli incontri, uno tra tutti quello con Kerouac, l’omosessualità, gli amori corrisposti e non, la lobotomia della madre e la successiva morte in manicomio, il soggiorno dello stesso poeta in manicomio e la sua amicizia con lo scrittore dadaista C. Solomon, fino ai fatti più recenti del processo all’editore. Ginsburg. ha poco più di 30 anni e vede scorrere nella sua memoria volti e situazioni che hanno caratterizzato gli anni precedenti, individuando nell’omosessualità una sorta di catalizzatore che gli ha permesso di meditare su stesso e sul mondo e di dare forma poetica ai suoi pensieri e ai suoi amori, spesso infelici, come quello per Neal Cassady.
L’immaginifica e vibrante rilettura del testo de L’Urlo, tramite l’ausilio dell’animazione, meglio ci trasporta nello stream of consciousnes poetico, in quel trip psichedelico da peyote dai versi e dalle parole criptiche, visionarie, allucinate, delle quali è possibile evocare appena i significati che forse le immagini colorate riescono a rendere più chiari. Il ritmo del testo è sincopato, dal ritmo jazz e produce un effetto di incantamento e stordimento e a tratti di cupa disperazione: "[…] Ho visto le migliori menti della mia generazione che mangiavano fuoco in hotel ridipinti/ o bevevano trementina in Paradise Alley, morte, o si purgatoriavano il torace/ notte dopo notte con sogni, con droghe, con incubi a occhi aperti, alcol e cazzo e balle-sballi senza fine,/che vagavan su e giù a mezzanotte per depositi ferroviari chiedendosi dove andare, e andavano, senza/ lasciare cuori spezzati,/ Ho visto le migliori menti della mia generazione/ che trombavano in limousine col cinese di Oklahoma su impulso invernale mezzonotturno illampionata/ pioggia di provincia,/ che ciondolavano affamate e sole per Houston cercando jazz o sesso o zuppa[…]". Cogliamo, lungo il corso del lungo poema, parole ritenute oscene, riferimenti a droghe, alcool, sesso,elettroshock, morte, a terribili mostri come il Moloch: alle esperienze soggettive si mescola un urlo di protesta dell’intera generazione postbellica alla società capitalista americana, di cui il Moloch è esemplificazione.

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Contro quest’urlo si leva prepotentemente l’ingiunzione al silenzio censorio  della benpensante e bacchettona società americana di fine anni Cinquanta: l’Urlo contiene riferimenti espliciti al sesso e alla droga e deve essere dichiarato osceno, in quanto tendente alla corruzione e ai desideri lascivi. Eccoci nel terzo livello di lettura, che indaga la liceità delle scelte contenutistiche e stilistiche del poeta.
I registi Epsten e Friedman hanno realizzato un film più concettuale che biografico, in cui la figura di Ginsburg, sebbene sia tratteggiata attraverso le sue stesse parole e il racconto degli eventi vissuti, risulta essere più un’occasione per trattare le tematiche beat che per realizzare un vero e proprio affresco del personaggio. Di ciò paghiamo leggermente lo scotto, perdendo l’inquietudine e avendo in cambio il ricordo di uno spettatore/protagonista che per quanto ripartecipi alle vicende emotivamente, ne è esterno, comodamente seduto sul suo sofà, con una visione forse più lucida ma sicuramente meno intensa perché si guarda da fuori.
 
L’urlo diventa l’occasione per una riflessione sulla condizione dell’intellettuale in generale,  sulla possibilità di essere franco con se stesso e verso i propri uditori. Non è osceno chi utilizza parole che sono adatte alle situazioni che descrive, che sono forti, crude, ma che rendono giustizia a cosa sente e a cosa vuole comunicare, osceno -naturalmente in un'altra accezione- è chi rinuncia ad essere veritiero e franco, chi mente o tace, chi in altre parole, edulcora la realtà che vive, ingabbiandola in uno schema precostituito, espungendo dall’arte il valore sociale che riscatta l’apparente inconcludente brutalità fino a se stessa dei temi e della forma.
 
Del resto, cosa è osceno e chi dovrebbe deciderlo? Chi dice il vero è libero e chi è libero dice il vero. Solo facendo vincere l’onesta intelligenza sul nostro conformismo, così come Allen, riusciremo ad essere ciò che siamo, aprendo una breccia che contribuirà alla libertà altrui.
Al termine della pellicola, scorrono delle foto in bianco e nero con delle indicazioni relative alle vite di Ginsburg, dei suoi amici e del suo compagno di vita Peter Orlovsky . Fuoriusciamo dal piano della finzione narrativa immergendoci nella realtà con un sorriso. La sua poesia conserva un serbatoio di significati, un sentire  e un capire che lo rendono attuale anche oggi. Allen non era e non è solo un poeta ma un profeta di libertà.


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Immagini tratte da: 
nuovocinemalocatelli.com

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