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23/7/2017

Oats Studios Vol. 1

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Carne, metallo e alieni: Neil Blomkamp e la fantascienza degli Oats Studios
di Carlo Cantisani
Foto
DATA DI USCITA: giugno/luglio 2017
GENERE: fantascienza, horror, azione
ANNO: 2017
REGIA: Neill Blomkamp
ATTORI: Sigourney Weaver, Carly Pope, Steve Boyle, Nic Rhind, Dakota Fanning, Jose Pablo Cantillo, Sharlto Copley, Alec Gillis
SCENEGGIATURA: Neill Blomkamp, Thomas Sweterlitsch (Rakka e Firebase), Neill Blomkamp, Thomas Sweterlitsch, Terri Tatchell (Zygote)
FOTOGRAFIA: Oats Studios
MONTAGGIO: Oats Studios
PRODUZIONE: Oats Studios
DISTRIBUZIONE: piattaforme digitali quali YouTube e Steam
PAESE: USA, Canada
DURATA: 21 min. Rakka; 26 min. Firebase; 22 min. Zygote; 3 min. God; 2/3 min. Cooking with Bill.

L’attuale percorso artistico di Neill Blomkamp assomiglia paradossalmente alle storie dei principali protagonisti dei suoi film. Il cineasta sudafricano, infatti, si trova in una posizione non tanto differente da Max Da Costa, il personaggio interpretato da Matt Damon in Elysium, o dal robot Chappie dell’omonimo film del 2015: così come questi si ribellano a un ordine sociale feroce e sempre più elitario, allo stesso modo Blomkamp cerca di trovare la sua strada nel mondo del cinema, nonostante lo strapotere di Hollywood e dei continui richiami al botteghino. La goccia che ha fatto traboccare il proverbiale vaso è stato il veto, categorico e improvviso, emesso da uno dei suoi miti, nonché una delle influenze più evidenti nel suo cinema, ovvero sua maestà Ridley Scott, su quello che sarebbe potuto diventare il quinto capitolo di Alien. In origine la storia si sarebbe dovuta rifare ad Aliens – Scontro finale, il secondo film del 1986 diretto da James Cameron, modificandone però struttura narrativa e personaggi. Buona parte della sceneggiatura era già pronta ed era stata presentata da Blomkamp a Hollywood e, come se non bastasse, nel progetto era stata coinvolta anche uno dei simboli per eccellenza della serie, Sigourney Weaver. Insomma, le premesse per far uscire qualcosa di interessante che potesse ridare nuovo lustro a una saga con quasi quaranta anni sulle spalle e che nello stesso tempo potesse attirare il pubblico in sala c’erano tutte ma, probabilmente, non sono bastate, complici l’atteggiamento di Scott che tratta il franchise in maniera esclusiva e l’approccio di Blomkamp alla materia sci-fi horror. Proprio quando Alien: Covenant faceva il suo debutto nelle sale a maggio, appena un mese più tardi, il regista sudafricano sferrava il suo primo colpo targato Oats Studios: questo nome nasconde uno studio di produzione cinematografica e nello stesso tempo una personale idea di fare cinema. L’intento dichiarato di Blomkamp, infatti, è quello di creare le sue opere in maniera del tutto indipendente dai grandi circuiti di produzione e, per fare ciò, ha raccolto intorno a sé una squadra di sceneggiatori, fotografi, esperti di montaggio e curatori di effetti speciali con i quali lavorare in modo autonomo e sovraintendendo alle varie fasi dei progetti dall’inizio alla fine. Gli Oats Studios, quindi, prendono la forma di un vero e proprio laboratorio d’idee dove non avere nessuna restrizione di sorta, sia dal punto di vista tecnico che da quello artistico, e basta dare un’occhiata ad alcuni video messi on-line (come questo) per avere l’impressione di avere a che fare con persone altamente e personalmente coinvolte nel processo di lavorazione e che hanno quella ben precisa attitudine alla materia proprio come un qualsiasi fan della fantascienza e dell’horror. Un misto di fancazzismo e di professionalità, che nel solo arco di due mesi ha prodotto tre cortometraggi, Rakka, Firebase e Zygote, da una ventina di minuti ciascuno e cinque altri lavori, God e la serie Cooking with Bill, sui due/tre minuti, raccolti insieme e distribuiti gratuitamente su YouTube sotto la dicitura Oats Studios Volume I. L’idea di dare vita a dei cortometraggi serve per tastare il gradimento di un potenziale pubblico e di un finanziatore disposto a spenderci denaro e risorse per far diventare quelle che sono per adesso delle storie appena abbozzate dei prodotti veri e propri di più ampio respiro, come film e serie tv. Blomkamp ha dichiarato che dal punto di vista economico è un progetto con costi abbastanza elevati ma che a livello artistico lascia praticamente totale libertà; per venire incontro al primo