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6/3/2017

Moonlight: la recensione

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Fresco vincitore di tre Oscar e 9’ in classifica al Box Office, sembra non volersi arrestare il successo dell’opera drammatica di Barry Jenkins: Moonlight, il viaggio dall’infanzia all’età adulta di un coraggioso ragazzo che lotta per difendere la sua sessualità.
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​di Salvatore Amoroso
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Titolo: Moonlight                          
Paese di produzione: USA
Anno: 2016
Regia: Barry Jenkins
Durata: 111min.
Genere: drammatico
Soggetto: Talell Alvin McCreaney
Sceneggiatura: Barry Jenkins
Casa di produzione: A24, Plan B Entertainment
Fotografia: James Laxton
Montaggio: Joi McMillon, Nat Sanders
Musiche: Nicholas Britell
Cast: Trevante Rhodes(Chiron), Andrè Holland(Kevin), Janelle Monae(Teresa), Ashton Sanders(Chiron adolescente), Naomi Harris(Paula), Mahershala Ali(Juan)

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In un degradato quartiere-ghetto di Miami, cresce il piccolo Chiron, un bambino afroamericano chiamato da tutti ‘’Little’’. É il bersaglio preferito dei bulli e nemmeno a casa le cose vanno bene: Little vive con la madre tossica Paula che pare infischiarsene della sofferenza del figlio. L’unico rifugio sicuro che riesce a trovare è l’appartamento del pusher Juan che insieme alla compagna Teresa quasi adottano il timido e introverso Chiron. Attraverso tre capitoli che portano per titoli i diversi gradi di maturazione del protagonista seguiremo la trasformazione del giovane, che accetterà pian piano la sua diversità sessuale e lotterà negli anni per rivendicare il diritto di essere libero. 
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“Cosa è un frocio?” chiede Chiron all’amico spacciatore Juan, interpretato da un magistrale Mahershala Ali: “Una parola perché i gay si sentano male” gli risponde. Diviso in tre atti: Piccoletto (l’infanzia), Chiron (l’adolescenza, non a caso con il suo nome vero), Black (l’età adulta), Moonlight è l’apprendistato alla vita di un omosessuale afro-americano, che dovrà combattere contro una società gretta e pronta a demolire, che spinge a tutti i costi per far interpretare il ruolo della vittima sacrificale. Il film di Barry Jenkins tratto da una pièce di Tarell Alvin McCraney sembra fare di tutto per scrollarsi di dosso la provenienza teatrale. Moonlight non brilla forse per quel che dice, dato che lo spettatore può avvertire un certo schematismo, tipico dei copioni teatrali, ma lo comunica benissimo, in modi delicati e strategicamente sempre più rivelatori, attenti al contesto sociologico: del resto, il regista è proprio di Miami e qui c’è più di una suggestione autobiografica.
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Barry Jenkins, al suo secondo lungometraggio dopo Medicine for Melancholy, filma con studiata cautela, ricorrendo a inquadrature sfuocate e a momenti di tensione statica, che riescono a catturare agilmente la nostra attenzione. Nel primo piano Jenkins trova il modo perfetto per comunicare con il soggetto in sala e gli attori che sceglie si prestano bene a questo tipo di narrazione. La selezione raffinata delle musiche, da parte di Nicholas Britell, l’arricchisce. La fotografia sfrutta le luci naturali dell’acqua, elemento importantissimo della pellicola. Durante la scena dei ragazzini che giocano a calcio con una palla fatta di stracci, accompagnati da uno spiritual orchestrale, riuscirete a percepire la delicatezza e la passione del giovane regista.
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Moonlight è un film che va rivisto più volte per essere compreso fino in fondo. Adesso è vittima delle luci della ribalta, ottenute dai recenti successi riscossi nell’esagerata Hollywood, che rischia di far passare quest’opera quasi come: ‘’un premio dovuto’’. Il classico vincitore politico che doveva trionfare a tutti i costi. In realtà l’opera del regista e sceneggiatore Jenkins merita fortemente e i riconoscimenti ottenuti per il mondo, come il British Indipendent Film Award, il National Board of Review, Los Angeles Film Critics, New York Film Critics, un Golden Globe, 8 nomination agli Oscar e tre statuette conquistate, più l’apertura al Festival del Cinema di Roma sono la miglior risposta alle ingiuste critiche piovute in questi ultimi giorni. Da elogiare la prestazione dell’intero cast, in particolare le performances di due attori, il Chiron adolescente di Ashton Sanders e la raccapricciante madre di Naomie Harris, tra l’altro l’unica a comparire, progressivamente invecchiata, in tutti i tre capitoli. 

​Immagini tratte da:

Locandina: www.cineblog.it
Immagine 1: www.Fandango.it
Immagine 2: www.BBC.com
Immagine 3: www.TheFilmExperience
Immagine 4: www.Reuters.com

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