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3/7/2016

Porno e libertà – la recensione

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Presentato in anteprima al Biografilm Festival 2016, arriva nelle sale italiane “Porno e libertà”, documentario indipendente realizzato tramite crowdfunding che con coraggio e tanta passione prova a dare una fotografia di una stagione controculturale unica a cavallo degli anni ’60 e ‘70 attraverso lo sviluppo della pornografia in Italia e del suo dirompente impatto sulla società.

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a cura di Carlo Cantisani

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Regia: Carmine Amoroso
Con la partecipazione di: Riccardo Schicci, Judith Malina, Lasse Braun, Giuliana Gamba, Giampiero Mughini, Helena Velena, Ilona Staller, Porpora Marcasciano, Lidia Ravera, Marco Giusti, Marco Pannella, Achille Bonito Oliva, Francesco Coniglio, Vincenzo Sparagna
Produzione indipendente
Distribuito da I Wonder Pictures
Italia, 2016
Colore, 78 min.


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“In Italia, ci sono stati solo due veri fronti di opposizione allo strapotere del Vaticano: uno è stato il Partito Radicale e l’altro Riccardo Schicchi”. È con questa semplice ed illuminante affermazione di Helena Velena, una degli ospiti intervistati, che si potrebbe interpretare ed inquadrare ciò che è stata la nascita e lo sviluppo della pornografia in Italia: una vera e propria lotta di liberazione dalla censura e dal bigottismo imperante per raggiungere un unico obiettivo, la felicità attraverso il piacere. “Porno e libertà” è il testamento scritto e diretto da Carmine Amoroso che prova a guidare lo spettatore attraverso un piccolo ma avvincente viaggio in uno degli argomenti tabù per antonomasia, la pornografia, in un paese come l’Italia che ha faticato e continua a faticare per liberarsi dalle ristrette visioni di pensiero che le istituzioni cattoliche, politiche e culturali in generale perpetuano nello stigmatizzare il mondo dell’hard e i suoi protagonisti. Un fenomeno, a differenza di tanti altri, intrinsecamente dirompente perché nato da urgenti e reali istanze sociali, e destinato quindi ad essere libero: “Porn to be free”, quindi, come recita il titolo originale internazionale.
Era la fine degli anni ’60 quando la Danimarca decise, con una sentenza del tutto inaspettata, di legalizzare la pornografia entro i suoi confini. Da quel momento in poi il paese nord europeo è stato preso a modello divenendo paladino della liberazione sessuale per il mondo intero. Non fece eccezione l’Italia, per fortuna, che grazie alla coraggiosa e clandestina opera di un manipolo di operatori di un settore ancora nascente si vide lentamente ma inesorabilmente invadere di film, giornali, fumetti ed opere a tema prettamente pornografico. Da questa premessa storica, introdotta dal grande cineasta Lasse Braun, uno che senza tanti giri di parole si può dire che abbia inventato il porno ben prima di “Gola Profonda”, prende le mosse “Porno e libertà”, inoltrandosi sino agli anni ’70, quando il boom del mercato pornografico raggiunge il suo picco e inizia soprattutto a gettare le basi per un nuovo immaginario mediatico e di massa.



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L’opera di Amoroso infatti si concentra intelligentemente proprio su quest’aspetto, facendo intendere quanto il mondo del porno non sia stato solo un fenomeno commerciale e di costume, ma abbia saputo innescare meccanismi di natura sociale e politica, agganciandosi quindi alla lotta di classe tramandata dal ’68, al femminismo, alla critica dell’ideologia borghese, cattolica e comunista, questi ultimi colpevoli di essere stati nel migliore dei casi poco lungimiranti, nel peggiore dei veri e propri freni alla liberazione della riappropriazione del corpo, simbolo identitario per eccellenza. Anche se a volte il ritratto politico e sociale del contesto italiano diventa abbastanza didascalico e poco approfondito, l’alternanza fra le interviste e i filmati dell’epoca, sia in bianco e nero che a colori, crea un buon ritmo e riesce a catapultare lo spettatore nell’atmosfera di quegli anni: esemplari, ad esempio, i filmati meravigliosi girati al Parco Lambro di Milano nel ’76. Se da una parte le testimonianze di personaggi come Giampiero Mughini, Porpora Marcasciano, Marco Pannella, Helena Velena, artista e figura chiave della controcultura della fine degli anni ’70, e Lidia Ravera, autrice dello storico “Porci con le ali”, aiutano a tratteggiare il contesto politico, dall’altra ritroviamo figure chiave dell’ambiente artistico e pornografico italiano, con gli interventi del già citato Lasse Braun, della regista Giuliana Gamba e soprattutto di Riccardo Schicchi e dell’icona dell’hard Ilona Staller, meglio conosciuta come Cicciolina. È proprio su questi ultimi due personaggi che “Porno e libertà” si concentra maggiormente, occupando una buona parte del documentario con un repertorio video che mischia i primi provini della Staller ai suoi spettacoli più famosi, sia dentro che fuori la tv, sino alla sua celebrazione di icona di massa nel momento in cui venne eletta a parlamentare italiana. La figura di Schicchi è il trait d’union fra le varie parti del documentario, personaggio chiave intorno al quale ruota tutto un mondo sfaccettato a cavallo fra arte, business, porno e trasgressione, assurdo e incomprensibile solo per chi lo osserva dall’esterno ma altamente creativo e realmente d’opposizione per chi invece l’ha vissuto direttamente e sulla propria pelle, in tutti i sensi.

Schicchi apre e chiude il documentario con uno sguardo malinconico incorniciato da una folta barba, mentre sotto il cielo plumbeo di Roma riflette sulla massificazione dell’immaginario pornografico e della conseguente perdita della sua carica dirompente per la società. Amoroso si concentra molto poco su questo punto che sarebbe stato molto interessante approfondire ma, visto la mole dell’argomento, avrebbe richiesto un lavoro aggiuntivo che forse una produzione indipendente di questo tipo non poteva e voleva accollarsi. “Porno e libertà” infatti nonostante i pochi mezzi a disposizione riesce a dare un buon quadro generale e a fare ciò per cui è stato creato, ovvero documentare in maniera oggettiva un fenomeno. Il suo merito più rilevante sta nel saper stimolare adeguatamente la curiosità ad un livello più intellettuale, evitando stupide morbosità e sguardi voyeuristici che avrebbero invece appiattito un tema delicato come quello della sessualità tramite la pornografia, ancora oggi vista, soprattutto in Italia, come un sottoprodotto per maniaci e non invece come forma d’arte. Ma i tempi sono radicalmente cambiati sotto i profili artistici, politici e culturali ma non per la censura: è di questi giorni infatti la notizia che Facebook avrebbe oscurato la pagina ufficiale del documentario per oscenità, un danno enorme per una produzione indipendente che vive di passa parola sul web. Casi del genere avvengono ancora nel 2016 e dimostra quanto opere come “Porno e libertà” siano quanto mai ancora necessarie.
 


Immagini tratte da:
- cinematographe.it

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