problema, quindi, gli Oats Studios hanno pensato bene di dare avvio a una forma di autofinanziamento vendendo su Steam (la piattaforma di Valve che si occupa di distribuzione di contenuti digitali), insieme ai cortometraggi in alta risoluzione, dei pacchetti contenenti degli extra come gli script, modelli 3D dei personaggi, effetti visivi, colonna sonora e art book, tutto totalmente open source. Questo significa che, oltre a diventare co-finanziatori di futuri progetti targati Oats Studios, si può interagire attivamente con il materiale messo a disposizione, rimaneggiandolo, modificandolo e riscrivendolo a seconda della propria visione. Un rapporto fra fruitore e creatore di contenuti che non è unilaterale ma, al contrario, reciproco, aperto alla collaborazione e allo scambio di idee, alimentato da una genuina e condivisa passione per un certo tipo di storie e di cinema. Si riaffaccia allora il concetto di “prosumer” ormai definitivamente consolidatosi nelle nuove dinamiche di consumo sia per i grandi marchi e sia, come dimostra l’esempio degli Oats Studios, per gli ambienti più indipendenti. Un esempio, quello messo in pratica da Blomkamp, che molto probabilmente rappresenta una novità per l’ambiente cinematografico. Da tutti questi fattori è comprensibile, quindi, come l’etichetta “sperimentale” si possa adeguare perfettamente alla metodologia di lavoro e co-produzione messa in campo dai neonati studios statunitensi-canadesi e come, nello stesso tempo, non faccia che ribadire la semplice ma fondamentale idea di cinema come arte collaborativa, ampliandola grazie ai mezzi del web 2.0. Di certo tutto ciò non nasce dal nulla: Neil Blomkamp è ormai un nome noto agli appassionati del cinema di fantascienza a partire proprio dal suo primo lungometraggio, District 9, che, complice la collaborazione di Peter Jackson, ha lanciato il nome del cineasta sudafricano e ha riportato in auge (almeno in parte) la sci-fi sul grande e sul piccolo schermo. Un progetto così ambizioso come quello degli Oats Studios funziona quindi anche grazie al fatto che dietro di esso c’è una figura come quella di Blomkamp a fare da traino, capace di attirare l’attenzione di una larga fetta di pubblico che non si limita solo alla condivisione della passione per il cinema di fantascienza ma spazia anche verso i videogames, fumetti e serie tv (ricordiamo il progetto del regista di portare sul grande schermo la trasposizione di Halo). I tre prodotti principali di questo primo volume, Rakka, Firebase e Zygote, mettono in scena infatti una serie innumerevole di rimandi e influenze trasversali, da Alien a Predator, da Akira a Metal Gear Solid, da La Cosa di Carpenter a Starship Troopers, sino a Dead Space e Mass Effect e tanti altri. Proprio questi numerosi elementi giocano a favore della diffusione dei lavori che non rimangono quindi relegati al solo ambiente cinematografico ma possono essere colti (e potenzialmente apprezzati) da molti più spettatori, anche da coloro che non bazzicano lidi puramente sci-fi horror. Di suo Blomkamp ci mette quel tocco registico sporco, “realistico” e coinvolgente che alterna veloci movimenti di macchina ad altri molto più lenti nei momenti di maggiore tensione, un gusto macabro e splatter mai fine a sé stesso (mutuato da Raimi, il primo Cronenberg e tutto il filone degli anni ’80, Re-Animator in testa) qui esplicito come non mai e quei protagonisti sempre ai margini e borderline, esclusi dalla società e da chi detiene il potere ma capaci, in maniera anche inconsapevole, di poter fare la differenza in situazioni estreme. Da questo punto di vista, il personaggio di Dakota Fanning nell’ultimo corto Zygote riesce a catalizzare maggiormente l’attenzione, grazie anche all’ottima prova dell’attrice, mentre Firebase si distingue per l’ambientazione da guerra del Vietnam ibridata con una trama dai toni soprannaturali, inediti per il cineasta sudafricano. Questa prima trance di cortometraggi raggiunge il suo scopo egregiamente: attirare l’attenzione e suggerire degli input per storie che hanno grande potenziale di diffusione mediale, sia si tratti di cinema, serie tv, fumetti, libri o videogiochi. In un’epoca in cui il revivalismo domina l’intrattenimento, la via collaborativa e aperta al pubblico degli Oats Studios potrebbe indicare esiti interessanti e molto fecondi.
Per conoscere e finanziare il progetto:
https://oatsstudios.com/
http://store.steampowered.com/app/633030/agecheck

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