IL TERMOPOLIO
  • Home
  • Rubriche
  • Cookie
  • Chi siamo

28/7/2019

Midsommar – Il villaggio dei dannati: la recensione

0 Commenti

Read Now
 
Midsommar, che in Italia ha per sottotitolo Il villaggio dei dannati, è l’ambiziosa opera seconda di Ari Aster. Un delirante viaggio nell’incubo, horror emotivo privo di vie di fuga “logiche”, immerso nella luce nordica del sole di mezzanotte.

di Salvatore Amoroso

Paese: USA            
Genere: horror, thriller.                            
Durata: 147 min.
Anno: 2019
Regia: Ari Aster
Sceneggiatura: Ari Aster
Fotografia: Pawel Pogorzelski
Musiche: The Haxan Cloak
Casa di distribuzione: A24
Distribuzione: Eagle Pictures
Costumi: Andrea Flesch
Attori: Florence Pugh: (Dani Ardor) Jack Reynor: (Christian Hughes) William Jackson Harper: (Josh) Vilhelm Blomgran: (Pelle) Archie Madekwe: (Simon) Ellora Torchia: (Connie) Will Poulter: (Josh)
                                                                                             

Foto
Foto
Dani e Christian sono una giovane coppia in crisi: lei si aggrappa a lui per paura della solitudine, lui vorrebbe lasciarla da tempo ma non riesce a farlo specialmente dopo che una tragedia familiare si è abbattuta sulla vita di Dani. Così anziché andare da solo in vacanza con gli amici, Christian porta con sé dagli Stati Uniti anche la fidanzata non proprio ben voluta dai suoi sodali: meta del viaggio è un remoto villaggio svedese dove si svolge un misterioso “festival”. Un lungo attacco di panico che inghiotte a ondate. Allucinazioni da depressione e ansia miste a un feroce e sempre meno represso desiderio di distruzione. Prima di ogni altra cosa Midsommar – Il villaggio dei dannati si distingue per il fatto di disinteressarsi al racconto “corretto” per esprimere invece visceralmente il profondo dolore di Dani (Florence Pugh, già apprezzata in Lady Macbeth) che ha perso la sua famiglia in modo orribile e si ritrova pure non amata da Christian (Jack Reynor), l’unica persona cui può aggrapparsi ma che non le è realmente legato. Essenzialmente sola, disperata e nonostante questo propensa a controllare le emozioni ragionevolmente, Dani lascerà fluire i propri stati d’animo soltanto a Hårga, immaginario villaggio della Svezia settentrionale che il regista Ari Aster (Hereditary – clicca qui per la recensione) ha creato assieme allo scenografo Henrik Svensson dopo studi e letture sui riti pagani dei popoli nordici e scandinavi e sul folklore delle hälsingegårds, le fattorie in cui vengono conservate memorie di usanze rurali, tribali e religiose.

Foto

Ad Aster non interessa chiudere il discorso definitivamente, onorando verosimiglianza e razionalità narrativa. Gli interessa invece accompagnare lo spettatore in un percorso psicotico di lutto, angoscia e reattività. Così come gli interessa accompagnare la sua protagonista dal fondo della negazione al trionfo di un istinto omicida, costruendo in questo senso una traiettoria emozionale chiara e necessaria al superamento del conflitto interiore. Se non avete voglia di essere disturbati da un film, lasciate perdere questo lungo trip psichedelico e grottesco, reso abbagliante e a tratti insostenibile dalla felice scelta di girare un horror tutto alla luce del sole. Nel tremendo villaggio di Hårga, comunità endogamica dove ogni 90 anni la comunità sacrifica qualcuno per rinnovare la propria persistenza, il sole non tramonta infatti mai del tutto e il film è luminoso, stordente, lisergico e capace di mettere in difficoltà lo sguardo dello spettatore.
Foto

