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15/5/2016

“Metti una sera a cena”: a volte capita di essere amati e…

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di Maria Luisa Terrizzi
  • Genere: drammatico
  • Titolo originale: Metti, una sera a cena
  • Paese/Anno: Italia | 1969
  • Regia: Giuseppe Patroni Griffi
  • Sceneggiatura: Carlo Carunchio, Dario Argento, Giuseppe Patroni Griffi
  • Fotografia: Tonino Delli Colli
  • Montaggio: Franco Arcalli
  • Interpreti: Adriana Asti, Annie Girardot, Antonio Jaia, Claudio Carrozza, Ferdinando Scarfiotti, Florinda Bolkan, Helmut Berger, Jean-Louis Trintignant, Lino Capolicchio, Mariano Rigillo, Milly, Nora Ricci, Rod Dana, Silvia Monti, Titina Maselli, Tony Musante
  • Colonna sonora: Ennio Morricone
  • Produzione: Red Films, San Marco Film
  • Distribuzione: CG Entertainment, RaroVideo
  • Durata: 125'

<<La cosa più orribile che possa capitare ad una donna: un uomo, uno sconosciuto si è innamorato pazzamente di me>>: sono queste le parole che, a circa metà della pellicola, un’angosciatissima Nina (Florinda Bolkan), esprime ai suoi commensali. Siamo all’interno di un ricco salotto borghese in cui si svolge un’elegante cena.
Metti una sera a cena (1969) è l’adattamento cinematografico dell’omonimo spettacolo teatrale del regista Giuseppe Patroni Griffi. L’interpretazione dell’allora esordiente Bolkan (in foto) le valse la Grolla d’Oro e un David di Donatello.
La pellicola, ambientata quasi interamente in interni, descrive il triangolo amoroso tra Nina (Florinda Bolkan), il marito e scrittore Michele (Jean-Louis Trintignant) e l’amante di lei,attore teatrale, nonché amico del marito, Max (Tony Musante). La trama, sostanzialmente esigua di eventi salienti, mostrerà il progressivo ampliarsi del triangolo amoroso che assumerà le fattezze di quadrato e, successivamente, di pentagono, tramite l’ingresso di Giovanna ( l’amante di Michele) e di Ric (amante di Nina e di Max).
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Quest’ultimo, un giovinetto che si prostituisce, rappresenta la ragione dell’angoscia di Nina.Chiamato da Max per ravvivare l’ormai perduta passione con l’amante, Ric finisce per innamorarsi follemente di Nina, al punto di tentare il suicidio. A questo sentimento così puro, disarmante, destabilizzante, Nina non è preparata: <<Sono amata, sono amatissima, qualcuno si è innamorato di me a tal punto che non vuole dividermi con nessun altro: vuole avermi solo per sé. E’ una sensazione che mi toglie il respiro, che mi dà le vertigini>>.
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La forza e la passione del giovane Ric sono presto risucchiati dal vortice di una finzione apparentemente trasgressiva, che risulta invece quanto mai rassicurante: egli entrerà a far parte della “famiglia”, della “zattera”, come la definisce Michele, assieme a tutti gli altri commensali vittime e carnefici di se stessi e degli altri, incapaci di provare sentimenti totalizzanti, ma solo di rimanere nel limbo di relazioni di superficie che riempiano vuotezza delle loro esistenze.
Un soddisfatto Michele attribuisce i posti ai suoi commensali (si veda anche il riferimento a Sei personaggi in cerca d’autore): egli ha capito che per vivere bene non può cambiare le cose e si adegua alla realtà in cui è immerso, accettando, con complicità, il tradimento di moglie ed amico. Eppure non ne è vittima sofferente, perché partecipa alla rassicurante vuotezza della ritrovata felicità collettiva, tra i commensali riuniti intorno il tavolo, trovando di nuovo la sua ispirazione di scrittore, (persa quando la moglie aveva tentato di assecondare il sentimento di Ric).
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Così il gioco ricomincia! Il film risulta linguisticamente infarcito da forse eccessive riflessioni intellettualistico-filosofiche che ne appesantiscono l’atmosfera (si parla di “religione dell’amore, fanatismo e mistica del sentimento”) che contribuiscono però a dare l’idea dello spaesamento dei personaggi di fronte all’autenticità di un sentimento,
quello dell’amore, che non provano e di cui non sono oggetto (eccezion fatta per Nina che era l’oggetto dell’amore di Ric ).
La tecnica del flashback e della frammentazione del montaggio strizzano l’occhio alla psicologia freudiana e, in particolare, alle libere associazioni. Il succedere degli eventi non segue un ordine cronologico, ma ci sono salti temporali in avanti e indietro, realizzati tramite l’aggancio ad elementi visivi su cui la camera indugia per poi ribaltarci in altri tempi e contesti, ma mostrando il medesimo oggetto, con un complessivo suggestivo effetto che, inevitabilmente, spinge lo spettatore a raziocinare sulla vicenda.
Alla fine del film rimane insoluto l’interrogativo se <<gli uomini di valore vanno senza invito alle cene degli uomini da niente>>, come afferma Ric, citando Platone, o se invece sia il contrario, come afferma Michele, citando Omero. Questo lo lasciamo scegliere a voi, che speriamo di avere incuriosito verso la visione di una pellicola, non più giovanissima, ma che conserva indiscutibilmente, anche per via delle raffinate ambientazioni e dei costumi sofisticati, un alone di fascino, sia pur esso retrò ed intellettualistico.


Immagini tratte da:


- Immagine 1 da Wikipedia Italia, Di Johnny Freak - scatto di scena, Pubblico dominio, voce "Metti una sera a cena"
- Immagine 2 da Wikipedia Italia, Di Angelo Frantoni - Italian magazine Playmen, Pubblico dominio, voce "Florinda Bolkan"
- Immagine 3 da Wikipedia Italia, Di Olivier Strecker, CC BY-SA 3.0, voce "Ennio Morricone"

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