A differenza del suo esordio, Hereditary, in Midsommar c’è tutto sommato poca trama e molta più visionarietà. Ben venga. In un periodo dominato dall’ossessione della storia, intesa serialmente come racconto ben (per)formato, Aster si prende la libertà di realizzare un gesto espressivo, ossessivo, splendido a livello figurativo, lasciando da parte l’irrisolutezza o la scarsa “credibilità” horror di quel che mostra. Come detto i percorsi emotivi dei protagonisti sono chiari e ben risolti, ed è solo attorno a quelli che si snoda la perturbante messa in scena che certamente deve qualcosa a The Wicker Man (Robin Hardy, 1973) e a Picnic a Hanging Rock (Peter Wier, 1975). Punteggiato, specie nell’incipit, da un umorismo nero che scaturisce dall’incongruità del rapporto tra Dani e Christian, Midsommar si trasferisce presto in Svezia, meta delle vacanze estive del gruppo di studenti di antropologia di cui Christian fa parte. Qui, immersi nella luce di un verde prato, il gruppo di giovani famigliarizza con alcuni membri della comunità mangiando dei funghi allucinogeni. Da questo momento la sospensione del principio di realtà è pressoché totale e il film devia persino dallo spiegare esaustivamente cosa sia la comunità in cui i ragazzi americani sono capitati. Non è infatti questo il punto. Se Midsommar si concentra su alcuni riti degli abitanti di Hårga è più per far emergere il rimosso, l’indicibile della vita e della morte in un gruppo di bulletti americani e in una giovane donna traumatizzata. Dalla magnifica scena della “roccia” a quella ancor più folgorante della danza per incoronare la Regina di Maggio, ovvero la fanciulla che riuscirà a ballare più di ogni altra, Aster gioca a figurare un inconscio sia cinematografico che umano e che pur innervando in profondità la vita è relegato ai margini dell’esistenza individuale e sociale.
 
Foto

Dal punto di vista visivo, Midsommar è un film sontuoso che può rimandare persino al primo Greenaway e nel finale ai tableaux vivants del Von Trier di Melancholia. Questo dispendio non è per nulla asettico o fine a se stesso ma è capace di produrre una forte reazione emozionale, di essere immersivo e brutalmente coinvolgente. Dopo un esordio interessante, Aster fa un passo in avanti dal punto di vista artistico con un horror emotivo senza vie di fuga, senza rassicuranti spiegazioni interne al genere, sempre più privo di logica man mano che avanza nell’incessante luce. Un lavoro che, fortunatamente, si concentra sull’espressione e non sulla comunicazione, prendendosi perciò le necessarie libertà formali di cui il cinema ha sempre vitale bisogno.


Immagini tratte da:

Locandina: ImDb
Immagine1: Esquire.com
Immagine2: Cinematographe.it
Immagine3: PopSugar.com
Immagine4: IndieWire

Share

0 Commenti



Lascia una Risposta.

Details

    Archivi

    Marzo 2023
    Febbraio 2023
    Dicembre 2022
    Novembre 2022
    Ottobre 2022
    Agosto 2022
    Luglio 2022
    Giugno 2022
    Maggio 2022
    Aprile 2022
    Marzo 2022
    Febbraio 2022
    Gennaio 2022
    Dicembre 2021
    Novembre 2021
    Ottobre 2021
    Settembre 2021
    Agosto 2021
    Luglio 2021
    Giugno 2021
    Maggio 2021
    Aprile 2021
    Marzo 2021
    Febbraio 2021
    Gennaio 2021
    Dicembre 2020
    Novembre 2020
    Ottobre 2020
    Settembre 2020
    Agosto 2020
    Luglio 2020
    Giugno 2020
    Maggio 2020
    Aprile 2020
    Marzo 2020
    Febbraio 2020
    Gennaio 2020
    Dicembre 2019
    Novembre 2019
    Ottobre 2019
    Settembre 2019
    Agosto 2019
    Luglio 2019
    Giugno 2019
    Maggio 2019
    Aprile 2019
    Marzo 2019
    Febbraio 2019
    Gennaio 2019
    Dicembre 2018
    Novembre 2018
    Ottobre 2018
    Settembre 2018
    Agosto 2018
    Luglio 2018
    Giugno 2018
    Maggio 2018
    Aprile 2018
    Marzo 2018
    Febbraio 2018
    Gennaio 2018
    Dicembre 2017
    Novembre 2017
    Ottobre 2017
    Settembre 2017
    Agosto 2017
    Luglio 2017
    Giugno 2017
    Maggio 2017
    Aprile 2017
    Marzo 2017
    Febbraio 2017
    Gennaio 2017
    Dicembre 2016
    Novembre 2016
    Ottobre 2016
    Settembre 2016
    Agosto 2016
    Luglio 2016
    Giugno 2016
    Maggio 2016
    Aprile 2016
    Marzo 2016

    Categorie

    Tutti

    Feed RSS

Contatti:
  • Home
  • Rubriche
  • Cookie
  • Chi siamo